Avviso a tutti i maschietti in linea: per questa settimana, su questo blog si parlerà di moda.
Non perché mi sia venuta voglia di riciclarmi come fashion blogger, ma perché le cose belle vanno pubblicizzate… e questa mi sembrava un’iniziativa davvero, davvero, meritevole di attenzione.
E quindi… signori lettori, portate pazienza; e quanto a voi, mie care lettrici, preparatevi ad una piccola inondazione di alta moda. Essì – perché proprio in questi giorni, nei mitici Stati Uniti, si sta tenendo un evento da molti atteso: la Christian Fashion Week.
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Christian Fashion Week: sì, avete letto bene.
Messo così, un titolo del genere potrebbe portarvi alla mente quelle orrende T-shirt americane in stile “Jesus is my BBF” e cose di questo genere.
Ecco, no – mettiamo da parte tutto il merchandising di quel genere, e pensiamo più che altro ad un concetto di cui si è già parlato in lungo e in largo, su questo blog: quello che gli Americani definiscono “modest fashion”.
Cos’è la “modest fashion”? È il modo di vestire che contraddistingue le Brave Ragazze Cristiane – o, più in generale, tutte quelle donne che vogliono essere carine, ma senza presentarsi come bombe sexy; che vogliono mettere in luce il loro fascino, ma senza doversi umiliare in scollature vertiginose e spacchi da capogiro.
A questo punto, qualcuno di voi si starà immaginando uno stile barboso da nonnetta col golfino di lana, ma invece no: il bello della modest fashion è che, in America, vanta un notevole quantità di brand che producono vestitini sportivi, gggiovani, affascinanti, trendy… insomma: abiti normalissimi, che, semplicemente, non fanno di tutto per passare messaggi tipo “spogliami: sono una bomba sexy”.
Oltreoceano, la modest fashion è diffusa e popolare: chi volesse comprare un bell’abitino in stile “modest”, di sicuro non avrebbe troppa difficoltà a trovarlo nei negozi.
Mancava solo un ultimo requisito, perché la modest fashion potesse entrare a buon diritto nell’empireo della Moda-Con-La-M-Maiuscola: doveva sfilare sulle passerelle. Sì, proprio così: qualcuno doveva organizzare una vera e propria sfilata di alta moda, con stilisti di alto livello, per dimostrare che la modest fashion non è quella moda fatta di sacchi di patate in cui si intabarrano le vecchie perpetue a disagio col proprio corpo – è moda vera, è creatività, è arte.
Molto banalmente… è moda vera, ma fatta senza l’angoscia di dover vendere sesso a tutti i costi.
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Da sinistra verso destra, Wil e Tamy Lugo e Jose e Mayra Gomez, i quattro organizzatori ed ideatori della Christian Fashion Week.
Quando, nell’inverno del 2012, ha cominciato a circolare la notizia che Tampa avrebbe ospitato, nel febbraio di un anno fa, la prima edizione di questa sedicente Christian Fashion Week, l’opinione pubblica ha reagito con un certo scetticismo.
“Ussignur, e che è ‘sta roba?”, si devono essere domandati in molti.
“Sarà una di quelle manifestazioni per promuovere la castità fra i giovani”, devono aver pensato molti altri.
E invece, la realtà ha smentito tutte le aspettative. Fin dal primo giorno di passerella, la Christian Fashion Week – forte di un’audience di più di 2300 persone, fra i presenti in sala e gli spettatori che seguivano la sfilata in streaming – ha mostrato di essere qualcosa di ben diverso. Una vera e propria sfilata di moda, con stilisti veri e con modelli professionisti, organizzata da quattro responsabili decisamente esperti nel settore e capaci di coinvolgere designer di tutto rispetto. “La nostra idea”, spiega Jose Gomez, executive director della CFW, “era creare un evento in cui i designer potessero mostrare la loro creatività, la loro arte… applicata al campo della modest fashion. La Christian Fashion Week non vuole essere una ‘cosa di Chiesa’, ma un vero e proprio evento di moda a tutti gli effetti, da porre allo stesso livello di una normale sfilata di moda”.
Sì, insomma – non vi stiamo a catechizzare sull’importanza di un abbigliamento casto (a far quello, semmai, ci pensino i preti): noi siamo stilisti professionisti e creiamo abiti fantastici da far sfilare in passerella.
