Come possono tre maghi leggere nel cielo la nascita di un Dio bambino? Non certo grazie all’astrologia, ci assicura Niccolò Cusano!

Il 6 gennaio 1431, dal pulpito della basilica di san Paolino a Treviri, un giovane Niccolò Cusano, futuro cardinale, pronunciò un’omelia sui re magi: edita all’interno dei suoi Sermones, è oggi nota con il nome di Ibant magi, in omaggio all’inno che fu cantato in apertura della messa di quel giorno.

E fin lì, nulla di strano: di certo non stupisce che un sacerdote abbia deciso di parlare dei magi in occasione della festa dell’Epifania (su che altro avrebbe dovuto predicare, in fin dei conti?). La cosa notevole sono i toni con cui Cusano dipinge i tre re: perché gliene disse di tutti i colori, abbattendo su di loro un’invettiva violentissima. Certo, Cusano non stava mandando all’Inferno i tre re del Vangelo, quelli prostrati davanti al Bambinello, la cui santità era nota a tutti e certamente indiscutibile. Quelli che dipingeva a tinte fosche, attribuendo loro tratti quasi luciferini, erano i tre re del prequel, per così dire: quelli che se ne stavano in Oriente all’interno del loro osservatorio astronomico, e che non avevano ancora sperimentato l’esperienza della conversione. Ecco: a quei magi lì, che non erano ancora stati toccati dalla luce di Cristo, Cusano riservò parole spietate e prive di speranza: se la misericordia divina non si fosse posata su di loro prendendoli per la collottola e tirandoli via dal cammino di perdizione in cui si stavano instradando, sarebbero state senza dubbio le fiamme dell’Inferno ad accogliere per l’eternità quelli che oggi consideriamo santi.

Ma perché tutta questa acrimonia verso i poveri re magi?
Beh, lo dice il termine stesso: perché i tre re erano dei magi. E se oggi il termine è così desueto da non far suonare campanelli d’allarme alle nostre orecchie, all’uomo medievale era perfettamente chiaro quale fosse il nominativo singolare di quel sostantivo che oggigiorno accostiamo alla figura dei tre re. Poco da dire: il singolare di magi è indubitabilmente magus (e del resto, scusate, in quale categoria professionale vi verrebbe spontaneo incasellare un tizio che, attraverso lo studio degli astri, riesce a presagire gli eventi futuri?).
E, naturalmente, ogni uomo tardomedievale sapeva bene che di un magus sarebbe meglio non fidarsi, salvo rarissimi casi eccezionali.

Magus, eloquentemente, è anche il titolo di un saggio dedicato a The Art of Magic from Faustus to Agrippa, scritto dall’eccellente Anthony Grafton e pubblicato qualche settimana fa dalla Harvard University Press. Siccome non voglio fare la fine della Ferragni, mettiamo tutti i disclaimer dell’occorrenza e diciamo pure che il libro mi è stato omaggiato dalla casa editrice in cambio di una onesta recensione su queste pagine: e, onestamente, che recensione potrei mai fare di un saggio dedicato alla magia medievale che s’apre con una lunga digressione sul ruolo dei re magi e sul modo in cui la loro enigmatica figura fu letta e interpretata, attraverso i secoli, in relazione alla loro (presunta) pratica delle arti arcane? Penso che la mia recensione si concretizzerà sinteticamente in un “mannaggia, e io che pensavo di essere l’unica pazza quella originale: in pratica, Grafton apre il suo libro con lo stesso identico incipit che ho usato io, non me ne capacito vorrà dire che great minds think alike?”.

E allora torniamo giustappunto a quell’omelia infuocata con cui si apre il saggio, e domandiamoci innanzi tutto: ma era pazzo Niccolò Cusano, o davvero gli uomini medievali ritenevano che Gasparre, Melchiorre e Baldassarre fossero (o fossero stati) degli astrologi praticanti di magia?

