I tre sapienti e il Dio bambino

Hormidz, Jazdegerd, Peroz. Secondo la più antica fonte in nostro possesso (il Libro della Caverna dei Tesori, datato al V secolo), erano questi i veri nomi dei famosissimi Re Magi.
Due anni prima della nascita di Cristo, i tre sapienti, in Persia, avevano notato nel cielo una stella che aveva al suo centro l’immagine di una Vergine con un bambino coronato, in braccio. Compreso che si trattava di un nuovo re che stava per venire al mondo, i tre sapienti avevano scalato monte Nud, allo scopo di recuperare dalla Caverna dei Tesori (che dà il nome al libro, appunto), alcuni doni da portare al nascituro. I doni erano stati posti in quel luogo da Adamo ed Eva dopo la cacciata dal Paradiso, assicura il libro.
I tre sapienti, presi con sè i tesori, avevano radunato un grande esercito e si erano recati in Giudea ad adorare il bimbo… per poi fare ritorno in patria, per la via del deserto.

Questa ed altre leggende simili, di ambito prevalente iranico, confuiscono in Occidente in una tradizione codificata nel XIV secolo dal monaco carmelitano Giovanni di Hildesheim, nella sua Historia trium Regum. È proprio in quel contesto, fra le altre cose, che i Re Magi assumono i nomi con cui li conosciamo oggi: Melchior, Balthasar, e Jaspar.

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Re Magi (Presepio Abendland)

I Vangeli, effettivamente, non ci tramandano i loro nomi.
Non ci dicono nemmeno che fossero Re, a onor del vero: il primo a conferire questo titolo ai sapienti è Tertulliano, apologista del II – III secolo. Rifacendosi al Salmo 72, 10, l’autore spiega che “in Oriente, i Re erano anche Magi”: e dunque, ecco i due termini venire accostati per la prima volta, in una unione destinata a durare a lungo.
Ma soprattutto, i Vangeli non ci dicono affatto che i Re Magi fossero tre. In alcune fonti molto antiche vengono ipotizzati ben altri numeri: nella Cronaca di Zuqnin (774 ca.), si legge ad esempio che i Re Magi erano dodici, in un evidente parallelismo col numero dei mesi e dei segni zodiacali.

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Re Nero (Presepe Frisa)

Il numero tradizionale si fissò a tre perché era in armonia con il numero di doni consegnati a Gesù Bambino; ed anche perché il tre era il numero della perfezione e del compimento.
Identificati simbolicamente con i discendenti dei tre figli di Noè, (da cui si riteneva che fossero discese tutte le etnie presenti sulla Terra), i Re Magi rappresentavano le tre razze umane: semitica, camitica, e giapetica. Da sempre, inoltre, l’inconografia li ha rappresentati con età molto differenti; ed è così che li ritroviamo ancora oggi, nel presepio. Accanto alla mangiatoia si stringono un Re molto giovane, uno nella sua piena maturità, ed un terzo che è già avanti negli anni: a simboleggiare metaforicamente le tre età dell’uomo.

L’introduzione di un Re nero – oggi personaggio immancabile, in un presepio – è invece un po’ più tarda. In pittura, l’immagine del Re moro si afferma in Germania nella prima metà del ‘400, sottolineando anche visivamente l’universalità del messaggio di Cristo, che viene a toccare tutti i continenti allora conosciuti. Ed è significativo che, nel 1505, un anonimo portoghese abbia sentito l’esigenza di dipingere, nel convento di Vizieu, una Adorazione dei Magi in cui è raffigurato un quarto saggio, con la testa coronata di piume alla maniera Indi.

E… per curiosità: a proposito di quarto Re Magio, questo personaggio era davvero popolare, nei presepi di una volta.
Il quarto Re non era un Indu: era una femmina.
Esotico personaggio avvolto in vesti lussuosissime, la Re Magia (si chiamava proprio così) seguiva il corteo dei tre signori, in qualità – si diceva – di fidanzata del più giovane.

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Portantina con schiavi e figura della Re Magia (Presepio napoletano artigianale)

***

E dunque eccoli qui, i tre Re Magi così come li conosciamo oggi. A seconda della tradizione presepistica, c’è una lieve oscillazione fra personaggio e nome (alcuni attribuiscono allo stesso re un nome differente)… ma il “canone” dovrebbe essere questo: c’è l’affascinante Melchiorre dalla pelle ambrata, uomo maturo che giunge dall’Asia e offre a Gesù l’incenso. E poi il giovane Baldassarre, con la pelle scurita dal sole battente, che arriva dalla lontana Africa per donare la mirra al Bambinello. E infine vediamo il vecchio Gaspare, dalla lunga barba bianca, che simboleggia l’Europa mentre offre l’oro al Cristo. Essendo lui il più vecchio, e quindi il più autorevole, è di particolare effetto il gesto che lui compie: primo fra tutti i Re ad inginocchiarsi al Re dei Re, si toglie la sua corona e la posa nella terra sporca, chinando il capo verso il Bambino. È un ossimoro, un assurdo: il più potente e saggi di tutti i Re si genuflette e si umilia di fronte a un bimbo appena nato.
È assurdo; è inconcepibile; è splendido.
È il Natale.

