Leggere ai bimbi: dieci consigli

In questi giorni, sui mommyblog sta girando un bellissimo meme intolato “Le 20 ragioni”. Le varie blogger sono invitate ad elencare le venti valide ragioni per cui, secondo loro, vale la pena di regalare un libro ai bambini.
Evidentemente, io non sono una mamma. Però, sono una studentessa di Biblioteconomia. E, non so se lo sapete, ma in questi ultimi anni le varie scuole di Biblioteconomia (nonché l’AIB, Associazione Italiana Biblioteche) hanno prestato moltissima attenzione al tema della lettura ai bimbi piccoli. Chiamiamolo pure “indottrinamento”: facendo appassionare alla lettura i bimbetti del 2012, abbiamo qualche chance di trovarci gli stessi bimbi, fra trent’anni, fra gli utenti abituali delle biblioteche. Come insegna la Storia di qualsiasi dittatura (muahahahaha), la propaganda più efficace è quella che parte dalla culla.

Sì, insomma: al tema della lettura rivolta ai bambini, e ai giovani in generale, mi sono dedicata anch’io, in questi ultimi mesi. E, istigata da questo post di Seavessi Tempo, ho pensato che, forse forse, potrebbe valer la pena di condividere con voi quello che ho imparato fra i banchi di scuola.

Nella speranza che interessi a qualcuno (fatemi sapere!), comincerei con qualche consiglio su come leggere un libro ai bimbi piccoli. Omettiamo pure quei consigli ovvi tipo “scandire bene le parole” e “parlare in modo chiaro”. Oltre a questo, ci sono tante altre piccole attenzioni a cui magari non tutti pensano, (o magari, non tutti non pensano fin dal principio…).

1) Non usare la lettura come tecnica per calmare un bambino irrequieto, “piantala di spalmare la marmellata sulla moquette e vieni qui ché ti leggo una storia, così fai meno danni”. Magari funziona anche, e il bambino in effetti si calma; però, se volete seriamente leggere un libro al vostro bambino, sarebbe meglio sfruttare (anche) quei momenti in cui il figliolo è già tranquillo per i fatti suoi. La sua mente sarà più attenta e più disponibile all’ascolto, e il bambino si divertirà di più.

2) Se il bambino non è interessato a quello che state leggendo, non insistete. Provate a cambiare il tono della voce rendendolo più enfatico (magari, semplicemente non avete catturato la sua attenzione); oppure, scegliete un libro diverso, senza ostinarvi ad andare avanti con la storia che stavate leggendo il giorno prima. Se proprio non è cosa, lasciate perdere e riprovate in un altro momento: il pupo s’annoia e voi vi stressate – perché diamine dovreste insistere?

3) Saltate con la massima tranquillità quelle parti di racconto che vi sembrano troppo lunghe, o noiose, o inutili. Sembra banale, ma io conosco persone che “ommioddio, non potrei mai: come si fa a mutilare un libro, saltando righe di testo?!”.
Osservazione accettabile per un pubblico adulto, ma ricordiamoci che i bambini, e in particolar modo i bambini piccoli, hanno tempi di attenzione abbastanza bassi: difficilmente reggono più di un tot., ad ascoltare il papà che gli legge un libro. Dunque, perché sprecare tempo prezioso ostinandosi a leggere inutili digressioni, o infinite descrizioni paesaggistiche che non aggiungono niente alla trama, e che hanno mostrato di annoiare il piccolo? Via, via: saltare!

4) So di dire l’ovvio, ma i bambini piccoli sono animati da un conservatorismo spinto. Se, per un adulto alle prese con la lettura, la varietà è un fattore di attrattiva, per un bambino piccolo lo è la ripetitività. Sentirsi leggere e rileggere la stessa storia permette al pupo di avventurarsi lungo un sentiero già esplorato; lo rassicura.
Sappiamo tutti che alla decimilionesima lettura di L’orsetto Lollo fa la cacca vien voglia di tagliarsi le vene e di mandare al rogo ‘sto dannato libro; ma il bambino è contento così. Inutile insistere per leggere qualche altra storia; inutile, entro certi limiti, riempirsi la casa di decine e decine di libri diversi, se in realtà il bambino è in una fase in cui continua a farsi leggere sempre i cinque o sei che preferisce.
Utile, invece, comprare più libri della stessa collana: se il temibile Orsetto Lollo, oltre a far la cacca, è protagonista di altri libri in cui va dal dentista, mangia le verdure, impara a nuotare, comincia a andare a scuola… beh: è probabile che il bimbo gradisca.

