“Fratello, venga. Devo comunicarle una disgrazia”. Angelo Ramazzotti e la sua elezione a vescovo

Ci sono santi che, in cuor loro, non vedon l’ora di diventar santi e di ricoprire quegli incarichi che spesso e volentieri ai santi sono affidati.
Il Venerabile Angelo Ramazzotti – che non è ancora ufficialmente Santo… ma siamo sulla buona strada – decisamente non era fra questi.

Vescovo di Pavia dal 1850 al 1858 (un lasso di tempo brevissimo, ma sufficientemente lungo per permettere al buon Ramazzotti di beccars esercitare la sua carità cristiana affrontando la più violenta epidemia di colera e la più disastrosa alluvione del Ticino di cui Pavia abbia memoria), il Nostro Eroe era nato nel 1800, dalle parti di Milano.
Laureato a Pavia con una tesi in Giurisprudenza, aveva poi scelto di farsi prete tra gli Oblati di Rho. Nella casa di suo padre, aveva fondato un seminario destinato alla formazione di quei giovani sacerdoti che volevan partire come missionari – un’opera di cui si sentiva il bisogno e che ha avuto molta fortuna, considerato che è conosciuta ancora adesso sotto il nome di P.I.M.E. (Pontificio Istituto Missioni Estere).

E il povero Ramazzotti ci stava tanto bene nel suo seminario per missionari.
Viveva tranquillamente, educava i ragazzini; svolgeva una vita ritirata, prendendo ordini dai suoi superiori. Il Papa aveva elogiato e appoggiato l’idea del seminario per missionari; Ramazzotti si sentiva tranquillo del suo futuro e pienamente gratificato, quando ogni mattina s’alzava dal letto per andare a occuparsi dei suoi doveri.

Ci sono santi che, in cuor loro, non vedon l’ora di diventar santi, e di ricoprire quegli incarichi che spesso e volentieri ai santi sono affidati. Chessò: Papa, cardinale, arcivescovo – ed è pure legittimo essere contenti di ricoprire una certa posizione, se si è ragionevolmente certi di poterla ricoprire con buona volontà per far del bene.
Sì: ci sono santi che, legittimamente, non disdegnano l’idea di uno zuccotto.
Il Venerabile Ramazzotti, legittimamente, non aveva questa santa attitudine. Se gli avessero detto in anticipo ch’era destinato a diventar vescovo, poi patriarca di Venezia, poi anche cardinale… poraccio: sarebbe sbiancato.

Da un certo punto di vista, è vagamente esilarante venire a sapere in che modo il pover’uomo è stato raggiunto dalla notizia che gli avrebbe cambiato la vita – e cioè, la sua nomina a vescovo di Pavia, nel 1850.

Copiando testualmente da un’agiografia a lui dedicata, apprendo

ciò che accadde a Rho non appena fu resa pubblica la nomina.
Il Superiore chiamò l’ignaro neo-vescovo e gli disse: “Faccia mezz’ora di meditazione sul dovere di rassegnarsi alla divina volontà, dopo dica tre Ave Maria alla Madonna e venga da me perché devo comunicarle una disgrazia, non è però una disgrazia di famiglia”.

 (Prospettiva incoraggiante…)

Don Angelo meditò, pregò, poi si presentò al superiore che gli porse la lettera giunta da Vienna: “Legga!”.

(Perché, giunta da Vienna? All’epoca, nel Lombardo-Veneto, le designazioni dei nuovi vescovi arrivavano formalmente per mano dell’Imperatore, previa approvazione della Santa Sede).
Ad ogni modo, il povero sant’uomo aprì la lettera con mani tremanti e lesse:

e come colpito da un fulmine non disse che questo: “O Santo Dio!”.
E stette per sei o sette minuti mutolo.

Pora stella. 

11 risposte a "“Fratello, venga. Devo comunicarle una disgrazia”. Angelo Ramazzotti e la sua elezione a vescovo"

    1. Lucyette

      Sì, pora stella, ha fatto venire in mente anche me il nostro Papa…
      Il Signore sa essere alquanto persuasivo, quando decide di collocare l’uomo giusto nel posto giusto… 😉

      Ramazzotti mi piace parecchio, sì. Lo sto “conoscendo” in queste settimane perché per lavoro mi sto spulciando tutte le lettere pastorali che ha inviato ai parroci della Diocesi durante gli anni in cui è stato vescovo qui a Pavia: erano belle lettere, con un bel contenuto. Si vede, che era una persona in gamba. Mi piace 🙂

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  1. ago86

    In effetti fare il vescovo è una grande responsabilità: ci si sente responsabili di fronte a Dio di molte anime, oltretutto, bisogna gestire le casse della diocesi, essere una figura di riferimento per tutti i sacerdoti delle parrocchie, eccetera. Ma, più in piccolo, le stesse cose riguardano anche i preti.

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    1. Lucyette

      Vero, sì. Anche i preti, ma (molto) più in piccolo.
      Ai nostri giorni si aggiunge anche, io credo, il “problema” dei mass media; nel senso che se magari un Vescovo sbaglia qualcosa, fosse anche solo per leggerezza, la notizia finisce immediatamente in prima pagina e questo costituisce un danno d’immagine non trascurabile (non solo per il Vescovo, ma anche per la Chiesa). Anche questa è una prospettiva che m’angoscerebbe un po’ se fossi un Vescovo: sei pieno di responsabilità, in tutti i campi 🙂

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