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Re inginocchiato (Presepio Insam)

A vederli così, tutti assieme, i Re Magi sembrano davvero le tre razze umane strette l’una accanto all’altra di fronte al Dio che si è incarnato.
E i Magi, in effetti, hanno proprio questo ruolo: sono il simbolo concreto dell’universalità della salvezza, differenti come sono per età, per background, e per zona di provenienza. Il fatto che essi provengano da continenti completamente diversi – si vede bene dai loro tratti somatici – simboleggia la partecipazione di tutta l’umanità al mistero e alla promessa di quella sconvolgente nascita.

I Re Magi, peraltro, sono Santi.
Certo.
Ma sono anche peccatori.
Non erano mica tre coscienziosi Ebrei osservanti che rispettavano scrupolosamente la Legge del Signore: erano pagani, lontanissimi da Dio; ma Dio, in ogni caso, li ha voluti chiamare a sé. Proprio per questa ragione i Re Magi sono rapidamente diventati simbolo dell’universalità della salvezza; molto spesso, nei primi secoli, li si trovava rappresentati negli oggetti funerari, come simbolo tangibile del fatto che chiunque – anche chi ha vissuto nell’errore – può raggiungere la Vita Eterna.

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Lastra funeraria di Severa (Musei Vaticani). La lastra funeraria reca l’immagine della defunta accompagnata dalla preghiera “Severa in Deo vivas”. Raffigura l’adorazione dei Magi di fronte al Bambino e a Maria Vergine, quasi a simboleggiare l’universalità della salvezza, per chi crede

Nel presepio, addirittura, i Re Magi sono stati a lungo considerati i personaggi più importanti, prima ancora dei pastori: i più antichi presepi rappresentano la Sacra Famiglia attorniata dai Magi in adorazione, con pochi altri individui intorno. E un presepio, d’altro canto, perderebbe un po’ di verve senza la presenza dei Magi – che, con i loro vestiti variopinti, i loro grandi dromedari, e il loro seguito esotico di servitori e di schiavetti, danno una improvvisa energia ad ogni scena.

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Un esotico Re Magio con elefante e Mahud (Presepio Reindl)

Anche se, a ben vedere, un vero presepio può dirsi completo solo quando racchiude tutti quanti gli elementi che vi ho descritto in questi giorni.
Deve avere qualche pastore: personaggio rozzo e poco istruito, povero sia materialmente che culturalmente. Che però riceve una Chiamata; decide di accoglierla; ha fede… e giunge a Cristo.
E deve avere, inoltre, qualche artigiano: simbolo, diremmo oggi, del “ceto medio”, che svolge la sua vita nella quotidianità di ogni giorno e che offre se stesso (la sua famiglia, il suo aiuto, i frutti del suo lavoro…) al Dio neonato.
E non possono mancare, naturalmente, le figure dei Re Magi. Personaggi ricchi, potenti, anche da un punto di vista culturale: che però non hanno timore di umiliarsi di fronte al Re del Re, che ci ha donato l’intelletto e ogni ricchezza.

Solo così – solo a questo punto – il presepio potrà dirsi completato; vero simbolo di Dio che viene a noi, per salvare ogni uomo.

Beh: e poi, naturalmente, in ogni presepio che si rispetti deve esserci la Sacra Famiglia; ovvio.
Ma questa è un’altra storia.

11 risposte a "I tre sapienti e il Dio bambino"

  1. Diego

    Io conoscevo una leggenda di un quarto Re Magio, che mi piace tanto.
    Dice che è partito con gli altri con la sua parte di tesori, ma lungo la strada si è attardato ad aiutare, a soccorrere, ed è rimasto indietro… ma tanto!
    una trentina d’anni!
    è arrivato sul Golgotha, durante la passione, troppo tardi ormai. Ma lì aveva capito che anche durante il cammino, aiutando i poveri, era comunque giunto a venerare il Re dei Re!
    Mi pare di averlo visto in un cartone animato dei tempi che furono…

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      1. Diego

        Mi dispiace di averti rovinato un post, ma visto che mi sono limitato a due sciocchezze, non sarà un problema per te ripoporlo come sai fare…
        Chissà cosa avrà combinato quello sciagurato senza tom tom dalla Persia alla Palestina…

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      2. Lucyette

        In effetti il problema è quello: ne avrà combinate così tante, in trent’anni e passa di peregrinazioni, che bisognerebbe scrivere una specie di romanzo a puntate… un post non basta mica! :-PP

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    1. Lucyette

      Vero?
      Sì, è molto curiosa l’introduzione di questo personaggio femminile: anche a me affascina un sacco!
      Non so se sia una introduzione femminista, per così dire (probabilmente era solo per creare un po’ di esotismo in più nel corteo: siamo nel Settecento, in fondo), ma è comunque molto affascinante. Vero!

