Il Ghiro stava raccontando una storia, con quella sua aria da narcolettico che minaccia di addormentarsi da un momento all’altro con la testa dentro la tazzina di tè. La storia era quella di tre sorelle che abitano in fondo a un pozzo di melassa e, con invidiabile serenità metabolica, campano nutrendosi solo della melassa che affiora nel pozzo. Alice, perplessa da quella stramberia troppo assurda persino per trovar dimora nel Paese delle Meraviglie, sbotta: “Un pozzo di melassa? Non esiste una cosa del genere!”. O – per essere il più letterali possibile – in lingua inglese: “A treacle-well – there’s no such thing!”. Ma il Ghiro prosegue la storia, impassibile, assicurando che la Treacle-Well esiste eccome; dall’altra parte del foglio, Lewis Carroll sorrideva sornione, mettendo in bocca ai suoi personaggi un nonsense solo apparente che era in realtà un easter egg per selezionati intenditori.
Perché il Ghiro ha ragione: una Treacle-Well esiste per davvero, nei pressi dell’Università di Oxford; e Carroll, che insegnava matematica nel collegio universitario di Christ Church, ovviamente conosceva benissimo la sua storia. Il pozzo di melassa di cui ciancia il Ghiro di Alice, insomma, è una strizzata d’occhio alla comunità oxoniense: una burla locale che a Oxford ti raccontano ogni tre per due, con il sorriso goduto di chi sa e si compiace del suo sapere.
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Naturalmente, bisogna intendersi sulle parole. “Treacle”, nell’Inglese moderno, è il sostantivo che indica la melassa, lo sciroppo zuccherino appiccicoso come il miele. Ma il termine acquisisce questo significato solo a partire dal XVII secolo: fino ad allora, “treacle” era sinonimo di “medicinale”, “panacea contro tutti i mali”, derivando etimologicamente dal greco theriaca che stava a indicare l’antidoto contro i veleni. La Treacle-Well di Oxford, che è di origini medievali, nasce dunque come un “pozzo del rimedio”, una “sorgente curativa”; solo in età moderna comincia ad avere un nome che fa sorridere, visto lo slittamento semantico che nel frattempo aveva interessato il termine. Pensare di avere sotto casa una Treacle-Well, un “pozzo di melassa”, era ovviamente una chicca troppo ghiotta per non venir inglobata per direttissima nel mondo onirico di Lewis Carroll. Ma la storia della Treacle-Well di Alice è ancora più sorprendente di così: e allora mettetevi comodi, ché sto per raccontarvela.
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A un paio di miglia dalla città di Oxford, nel villaggio di Binsey, c’è una piccola chiesa di campagna dedicata a santa Margherita di Antiochia. Accanto a quella chiesa c’è un pozzo incassato nel terreno, protetto da un muretto di pietra. È il pozzo di santa Frideswide: per secoli, meta di consistenti pellegrinaggi da parte di chi sperava di riguadagnare la salute grazie a un bagno in quelle sorgenti miracolose. Dismessa nel periodo della Riforma e ridotta in rovina da secoli di abbandono, la Treacle-Well fu “richiamata all’uso” nell’anno 1874 per volontà del reverendo Thomas John Prout – vicario di Binsey, canonico di quello stesso Christ Church College in cui lavorava Lewis Carroll suo caro amico… e, secondo i pettegolezzi del college, plausibile fonte di ispirazione per il Ghiro di Alice, a causa del suo rapporto problematico con i pisolini pomeridiani. Prout sembrava fisicamente incapace di farne a meno: bisognava organizzare le riunioni di lavoro solo negli orari che andavano bene a lui, sennò quello era capace di addormentarsi al tavolo davanti al rettore che gli parlava.
Ma se la Treacle-Well era, come abbiamo detto, la sorgente miracolosa legata di Frideswide, qui la domanda è d’obbligo: chi diamine è questa santa Frideswide?
Patrona della città e dell’università di Oxford (nonché fondatrice di quello che, attraverso i secoli, sarebbe diventato appunto il Christ Church College), Frideswide era una principessa sassone vissuta tra il VII e l’VIII secolo. La sua vita ci viene raccontata nel XII secolo da Guglielmo di Malmesbury e da Roberto di Cricklade: non sorprendentemente, due testi a forte carattere leggendario che probabilmente contavano sulla fantasia dell’agiografo per donare una storiella accattivante a una santa che era fortemente venerata in zona… ma di cui, probabilmente, nessuno ricordava più un granché.
Ebbene: secondo la duplice narrazione, Frideswide era una principessa sassone nata attorno al 650. Come da miglior tradizione agiografica, la nostra amica aveva fatto voto di donare la sua verginità a Dio, ma questo era un dettaglio irrilevante per il malvagio principe che se ne era invaghito follemente e che a tutti i costi voleva adesso farla sua. Ed ecco Frideswide costretta alla fuga che trova rifugio nella foresta di Binsey – e, fin qui, son tutti concordi.
