La profezia della Vergine, l’olio di Thomas Becket e il grande re che verrà un giorno: una leggenda dal Medioevo inglese

“Piango con te per il tuo dolore”, disse la Vergine Maria, cullandolo nell’armonia della sua voce carezzevole piena di infinito amore. “Hai ragione. L’Inghilterra, che da sempre mi è tanto cara, è finita nelle mani di re malvagi e senza scrupoli. Ma se questo ti può essere di qualche consolazione, fidati della mia parola: non sarà così per sempre”.
Thomas Becket sentì gli occhi riempirglisi di lacrime, e non avrebbe saputo dire con esattezza quale precisamente fosse la fonte di quel pianto: se la grazia di trovarsi di fronte alla Madonna, apparsagli mentre lui si preparava alla preghiera, o se le parole con cui la Vergine lo stava sollevando da una delle sue più grandi angosce. C’era ancora una speranza per l’Inghilterra, dopo tutto.
“C’è molto più che una speranza”, rincarò Maria come se gli avesse appena letto nel pensiero. “Ti dico anzi, ed è verità: verrà il giorno in cui siederà sul trono d’Inghilterra il più grande di tutti i re che abbiano mai calcato questo mondo. Costui recupererà e riporterà sotto il suo dominio la Normandia, l’Aquitania e tutte le terre che saranno state perdute dai suoi antenati; e ciò che ti parrà ancor più incredibile è che lo farà senza uso di forza. Porrà sotto la sua protezione molte chiese in Terra Santa, caccerà i pagani da Babilonia e farà costruire una miriade di luoghi sacri, in quelle terre che adesso sono nelle mani degli infedeli”.
Becket lasciò che le lacrime gli scorressero sulle guance, e per la Vergine ebbe solo una parola, anelante come il primo sorso d’acqua bevuto dopo una lunga camminata sotto al sole. “Quando?”.
Maria replicò con un sorriso pacato. “Quando Dio lo vorrà”, gli disse piano, “e quando i tempi saranno maturi”. E poi tese una mano, per raccogliere le lacrime di Thomas all’interno di una dolcissima carezza: “ma un segno ci sarà, a permettere che il popolo possa fin da subito riconoscere in lui quel grande governante. Nel corso della Messa che lo incoronerà re, egli verrà unto e consacrato con un olio del tutto particolare. Questo”: e, con la mano libera, fece scivolare tra le dita del sacerdote una piccola boccetta, chiusa con un tappo che aveva la forma d’una testa d’aquila.
Thomas Becket abbassò lo sguardo, lanciando un’occhiata confusa all’ampolla. Aprì la bocca per parlare, per domandare qualcosa, ma fu la Vergine a precederlo. “Tienila tu, te la do in custodia. Ma dovrai nasconderla in luogo sicuro: perché, se è questo l’olio con cui dovranno essere unti i grandi re d’Inghilterra, è necessario che questa boccetta rimanga nascosta a chi è al potere adesso, e anche a chi verrà dopo di lui, perché essi sono uomini malvagi che farebbero scempio di questo dono. E lo bramerebbero di certo, perché questo oggetto ha un’altra caratteristica che adesso ti confido: qualsiasi uomo che indosserà con fede questa fialetta vicino al cuore, sotto l’armatura, prima di scendere in battaglia, può esser certo del fatto che ritornerà a casa senza neanche un graffio”. La Vergine cercò lo sguardo del suo servitore e gli sorrise dolcemente: “è un tesoro prezioso, Thomas. So che tu saprai custodirlo”.
E mentre Thomas Becket cercava disperatamente qualcosa di intelligente da rispondere, lo sguardo di Maria si venò di una nota di tristezza mentre lei aggiungeva: “e adesso, poni fine al tuo esilio e fai ritorno in Inghilterra. Abbraccia il tuo destino, quale che sia. Nessuna sofferenza è fine a se stessa nel piano divino, e il tuo patire farà sì che le tue parole riecheggino attraverso i secoli. E con esse, anche la profezia di cui ti ho investito, assieme a mille altri insegnamenti che tanto frutto porteranno al regno di Dio”.

