Secondo un testo agiografico composto in Germania nel X secolo, santo Stefano sarebbe serenamente andato avanti con la sua vita di sempre, lontano da ogni velleità di approfondire il sacro (e non parliamo poi del diventare il primo martire cristiano della Storia), se non fosse stato per quella brutta storia della malattia del suo cavallo.
La povera bestia stava male, ormai da mesi, e i veterinari che via via erano stati chiamati per un consulto si erano evidentemente mostrati non in grado di dare sollievo a quel macilento equino, che peggiorava visibilmente di giorno in giorno. A Stefano era stato detto di prepararsi all’inevitabile (e, soprattutto, alla spesa considerevole per l’acquisto di un cavallo nuovo), ma lui rifiutava di rassegnarsi all’idea (e comunque, anche volendo, fatto gli è che non aveva soldi). E così, dopo averle tentate (quasi) tutte, l’uomo valutò che un ultimo esperimento non avrebbe potuto far male (se non, al massimo, alla sua dignità ferita). Correva voce che per le strade di Gerusalemme s’aggirasse un predicatore galileo che era in grado di compiere guarigioni che parevano al limite del miracoloso: e così, santo Stefano si presentò al cospetto di Gesù supplicando la sua attenzione. E tutto il resto è Storia.
Storia falsa, evidentemente. Non tanto e non solo perché nessuna delle fonti antiche riporta questo aneddoto: la storiella è falsa anche soprattutto nella misura in cui è chiaramente una leggenda agiografica costruita a posteriori, per giustificare un’associazione che doveva esser sorta spontaneamente a livello popolare. Quella cioè secondo cui santo Stefano avrebbe a che fare con i cavalli; anzi: tecnicamente, ne sarebbe anche il patrono e protettore.
Da dove sbuca questa curiosa convinzione?
Probabilmente, da una consuetudine di matrice contadina che aveva ben poco a che vedere con il protomartire in sé e per sé ma molto a che spartire con la data semi-festiva in cui santo Stefano veniva festeggiato.
A farla breve: nel Medioevo, v’era la consuetudine diffusa di sottoporre i propri cavalli a un salasso di routine che aveva luogo proprio il 26 dicembre. Cavar sangue a un cavallo potrebbe sembrare una pratica barbara agli occhi sensibili di noi moderni, ma dobbiamo ricordare che, in passato, i salassi erano considerati dei veri toccasana, che avevano sull’organismo una funzione detox considerata assolutamente desiderabile. Sicché, in alcuni periodi dell’anno, gli animali da fattoria (e anche gli esseri umani più attenti alla loro salute, sol per quello) andavano incontro a salassi salutari che avevano lo scopo di purificare il corpo e rinforzarlo: e il pieno inverno era certamente un buon periodo per sottoporsi a questa pratica curativa che mille mali di stagione avrebbe potuto prevenire nei freddi mesi che stavano per arrivare.
E la data del 26 dicembre dovette sembrare particolarmente adatta alla faccenda.
Anche perché salassare i cavalli era una cosa tendenzialmente divertente (per i cavalieri): prima di sottoporsi al trattamento veterinario, gli animali venivano fatti correre a massima velocità per qualche tempo per “riscaldare il sangue nelle vene” e favorire la circolazione. Insomma, per i padroni c’era di che divertirsi, con lunghe galoppate che potevano facilmente trasformarsi in gare di velocità tra i giovanotti del paese: e i giorni che seguivano il Natale dovettero sembrare il momento perfetto per godere di questi momenti di evasione, in un periodo semi-festivo in cui tutti avevano ancora voglia di far baldoria (e – cosa non da poco – i lavori agrari erano sospesi: quindi il cavallo poteva esser lasciato a riposo a riprendere le forze dopo il salasso).
Come spesso vale per queste consuetudini, non abbiamo un’idea precisa di quando la moda si sia imposta. Sicuramente esistente nel Medioevo, potrebbe risalire in realtà a epoche ancor più antiche e a società precristiane. Probabilmente nata in Danimarca (o giù di lì), si diffuse nel Medioevo in tutta l’Europa settentrionale radicandosi in maniera particolare nelle nazioni baltiche e quelle nord-orientali. Ma non senza qualche incursione in zone non sospette: entro la fine del Medioevo la consuetudine era giunta fino a Roma, o quantomeno fino alla corte pontificia – anche i cavalli del papa ricevevano una visita veterinaria il 26 dicembre, in omaggio a quello che era ormai considerato il loro santo patrono.