Su quali fossero state le loro attività negli anni avanti Cristo, un’infinità di parole è stata spesa attraverso i secoli. Oggigiorno, l’ipotesi che va per la maggiore è quella di considerarli seguaci dello zoroastrismo (anche se non è affatto scontato che Matteo stesse davvero pensando a quella religione quando ha inserito la figura dei magi nel suo Vangelo); certo è che gli uomini medievali avevano ben poca dimestichezza con le dottrine di Zarathustra, sicché mostrarono effettivamente la tendenza ad accostare i maghi a figure professionali molto più vicine alla loro quotidianità: e cioè, gli astrologi. E, in fin dei conti, come non comprenderli?

Sennonché, agli occhi d’un teologo medievale, c’era – ovviamente – ben poco di che esser fieri nell’esercitare la professione di astrologo. Ostinarsi a voler leggere il futuro negli astri equivaleva ad avere la presunzione di poter rivaleggiare con Dio, scimmiottando la sua onniscienza. E se le previsioni astrologiche avevano scopo di influenzare a proprio vantaggio gli eventi a venire: beh, in quel caso l’offesa a Dio diventava ancor più grande, perché si pretendeva di essere come lui onnipotenti. Sì, i tre magi del Vangelo andarono incontro al singolarissimo destino di essere elevati alla gloria degli altari, ma di certo non possono essere considerati rappresentativi della categoria: la stragrande maggioranza dei loro colleghi, che s’ostinavano a voler utilizzare solo il loro intelletto per conoscere le leggi che regolano il mondo umano, erano inevitabilmente destinati a fallire nei loro studi, condannati a cogliere solamente le ombre effimere di quella luce che invece rifulse ai tre in tutta la sua potenza, attraverso la stella di Betlemme.

Ma, intendiamoci: non fu l’astro che era nel cielo a comunicare ai magi la venuta del Messia. Niccolò Cusano ne era assolutamente certo, e sosteneva questa sua affermazione sulla base di un commentario al Vangelo di Matteo che godeva all’epoca di una certa popolarità. Originariamente attribuito (erroneamente) a Origene e oggi noto come l’Opus imperfectum in Mattheum dello pseudo-Crisostomo, il testo aveva dato discreta diffusione all’idea secondo cui, osservando la stella, i magi avrebbero scorto nel suo nucleo pulsante l’immagine di un bambino di pochi anni sormontata da una grande croce. Mettiamola così: un segnale abbastanza inequivocabile del fatto che stava per succedere qualcosa di decisamente anomalo.

Ma – come fa notare a buon diritto Niccolò Cusano – scorgere all’interno delle comete la sagoma di un bimbo sormontato da una croce non è esattamente quel tipo di esperienza che capiti con frequenza a un astrologo qualunque. Da che consegue logicamente che i magi ebbero modo di comprendere la portata dell’evento che stava per avere luogo non già attraverso i loro studi astrali, bensì attraverso un miracolo del cielo.
Che Dio, nel suo imperscrutabile giudizio, avesse deciso di manifestarsi proprio a loro, e proprio in quel modo, è un dettaglio tutto sommato secondario: avrebbe potuto mandar loro un angelo, come aveva fatto coi pastori, o avrebbe potuto far piovere sulle loro teste una lettera dal cielo, sol per quello. Il perché di questa sua scelta inusuale non può che esser lasciato all’immaginazione (chi lo sa: magari, è proprio vero che Dio ama scriver dritto sulle righe storte); certo è che – ci dice Niccolò Cusano – non furono le conoscenze astrologiche dei magi a permetter loro di capire ciò che stava accadendo. Fu un letterale miracolo del cielo, non dissimile a quello con cui Paolo fu fulminato sulla via di Damasco: se i magi si fossero limitati a studiare gli astri, non avrebbero capito proprio un tubo. Anzi.