E così, Thomas Becket, che giustamente temeva per la sua vita dopo essere entrato in lotta con re Enrico II d’Inghilterra, prese il coraggio a due mani e decise di porre fine all’esilio che, qualche anno prima, si era auto-imposto, fuggendo oltremanica e trovando rifugio presso l’abbazia di Sens.
Fu assassinato pochi mesi dopo, brutalmente ucciso da quattro cavalieri inviati da re Enrico che lo passarono a fil di spada nel bel mezzo della chiesa, durante la recita dell’ufficio divino. E davvero quel patire fece sì che le sue parole potessero riecheggiare attraverso i secoli, tenuto conto del fatto che ancor oggi Thomas Becket è uno dei santi più amati dagli Inglesi, che però lo conoscono molto bene come martire e ben di rado ormai lo citano come profeta. E tuttavia, nel tardo Medioevo, Becket fu anche (e soprattutto) questo: a suo nome, circolò un ricco corpus di profezie politiche che rivaleggiavano in popolarità con quelle attribuite a mago Merlino (sì, c’erano anche quelle, non sto scherzando. Furono stampate fino a metà Ottocento). E, naturalmente, di queste profezie la più importante fu proprio quella che parlava d’un grande re che un giorno sarebbe giunto per governare l’Inghilterra con rettitudine e giustizia e per renderla grande sì come era stata un tempo… ma lasciamo adesso che la storica ceda di nuovo la penna all’agiografa, per scoprire che ne fu di quella preziosa boccetta d’olio che la Vergine consegnò al suo santo servitore.

Ritenendo giustamente che il modo più sicuro per proteggere quell’olio dalle mani del malvagio re d’Inghilterra fosse quello di custodire l’ampolla in un luogo su cui egli non potesse vantare alcun potere, Thomas Becket decise di affidare la boccetta a un monaco del monastero di San Cipriano di Poitiers. Lo fece in tutta segretezza, raccomandandogli di custodire l’ampolla in luogo sicuro, unitamente a una pergamena in cui egli aveva dato conto della profezia. Al religioso, disse solo che era di vitale importanza tenere in salvo quell’oggetto e che, secondo i tempi di Dio, si sarebbe reso manifesto il giorno in cui l’ampolla avrebbe dovuto far ritorno in Inghilterra. Ironicamente – poiché Dio ama agire in maniere misteriose – non sarebbe stato il clero, bensì il popolo pagano, a dare il via alla serie di eventi avrebbero realizzato la profezia della Vergine, permettendo all’olio di finire nelle mani di chi lo meritava veramente.

In effetti, così fu. Correva l’anno 1170, quando Thomas Becket diede queste istruzioni ai monaci di Poitiers; ed erano passati pochi anni dal Capodanno del 1300, quando il re dei pagani venne a sapere cosa si conservava in Francia.
‘Come?’, mi direte. Non furono i santi monaci di Poitiers a macchiarsi di leggerezza: furono i demoni dell’Inferno a manifestarsi al re pagano per avvisarlo del grande pericolo costituito da quell’ampolla, destinata a chi un giorno avrebbe avuto il potere di far sparire dal mondo ogni falsa religione.
All’uomo, che era pagano ma non stupido, bastò qualche secondo per rendersi conto delle orribili conseguenze che questo avrebbe avuto per tutti i membri della sua dinastia; pensò dunque che la miglior strategia da seguire per impossessarsi di quell’ampolla fosse quella di affidarne la cerca a due dei suoi cavalieri, scelti tra i più valenti. Li selezionò con cura, investendo di quel ruolo un nobiluomo musulmano e un cavaliere di fede cristiana, che però già da tempo gli aveva giurato fedeltà, ponendosi onorevolmente al suo servizio.