E poi, gradualmente, la moda passò, di pari passo al progresso delle scienze veterinarie. Ormai non c’era più nessuno che praticasse i salassi, e gli equini nordeuropei furono probabilmente molto sollevati nello scoprire che i loro padroni avevano individuato modalità meno invasive per celebrare in allegria la festa del santo patrono dei cavalli. Sopravvisse, ovviamente, l’irresistibile consuetudine delle galoppate sfrenate nella prima mattina del 26 dicembre, col freddo pungente che pizzicava la pelle del viso e la promessa d’una qualche bevanda calda con cui brindare tutti assieme al ritorno. E s’impose, in molti stati del Nord, l’abitudine di adornare a festa i propri cavalli (con tanto di campanellini e ornamenti natalizi, in pieno stile Jingle Bells) e poi organizzare comunitariamente una parata lungo le vie cittadine. Solitamente, la processione si concludeva sul sagrato della chiesa, dove il sacerdote impartiva la sua benedizione ai cavalli – e, in Polonia, anche al loro mangime, per propiziare la loro salute nell’anno entrante. Ed era vera festa, a quel punto, anche perché ai ragazzini veniva dato il permesso di infilare le mani dentro ai sacchi di mangime e di prenderne a pieni pugni: e allora, minutissimi chicchi d’avena si abbattevano sui cavalli, in una allegra gragnuola che era una via di mezzo tra il lancio di riso benaugurale sui novelli sposi e la rivisitazione teatrale del martirio di santo Stefano (ucciso – sarà bene ricordarlo – per lapidazione).
Usanze di tempi antichi che hanno smesso di esistere, evidentemente: e che però hanno comunque lasciato traccia del loro passaggio. Per esempio, ancor oggi in Polonia è consuetudine in molte famiglie festeggiare Santo Stefano preparando dei biscottini a forma di ferro di cavallo, di cui oggi Mani di Pasta Frolla vi propone la ricetta, casomai voleste cimentarvici in questi giorni di festa. E davvero potrebbe essere una tradizione inconsueta da riscoprire e con cui incuriosire i propri ospiti, specie se a sedere a tavola sono amanti degli animali.
Per approfondire:
- Howey Oldfield, The Horse in Magic and Myth (Dover Publications, 2012)
- Sofie Hodorowicz Knab, Polish Customs, Traditions and Folklore (Hippocrene Books, 1996)
- Andie Andrews Eisenberg, Farming and Homesteading with the Saints (Loyola Press, 2023), che tecnicamente è #gifted perché un anno fa la casa editrice me lo aveva omaggiato in ARC cambio di visibilità e direi che ci ha anche fatto un buon affare, visto che continuo a citarlo dopo mesi (o forse ce l’ho fatto io?)
Anonimo
Sarebbe interessante verificare se il Italia tra il XIV e il XVII secolo in qualche città si correva un Palio in onore d Santo Stefano proprio il 26 dicembre!
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Francesca
A proposito di “tradizioni perdute per strada” (e “nate non si sa bene come ma si può ricostruire un possibile ragionamento e sociologia e antropologia e cultura che ci sta dietro, ecc), ce ne sarebbe una che ho appena scoperto e che mi ha attirata moltissimo… Di nuovo, grazie agli anglicani, nello specifico una chiesa episcopale americana. Mi riferisco alla tradizione della segnatura e/o benedizione delle porte delle case con il gesso, nel contesto di una qualche cerimonia e/o processione tradizionale per l’arrivo dei Magi, quindi il giorno dell’Epifania o la serata precedente. In inglese all’incirca “chalking of the doors” (se ricordo bene quello che ho letto sul “foglietto” col programma di una chiesa specifica 🤔 … ma insomma ero un po’ distratta dal fatto che poi offrono cioccolata calda 😁 e anche mi chiedevo dove riescono a reperire dei veri cammelli in certe zone del mondo dove di solito non se ne vedono… Per dire: mi son distratta un attimo e adesso non andrò a ricontrollare su google la dicitura inglese precisa, tanto il concetto è chiaro ).
In breve, quello che ho trovato qualche giorno fa con semplice inserimento su google sia in inglese che in italiano è: 1) la tradizione nasce cattolica e nasce in Europa nel Medioevo, sembra . 2) tradizionalmente il gesso – con il quale si scrive una cosa o sigla precisa sulla porta – è precedentemente benedetto oppure no. Non sembra esserci una regola valida per tutti. 3) la tradizione sembra essere molto più presente in rami anglicani e/o protestanti. 4) la relazione con l’evento biblico dell’Antico Testamento sembra a tutti gli “osservatori” più che evidente, ma in genere non viene citata come una correlazione centrale per l’evento Magi/Epifania nel cristianesimo.
Domanda: A) ne sai qualcosa in più? B) come ce la siamo persi per strada noi cattolici?
Buon finale d’Avvento 🌟✨✨✨✨ anzi, a questo punto, dopo che wordpress mi ha di nuovo detto che la mia pw non era valida e così ho seguito la procedura per l’ennesima nuova pw 😭😅 … Buona Vigilia di Natale 🌠✨✨✨✨✨✨✨✨✨✨✨✨✨
Sempre grazie 💚
Francesca
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Anonimo
In alto Adige nel periodo natalizio i bambini vestiti da re Magi vanno di casa in casa a cantare canzoni di Natale in cambio di un’offerta. Sulle porte vengono segnate col gesso le iniziali dei nomi dei Magi per segnalare che la casa è stata visitata… chissà se l’ origine della tradizione sia la stessa.