5) Quando io comincio a leggere qualcosa ai bambini, mi viene spontaneo usare il classico tono “da libro per bambini”. Non so se riesco a farvi capire quello che intendo. Quel tono tipo: “c’eera una vooooltaa… taanto tempo faaaa…”.
Ecco: no. So che è un’abitudine difficile da combattere, ma gli esperti sono concordi nel dire che bisognerebbe imparare a leggere in modo realistico, con la stessa intonazione di quando si parla normalmente.
Pensate al tono spontaneo e “naturale” che usano i giornalisti d’oggi quando mettono l’audio ai servizi per il telegiornale, e pensate all’enfasi ridicola di quei cronisti di età fascista che parlavano in tono impostato e parossistico. Quale dei due seguiamo più facilmente?

6) La lettura ad alta voce non deve diventare una prestazione teatrale. Nulla contro le prestazioni teatrali, ma la lettura è un’altra cosa, e deve restare un’altra cosa.

7) Le vocine.
Intendo con “vocine” quel fenomeno per cui, quando stai leggendo un libro e compare fra i personaggi un topolino, tu cominci a leggere le sue “battute” con un tono acutissimo e squillante, contrapponendolo al vocione roco con cui “dai vita” al vecchio elefante.
Sulle vocine ci sono posizioni differenti, che spaziano dal “vabbeh, c’è di peggio”, al “meglio la morte che una vocina”. Io sono una fondamentalista che propende per il “meglio la morte”.
Torniamo al punto sopra: stiamo leggendo un libro, non stiamo facendo teatro. Se vogliamo che il bambino si diverta con le vocine, lo portiamo a teatro o gli facciamo vedere un bel cartone animato. Un libro è un’altra cosa: un libro serve a esercitare la fantasia. Il panorama, le fattezze dei personaggi, e anche la loro voce, te li devi immaginare tu. È questo, il bello.
Inoltre: ma più precisamente, quante sarebbero ‘ste vocine da imitare? Se stiamo parlando di un libro che ha solamente due protagonisti, e quindi abbiamo “vocina piccola da topo” + “vocione grosso da elefante” + “voce normale del narratore”, tanto quanto si può fare. Forse.
Ma pensiamo a un libro leggermente più elaborato, in cui i personaggi non sono solamente due, ma magari tre o quattro. Quale babele pestilenziale ne verrebbe fuori, se pretendessimo di dare una voce diversa a ogni singolo personaggio del libro? Verrebbe fuori – credetemi – una cosa dispersiva al massimo grado, in cui il narratore cambia costantemente tono di voce e il povero bambino non riesce più a raccapezzarsi, impazzendo per strare dietro alle prodezze vocali dell’adulto.
No. Per piacere. No. Non fatelo.
La lettura può, e deve, esser resa viva attraverso l’intonazione, le esclamazioni, le pause, il ritmo, e così via dicendo; ma le vocine non sono indispensabili, e anzi spesso sono controproducenti.

8) Nel leggere (e soprattutto nel raccontare “a braccio”), evitare di regredire al linguaggio del bambino. Il cane è il cane, non il babau, e il padre della protagonista è suo papà, non il suo papi. Allo stesso modo, usare meno vezzeggiativi possibili: i piedini cicciottelli della principessina nella culletta ci rievocheranno pure dolci immagini d’infanzia; ma il bambino deve imparare a esprimersi come una persona sana di mente, non come Ned Flanders dei Simpson.

9) Se state leggendo a un bambino piccolo un libro con tante immagini, è buona cosa prendersi due minuti per collegare il testo del libro alle illustrazioni sulla pagina, per sollecitare l’attenzione del pargolo. Tipo: “vedi? Qui c’è il disegno”. Se siete nel dubbio e non sapete in che ordine fare le due cose, questo è l’ordine che generalmente viene consigliato: prima, leggete il testo; poi, indicate al bimbo la relativa illustrazione.
La ragione è sempre quella di prima: un libro serve ad esercitare la fantasia; permette al bambino di formarsi immagini mentali circa quello che sta ascoltando. Lasciamo spiaziare la sua immaginazione, prima di proporgli la rappresentazione di quella storia così come se l’è immaginata l’illustratore.