E così, negli stessi anni in cui nelle grandi corti d’Europa ci si appassionava alle avventure dei Cavalieri della Tavola Rotonda, alla cerca del Sacro Graal per ottemperare alla profezia di Merlino, gli agiografi ebbero modo di diffondere infinito inchiostro sulle avventure dei due cavalieri al servizio del re pagano alla ricerca della sacra ampolla della Vergine, ignari di star in tal mondo ottemperando alla profezia di Thomas Becket.
Eppure, così fu, giacché l’Onnipotente non è privo di un certo senso dell’ironia; e occorrerebbe un libro intero per descrivere nel dettaglio le mille avventure di quei valenti cavalieri: che sì, erano al servizio d’un pagano, ma non di meno gareggiavano in onorevolezza con i più grandi combattenti delle chansons de geste. Addivenne però che, nel corso di una delle più epiche battaglie di cui la letteratura cortese abbia memoria, il cavaliere moro perdesse la vita; e ciò affinché si compisse la profezia di Maria Vergine. Rimasto infatti solo, lontano dalla corte del suo re e privo della sorveglianza del suo compagno d’avventure, il giovane cavaliere cristiano cominciò pian piano a sentir crescere nel suo cuore il senso di colpa per ciò che stava facendo. Cristo e la sua Chiesa, dolci seduttori, finirono col farlo cadere nelle loro reti e lo ricondussero poco a poco a quel porto sicuro da cui, anni prima, il giovane cavaliere s’era allontanato imprudentemente: il nobile capì di aver peccato, ponendosi a protezione d’un regno non cristiano che lo mandava a combattere contro la sua stessa gente.

Ma, naturalmente, c’era ancor modo di riparare. Tradendo (ma per giusta causa!) il giuramento di fedeltà che aveva fatto al suo signore, il cavaliere decise di bussare alla porta del monastero di San Cipriano e di parlare con franchezza ai monaci spiegando il perché del suo lungo viaggio. Giacché il nascondiglio della preziosa ampolla era ormai stato scoperto, i monaci ritennero ovviamente che la miglior cosa da fare fosse portare altrove quell’oggetto sacro. E così, certi ormai di potersi fidare di quel cavaliere redento, gli consegnarono l’ampollina d’olio; e l’uomo ritenne che la miglior cosa fosse quella d’affidarla a Giovanni II di Bramante, un buon uomo che aveva conosciuto personalmente e nelle cui mani avrebbe messo la sua stessa vita. Ma non era questo l’elemento più rilevante nel cursus honorum del nobiluomo, che aveva anche il bonus aggiunto, non del tutto irrilevante, d’essere il cognato di re Edoardo II d’Inghilterra.

La profezia di Thomas Becket parlava d’un pagano che avrebbe involontariamente permesso alla sacra ampolla di finire nelle mani del suo legittimo destinatario. I monaci di Poitiers non ebbero il minimo dubbio circa il fatto che quel momento fosse arrivato, e ordinarono a Giovanni di Brabante di consegnare suo cognato quell’olio sacro e benedetto… che però, ahinoi, Edoardo II non poté utilizzare.

Naturalmente ci provò, indirizzando a Roma una lettera (che esiste davvero) in cui raccontava a grandi linee questa incredibile storia di avventure e domandava al papa il permesso speciale di essere unto per una seconda volta, utilizzando quel prezioso liquido, viste le eccezionali circostanze.
Correva l’anno 1318 e il papa rispose con un secco “no”, spiegando che la consacrazione di un re è un momento unico e irripetibile e che, teologicamente, non avrebbe avuto alcun senso rendersi ridicoli con un bis irrituale.
“Pazienza”, sospirò re Edoardo leggendo la pergamena arrivata da Roma: “vorrà dire che questo onore verrà riservato a qualcuno di più degno”.
E così, la preziosa ampolla fu custodita nella stanza che conteneva tutti i Gioielli della Corona: e là (incredibile ma vero) finì col perdersi, date le sue piccole dimensioni. Tornò alla luce solamente un’ottantina d’anni dopo, quando Riccardo II la ritrovò per caso, avvoltolata in un panno, mentre stava esaminando i suoi gioielli: naturalmente, non fece alcuna fatica a riconoscere la sacra ampolla di cui in famiglia s’era pianta a lungo la scomparsa; e, naturalmente, vagheggiò per brevi istanti l’idea di farsi ungere con quell’olio, ma si costrinse a scendere a più miti consigli memore del monito che il papa aveva dato a suo nonno.
A differenza del suo antenato, però, Riccardo II non fu disposto a separarsi con tanta facilità da quel prezioso: e dunque fece trasformare l’ampolla in una collana e cominciò a portarla sempre con sé, sul petto, confidando nella promessa della Vergine Maria circa il fatto che quell’oggetto si sarebbe trasformato in scudo invincibile per chiunque l’avesse portato con sé in battaglia.