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  2. Pingback: Un papà « Una penna spuntata

  3. Andrea

    La parola Magio indicava gli appartenenti a una casta sacerdotale iranica, e la radice mag significa dono, alludendo al dono divino dell’illuminazione e della sapienza (la radice sanscrita mahat rimanda la latino magnus e al greco megas), di una conoscenza e di una sapienza straordinarie. Rappresentano quindi, come già accennato precedentemente, il riconoscimento universale della divinità di Cristo, la sua centralità nel tempo (Cristo chiave di volta del tempo e della storia). Nella cosiddetta Cronaca di Zuqnin (Codice Vaticano siriaco 192: prende il nome dal convento dove fu redatta) i Magi sono 12, come i segni dello Zodiaco e come i mesi. Il loro numero si fissò poi a tre ai quali il vangelo apocrifo armeno assegna i nomi di Baldassarre ossia il protetto del Signore; Melchiorre il re della luce e Gaspare che è colui che ha conquistato la forza-splendore, il numero di tre fu fissato da S. Leone Magno (Papa dal 29/09/440 al 10/11/461) e tre li troviamo nell’iconografia più classica. Il numero tre permette di identificare i Magi con le tre razze in cui si divide l’umanità e che discendono, secondo l’Antico Testamento, dai figli di Noè.
    Gaspare, mistico re dell’Armenia, lasciò l’intero potere a suo fratello Ntikran per andare a cercare Gesù. Era probabilmente un seguace di Zoroastro. Era un giovanotto rude, discendente di Cam, uno dei figli di Noè.
    Baldassarre, re arabo del deserto, era giovane e di carnagione scura, e discendeva da Jafet, un altro figlio di Noè.
    Melchiorre era in realtà il soprannome del maharaja indiano Ram, che pure lasciò il potere a suo fratello per partire verso Gerusalemme insieme al saggio Tsekinata suo amico.
    Il soprannome gli deriva dalla frase che pronunciò inchinandosi davanti a Gesù bambino: “Cham el chior” (ho visto Dio). Era anziano, con i capelli bianchi e la barba lunga e discendeva da Sem, figlio di Noè.

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  4. Paola

    Questa storia è super affascinante, durante tutta la mia infanzia i Re Magi hanno sempre viaggiato da soli, come esotici viaggiatori. Mi piace molto l’interpretazione che hai restituito! Siccome non sono credente, ma ho un bambino piccolo ero preoccupata di doverlo fare per forza solo come tradizione, ma i valori di cui parli sono universali e sarà bello trasmetterglieli mentre faremo camminare i Re Magi a destinazione un passetto alla volta

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    1. Lucia

      Ciao Paola!

      Sono contenta che il post ti sia piaciuto… e magari anche stato utile per un domani! 🙂
      Ma guarda: secondo me, la maggior parte degli episodi evangelici possono essere raccontati ai bambini anche solo per parlare di valori universali, come giustamente dici. O se non altro come dato culturale.

      Qualche anno fa è entrata in casa mia una bambina attorno ai quattro che si è stupita di vedere esposto in salotto il mio presepe, non sapeva cosa fosse. E anche quando le ho detto “beh, Gesù Bambino, Bethlemme, i Re Magi, presente no?” lei mi ha guardata tipo così: 😐
      Era una bambina italiana figlia di due genitori non praticanti ma battezzati cattolici, eh. Cioè, non è che arrivasse da una famiglia totalmente atea o che professava un’altra religione. Però a quattro anni lei si stupiva di fronte a un presepe, non avendone mai visto uno, e per lei Natale era il momento in cui si prepara l’albero e Babbo Natale porta i regali.

      Un po’ mi ha fatto tristezza, poverina. Spero che i genitori, col passar degli anni, riescano a introdurre nell’educazione della figlia qualche elemento di cultura cattolica – anche proprio solo per cultura. Ti perdi un bel po’ di cose, se i genitori non credenti non riescono a trovare un modo per parlarti di un fenomeno, diciamo così, che, volenti o nolenti, ha influenzato pesantemente i nostri ultimi 2000 anni di Storia.

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