Cusano, sol per quello, ha ben pochi dubbi nell’individuare la natura della stella che attirò l’attenzione dei magi per il suo aspetto anomalo. Lui la identifica con Assenzio, la stella ardente che cade dal cielo come una torcia in Apocalisse 8, 10-11, finendo col precipitare in una distesa d’acqua che rapidamente contamina rendendola velenosa. Insomma, la cometa dei magi non è esattamente quel tipo di astro che ci piacerebbe veder risplendere nel cielo, visto e considerato che la sua prossima venuta coinciderà con la fine dei tempi e con la discesa in terra dell’Anticristo: un pensiero inquietante, che ammanta di luce sinistra la piccola stellina che decora i nostri presepi. Sicché, a maggior ragione, non è proprio il caso di elogiare la sapienza (pagana e idolatra) con cui i magi (scampati all’inferno per puro miracolo) s’erano messi in testa di studiare un astro (che già di per sé porta scarogna): certo, Dio decise poi di capovolgere la situazione… ma questa è un’altra storia. O, quantomeno, è questa la lettura traboccante d’ottimismo che Niccolò Cusano si sentì di dare alla figura dei tre magi, in quel lontano 6 gennaio 1431.

Naturalmente, il teologo tedesco non aveva deciso di traumatizzare i parrocchiani con quel sermone perché quella mattina s’era alzato con la luna storta e non sapeva di che altro parlare. Dietro a queste digressioni teologiche c’era, naturalmente, un secondo fine, che emerge chiaro nella seconda parte dell’omelia: quella in cui Niccolò Cusano comincia a tuonare contro tutti quegli individui che pongono in essere gli stessi errori compiuti dai magi pre-conversione. E di gente così ce n’era fin troppa, e non troppo lontano da quella chiesa.

In quella che è probabilmente una delle prime omelie giunte fino a noi e direttamente riconducibile al fenomeno della caccia alle streghe (o al praticante di magia, se preferite), Cusano ci usa almeno la cortesia di non puntare necessariamente il dito sul gentil sesso. Maschi e femmine hanno pari colpe, nel momento in cui si abbandonano alla superstizione: il peccato è sempre quello, ed è anche molto grave – v’è ben poca differenza tra chi lo commette oggi e quegli oracoli pagani dei tempi antichi che pretendevano di leggere il futuro nelle viscere degli animali, nelle unghie dei bambini o nel lancio dei dadi. E non parliamo poi della gravità delle azioni di chi, lasciandosi sedurre dai testi di magia provenienti dall’oriente arabo, utilizza «caratteri», «legature» e «sconosciute parole diaboliche» per guadagnare potere sulla natura, convincendosi addirittura di potersi sostituire ai preti nell’operare rituali per proteggersi dai demoni.

E ben poco contava che molte di quelle attività sembrassero avere legami con la fede cristiana, come ormai ben sanno i lettori del mio blog: v’è ben poco di cristiano nelle pratiche superstiziose che vengono portate avanti sotto la mendace mascherata che le spaccia per atti di fede. Cusano ce ne elenca alcune a titolo d’esempio, fornendoci un preziosissimo catalogo di errori dottrinali: non ha alcun senso attribuire all’acqua santa poteri magici che non le sono mai stati infusi, né tantomeno è lecito utilizzarla in seno a rituali non autorizzati dalla Chiesa; è del tutto illogico andare in chiesa nel giorno di santo Stefano per poggiare dei sassi sull’altare, come se in tal modo le pietre potessero imbibirsi della ‘miracolosità’ del protomartire ucciso per lapidazione. Né tantomeno sarà sensato trasformare le cappelle in un arsenale riempiendole di frecce nel giorno di san Sebastiano, il soldato trafitto dai dardi che veniva invocato a protezione della peste: non c’è nulla di vero, né tantomeno di devoto, in queste sciocche superstizioni, tanto più pericolose perché ingannavano i semplici facendo leva sul loro sentimento religioso.

Siamo pur sempre nel 1431, epoca in cui stava lentamente ma inesorabilmente cominciando a prender forma quel clima di sospetto verso la superstizione popolare che, di lì a poco, avrebbe spinto le municipalità ad accendere i primi roghi contro le malefiche incantatrici. Propriamente parlando, la caccia alle streghe era un fenomeno ancora a venire; ma, piano piano, i teologi e gli intellettuali stavano cominciando a porne le basi concettuali.