In effetti, ha del miracoloso che Riccardo II sia riuscito a morire nel suo letto vista la tragica serie di eventi che di lì a poco lo vide protagonista, vittima di una congiura che lo costrinse ad abdicare e a finire i suoi giorni in carcere (… che è pur sempre meglio di una forca).
E così, la preziosa ampolla finì nelle mani del suo successore, Enrico IV: che non era esattamente ben visto negli ambienti di corte, giacché organizzare un colpo di Stato per usurpare il trono d’un re senza eredi non è esattamente il miglior biglietto da visita da sfoggiare per rinforzare la propria presa al trono. Eppure, Dio lavora in maniera misteriosa e pone al suo servizio anche i lavoratori più impresentabili: proprio a Enrico IV toccò l’onere e l’onore di essere il primo re della Storia della monarchia inglese a venir unto con l’olio divino che la Vergine aveva consegnato a Thomas Becket.

Fu dunque lui il più grande di tutti i re, quello capace di riconquistare la Normandia e l’Aquitania e di strappare ai pagani Gerusalemme? Purtroppo no, come la Storia ben dimostra; ma non è ancora stata scritta la parola “fine” su questa vicenda avventurosa di miracoli e prodigi. Ché i re d’Inghilterra – a quanto narra la leggenda – ebbero cura di centellinare quel liquido prezioso, versandone minutissime gocce nelle boccette d’olio crismale ogni volta che si procedeva a una nuova incoronazione. In tal modo, ognuno dei re fu unto con un pochino di quell’olio; pareva del resto che fosse stato lo stesso Thomas Becket a legittimare implicitamente quell’escamotage utilizzando il plurale nella sua profezia, per parlare genericamente di un grande re che sarebbe sorto tra tutti quelli che avrebbero goduto dello stesso onore.

E dunque, se la profezia non è ancora giunta a compimento, possiamo serenamente contare sul fatto che, presto o tardi, un giorno lo sarà: e sorgerà allora quel grande re, che tornerà a rendere potente la Britannia e che farà trionfare la vera religione su tutte le altre false dottrine. Gli Inglesi lo attendono ansiosi e trepidanti, con la stessa fiducia con cui sono certi che un giorno tornerà a calcare questa terra anche re Artù, the once and future king. Perché, come scriveva Tom Holland in un magistrale editoriale sulle colonne del Guardian, «ciò che questa incoronazione ricorderà ai cittadini della Gran Bretagna è che le radici della nazione sono favolosamente antiche, che la sua struttura costituzionale è infusa di elementi soprannaturali e che, nel complesso, il nostro paese è molto più bizzarro di quanto sembri in superficie. […] E il re – che, da principe, aveva salutato il nuovo millennio pregando per la riscoperta “di un certo senso di sacro in tutto ciò che ci circonda” – potrebbe avere con queste eco del passato molta più sintonia di quanto sembrerebbe. Potrebbe esserci ancora molto incanto nella monarchia».