Da quel momento in poi le versioni differiscono, non riuscendo i due agiografi a trovare un accordo sulla vexata quaestio “quanto dobbiamo farla remissiva, una santa medievale?”.
E così, in una delle due versioni, il principe rintraccia Frideswide ed è quasi sul punto di aggredirla, quand’ecco un miracolo del cielo giunge a manifestare il divino sdegno. Il principe si ritrova cieco e, capita la malaparata, chiede scusa a Frideswide promettendo di lasciarla in pace: la santa gli accorda allora il suo perdono e, impietosita, fa sgorgare dalla nuda terra una sorgente d’acqua miracolosa con cui terge gli occhi del suo persecutore. Il principe riguadagna la vista – e, non tenendoci particolarmente a perderla di nuovo, decide di rigare dritto da quel momento in poi. Intanto, il villaggio di Binsey guadagna una fonte miracolosa, che è sempre un buon volano per il turismo.
Nella seconda versione della storia, Frideswide invece si nasconde così bene da far perdere le sue tracce. La giovane, di conseguenza, ha modo di fondare un monastero nella ridente Binsey, villaggio dalle molte qualità ma con un malus non da poco: la lontananza dai corsi d’acqua. Un problema tutto sommato aggirabile, se sei una santa altomedievale con Dio dalla tua: e così, Frideswide si raccoglie in preghiera e fa sgorgare vicino al monastero quella sorgente miracolosa di cui giustappunto stiamo parlando oggi.
Come che sia, nel 727 Frideswide si sposta a Oxford e fonda un priorato, quello che appunto diventerà la Christ Church. Muore il 19 ottobre di cinque anni dopo, e la sua tomba diventa fin da subito meta di pellegrinaggio: un pellegrinaggio che, curiosamente, prevedeva una sorta di triage durante il quale i viandanti venivano divisi in due gruppi a seconda del loro stato di salute. Giacché si diceva che Frideswide avesse compiuto in vita e in morte guarigioni spettacolari, quasi tutti i pellegrini che si mettevano in marcia verso la sua tomba lo facevano nella speranza di veder sanati i loro acciacchi. Ebbene: i malati che al triage erano giudicati non troppo gravi venivano indirizzati alla Treacle-Well con l’indicazione di bagnarsi delle sue acque; quelli che invece davano l’impressione di avere patologie più serie dovevano mettersi in lista d’attesa per poter toccare direttamente le reliquie della santa (che, si sa, sono “più miracolose”).
Era una cosa grossa. Cioè: i resti di santa Frideswide erano davvero meta di un pellegrinaggio numericamente importante, che tale fu per tutto il Medioevo: persino Enrico VIII volle farvi visita, pregando per un erede maschio. Nel 1180 le sue ossa furono traslate in un reliquiario monumentale che era stato costruito apposta per contenerle; nel 1400 la santa fu proclamata patrona della città e dell’università di Oxford, e si sentì l’esigenza di dare lustro al pozzo costruendogli tutt’intorno una graziosa cappellina. Per inciso, la sorgente miracolosa di Binsey era in buona compagnia: nel Medioevo, le isole britanniche erano tutto un fiorire di holy wells miracolosamente sorte dalle preghiere (o dal sangue versato) di una santa vergine. Ne esistevano (e ne esistono) migliaia: piccole e grandi, sperdute e famose, ciascuna con una propria specialità terapeutica nata dal repertorio dei miracoli. Molto si è scritto sulle holy wells britanniche, e a lungo si è discusso per cercare di capire se queste polle d’acqua miracolosa possano essere ciò che resta, dopo la cristianizzazione, di antichi culti pagani agli spiriti delle acque. Probabilmente in alcuni casi sì, ma il dibattito è ancora molto aperto.
Certo è che, nel Medioevo, il pellegrinaggio al pozzo sacro (quale che fosse) era una pratica comune nella vita di molte persone; altrettanto certo è che la Riforma anglicana impresse una svolta drastica a questa tradizione antica. La Chiesa d’Inghilterra (e non parliamo poi di quella puritana in Scozia) diffidava delle reliquie e delle acque “miracolose”: fin dai primi anni della Riforma, i pellegrinaggi furono vietati per legge, molti dei pozzi sacri vennero fisicamente chiusi perché se ne perdesse la memoria e i religiosi tuonarono dal pulpito per criticare il malcostume di chi usava la fede come scusa per andarsene a zonzo a fare il turista. Come se i cammini sacri fossero qualcosa di diverso da un semplice viaggio di piacere, peraltro spesso al di sopra delle possibilità economiche della famiglia che, non osando fiatare, doveva sobbarcarsi quella inutile spesa solo perché le veniva spacciata come una cosa religiosa!
