Le ghirlande del Corpus Domini: una tradizione dal folklore polacco

Vi sono studi, anche di valore, che fanno spesso riferimento all’utilizzo “magico” dei primi versetti del Vangelo di Giovanni. Non è sbagliato. Nel corso del Medioevo, alcuni testi di magia cerimoniale facevano realmente un largo uso dei primi versetti del quarto evangelo, che venivano recitati a più riprese nel corso dei vari rituali – il che ha molto senso, se ci riflettiamo per un attimo. L’idea di un Verbo che era presso Dio e che tutto d’un tratto diventa materiale, irrompendo nel mondo e cambiando il corso della Storia, doveva essere assai suggestiva (e direi per comprensibili ragioni) per chi sperava di poter invertire le normali leggi di natura attraverso l’utilizzo di parole magiche.

Ma mi pare francamente un po’ riduttivo affermare che, nel Medioevo, si facesse spesso un uso “magico” di quei famosi versetti evangelici. Il fatto gli è che, nei secoli passati, l’incipit del Vangelo di Giovanni emozionava tutti i fedeli indistintamente: e quelle parole venivano incise su legno, copiate su carta, indossate al collo, nascoste vicino al cuore e recitate a bassa voce nel momento del bisogno – quasi che avessero in qualche modo il potere di far sentire un po’ più vicina, un po’ più tangibile, la presenza di Dio al fianco dei suoi fedeli. Come a dire: l’Onnipotente non si limita a scrutarci dall’alto dei cieli; il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.

Erano magici e superstiziosi, o semplicemente devozionali, i modi in cui il popolo guardava a quelle amatissime parole?
Dovendo scegliere un aggettivo con cui definirli, io ricorrerei probabilmente al terzo che ho elencato: a mio giudizio, i nostri antenati guardavano all’incipit del Vangelo di Giovanni con quella strana forma di invincibile devozione che oggi, a noi, sembra ingenua e un po’ superstiziosa, e che però, all’epoca, semplicemente era.  

Un esempio di quanto sto dicendo (solo uno tra i molti!) si trova in un’antica tradizione che, fino a qualche tempo fa, era praticata in vaste zone della Polonia in occasione della festa del Corpus Domini. Stando a quanto ci assicura la folklorista Sophie Hodorowicz Knab, un’eco di questo antico uso sopravvive ancor oggi nella regione della Poldachia, all’estremo nord-est del paese, là dove ancor oggi esiste la tradizione popolare di onorare la festa del Corpus Domini preparando nove diversi tipi di ghirlande che vengono poi utilizzate per decorare gli altari, le chiese e, talvolta, anche le case dei fedeli. Tradizione vuole che queste nove ghirlande vengano preparate a partire da nove diverse materie prime: legno di nocciolo, fiori di margherita, rametti di timo; e poi ancora menta, ruta, borracina, pervinca, alchemilla e drosera. Nel giorno della festa del Corpus Domini, le ghirlande vengono portate in chiesa e benedette dal sacerdote: alcune non s’allontanano più dalla parrocchia, restandosene ad adornare le mura dell’edificio; altre vengono esposte lungo le strade nel corso della processione eucaristica che si terrà, immancabile, in giornata, e altre ritornano a casa per fare bella mostra di sé alle finestre e sui portoni.

Non tutti sanno però che, anticamente, nessuna di queste ghirlande si sarebbe potuta dire completa se non fosse stata decorata da piccoli nastri di stoffa (o, per chi non poteva permetterseli, festoni di carta) sui quale era stato copiato, in bella grafia, quel famoso versetto del Vangelo di Giovanni: e il Verbo di Dio si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Era quantomai simbolica (direi quasi poetica) la scelta di “ribadire il concetto” proprio nel giorno in cui la cattolicità festeggiava la reale presenza di Cristo nell’ostia consacrata: e così, le parole del Vangelo giovanneo (talvolta accompagnate da altri versetti tratti dall’incipit, e scelti forse con minore pertinenza) facevano bella mostra di sé lungo le strade, sottolineando una volta in più (…almeno agli occhi di chi sapeva leggere) il vero motivo per tanto festeggiare.

