Casomai vi capitasse di essere inghiottiti da un drago, mi raccomando niente panico e fate come santa Margherita, la fanciulla originaria di Antiochia che oggi ricordiamo per l’essere stata martirizzata sotto Massimiano.
La buona Margherita aveva la capacità di calamitare su di sé disgrazie di vario genere: è pieno il martirologio di gente uccisa in odium fidei, ma è già più raro trovare resoconti di santi che sono stati inghiottiti vivi da un drago.
Embeh: Margherita ebbe in sorte questo triste destino e fu mangiata da un drago in un sol boccone. Ma la singolare situazione non la turbò minimamente, ché la ragazza sapeva perfettamente cosa fare. Stringendo come una spada il crocifisso che portava sempre con sé, lo brandì e lo usò per squarciare dall’interno la pancia del bestione – che, poraccio, morì nel peggiore dei modi possibili, rimettendo alla libertà la coraggiosa giovane.
“In virtù di questo episodio”, si legge su Wikipedia, “santa Margherita d’Antiochia è considerata la patrona delle partorienti”.
Nì.
Nel senso: certamente la rocambolesca fuga dallo stomaco del drago può ricordare un parto cesareo ante-litteram, e senza dubbio costituì un’immagine suggestiva attorno alla quale far crescere la devozione verso la santa. Ma, a dirla tutta, il cammino che ha portato Margherita a diventare la patrona delle partorienti è molto meno lineare di quanto ci piacerebbe credere e passa attraverso un paio di tappe intermedie.
Per comprendere le quali, bisogna fare una premessa: nel Medioevo, esisteva un confine molto labile tra “devozione in senso stretto”, “pratiche terapeutiche che facevano affidamento sull’intercessione dei santi” e “attività che oggi definiremmo al limite del superstizioso, come la creazione di amuleti dalle presunte soprannaturali”. Come già accennavo, ho scoperto il ruolo di Margherita d’Antiochia come patrona delle partorienti grazie alla lettura di Binding Words, un saggio storico che dichiara senza troppi giri di parole di essere dedicato allo studio dei Textual Amulets in the Middle Ages.
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“Che diavolo è un amuleto testuale?”, potrebbe giustamente chiedere qualcuno.
Quando si fa riferimento a un amuleto, credo che l’immaginazione corra immediatamente a un gioiello magico o qualcosa del genere. In realtà, nel Medioevo, era frequentissimo che la brava gente si dotasse di amuleti testuali: dei cosini da portare al collo che contenevano al loro interno un rotolino di pergamena, sul quale erano state scritte delle parole capaci di portare protezione.
Nella stragrande maggioranza dei casi, queste parole erano preghiere ai santi o invocazioni all’Onnipotente. E qui qualcuno potrebbe dire “beh ma dai, allora non era un amuleto, era un segno di devozione!”. Indubbiamente sì, anche se “amuleto testuale” è il termine tecnico che viene definito in linguaggio accademico per definirli; ed è pur vero che molti di questi oggetti erano utilizzati con una mentalità più magica che religiosa (tipo: “i poteri racchiusi in questo sacro oggetto mi proteggeranno sicuramente da ogni tipo di male”). Stiamo pur sempre parlando di popolani medievali; la sensibilità religiosa dell’epoca era molto diversa dalla nostra.
Ebbene: ho fatto questa premessa perché la nostra Margherita di Antiochia era la protagonista di uno dei più popolari amuleti testuali del Medioevo.
Quando (attorno all’VIII secolo, probabilmente) gli atti del suo martirio furono tradotti dal Greco in lingua latina, la passio di santa Margherita cominciò a circolare in Occidente con una postilla assai significativa. Ne troviamo già traccia nella più antica copia latina della sua Vita che sia giunta fino a noi, un manoscritto anglosassone del X secolo conservato oggi alla Bibliothèque National de France. Il breve testo descrive il trucido martirio della santa di Antiochia e dice, a un certo punto, una cosa interessante: santa Margherita, ormai prossima alla morte, aveva elevato al cielo la sua ultima preghiera supplicando l’Onnipotente di concedere un profluvio di speciali grazie a tutti coloro che avrebbero invocato in futuro la santa martire. Morendo, la giovane d’Antiochia ottenne così una speciale protezione per tutti coloro i quali avrebbero conservato in casa una copia della sua Passione: costoro avrebbero avuto la certezza di vedersi rimettere tutti i peccati al momento della morte. Inoltre, sarebbero stati benedetti da una prole numerosa e in ottima salute: nessuno di loro avrebbe fatto venire al mondo figli ciechi, storpi o ritardati.
È pur sempre una tecnica di marketing come un’altra. Che in effetti funzionò: il culto di santa Margherita ebbe un’immediata diffusione, grazie alle copie della sua passio che passavano di mano in mano, rese particolarmente desiderabili agli occhi dei fedeli grazie a quella speciale promessa di protezione.