Punto e basta.
Una sfilata organizzata in questo modo aveva tutti i requisiti per fare il boom… e infatti c’è riuscita: gli abiti in passerella hanno suscitato la (prevedibile) approvazione delle varie organizzazioni cristiane, ma hanno stupito positivamente anche i mass media “mainstream”. Da lì in poi, è stato un passaparola che è rimbalzato di notiziario in notiziario e si è esteso a macchia d’olio grazie al web. Ed oggi, alla seconda edizione della Christian Fashion Week, gli organizzatori sono più “agguerriti” che mai: giornalisti e fashion blogger si sono accreditati per seguire le sfilate; chastity speaker e religiosi si stanno interessando a questo evento; le testate americane stanno dando un certo rilievo alla manifestazione (che si è aperta ieri sera, e si concluderà sabato 8)… ed io, che ho una nota passione per questo tema, mi sono registrata al sito della CFW e adesso dovrei essere in grado di seguire le sfilate in streaming, ricevendo aggiornamenti vari a mezzo e-mail.
Per intanto, vi incuriosisco con un promo della fashion week, durante la quale – come anticipa il suo organizzatore – potremo ammirare ad esempio abiti nati dall’accostamento di tessuti diversi, collezioni nei toni delle pietre preziose o capi ispirati al puro stile europeo. Ma soprattutto, potremo ammirare uno show “che sarà indicativo dei trend della moda internazionale”: una sfilata di moda in piena regola, ripeto – non una roba raffazzonata e fatta così, a casaccio, per catechizzare le ragazzine dell’oratorio.
Frattanto, nella ridente Tampa, la Christian Fashion Week si è ufficialmente aperta ieri mattina… con un momento di preghiera.
Sì, giuro, con un momento di preghiera – ché va bene l’approccio 100% laicale, ma se siamo qui a progettare vestiti casti invece di cercare il successo facile col completino sexy da prima pagina, non è perché ce l’ha prescritto il medico.
E quindi… giornata di preghiera per il mondo della moda: del resto, “perché non pregare per il successo e per la buona riuscita di un’industria così potentemente capace di influenzare il nostro modo di esprimerci?”. Sono le parole di Jose Gomez, organizzatore della CFW, che ci tiene ad aggiungere che “il mondo della moda non è quella realtà oscura e peccaminosa che tanti tendono a immaginare. Hanno a che fare con la moda moltissime persone di fede – a partire dagli stilisti, per arrivare ai negozianti e giù giù fino ai consumatori”.
E voi? Voi consumatori che cosa chiedereste, se doveste pregare per il mondo della moda?
Ho posto la stessa domanda, ieri sera, sulla mia pagina di Facebook, e ho ottenuto risposte interessantissime e profonde. Molti hanno detto di sperare in una moda più “accessibile” – dal punto di vista dei prezzi, delle taglie, ma anche dello stile che molte volte non ci rispecchia.
L’alta moda detta moda (aehm), e molti hanno “pregato” che tutti coloro che sono coinvolti ad alto livello nel mondo del fashion si rendano conto del potere straordinario che è messo nelle loro mani. Che gli stilisti usino questo potere per mettere di fronte ai nostri occhi modelli sani, invece di alimentare ideali estetici irraggiungibili e distruttivi; che l’alta moda si ponga l’obiettivo di nobilitare la figura femminile, invece di idealizzare modelli che poco hanno a che a fare con la raffinatezza, la naturale bellezza e la vera femminilità (che non è un sinonimo di “corpo femminile mezzo nudo”).
E soprattutto, a Tampa si è pregato per la buona riuscita della Christian Fashion Week: perché iniziative come questa possano mostrare prepotentemente al mondo che non c’è bisogno di spogliarsi per valorizzare il proprio corpo; che non c’è bisogno di sognare un corpo che non si ha, per sentirsi in pace con se stessi.
E se il mondo dovesse capirlo (una buona volta!)… vuoi mai che lo capisca anche il mondo dell’alta moda?
filia ecclesiae
Bello, Lucia, idea fantastica! 😀
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Lucia
Fantastica idea la loro… sigh: ci fossero cose del genere anche in Italia… 🙂
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