Per approfondire: Anthony Grafton, Magus. The Art of Magic from Faustus to Agrippa (Harvard University Press, 2023). Se siete interessati al tema e se per voi l’Inglese non è un ostacolo insormontabile, sappiate che ve lo consiglio per davvero (non solo perché me l’hanno dato in omaggio): lo considero realmente uno dei più bei saggi che io abbia mai letto sulla figura del mago medievale.

13 risposte a "Come possono tre maghi leggere nel cielo la nascita di un Dio bambino? Non certo grazie all’astrologia, ci assicura Niccolò Cusano!"

  1. Avatar di Whitewolf

    Whitewolf

    Bellissimo articolo Lucia!
    Avevo studiato l’argomento per la mia tesi, ti giro un po’ della bibliografia perchè penso che l’argomento sia interessante (anche se giungo tardi, quando oramai quel tuo libro sulle streghe è già stato scritto).
    – Fritz Graf “La magia nel mondo antico”, Bari, Laterza 2009 = In questo articolo si discute sull’origine del concetto di magia e su alcune interessanti evoluzioni del concetto di strega da guaritrice.
    – Marcello Carastro “La cité des mages”, Grenoble, Editions Jérôme Millon, 2006 = è un libro in francese ma molto bello che tratta dell’evoluzione di concetto di “magus” nella cultura greca, secondo me importante per spiegare come mai è nata questa idea del mago sacrilego e manipolatore
    – Manuela Giordano (la mia relatrice) «Riflessioni sulla ‘magia’ greca. a proposito del libro di Marcello Carastro: “la Cité des Mages. Penser la magie en Grèce ancienne”» In «A.I.O.N. : annali dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli, Dipartimento di studi del mondo classico e del Mediterraneo antico : sezione filologico-letterari» annata xxxiii, 2011, pp. 191-208 = In questo articolo, oltre a riassumere il pensiero di Carastro, la mia relatrice introduce la questione della magia come “non categoria”.

    è stata una ricerca molto interessante quindi lo condivido volentieri, anche perchè si innesta bene in una riflessione sul concetto di astrologia naturale e astrologia giudiziaria, che sembra appunto affrontare come la magia (e l’astrologia) sono condannate soprattutto come forma di ybris e di uscire dai limiti di Dio.
    Posso però commentare che è un terreno abbastanza scosceso? voglio dire un re che usa l’astrologia giudiziaria per sapere se la battaglia contro gli infedeli o contro i ribelli è destinata al fallimento mi sembra ne faccia un uso per realizzare la volontà di Dio…o secondo la chiesa di quei tempi, doveva pregare e sperare che Dio gli dicesse cosa fare? Domanda cretina ma spero si sia capito il mio dubbio.

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    1. Avatar di Francesca

      Francesca

      Ciao, molto interessante. Mi intrometto prima che risponda Lucia 😋 così magari scrocco ben 2 risposte. Una da te e una da Lucia 😇 . Trovo super interessante la “questione della magia come non-categoria” – perché… (lo dico da assoluta non esperta) è qualcosa che ho sempre in qualche modo pensato riguardo alle epoche passate (diciamo quelle collocate prima di quello che si chiama Rinascimento – e mi scuso se per caso adesso gli storici hanno cambiato denominazione).

      Praticamente, oltre al fatto della diversa distinzione delle diverse discipline, ho nella mia testa l’idea che negli “antichi” ci fosse una categoria di interpretazione del reale molto più ampia… e che forse includeva l’accettazione (tacita, data per scontata) di parecchie realtà e concetti. “parecchie” rispetto a noi moderni, intendo.
      Cioè, noi oggi facciamo giustamente più distinzioni e più “discernimento” … Però non so se in questo modo stiamo più progredendo (umanamente) o più stagnando… o magari stiamo procedendo lentissimi (sempre in fatto di progresso dell’umanità).
      Non so se mi sono spiegata 😳🥴
      Attendo lumi epifanici 😁

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      1. Avatar di Whitewolf

        Whitewolf

        Pensavo di averti risposto già ieri ma siccome sono un genio della lampada era tutto nella mia testa.
        Anyway: per la prima cosa ti consiglio di leggere l’articolo della mia relatrice, perchè è abbastanza chiaro per approfondire il tema.
        Sull’interpretazione e l’accettazione…è una riflessione interessante.

