Lammas, la festa dei pani

Calcolando che ho 33 gradi in studio, penso francamente che finirei col prenderlo a male parole, quel pover’uomo medievale di età anglosassone. Ma se, per uno strano scherzo del destino, un uomo medievale d’età anglosassone apparisse oggi in casa mia per scambiare due parole con una donna del futuro, è molto probabile che cercherebbe di spezzare il ghiaccio avviando la conversazione con un radioso “buon inizio d’autunno!”.

Ebbene sì: per gli uomini medievali che vivevano oltre il Canale della Manica, l’autunno iniziava ufficialmente il 1° agosto, quando i venti freddi cominciavano a soffiare sulla terra rinfrescando le calde serate (non più) estive. Difficile dire se quella data convenzionale combaciasse effettivamente con un peggioramento delle condizioni meteo (che, come viene ricordato ogni estate, nel Medioevo erano un po’ diverse rispetto a quelle che sperimentiamo oggi); in realtà, è anche possibile che, nei secoli passati, il 1° agosto fosse percepito come un momento “di passaggio” per ragioni socio-culturali. In una società a forte componente agraria come quella altomedievale, l’inizio di agosto è effettivamente il momento in cui si comincia a intravvedere la luce in fondo al tunnel: se tutto è andato bene, la raccolta del grano s’è già conclusa, e (nel Nord Europa) anche molti alberi hanno già cessato di donare i frutti di stagione. Il riposo invernale è sicuramente ancora lontano, ma i ritmi di lavoro cominciano a farsi meno frenetici e, in molti casi, (se si vive al Nord Europa) anche le serate cominciano a rinfrescarsi, donando un po’ di ristoro a chi per lunghi mesi ha letteralmente sudato il suo pane quotidiano in mezzo ai campi.

E così, il 1° agosto era convenzionalmente la data in cui i popoli anglo-sassoni sentivano di poter far iniziare l’autunno. E lo facevano con una grande festa popolare, passata alla storia con il nome di Lammas: etimologicamente, la contrazione di “Loaf Mass”, ovverosia “Messa del pane”. Nel primo giorno d’agosto, infatti, era tradizione far cuocere e consumare la prima pagnotta creata con il grano della raccolta che s’era da poco conclusa: e mentre quel primo pane cuoceva dolcemente, profumato come ogni primizia di stagione, le famiglie meditavano sull’estate trascorsa e rendevano grazie a Dio per i doni ricevuti. L’autunno e l’inverno cominciavano ad avvicinarsi, portando con sé tutte le insidie di una stagione inevitabilmente dura: e allora, si chiedeva a Dio la grazia di poter superare indenni quei mesi cupi. Insomma, Lammas era il giorno in cui si facevano i bilanci dell’anno trascorso e si cominciava a pianificare la nuova stagione: una sorta di Capodanno estivo, se vogliamo… o, ancor meglio, un 1° settembre retrodatato, per chi (come me) ha la tendenza a considerare quello il vero incipit dell’anno nuovo.

Naturalmente, un momento così importante meritava d’esser celebrato con tutta la solennità del caso. E così, tra i popoli anglosassoni, nacque l’usanza di recarsi in chiesa per far benedire le loro pagnotte al termine di quella che (per l’appunto) era ormai nota come Loaf Mass. Fonti d’epoca testimoniano l’usanza superstiziosa di portare a casa quel pane benedetto e di tenerne da parte quattro pezzetti, che venivano poi poggiati ai quattro angoli del granaio: con quel gesto, il popolino sperava di far scendere la benedizione divina su tutto il cibo che via via sarebbe stato riposto in quel locale, preservandolo da muffe, insetti nocivi e ogni altro tipo di sventura; una speranza più ingenua che pia, evidentemente, che però non sembrò mai inquietare la Chiesa ufficiale. Non abbiamo notizia di vescovi che si siano scagliati contro questa pratica o che l’abbiano sanzionata nei loro penitenziali: la devozione sopravvisse senza problemi e continuò a esser praticata per buona parte del Medioevo.

Frattanto, le celebrazioni popolari dedicate alla festa di Lammas si arricchivano di elementi sempre nuovi. Numerose fonti risalenti al pieno Medioevo ci testimoniano la consuetudine di festeggiare la giornata con adunanze pubbliche durante le quali la gente faceva il bagno, organizzava corse di cavalli lungo il letto dei ruscelli, si recava in pellegrinaggio in luoghi di culto in aperta campagna o, semplicemente, godeva dell’intrattenimento di bardi e teatranti professionisti, appositamente assoldati per la ricorrenza. Gli Annali dei Quattro Maestri riportano che, nel 1168, le folle radunatesi nella piana di Tailtiu per festeggiare la festa del 1° agosto erano così numerose da occupare uno spazio di oltre sei miglia: e se forse il cronista esagerava, è lecito immaginare che non lo facesse più di tanto.

