Rimase a guardarla di lontano, silenziosamente, senza fare nulla che potesse attirare la tua attenzione. Forse, lei non si era neanche accorta di quello straniero che la stava osservando; ed era un bene, pensò Costanzo, perché in caso contrario non sarebbe stata così naturale. Così spontanea e disinvolta e splendida.
Rimase a guardarla di lontano, per lunghi minuti di beata contemplazione, e pensò che era davvero bella – in nome di Dio, quant’era bella. I raggi rossi del sole che stava per tramontare accendevano i suoi capelli ricci di tanti riflessi dorati, e il vestito di stoffa sottile avvolgeva delicatamente il suo corpo, mettendo in evidenza la sua bellezza. Stava attingendo l’acqua da un pozzo, la ragazza; e man mano che tirava su il secchio, versava l’acqua in una giara, e ricominciava daccapo il suo lavoro, i suoi muscoli guizzavano lievi sotto la pelle.
Era bellissima, elegante e raffinata pur nella rozzezza del suo lavoro e nella modestia dei suoi abiti. Era bellissima, e Costanzo pensò di non aver mai visto niente di così bello in vita sua. Buon Dio, quant’era bella.
Rimase a guardarla per un bel po’, e decise di attirare la sua attenzione solo quando capì che la ragazza aveva finito il suo lavoro al pozzo, e stava per ritirarsi nella locanda. Diede un colpetto ai fianchi del suo cavallo, avanzò uscendo dalla boscaglia; alzò la voce e gridò: “EHI! RAGAZZA!”.
La ragazza trasalì, poco ci mancò che si facesse scivolare dalle mani la giara piena d’acqua che stava sollevando: era chiaro che era stata colta di sorpresa, non pensava di essere osservata. Costanzo cercò di trattenere un mezzo sorriso divertito, e fece avanzare il cavallo a passo lento: non voleva spaventarla.
“Il mio nome è Costanzo Cloro”, si annunciò mentre si avvicinava: “vengo in nome dell’Imperatore Aureliano”.
La ragazza sbiancò visibilmente, ma cercò di mantenere un ammirevole contegno. Posò la giara d’acqua per terra, fissando il soldato ad occhi leggermente sgranati.
Costanzo decise che poteva valer la pena di sorriderle, giusto per tranquillizzarla sulle sue buone intenzioni. E comunque era così bello, sorriderle… vista da vicino, era ancor più graziosa. La guardò negli occhi per un istante, poi smontò da cavallo; rimase in piedi di fronte a lei. La ragazza deglutì e abbassò lo sguardo, visibilmente intimidita da quello sconosciuto altolocato.
“Ci serve del cibo”, annunciò Costanzo. “Il nostro esercito è accampato a non molta distanza, e abbiamo bisogno di cibo. Acqua pulita, carne, farina, viveri di ogni genere. Ritorna alla locanda”, e accennò con il capo all’edificio poco distante, “e ordina ai tuoi padroni di provvedere. Noi torneremo domattina al sorgere del sole, con dei carri, per portar via la merce”.
“…oh”, commentò la ragazza. E poi sollevò lo sguardo, sorrise, sembrava sollevata da questa richiesta tutto sommato banale. “Sì, mio signore”, disse in fretta, e accennò un piccolo inchino; e Costanzo di nuovo pensò che era bellissima e aggraziata, così deliziosa nella sua…
“Vado subito a dirlo al padrone della locanda, signore”, disse la ragazza, e si chinò per riprendere la sua giara. “Domani mattina troverete…”.
“No!”, esclamò di getto Costanzo; e, subito dopo, si sentì anche un poco scemo.
La ragazza si rialzò lentamente, e gli lanciò un’occhiata incerta.
Scemo e intenerito, ecco come si sentiva Costanzo in quel momento: non gli sembrava quasi possibile sentirsi in questa maniera per una perfetta sconosciuta incontrata accanto a un pozzo, ancorché carina; e cercò disperatamente di trovare qualcosa di intelligente da dire, per prolungare un po’ la conversazione…
Non gli venne molto bene. Disse solamente: “è che… sei davvero molto bella. Che in effetti è la tipica cosa che dicono i legionari alle prostitute da campo”, aggiunse frettolosamente notando lo sguardo della ragazza, “invece no, non mi permetterei mai, volevo semplicemente dirti…”. Sospirò. “Che sei molto bella, appunto. Guardarti mentre prendevi acqua al pozzo ha portato un po’ di serenità in queste settimane durissime di guerra. Tutto qui, volevo che lo sapessi”, e, mentre lo diceva pensò, a cosa avrebbero detto i suoi sottoposti se l’avessero sentito dire una cosa così stucchevole, e poi, inorridito, cercò di accantonare il pensiero.