        Per quanto ho capito io (e in questo anche i testi del professor Maurizio Bettini, altro mio insegnante, aiutano molto), è vero soprattutto per il fatto che non esisteva un concetto di monopolio della verità. O della cultura, per quel che vale.
        Se è vero che tendenzialmente le ipotesi tradizionali erano considerate migliori, ciò era più un “Nel dubbio mi comporto come mi sono sempre comportato” che un “Io so che quella è LA verità”.
        Era sempre possibile cercare nuove soluzioni, nuovi modelli di vita, nuovi atteggiamenti…il misoneismo era privilegio di chi, da questi modelli, ci avrebbe perso.

        Non è un caso che quasi tutti gli storici antichi che sono sopravvissuti giudicano con grande severità tutti gli imperatori che si discostano dalla norma: infatti rispetto alla cultura romana, una grande novità sarebbe stata o l’oclocrazia o la tirannide. Di imperatori oclocratici non è giunta notizia (anche perchè era molto difficile esserlo XD) ma di imperatori tiranni…e per essere tiranno bastava aver calpestato la classe senatoria (da cui venivano tre quarti degli storici).
        Però capisci che a quei tempi, se aveste chiesto a un popolano che imperatore era Nerone, è testimoniato che veniva ancora rimpianto per la sua vicinanza al popolo.
        Semplicemente gli storici se ne sbattevano le mazzancolle.

        A livello metafisico poi il concetto stesso di miracolo (o prodigio o ancora mostro) era molto diverso dal concetto che poi ha diffuso il cristianesimo.
        In generale miracoli e mostri (etimologicamente figlie di “miror” e “monstrare” cioè ammirare e mostrare) erano semplici cose degne di essere viste (ma perfettamente parti della natura) e segnali dalla divinità (e anche per questo perfettamente suscettibili nella casistica delle cose).
        Cercando casi come per esempio la Vestale Claudia (che corrisponderebbero benissimo al concetto di miracolo cristiano, se non fosse che c’è di mezzo una divinità pagana) vediamo che tuttavia questo “miracolo” in realtà era stato invocato come testimonianza del favore della dea e indirettamente forma di conferma della reale presenza della Dea. Anche qui è una comunicazione che la Dea fa se richiesta.
        I miracoli cristiani (quasi tutti quelli che io ricordo, poi Lucia mi corregga) sono un gesto di Dio che protegge autonomamente, senza desiderio di provare ai pagani qualcosa o di dire “Piantatela di infastidire il mio campione della fede”. Il miracolo diventa esplicita opera di predilezione del Dio che opera come uno scudo, anzichè una forma di comunicazione e manifestazione finale.

        In poche parole (e poi mi fermo sennò temo di annoiarti), quello che dici è vero soprattutto perchè prima del cristianesimo (e credo anche per buona parte del medioevo) si viveva in un mondo privo di una spiegazione univoca e omnicomprensiva. Tutto era possibile, la domanda era “perchè era avvenuto questo evento raro?”. Con il cristianesimo la domanda diventa “Perchè Dio ha fatto si che questa cosa avvenisse?”. La natura acquisisce un suo fine (cioè il piano di Dio), anzichè essere una continua lotta di più forze.
        Similmente gli eventi erano oggetto di interpretazione semplicemente perchè non esisteva la verità assoluta. Esisteva l’opinione comune, l’opinione della persona saggia, della persona “buona”…ma Svetonio aveva tanta possibilità di ricordare male quanto ne aveva Quinto il ciabattino della Salaria. Semplicemente Svetonio era preparato per analizzare la cosa avendo studiato e avendo magari una paideia di alto livello, quindi si riteneva fosse più probabile che dicesse qualcosa di vero o comunque utile,