Col passar dei secoli, tuttavia, la festa cominciò pian piano a perdere di popolarità. Si conservò l’abitudine di portare il pane in chiesa per farlo benedire, ma i grandi ritrovi cominciarono a essere spostati alla domenica più vicina al 1° agosto, come se ormai non si sentisse più il bisogno di commemorare quella ricorrenza con un giorno di vacanza collettiva. Entro la fine del Medioevo, il 1° agosto era tornato a essere un giorno come tanti. Ma, se l’età moderna scrisse la parola “fine” su questa festa, qualcuno si potrebbe legittimamente domandare: quando erano nate le celebrazioni di Lammas?

Sicuramente, la consuetudine di benedire pani e rendere grazie il 1° agosto doveva già essere ben nota entro il 673, anno in cui il vescovo Teodoro di Tarso ordinò che la neonata Chiesa britannica si riunisse in sinodo ogni anno e che lo facesse proprio in quella data, per permettere ai vescovi di festeggiare Lammas in compagnia. Insomma: s’ha l’impressione che, entro il VII secolo, quella del 1° agosto fosse già diventata una ricorrenza di spicco nel calendario liturgico della Chiesa locale – cosa curiosa, visto che l’Europa continentale ignorava completamente questa celebrazione. In tutto il resto del mondo cristiano, l’unica ricorrenza del 1° agosto era quella che commemorava l’anniversario della dedicazione della basilica romana di San Pietro in Vincoli: con tutto il rispetto per la prigionia di san Pietro, un evento di secondaria importanza, che neppure nella città di Roma era riuscito a dare vita a manifestazioni folkloristiche di rilievo. È dunque ragionevole ipotizzare che la festa di Lammas, così unicamente britannica, abbia preso corpo su un sostrato di culti precristiani, che evidentemente esistevano oltremanica e non altrove.

In effetti sappiamo che, in Irlanda, le popolazioni autoctone erano solite celebrare al 1° agosto una festa che le fonti d’epoca definiscono alternativamente Lughnasadh o Brom Trogain: due termini che, evidentemente, all’epoca erano intercambiabili (anche se oggi è il prima a essere quello di gran lunga più popolare. Tutto merito dei movimenti neopagani, che hanno contribuito a riaccendere i riflettori su questa festa antica facendone uno dei momenti più importanti del loro calendario rituale).

In cosa consistevano, esattamente, le antiche celebrazioni di Lughnasadh? Sfortunatamente non ne abbiamo idea (e chi dice di averne sta lavorando di fantasia, oppure si sta affidando a studi storici però hanno fatto il loro tempo e sono ormai stati screditati dall’accademia). Ronald Hutton, che è unanimemente considerato il maggior esperto nella storia del paganesimo e del druidismo britannici, pone la questione in questi termini: sicuramente, la festa di Lughnasadh era dedicata «al dio Lugh, una delle più prominenti divinità nella letteratura irlandese medievale». E tuttavia (accettando l’ipotesi che Lughnasadh fosse a sua volta una ricorrenza legata al ciclo agrario) «non è affatto chiaro perché tale festa sia stata associata a Lugh, che non ci risulta esser stato né il dio del sole né quello del raccolto. Lugh, piuttosto, era l’ispiratore di tutte le arti umane, ed esercitava uno speciale patronato sui re e sugli eroi».

È praticamente impossibile parlare della festa del 1° agosto senza far riferimento agli studi di Máire MacNeill, una folklorista che nel 1962 diede alle stampe un libro interamente dedicato a The Festival of Lughnasa. Frutto di trent’anni di indagini svolte su territorio britannico e irlandese, il saggio giungeva a una conclusione affascinante e ambiziosa, ma (ahinoi) anche totalmente campata per aria: cioè, che Lughnasadh fosse una delle feste più importanti in assoluto fra tutte quelle che venivano celebrate nell’ambito dei culti druidici. E delle modalità con cui venivano portate avanti queste (presunte) celebrazioni, MacNeill si sentì di offrire una descrizione singolarmente dettagliata – che Ronald Hutton, con understatement tutto britannico, definisce «un rimarchevole insieme di suggestioni» in realtà basato sul nulla. O, per meglio dire, basato su supposizioni che sono in gran parte frutto della fantasia della foklorista, la quale ha creduto di poter immaginare un festival a base di grandi scorpacciate di frutti di stagione con qualche sacrificio rituale in omaggio al dio Lugh, a sottolineare l’esigenza che la natura muoia per portare frutto sì come fa il grano trafitto dal mortaio. Uno scenario fortemente suggestivo (e non del tutto implausibile, sol per quello: qualcosa di simile sarà certamente stato fatto, in una festa dedicata alla fine della stagione della raccolta); alla prova dei fatti, dobbiamo però ammettere che si tratta di pure supposizioni. La dura verità è che non abbiamo la più pallida idea di quali fossero le modalità con cui i popoli celtici ricordavano la festa del 1° agosto.