***

Sciaguratamente, resta ormai ben poco incanto nel momento dell’unzione dei re d’Inghilterra: l’olio sacro della Madonna, purtroppo, non c’è più.
Una volta, c’era “davvero”, nel senso che la leggenda che vi ho raccontato è, ovviamente, autentica: le fonti la citano a partire da quel lontano 1318 in cui, come appunto si diceva, re Riccardo II ne fece rapidamente cenno in una sua lettera inviata a Roma. Fu probabilmente attorno agli anni ’40 di quel secolo che la leggenda si arricchì di altri elementi (l’intervento del re pagano, la cerca dei cavalieri…) che le diedero la forma con cui l’ho raccontata oggi. E, in questa forma, la fantasiosa storia dell’olio di san Thomas Becket fu realmente utilizzata da Enrico IV, nel 1399, per legittimare la sua contestatissima ascesa al trono. Dirò di più: cronisti del XV secolo ci assicurano che il re avesse davvero l’ambizione di realizzare tutti i punti di quella profezia; e anzi, secondo Christopher Wilson «non è improbabile che la consapevolezza del suo fallimento in questo riguardo sia stata una delle fonti del forte stress che è stato identificato come possibile concausa dell’improvvisa e allarmante sequenza di malattie cui egli fu soggetto a partire dal 1405».

I re che succedettero a Enrico IV non disdegnarono di rispolverare questa comoda leggenda (anche se lo fecero con meno vigore rispetto ai loro predecessori); fu la riforma anglicana a suggerire di accantonare rattamente questa strana storia di santi e di miracoli mariani, un po’ troppo papista per la sensibilità di quei tempi. E così, a partire dal XVI secolo, nessuno prestò più particolare attenzione al contenuto della boccetta in forma d’aquila che se ne stava ben protetta tra gli altri Gioielli della Corona.

Si trova ancora lì, sopravvissuta più o meno indenne attraverso i secoli (alcune sue parti, danneggiate, furono restaurate nel 1661 in vista dell’incoronazione di Carlo II, ma pare proprio che il corpo dell’ampolla risalga effettivamente al Medioevo). Avremo l’occasione di rivederla domattina, se vorremo dare uno sguardo all’incoronazione di Carlo III: che, però, ha ahinoi ben poche chance di diventare quel grande re profetizzato dalla Vergine, giacché all’interno dell’ampolla non si conserva più neanche una goccia dell’olio originale. Fu Adolf Hitler, nel 1941, a portare a termine l’impresa che non era riuscita al re pagano, distruggendo irreparabilmente il prezioso olio santo destinato a rendere grandi i re d’Inghilterra.

Cioè. Intendiamoci: sto estremizzando a fini comici. Non è che tutti i re d’Inghilterra e del Regno Unito avessero davvero centellinato goccioline d’olio medievale per venire unti con quello stesso liquido che aveva consacrato i loro predecessori. Quand’anche la cosa fosse stata realmente fatta ai tempi di Enrico IV e dei suoi immediati successori, la riforma anglicana fece sparire tutta la fascinazione legata a quella presunta reliquia. È però vero che, in seno alla monarchia britannica, c’era la consuetudine di far benedire generose quantità di olio tutte le volte che si incoronava un monarca, in maniera tale che un po’ di quello stesso liquido potesse essere utilizzato anche nei riti che, a suo tempo, avrebbero portato al trono il suo successore. Simbolicamente, era un segno di continuità nel cambiamento, va da sé (nonché un omaggio al re defunto, evidentemente).

Ebbene: fu proprio Adolf Hitler, nel 1941, a porre fine a questa tradizione con un eccezionale colpo di fortuna che il governo britannico ebbe cura di tenere ben segreto e di svelare solamente una manciata di anni fa. Nel maggio 1941, una bomba tedesca si abbatté su Westminster Abbey e mandò in frantumi la piccola boccetta di vetro che conservava l’olio con cui era stato unto Giorgio V e che, come di consueto, era stato messo da parte in vista dell’incoronazione di sua figlia Elisabetta. Andò perso solo l’olio, va da sé: che la preziosissima ampolla medievale in forma d’aquila è conservata da tutt’altra parte, e per ovvie ragioni di conservazione viene riempita solamente quando occorre: nell’imminenza dell’incoronazione. Per il resto del tempo, resta vuota.