La tradizione non morì del tutto, ché era troppo cara alla popolazione per sparire completamente. Accadde alle holy wells qualcosa di simile a quanto racconto nel mio libro su Halloween a proposito della festa del 31 ottobre: la gente era riluttante ad abbandonare per legge una tradizione che le era sempre stata così cara; e così, la pratica non morì del tutto. I grandi flussi di pellegrini si trasformarono in passaggi singoli, spesso fatti di nascosto e alla chetichella; le preghiere istituzionalizzate davanti alle sorgenti si trasformarono in gesti simbolici, nastrini legati ai rami degli alberi “perché mi ricordo che mia nonna lo faceva quando ero piccina”. Nel caso specifico della Treacle-Well, la mancanza di manutenzione si fece sentire pesantemente: nel 1639 la cappellina che la custodiva era diventata un rudere pericolante. Per la sicurezza dei passanti, più che per odio religioso, si scelse di demolirla: e, per un bel po’, il pozzo di santa Frideswide restò solamente un buco pieno d’acqua sul retro di una chiesa.
E poi, nell’Ottocento, l’Inghilterra scoprì tutto d’un tratto di amare follemente il Medioevo. Era il tempo del revival gotico, dell’Oxford Movement, delle fantasticherie idealizzate dei preraffaelliti: e, nel 1874, il reverendo (anglicano) Thomas John Prout decise che il pozzo di santa Frideswide doveva ritornare agli antichi fasti. Per amore della Storia, prima ancora che della santa. Restaurò ciò che restava dell’antico pozzo, incise una lapide in latino che ne raccontasse in sintesi la leggenda… e in questa veste la consegnò alla Storia.
Aiutato in questa missione da Lewis Carroll: che, qualche anno prima, lasciandosi cullare dal buffo doppio senso di sui s’è detto, aveva ben pensato che un “pozzo del balsamo guaritore” della tradizione medievale si sarebbe potuto benissimo trasformare in un “pozzo di melassa” perfetto per il suo mondo di fiabe. Ed ecco nascere la Treacle-Well di cui il Ghiro va così tanto fiero, durante il tea party della Lepre Marzolina.
Ai nostri giorni, la Treacle-Well è un quadrato d’acqua (bassa) circondato da un muretto, in mezzo al camposanto della chiesa di St. Margaret. La struttura, classificata come bene storico di Grade II, è tornata a essere, a suo modo, meta di ingenti pellegrinaggi, anche se adesso a visitare quella polla d’acqua sono i fan di Lewis Carroll più che i devoti a Frideswide. Talvolta si vedono nastrini o strisce di stoffa legati ai rami degli alberi che sorgono lì nei pressi: sono clooties, offerte votive agli spiriti del luogo che l’Inghilterra ha ereditato dalla tradizione celtica. Qualche pellegrino “serio” arriva pure, di tanto in tanto, anche perché il British Pilgrimage Trust ha incluso la Treacle-Well tra gli itinerari consigliati, in virtù della storicità del sito. Ma il luogo in cui resta veramente vivo il culto di Frideswide è l’università di Oxford, che ancor oggi la considera sua patrona. La cappella universitaria di Christ Church conserva il reliquiario costruito per la santa, smontato durante la Riforma e poi parzialmente ricomposto; anche le reliquie dovrebbero essere lì da qualche parte, se è vera la storiella secondo cui i pii resti furono mescolati alle ossa di una nobildonna anglicana e così interrati nel pavimento della chiesa, per proteggerli dalle profanazioni che erano frequenti nelle prime fasi della Riforma.
Ogni 19 ottobre – dies natalis della santa – la città e l’università la celebrano con una funzione solenne, con tanto di coretti e telecamere. A Binsey, un po’ in disparte, lontano da tutta quella calca, l’acqua continua a sgorgare quieta dalla sorgente miracolosa: è da un bel po’ di tempo che nessuno ci si bagna, ed è raro ormai che qualcuno vi si fermi per pregare, sicché è senza dubbio uno strano scherzo della Storia che oggi la Treacle-Well goda comunque di una certa fama… anche tra chi non sa assolutamente nulla della santa cui è legata.
Chissà cosa ne pensa santa Frideswide, lì dall’alto. Mi piace pensare che sorrida, lasciandosi stupire anch’ella, come noi, da quegli strani corsi e ricorsi che, ogni tanto, fa la Storia.
Per approfondire:
- John Dougill, Oxford in English Literature. The Making, and Undoing, of ‘the English Athens’ (University of Michigan Press, 1998)
- Alexandra Walsham, The Reformation of the Landscape. Religion, Identity, and Memory in Early Modern Britain and Ireland (Oxford University Press, 2011)
- Celeste Ray (a cura di), Sacred Waters. A Cross-Cultural Compendium of Hallowed Springs and Holy Wells (Routledge, 2020)