La ragazza sorrise una seconda volta, e avvampò, abbassando lo sguardo imbarazzata. Non sapendo cosa rispondere pensò di occupare il tempo portandosi dietro l’orecchia una ciocca di capelli, e Costanzo la guardò con un misto di desiderio e tenerezza… e ci fu questa frazione di secondo in cui seguì il movimento della ragazza, e registrò l’informazione, e si sentì mancare il fiato, e poco mancò che si strozzasse con la saliva che gli era andata di traverso. “Scusa-puoi-farmi-vedere-la-tua-mano?” disse tutto d’un fiato; e aveva la voce roca per lo stupore.
“Eh?”. La ragazza sgranò gli occhi, lanciò un’occhiata al soldato, palesemente lo prese per pazzo, e poi sollevò lentamente la mano destra per fargliela vedere, come richiesto.
Per poco, Costanzo non si fece scappare un gemito.
“Il braccialetto”, disse in fretta. “Il braccialetto che stai portando. Dove l’hai preso? Chi te l’ha dato?”.
“Io…”. La ragazza esitò, era visibilmente sconcertata. “Non lo so, l’ho sempre avuto… me l’hanno dato da bambina, forse era un regalo…”.
Costanzo prese in mano la mano di lei, e fece scorrere le dita sul braccialetto d’argento riccamente cesellato. Più lo guardava, più se lo rigirava fra le mani, più sentiva il cuore battergli in petto.
Poi d’improvviso lasciò la mano della ragazza, sollevò una manica della sua tunica, e mostrò il suo braccialetto d’argento. “Ne ho uno esattamente identico” sussurrò piano, lentamente, guardando negli occhi la fanciulla.
Lei aprì la bocca e la richiuse, senza aver detto niente. Ci fu un attimo di tensione. “Io non…”. La ragazza impallidì: “io l’ho sempre avuto, ve lo giuro mio signore, non l’ho rubato alla vostra fami…”.
“No, no. Certo che no”, disse Costanzo. “È ovvio che non l’hai fatto, come potresti?”.
La locandiera rimase in silenzio.
“Ma sono identici. Sono assolutamente identici. Non riesco a spiegarmi come…”.
Tutto d’un tratto, la ragazza s’illuminò. “Vuol dire che in realtà siamo gemelli separati alla nascita e io non sono un’umile locandiera ma la sorella di un potente messo imperiale, e mi porterai via di qui e mi farai vivere fra lussi e agiatezze e un giorno sposerò un uomo ricco degno del mio rango???”.
“Eh?”.
“No, non so. Nelle soap opera, in genere succede così”.
Costanzo aggrottò le sopracciglia. “Ma ti rendi conto che stai rovinando tutta l’allure romantica del post di Lucyette?”.
“Ah. Scusate”.
Il soldato tacque per qualche istante, guardando male la sua bella. Poi fortunatamente gli uccellini nel cielo ricominciarono a cinguettare, e un ultimo raggio di sole illuminò il volto della ragazza facendola sembrare ancor più splendida.
“No”, disse Costanzo, piano. “Io penso solo che… forse…”.
Esitò, e la ragazzina lo guardò, confusa.
“Forse è un segno. Forse il Signore ha voluto darci questo segno, in maniera tale da essere certo che noi ci riconoscessimo, quando ci fossimo incontrati. Forse nel suo progetto Lui sapeva già che io sarei venuto qui, quest’oggi, e avrei trovato te, e forse ha voluto darci questo segnale per essere certo che noi due…”.
La fanciulla tornò ad abbassare lo sguardo, più imbarazzata che mai. Costanzo sorrise, ed era proprio un sentimento di tenerezza mista a affetto, quello che sentiva.
Le prese le mani, cercando di parlare col tono più rassicurante di questo mondo. La guardò negli occhi, mentre si presentava.
“Il mio nome è Costanzo Cloro. Sono un protector dell’esercito imperiale. Potrei avere l’onore di conoscere il tuo nome, dolce fanciulla misteriosa?”.
La ragazzina accennò un sorriso, e l’imbarazzo che le imporporava le guance non faceva altro che renderla ancor più splendida. “Mio signore. Il mio nome è Elena”.
E io, che da anni sono appassionata di merchandising religioso ispirato alle agiografie, non mi capacito di come nessuno abbia mai pensato di produrre una linea di gioielli ispirata all’incontro fra Sant’Elena e Costanzo Cloro.
Perché, francamente, questo è uno dei “colpi di fulmine” più romantici che io abbia mai letto in vita mia… o quantomeno: che io abbia mai letto fra le “barbose” pagine di un’agiografia; questo è poco ma sicuro.
alegenoa
E quindi? Non s’è mai saputo perchè i braccialetti erano uguali?
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Lucyette
No: han preso per buona l’ipotesi “era un segno di Dio per indicare che eravamo anime gemelle”, ed han vissuto felici e contenti (fino al giorno in cui Costanzo, dopo aver fatto carriera, ha mollato Sant’Elena per sposare un miglior partito) 😛
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