10) E in conclusione: imparate a conoscere il pupo. E agite di conseguenza.
Ci sono bambini che, durante la lettura, sono particolarmente attratti dalle immagini: allora, scegliete libri che accontentano questa esigenza.
Ci sono bambini che, anche quando sono già grandicelli, continuano ad apprezzare in particolar modo il suono delle parole, la musicalità della lettura. Non dico di andare avanti a leggergli filastrocche fino a sei anni, ma privilegiate i libri (e ce ne sono, anche in prosa) che puntano su questo aspetto.
Ci sono, poi, bambini che “ascoltano col corpo”. C’è chi ha bisogno di contatto fisico e quindi vuole stare nel letto abbracciato alla mamma mentre lei legge, e c’è chi, per contro, ha bisogno di muoversi, secondo le suggestioni che gli arrivano da quello che sta ascoltando.
Insomma: state leggendo un racconto di avventura, e vostro figlio comincia a correre per la stanza tirando pugni al nulla? Non necessariamente vuol dire che si è stufato; forse, vuol solo dire che sta vivendo la storia… a modo suo.
Agite di conseguenza – e, magari, collocate il “momento lettura” in un’ora centrale della giornata, se non volete che la storiella della buonanotte trasformi un bimbo assonnato in un mostriciattolo iperattivo.

5 risposte a "Leggere ai bimbi: dieci consigli"

  1. Ele781

    Ovviamente non sono mamma ma quando devo fare regali a qualche bambino io regalo sempre libri. E se proprio non posso regalare libri perchè il regalo è già stato scelto io aggiungo un libro. Non ne posso fare a meno.

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    1. Lucyette

      Peraltro io trovo che i libri siano un regalo perfetto da fare a un bambino, se il bambino non è tuo figlio e non è un parente stretto, e quindi vuoi fargli un regalo “di qualità” possibilmente senza dover vendere un rene. Ché a regalare dei giocattoli veramente belli, di buona qualità ed educativi ecc. ecc., in genere si spende abbastanza; un libro veramente bello, invece, costa molto di meno. Ed è comunque di qualità ed educativo eccetera 🙂

      (Poi, regalare libri ai bambini è così facile… Agli adulti non lo faccio quasi mai perché vivo nel terrore di regalar loro un doppione; invece, con un bambino è così facile… basta chiedere alla mamma… :-P)

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  2. Jerold Y. Poole

    Se la dislessia non viene identificata nei primi anni della scuola primaria, tramite la valutazione di una persona esperta nel campo dei disturbi dell’apprendimento, le conseguenze possono risultare di una certa gravità. Se il/la bambino/a dislessico/a è sottoposto/a a un metodo d’apprendimento usuale, riuscirà solo con un grande dispendio di energia e concentrazione a ottenere risultati che per i suoi compagni e per la sua maestra sono quasi banali. Durante la scuola dell’infanzia è possibile effettuare una valutazione dei prerequisiti per l’abilità di lettura, in modo da poter intervenire precocemente e rafforzare delle competenze eventualmente carenti, tuttavia ad oggi non sono stati identificati dei predittori del disturbo nella popolazione normale; mentre sappiamo che sono a rischio di dislessia (nel senso che hanno maggiori probabilità di manifestarla) chi ha disturbi del linguaggio e chi ha un genitore dislessico. Anche se la diagnosi di dislessia può essere fatta solo in classe seconda o terza della scuola primaria, già in prima elementare alcuni/e bambini/e manifestano difficoltà nell’imparare a leggere ed è opportuno dare un aiuto senza colpevolizzazione, intervenendo subito; aspettando, la difficoltà aumenta. La dislessia ha una prevalenza maggiore nei maschi. I problemi maggiori nascono quando i bambini dislessici non vengono compresi, poiché spesso passano per pigri o addirittura per stupidi. Questo li porta spesso a perdere la propria autostima , a forme di depressione o ansia , a crisi d’identità e molto spesso a rigettare in toto il mondo della scuola, rinunciando in questo modo a molte possibilità che la loro intelligenza del tutto normale, invece, consentirebbe.

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  4. ishramit

    Va bene evitare le vocine, ma se l’alternativa è una lettura piatta, priva di sfumature e magari pure tentennante perché l’adulto non ha mai imparato a leggere ad alta voce… Meglio mettere il libro sullo scaffale e prepararsi per un’opera teatrale 😛
    (Io quando racconto ai bambini, come previsto dalle mie funzioni, ovviamente evito di raccontare come se stessi scrivendo o leggendo, e infatti il libro resta a casa. Poi funziona come quando si racconta qualcosa a cui si ha assistito: se uno è antipatico e supponente si becca le rispettive tonalità, ma d’altra parte se uno c’ha l’r moscia…
    In più chiaramente i due punti di riferimento del raccontare nel nostro contesto sono la morale indiretta e la morale per tipi, e allora bisogna che i confini tra i personaggi siano netti e riconoscibili)

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