Con molta evidenza, il mal di denti ha un potere: accomunare tutti i sofferenti in una specie di fratellanza universale di disgraziati: credo sia l’unica possibile spiegazione alla inusitata curiosità che destano i miei approfondimenti a tema odontoiatrico. E dunque, dopo aver generato una ondata di devozione popolare per Il Cristo del Mal di Denti (e altri santi a cui votarsi in caso di ascessi, pulpiti ed emergenze di vario genere), mi appresto oggi a deliziare la blogosfera con una breve trattazione su… il verme dentale.

Esattamente il piccolo amico amico che vedete sopra.
Trattasi di un piccolo verme che vive nei denti e in essi porta magna sciagura.
Nel momento in cui il verme prende vita all’interno di un dente umano, probabilmente per auto-generazione, ecco che le cose cominciano a mettersi molto male per lo sfortunato proprietario della bocca inverminata.
Lavorando dall’interno (un po’ come un tarlo del legno che infesta i mobili antichi) il verme odontalgico comincia a erodere il dente. Lo mangiucchia, lo bucherella e ne trae preziosa linfa vitale; il povero dente, frattanto, comincia ad essere preda di dolori sempre più forti. Dagli e dagli, il vermone prosegue impietoso col suo lavoro – al punto tale che, se si osserva con attenzione un dente minato dall’infezione, si scorge su di esso un enorme buco nero: una vera e propria cavità, di colore scuro!
Fino a tal punto spinge l’operato del malefico verme!
***
Aehm: credeteci o no, ma il verme dentale non è un qualche animale immaginario del folklore medievale, alla pari di unicorno, fenice, caladrio, e compagnia bella. Il verme del dente è (stato) una reale teoria medico-scientifica, cui gli uomini del Medio Evo (…ma pure dell’età antica e della prima età moderna) tendevano a credere con una buona dose di fiducia.
Certo, di teorie ce n’erano anche altre. Galeno sosteneva che il mal di denti fosse causato da una scorretta alimentazione, così sbilanciata da creare squilibri nell’organismo: lo scompenso causava l’infiammazione dei tessuti dentali, con conseguenti dolori lancinanti.
Ippocrate proponeva una spiegazione più o meno simile; Aristotele, addirittura, era arrivato a notare un nesso tra l’abuso di cibi zuccherini, come i fichi, e il successivo insorgere di carie.
Sta di fatto che, però, si era sempre al livello di “teoria”: una reale spiegazione medico-scientifica sulla causa del mal di denti, era ancora di là da venire (e sarebbe arrivata solo fra Sette- e Ottocento).
Se ci pensiamo, la spiegazione che tirava in ballo il verme non era nemmeno poi così inspiegabile. Sotto un certo punto di vista, doveva anche essere spiazzante notare che in un dente fino a quel momento perfettamente sano si stava formando in completa autonomia una grossa voragine nera (!).
Delle due, l’una: o qualcosa stava scavando la voragine agendo dall’esterno, oppure, qualcosa stava scavando la voragine consumando il dente dall’interno.
I pazienti col mal di denti avevano bocche tutto sommato nella norma, senza particolari sintomi che lasciassero pensare a una infestazione di elementi capaci di scavare buchi nelle ossa (e poi, perché solo in una?). Quindi, era piuttosto ragionevole concludere che la causa della carie si annidasse dentro al dente.
Ed ecco nascere così il nostro amico, il verme odontalgico.

Non si sa dove abbia avuto origine questa credenza. Alcuni la attribuiscono ai medici babilonesi; altri, la fanno risalire all’Antico Egitto, laddove era opinione comune che, durante la malattia, all’interno del corpo umano si formassero tanti piccoli vermi, un po’ come succede a un pezzo di carne che sta marcendo.
Sicuramente, i medici della Roma antica conoscevano già questa teoria; la credenza sopravvive al crollo dell’Impero e si diffonde a macchia d’olio nel pieno Medio Evo. A titolo di curiosità, posso informarvi che anche Ildegarda di Bingen riteneva plausibile l’esistenza del verme dentale, ma la badessa renana non è in realtà un caso isolato: questa teoria andava per la maggiore ed era comunemente accettata in tutte le fasce della popolazione!
Solo su un punto, non c’era accordo: in che modo il verme odontalgico riuscisse a penetrare all’interno del dente.
Secondo alcuni, si sviluppava come “per magia”, per autogenerazione: un giorno avevi un dente sano e il giorno dopo – zak! – ecco lì il verme malvagio.
Secondo altri, la nascita del verme era da attribuirsi a un processo di degenerazione già attivo nel dente per altre ragioni. Come a dire: il dente si ammala, si aggrava sempre più, e alla fine la situazione diventa così disperata che la polpa putrescente comincia addirittura a produrre vermi.
La spiegazione più esilarante, secondo me, la produce a inizio Settecento (!), il naturalista olandese Antoni van Leeuwenhoek. Partendo dall’osservazione che la sua gentile consorte era stata colta da un atroce mal di denti pochi giorno aver mangiato una fetta di formaggio verde (tipo il gorgonzola, per capirci), l’illustre scienziato aveva avanzato quest’affascinante teoria: il verme dentale, in realtà, è il verme del formaggio. Esso dimora sui formaggi stagionati, causando la classica “muffa” verdolina che ancor oggi si trova, per esempio, sulle fette di gorgonzola. Introdottosi nella bocca umana, il malefico vermone abbandona il formaggio per cercare un nuovo habitat: se riesce a farsi strada all’interno di un dente, ecco che comincia il suo processo di erosione. E quindi dolenzia, e poi dolore, e poi un grosso buco nero… e poi, tutto il resto è storia.
Tra l’altro, la presenza di un animaletto vivo all’interno del dente cariato sembrava anche giustificare il caratteristico dolore trafittivo delle odontalgie: si riteneva che i dolori fossero particolarmente lancinanti mentre il verme si muoveva all’interno del dente rosicchiando la sua polpa. Al contrario, quando il verme riposava interrompendo il suo spuntino, ecco che il mal di denti diminuiva di intensità.
Detto ciò, era chiaro a tutti che il modo migliore per sbarazzarsi del mal di denti era sbarazzarsi del malefico vermone. Ma come?
Paracelso era dell’opinione che un ascesso in bocca fosse una eventualità da affrontarsi con filosofia: quando il verme avrà completamente eroso il dente malato, allora morirà da solo: soffocherà infatti a contatto con l’aria e la saliva.
Altri scienziati, un po’ meno pazienti, suggerivano di assassinare la bestiaccia anche prima che ti distruggesse mezza bocca. A tal scopo, prescrivevano al paziente frequenti suffumigi di erbe medicamentose, che a loro dire avrebbero affumicato il verme finendo col farlo morire soffocato.
Un’altra tecnica suggeriva di far sloggiare il verme rendendo inospitale l’ambiente del cavo orale: avvicinando al dente malato la fiamma di una candela, la bestiaccia sarebbe stata indotta ad abbandonare il suo spuntino, ormai diventato un po’ troppo bollente.