Forse è più facile immaginare il modo in cui la potrebbe ricordare oggi un qualche volenteroso con un debole per il folklore e per la rievocazione storica: per esempio, gustando una bella fetta di buon pane mentre fa il bilancio dell’anno che si chiude. A suo modo, mi sembra che questa tradizione antica si presti benissimo per accompagnarci in quel momento in cui l’anno lavorativo si ferma e si interrompe, scivolando dolcemente verso la lunga pausa d’estate.


Per approfondire:

  • Medieval Folklore. A Guide to Myths, Legends, Tales, Beliefs, and Customs (Oxford University Press, 2002)
  • The Stations of the Sun. A History of the Ritual Year in Britain di Ronald Hutton (Oxford University Press, 2001)
  • Winters in the World. A Journey through the Anglo-Saxon Year di Eleanor Parker (Reaktion Books, 2022)

8 risposte a "Lammas, la festa dei pani"

  1. Avatar di Whitewolf

    Whitewolf

    Articolo come al solito meraviglioso!
    E dire che per un neopagano ci sarebbe tanto anche senza inventarsi rituali! Cioè onestamente trovo molto bella l’idea di celebrare il “primo pane” della stagione (che quantomeno si colloca in una serie di celebrazioni pagane sui frutti della terra, visto che Agosto, come fai notare, è il prodromo dell’autunno) inteso come il primo frutto del lavoro…

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Infatti è una delle mie feste preferite (forse, nel mio caso, anche perché è condita dalla dolcissima promessa di un autunno imminente… e visto quanto io soffra il caldo e detesti l’estate… 😅).

      Sul neopaganesimo, io sono sempre molto cauta nell’intromettermi nel sistema di valori di una religione che non è la mia (e ci mancherebbe), però in effetti concordo con te. Da osservatore esterno, ogni tanto me lo chiedo: ma perché ancorarsi a ricostruzione storiche che ormai l’accademia ha totalmente screditato, quando ci sarebbe così tanto bel materiale per creare da zero una ritualità propria, senza stare a tirare in ballo i poveri druidi?

      Ma probabilmente è il fascino della storia… 😉

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      1. Avatar di Whitewolf

        Whitewolf

        Come ho detto nel mio articolo, molti neopagani sentono l’impulso di giustificarsi. Insomma, tutte le grandi religioni hanno bibbie e sono state oggetto di studio antropologico, chi sono loro, i figli di Santa Zita?
        Personalmente, e penso lo chiarirò negli articoli a venire, non ne ho mai sentito il bisogno. Anche perchè da studioso di antropologia ho ben presto imparato che a creare un elemento culturale spesso basta una parola sentita male o un’assonanza (Sant’Ippolito che viene trascinato sui rovi per l’assonanza col figlio di Teseo, per dire)

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        1. Avatar di Lucia Graziano

          Lucia Graziano

          Eh sì, ho letto quel tuo bellissimo articolo e annuivo molto leggendolo.

          Sì, diciamo che per me non è questa la strada che intraprenderei se per assurdo mi venisse in testa di fondare una nuova religione. Se non altro perché io personalmente troverei anche molto respingente questa “falsa storicità” che spesso si respira in certi ambienti neopagani, per come sono fatta e per come ragiono.

          Però, appunto: da osservatrice esterna, non mi permetto di sicuro di intromettermi nelle scelte altrui. Da storica metto i puntini sulle I, quello sì, perché del resto è il mio lavoro 🙂

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Diciamo che là è anche molto più a nord, sarebbe interessante mettersi a guardare il meteo britannico dell’ultimo secolo o giù di lì, per vedere quali sono effettivamente (o quali erano fino a una ventina d’anni fa, toh) le condizioni meteo verso inizio agosto. Magari il clima iniziava a cambiare per davvero, a quelle latitudini… 🙂

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