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Era superstizioso, questo utilizzo delle parole del Vangelo di Giovanni?
Ma certamente no; blandamente superstizioso, semmai, poteva diventare l’utilizzo che se ne faceva a festa finita, quando le ghirlande perdevano la loro funzione decorativa e i fiori cominciavano ad appassire. La tradizione locale voleva che le ghirlande restassero esposte per un’intera settimana, come a voler estendere quanto più possibile il clima di festa; nel giorno dell’ottava, esse venivano rimosse e disfatte delicatamente – ma con cura, affinché non si perdesse alcuna componente di quei preziosi oggetti. I nastri di stoffa e i rotoli di carta sui quali erano stati scritti i versetti del Vangelo venivano arrotolati con la massima attenzione e infilati in bottiglie di vetro che, in piena notte, venivano seppellite ai proverbiali quattro cantoni del villaggio (o del proprio campo; o del giardino di casa), in una muta preghiera verso l’Onnipotente.
Con quel gesto si pregava, si sperava (anzi, diciamo pure: si richiedeva, con la convinzione di chi è assolutamente certo che la sua preghiera sarà esaudita) di tener lontane da sé la grandine, le malattie infettive e altre disgrazie varie ed eventuali che avrebbero potuto presentarsi durante l’anno. I fiori appassiti che avevano composto le ghirlande venivano invece sparpagliati lungo i campi, in una sorta di semina tardiva che sarebbe servita a propiziare i primi raccolti in vista dei quali già si stava lavorando: anche in questo caso, i fiori benedetti avrebbero tenuto lontani i chicchi di grandine e i parassiti. Ma non sarebbe stato inutile tenere da parte un po’ di quei fiori, da conservare in casa e utilizzare al momento del bisogno: se quelle erbe benedette fossero state bruciate nel camino, il loro fumo delicato, salendo verso il cielo, avrebbe avuto il potere di disperdere fulmini, nuvole temporalesche e (eventualmente) anche demoni infernali di passaggio.

E allora, come chiamarla questa roba?
Qualcuno parlerebbe probabilmente di “superstizione” e di “magia popolare”, e forse non del tutto a torto. Ma io preferirei probabilmente definirla una devozione così certa e così totalizzante da sembrare semplicemente ingenua agli occhi di noi moderni e del nostro moderno mondo disincantato.


Per approfondire: Sophie Hodorowicz Knab, Polish Customs, Tradition and Folklore (Hippocrene Books, 1996)
Immagine di copertina: © 2015 Alicia Bruce

4 risposte a "Le ghirlande del Corpus Domini: una tradizione dal folklore polacco"

  1. Avatar di Francesca

    Francesca

    Il concetto non è così lontano dai _Tefillin_ e dalla _Mezuzah_ – gli oggetti ebraici che contengono testo sacro…
    E che vengono usati ancora oggi dai fedeli osservanti praticanti.

    Non scrivo altro perché stasera ho già scritto abbastanza. Lascio solo lo spunto.
    Grazie per l’ennesimo bellissimo articolo 💐

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Se rispondo a distanza di un anno liturgico va sempre bene, sì? 😂

      Però sì, è proprio vero, direi che il meccanismo è esattamente questo. E direi di più, fino a tutto il medioevo anche la chiesa cattolica aveva (se così vogliamo chiamarli) i suoi propri tefillin, piccoli ciondoletti (talvolta fatti a forma di libro, quindi con una somiglianza estetica anche notevole se vogliamo) all’interno dei quali erano contenute delle piccole scritte di testo con un valore sacro. Qui sul blog avevo già parlato degli amuleti con la vita di santa Margherita d’Antiochia per le partorienti; adesso aggiungo anche il link della pagina di un museo che ne conserva uno risalente alla metà del XIV secolo… mo’ non dico che è come un tefillin perché ovviamente no, sono due cose diverse, ma penso che un ebreo del XIV secolo avrebbe notato una certa familiarità, guardandolo… 😛

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      1. Avatar di Francesca

        Francesca

        “Se rispondo a distanza di un anno liturgico va sempre bene, sì?”

        Sì, tenendo conto della dimensione eterna al quale rimanda lo stesso 😁

        A parte la battuta, GRAZIE per queste interessantissime info… Ché davvero: non hanno “scadenza” .

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  2. Avatar di Umberta Mesina

    Umberta Mesina

    Da noi in Umbria, per il Corpus Domini si usava fare le infiorate, sulle vie per cui sarebbe passata la processione. (A Spello le fanno ancora.) Non so però se c’entrasse qualcosa anche il Vangelo di san Giovanni.

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