E così, nel 1953, quando la regina Elisabetta ascese al trono, fu costretta a farsi consacrare con un olio “nuovo”, creato apposta per lei. Fu aromatizzato con un balsamo profumato che, fra le altre cose, conteneva anche ambra grigia e olio di zibetto, due sostanze di origine animale e non propriamente cruelty free: ed è questa la ragione per cui Carlo III ha deciso di non servirsi di ciò che probabilmente era stato messo da parte di quel liquido, preferendogli un olio “vegano” aromatizzato con sostanze provenienti dal solo mondo vegetale. E provenienti dalla Terra Santa, che da sempre gli è cara: l’olio che verrà utilizzato domattina è stato spremuto a Betlemme a partire da olive raccolte nell’uliveto del Getsemani. Tutto molto bello, però: decisamente, non è più quell’antico olio medievale che la Vergine aveva consegnato a Thomas Becket.

Resta però l’ampollina a forma d’aquila, che ha buone chance di essere quella autentica (o meglio: risalente all’epoca in cui la leggenda prese forma). E allora, per giocare ancora un po’ e concludere questo post con quel tocco di mistero che non guasta… chissà: forse, dopotutto, quell’ampolla ha acquisito per contatto i poteri dell’olio primigenio, finendo con l’imbibirsi delle loro stesse proprietà. Che ne sappiamo.

Voi che dite? C’è ancora qualche possibilità che prima o poi venga il giorno felice in cui quel grande re, superiore a tutti gli altri re, salirà sul trono d’Inghilterra per donare a tutti noi un mondo migliore?


E nell’incredibile assenza di romanzi che raccontino in toni epici questa leggenda, vi segnalo un po’ di bibliografia non proprio elettrizzante, ma accademicamente impeccabile:

  • T.A. Sandquist, “XIX. The Holy Oil of St. Thomas of Canterbury”, in: Essays in Medieval History (University of Toronto Press, 1969)
  • Christopher Wilson, “The tomb of Henry IV and the Holy Oil of St Thomas of Canterbury” in: Medieval Architecture and Its Intellectual Context. Studies in Honour of Peter Kidson (Bloomsbury, 2003)
  • Walter Ullmann, “Thomas Becket’s miraculous oil”, in: The Journal of Theological Studies, vol. 8, no. 1, 1957
  • Ian P. Wei e John Anthony Burrow, Medieval Futures. Attitudes to the Future in the Middle Ages (Boydell Press, 2000)
  • Lesley Ann Coote, Prophecy and Public Affairs in Later Medieval England (York Medieval Press, 2000)
  • Roy Strong, Coronation. A History of Kinghship and the British Monarchy. From the 8th to the 21st Century (HarperCollins Publishers, 2013)

2 risposte a "La profezia della Vergine, l’olio di Thomas Becket e il grande re che verrà un giorno: una leggenda dal Medioevo inglese"

  1. Francesca

    Commento giusto un paio di cose tra le tante che ci sarebbero da dire In Topic…
    Rimango nelle vicende collaterali e osservo:

    – che ci mancava anche Hitler nel ruolo, in un certo senso, di novello Erode…

    – Tom Holland è forse l’unico studioso (o comunque tra i rarissimi in parecchi anni) che riesce a farmi fare lo sforzo di ascoltare una conferenza in inglese (su youtube) senza traduzione per oltre un’ora… Tanto per dire quanto interessante l’ho trovato quando l’ho scoperto qualche tempo fa… (Comunque per fortuna il suo inglese è chiaro, abbastanza facile da seguire quando parla… Altrimenti ne uscirei con il mal di testa)

    Grazie per questa storia dell’olio. ‘Na meraviglia 🌟

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    1. Lucia Graziano

      Sì, Hitler è davvero la ciliegina sulla torta 😂
      Sembra uno di quei romanzacci mezzo-fantasy mezzo-storici in cui l’autore pretende di collegare eventi lontani secoli e che non hanno nulla a che vedere tra di loro, tipo Atlantide e l’incoronazione di Carlo Magno, che ne so. Qui abbiamo Hitler collegato a Thomas Becket, e la cosa bella è che ce l’abbiamo per davvero! 😂😂😂

      E, sì, concordo, Tom Holland è un grande studioso e un grande divulgatore. Ma come del resto tanti, nel Regno Unito! Hanno il piglio degli showman questi storici britannici, mamma mia! 😀

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