Una protezione che andò crescendo col passar del tempo: gli agiografi che, nel corso dei secoli, rimisero mano alla Vita della santa scelsero di alzare sempre più l’asticella. Ad esempio, una passio redatta nell’XI secolo mantiene la notizia delle promesse celesti già descritte ma ne aggiunge un’altra non da poco: nessun demone riuscirà mai a penetrare nella casa che conserva una copia di questo sacro testo.
Una passione in prosa del XII secolo – Sainte Marherete Meiden Þe Meiden ant Martyr – conserva le tre promesse di cui sopra e rincara: nessun demone riuscirà a penetrare nella casa che è protetta da questo prezioso testo, e in particolar modo nessun demone riuscirà a penetrare nella stanza in cui la madre di famiglia si sta industriando a partorire la sua torma di figlioletti in buona salute. Che, tra l’altro, da questo momento in poi cominciano a godere di una salute ancor migliore, perché il possesso della passio garantisce anche l’assenza di qualsivoglia tipo di difetto fisico da parte del nascituro (fosse anche una minuzia tipo di poco conto). Per contro, alla madre viene garantito un parto sicuro, preceduto da un travaglio molto breve.
È solo a quel punto, per quanto ne so io, che comincia a diffondersi l’associazione tra santa Margherita d’Antiochia e le partorienti. Certo: il “taglio cesareo” attraverso cui la giovane martire riuscì a fuggire dallo stomaco del drago fu sicuramente una immagine suggestiva che agevolò la sua associazione con le donne incinte, ma in realtà parrebbe che la santa si sia guadagnata questo titolo anche e soprattutto grazie alle proprietà miracolose che erano attribuite agli opuscoli contenenti la sua Vita.
Una Vita che – fra l’altro – era opportunamente breve. Quando parliamo di “un libro” contenente la passio della santa non dobbiamo immaginarci un codice miniato come quelli che si conservavano nelle biblioteche di monastiche. In realtà, la biografia di santa Margherita era così breve da poter essere copiata su semplici stralci di pergamena: piegati o arrotolati su se stessi, potevano facilmente essere infilati in un ciondolo da portare al collo, o ancor più facilmente fatti scivolare sotto al materasso quando la partoriente cominciava ad avvertire le doglie.
Scrive Don C. Skemer in Binding Words:
La fama di santa Margherita arrivò a livelli di cult nell’immaginario popolare religioso: era la martire cristiana la cui legenda dava la speranza di un divino aiuto. Le donne incinte speravano di potersi guadagnare la protezione divina leggendo, contemplando o ascoltando la sua passione, ed era sempre possibile posare una copia del testo sul petto o sull’addome di una partoriente per risolvere situazioni complicate, alleviare i dolori del travaglio e facilitare una nascita scura.
(Non) sorprendentemente, amuleti e medagliette a protezione delle partorienti erano oggetti straordinariamente diffusi, nel Medioevo: in fin dei conti, i parti erano all’epoca eventi molto più pericolosi di quanto non sia oggi. Tra i (non pochi) amuleti a tutela delle partorienti che sono sopravvissuti ai secoli e sono giunti fino a noi, la stragrande maggioranza è composta proprio da amuleti testuali contenenti la Vita di santa Margherita, a testimonianza di una devozione che doveva essere diffusa in maniera davvero capillare.
A titolo di curiosità: è ovviamente ben difficile che si conservi attraverso i secoli un pezzettino di pergamena appartenuto a una famiglia di paesani. Gli esemplari giunti fino a noi sono oggetti di un certo pregio (frequentemente, manoscritti miniati nel senso pieno del termine, oppure gioielli preziosi nei quali era conservata la pergamena “miracolosa”): insomma, cimeli appartenuti a famiglie nobili. In questo caso, l’oggetto s’è conservato perché veniva tramandato di generazione in generazione ed era utilizzato da tutte le donne della famiglia che via via si trovavano a dover generare un figlio.
E io trovo sempre piuttosto commovente pensare al modo in cui questi preziosi oggetti hanno attraversato i secoli passando letteralmente di mano in mano, di madre in figlia. A proteggere attraverso le generazioni una famiglia intera, ogniqualvolta che quella famiglia s’allargava.
Se ci pensate: non è bellissimo?
Per approfondire, la lettura da fare è appunto Binding Words. Textual Amulets in the Middle Ages di Don C. Skemer, Penn State University Press (2006)
mariluf
Bella questa storia, che non conoscevo…. Grazie sempre, Lucia!
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Lucia
Grazie a te!
Ma in effetti è davvero un dettaglio poco conosciuto, io stessa l’ho scoperto per puro caso leggendo un libro che di per sé parlava di tutt’altro. Credo che sia stato un elemento determinante per la diffusione del suo culto ma credo anche che adesso sia quasi completamente dimenticato: quando è cambiata la sensibilità popolare di fronte a certe pratiche, queste sono inevitabilmente cadute nel dimenticatoio.
(Eppure sono così curiose… :D)
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