Elena
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Francesca
Credo di sì. Dalle poche veloci ricerche che avevo fatto risultava che la “fioritura” maggiore di questa tradizione era all’incirca nella zona geografica dell’attuale Germania… Però, appunto, le mie sono ricerche google da profana e non so molto di più. Comunque: anche il dettaglio delle iniziali dei Magi corrisponde. Nel senso che quella è una delle principali “sigle” o iscrizioni che vengono citate come tipiche di questa tradizione. Grazie mille per la condivisione dell’info!!
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Anonimo
grazie a te, queste tradizioni sono sempre interessanti e poi è bello riportare a galla un vecchio ricordo 😊. Elena
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Pingback: Il salasso dei cavalli – Associazione Italiana di Storia della Medicina Veterinaria e della Mascalcia (A.I.S.Me.Ve.M)
Francesca
Per Lucia e per Elena
Aggiornamento sulla “tradizione del gesso” tra i cattolici.
Della serie wow 🤓 non lo sapevo e l’ho scoperto qualche giorno fa: la tradizione del gesso benedetto noi cattolici non ce la siamo persa ma attualmente si trova maggiormente in altri luoghi del pianeta. O almeno credo… Nel senso che personalmente non ne avevo mai sentito parlare né mai visto niente del genere (in Veneto).
Altra nota riguardo la benedizione del gesso negli esempi che vi linko: nel primo video che riporto più sotto è detto chiaramente che il gesso benedetto consegnato ai parrocchiani è un sacramentale – e va trattato come tale.
Articolo ⤵️
https://www.catholicworldreport.com/2025/01/05/how-to-bless-your-home-on-the-feast-of-epiphany-2025/
Un esempio negli USA. Video. Oklahoma
https://youtu.be/pk24yHTs4WI?si=QP_VQ1fD1YKLPvqU
Un esempio in Canada. Calgary
https://youtu.be/IWl4DQ0wRxk?si=cP9yQjNK4X-OCC3w
Buona Epifania del Signore 🌟✨✨
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Francesca
p.s. Ho letto solo ora le domande degli utenti youtube e le risposte della parrocchia sotto il primo video (parrocchia Santa Monica, Edmond) . Molto interessanti perché forniscono un bel po’ di spiegazioni sulla tradizione com’è intesa attualmente. C’è pure un commento di una persona che spiega la tradizione un po’ diversa “vigente” in Germania > che corrisponde esattamente a quella spiegata da Elena. Doppio wow.
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Anonimo
ciao francesca , esatto ho letto anche io quel commento della persona tedesca, è proprio quello che ho visto io! Grazie per la condivisione e scusa il ritardo, riesco a leggere solo oggi il tuo commento con i link. Elena
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Francesca
Ciao Elena, grazie a te per il riscontro!! In ogni caso, non preoccuparti. Cioè: quando posto qualcosa, anche se lo indirizzo a persone specifiche, lo posto sempre nel senso “se può essere utile a qualcuno” (anche tra 10 anni 😁 ). Quindi non mi aspetto necessariamente una risposta (e tantomeno una risposta immediata).
Perciò: doppio grazie a te che ti sei presa la briga di rispondermi adesso !! 📝
Buona giornata 🌼👒👒
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ac-comandante
Anche se il tempo di Natale è passato, anzi proprio per questo, immagino già che se qualcuno salassasse la nostra gattina, dopo la gattina lo salassa a lui!
Oh, “tempo di Natale passato”… io ho messo via l’alberetto solo domenica 19/1 (che sarebbe l’Epifania ortodossa, uno dei miei due soci è ortodosso) e so che fino al 2017 nella chiesa di Barcola, a Trieste, il parroco lasciava fuori il presepe fino alla Candelora (2/2, quest’anno cade anche quella di domenica). Nel 2017 quel parroco è morto.
Sì, siamo una bella società, non possiamo nemmeno cambiare una lampadina in una chiesa: io sono protestante, uno dei miei soci è ortodosso e l’altro è “ateaccio zozzo”, apostata per amore della moglie: sono stati insolentiti da un parroco e da lì a diventare “ateacci zozzi” il passo è breve. Ma proprio perchè “ateacci zozzi”, non bestemmiano.
Sì, qui chiedono di non essere irregolari anche per lavorare a contratto per la Chiesa, pare sia una consuetudine di qua.
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ac-comandante
Forse è meglio che preciso, perchè il mio altro socio non ha fatto apostasia perchè innamorato di un’atea: lei è sterile dalla nascita e il parroco non voleva nemmeno ammetterli alla catechesi pre-matrimonio. Un mese dopo il matrimonio c’è stato: in Municipio! Atei semmai lo sono diventati dopo.
Non so se qualcuno ha mai sentito quelle stupidaggini di uomini che si dichiarano donne perchè si sentirebbero tali (o viceversa)… beh, la nostra gattina evidentemente si crede umana: se c’è carne o pesce in tavola, vuole anche lei la sua parte! Ma se qualcuno provasse a salassarla… ritroverebbe immediatamente la sua felinità… 😛
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