La storia di Basilide e di Potamiena meritava d’esser raccontata per tre valide ragioni.
Uno: mi era stata commissionata. La mia amica Marcella, avendo scoperto con sorpresa che esiste anche una Santa Marcella, che le Marcelle di tutto il mondo non sono costrette a festeggiare il loro onomastico in occasione di un omonimo “al maschile”… beh: la mia amica Marcella mi chiedeva conto di questa Santa.
Ebbene, Santa Marcella è la madre di questa Santa Potamiena. Marcelle di tutto il mondo, unitevi e festeggiate (il 28 giugno).
Se c’è qualche Potamiena che mi legge, può festeggiare pure lei.
Due: la vicenda di Potamiena – raccontata da Eusebio di Cesarea nella sua Storia Ecclesiastica – è molto interessante, perché… è la prima agiografia in assoluto, che ci mostra un Santo mentre intercede per qualcun altro.
Fino a quel momento, i Santi morivano, andavano in Paradiso, e godevano della presenza del Padre senza mostrare un particolare interesse per le vicende dei mortali. Santa Potamiena, a quanto pare, è la prima Santa in assoluto che comincia a farsi gli affaracci altrui… inaugurando un trend fatto di intercessioni, miracoli, indulgenze, preghiere ai Santi, e così via dicendo. Non è nota l’opinione di San Basilide circa questa nuova moda inaugurata dalla ragazzata, ma tant’è.
Tre: la vicenda di San Basilide descrive, in buona sostanza, la conversione di un pagano, che si avvicina al Cristianesimo poiché scosso dal folgorante esempio dei martiri. Okay, d’accordo: a San Basilide, uno “scossone” bello forte glielo aveva dato pure la potenza ostinata dell’Onnipotente… ma insomma: in buona sostanza, parliamo di un romano che si avvicina al Cristianesimo perché è stato impressionato dalla fede salda dei vari martiri.
Non sarebbe neanche il primo caso, se diamo retta alle opere cristiane del tempo. È nota la famosa frase di Tertulliano, per cui “il sangue dei martiri è il seme per nuovi cristiani”.
Domanda.
Domanda da storica, intendo.
La domanda è: “ma è una spiegazione veramente così plausibile?”.
Cioè: davvero sono documentati casi in cui un Romano assiste al martirio di questo o quel cristiano, ne rimane colpito, e si avvicina alla sua fede?
Se diamo retta alle agiografie, sì: sono documentati infiniti casi.
C’è anche da dire che, con buona pace dei Santi e degli agiografi, le narrazioni delle vite dei Santi sono pur sempre testi “di parte”, scritti da gente che chiaramente era legata al Cristianesimo. Insomma: in molti casi e per tante ragioni, non possiamo prendere un’agiografia e considerarla il massimo assoluto dell’attendibilità storica. E comunque: ammesso e non concesso che ogni agiografia sia attendibile nel momento in cui ci racconta la conversione di Tizio e Caio colpiti al cuore dal coraggio dei Santi martiri… mica è detto che funzionasse per tutti allo stesso modo. Si saranno convertiti in cotal guisa Tizio e Caio: ma possiamo realisticamente supporre che la testimonianza dei perseguitati fosse la causa prima dI una gran massa di conversioni, all’epoca?
A dar retta alla fonti cristiane, parrebbe quasi di sì.
A dar retta alle fonti romane, parrebbe proprio di no: le sofferenze ributtanti dei perseguitati, corredate da grida, sangue che cola, sadismo dei carcerieri, e umiliazioni di ogni genere, doveva quantomeno ispirare sentimenti contrastanti, in chi aveva la ventura di assistervi. Qualcuno colpito positivamente ci sarà certamente stato, perché no?… ma, con altrettanta certezza, si può dire che molti Romani avevano la tendenza a considerare i martiri alla stregua di pazzi suicidi, dei poveri fanatici che si erano decisamente spinti al di là dell’integralismo. Se escludiamo appunto le agiografie, le testimonianze di senso contrario sono molto scarse: nella maggior parte dei casi, a quanto pare, agli occhi dei cittadini romani i martiri si presentavano come dei pazzi scatenati, non come degli eroi da imitare.
Senza nulla togliere ai martiri, ma… voglio dire: quanti di noi sarebbero invogliati a convertirsi alla tal religione, dopo aver visto la fine orrenda che fanno i suoi adepti?
La testimonianza dei martiri poteva essere un incentivo alla conversione… ma anche no. Dipendeva in gran parte dalla sensibilità dell’aspirante convertito.
E quindi, proseguiamo. Se la gente non si convertiva perché “fulminata sulla via di Damasco” dal coraggio intrepido di qualche martire, a cosa potevano essere dovute tutte le altre conversioni?
renatod
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