Se tutto questo falliva, restava pur sempre l’ipotesi di un’estrazione dentale. Anche in questo caso, la medicina medievale aveva qualche trucchetto per rendere più agevole l’operazione. Magari sfruttando il processo degenerativo già in atto a causa dell’infezione vermina.
Di fronte a un dente cariato, ad esempio, Avicenna adottava una terapia che potremmo sintetizzare in: “peggioriamo la situazione”. Ponendo all’interno della carie alcune larve di farvalla cavolaia (!), riteneva che il dente (aggredito, ormai, dal di dentro e dal di fuori) sarebbe andando incontro a un rapidissimo processo di auto-distruzione, cadendo da solo nell’arco di pochi giorni.
Credeteci o no, ma è solo con le nuove scoperte mediche di inizio Settecento che gli scienziati cominciano a mettere seriamente in discussione la reale esistenza del verme dentale. Per quanto assurdo possa sembrare, fu solo nel 1728, con la pubblicazione di Le Chirurgien dentiste di Pierre Fauchard, che si cominciò a guardare alla carie nello stesso modo in cui lo facciamo noi moderni.
Eppure, la credenza del verme dentale sopravvisse a lungo, nella mente del popolino. Scacciato dalle pagine dei più autorevoli trattati medici, il verme odontalgico resta dell’immaginario collettivo ancora per un bel po’ – diciamo, suppergiù, fino a tutto l’Ottocento.
E infatti, potete vederlo raffigurato qui, in tutta la sua bellezza (?), in un manufatto francese di fine XVII secolo. L’anonimo artista che aveva lavorato questa scultura d’avorio rappresenta il verme dentale con una certa cruda eloquenza. In un dente dolorosamente spaccato in due, vediamo un verme che afferra e divora un tristo malcapitato. Nell’altra metà del dente, assistiamo a una vivida rappresentazione del tipo di dolore provocato da un ascesso: l’artista lo paragona alle pene provate dai dannati mentre sprofondano nelle fiamme dell’Inferno. Probabilmente, non del tutto a torto…

Laura
Ho sempre pensato che mio padre fosse esagerato nel descrivere il dolore da mal di denti… ora mi sento una persona MOLTO cattiva!
😀
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Lucia
…ehm, un po’ sì 😛 😛
Io (per fortuna) non ho mai avuto grossi dolori ai denti nel senso di ascessi, pulpiti e compagnia bella, ma comunque i denti mi hanno fatta penare parecchio per altre ragioni. E, porca la miseria, sì, avere male ai denti è uno strazio vero… anche perché vuol dire avere male in bocca, e la bocca non è una zona che puoi mettere a riposo finché non guarisce, come potresti fare – chessò – con un braccio, una gamba… :-\
Tanta, tanta solidarietà ai medievali col mal di denti, da parte mia… 😉
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mauro
PESSIMO SCRITTO, PROLISSO, DEMENZIALE……………………TU NON DEVI FARE SFOGGIO DI “CULTURA”; DEVI INFORMARE………….SE PARLI DI ARGOMENTI……………..
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Lucia
…medici (gli argomenti)? 👀
Orpo, mi sa che Mauro si aspettava dal mio blog una trattazione sulla carie scientificamente corretta 😅
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Velenia
Che ci crediate o no ,io ho sentito parlare di verme dei denti dagli anziani nella mia infanzia,anni 70,quindi eccome se la credenza persisteva,secondo me il fatto che il nervo del dente somigli effettivamente ad un verme ha rafforzato questa idea.
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Lucia
Ma dai?! 😲
Beh in effetti ha anche un suo senso, come superstizione. Io, più che a un verme, avrei pensato a un tarlo, come quello che erode il legno. Però, se hai una totale ignoranza dei meccanismi che portano alla carie, è anche ragionevole che ti venga da pensare a un qualche animaletto minuscolo che ti consuma l’osso a morsi, quando improvvisamente ti ritrovi con un buco in un dente che non sai come spiegarti.
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Anonimo
Fitte lancinanti frequenti tutti i giorni su dente apparentemente sano come risolvere
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Lucia Graziano
Eh, mi sa che lì tocca proprio una visita dal dentista eh 😕
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