        Scusa il pappardellone, sono molto verboso

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        1. Avatar di Francesca

          Francesca

          Verbalizza (😁) pure ché io leggo tutto. Anzi ti ringrazio per la risposta MOLTO articolata.
          Solo uno spunto-appunto sul valore del miracolo: credo che anche nella cristianità ci siano state più interpretazioni lungo i secoli/millenni. Come cattolica so cosa dicono i teologi di oggi però quello che hanno detto i teologi e/o che credevano le “folle” nelle diverse epoche rispetto al beneficiario dell’evento straordinario…… Lo sa di sicuro Lucia.
          Per dirne una di teologia attuale cattolica: non è detto che il miracolato sia per forza uno specialissimo già mezzo santo da “proteggere”. Anzi, potrebbe anche essere un terribile peccatore al quale il Signore invia una possibilità di aprire gli occhi e redimersi. In questo senso, ho anche letto (da un teologo) che il miracolo di per sé non è una “garanzia” di paradiso per il miracolato. Di sicuro, secondo la visione attuale, è un’offerta, una possibilità di approfondimento della fede per il beneficiario e per tutti coloro che lo vengono a sapere. Ecco, questa è una delle diverse valenze del miracolo, oggi, per i cattolici.
          Eh sì… Ci sarebbe un sacco di materiale da “verbalizzare” su queste cose…
          😇Intanto: GRAZIE

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          1. Avatar di Francesca

            Francesca

            P.s.
            Per dirla ancora meglio: il significato del miracolo cristiano oggi è da intendersi anche (e a volte soprattutto) come invito di Dio a cercare, a guardare in una certa direzione. In pratica: OGGI davanti ad un miracolo bisogna interrogarsi sul perché è avvenuto in un certo luogo, in un certo momento (anche storico), le modalità, il 😃”topic” e simboli che ne derivano… e insomma cosa intende comunicarci. (Fermo restando che la Rivelazione cristiana si è conclusa con Cristo e gli Apostoli. Cioè il miracolo può arricchire la comprensione, non aggiungere “novità” o cambiamenti nei piani di Dio per l’umanità).

            P.p.s.
            ho appena trovato l’articolo di Manuela Giordano. Grazie.

            P.p.p.s.
            Mi scuso anch’io… Ho preso la tangente del miracolo 😅

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Eh… diciamo che è questo il modo in cui tendiamo a guardarli oggigiorno. Che fosse anche il modo in cui li guardavano i primissimi cristiani, è cosa abbastanza dubbia in realtà; e sicuramente non era il modo in cui li guardava la maggioranza dei cristiani medievali. C’è un delizioso libro di Cardini dedicato alla figura dei re magi, che consiglio moltissimo se interessa il tema 🙂

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      😛
      Eh, davvero, ormai è un termine così connotato e circoscritto ai personaggi dell’Epifania che non ci viene più spontaneo pensare a loro come a tre magus declinati al plurale. E in altre lingue addirittura si parla di “wise men”, ancor più vago. Però, oh, alle orecchie di un uomo medievale c’erano ben pochi dubbi su che professione svolgessero ‘sti magi: in Latino tecnicamente vuol dire quello, eh! 😜

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  2. Avatar di ac-comandante

    ac-comandante

    E non ha visto il proliferare di maghe, fatucchiere, XXX-manti che girano oggi… 😆
    Una volta in cui ho potuto partecipare al culto della mia chiesa (evangelica), il pastore aveva parlato del desiderio, pare insito nella stessa essenza umana, di voler conoscere il futuro. Nulla di nuovo.

    Mi puoi confermare che la caccia alle streghe in ambito cattolico fu avviata nel 1484? E che fu la sola volta in cui l’autorità ecclesiastica (non quella civile) prescrisse il rogo?

    PS: hai mai scritto qualcosa sulla figura di Barbarossa e sulla leggenda del suo “sonno nella montagna”? Se lo hai fatto o lo farai, ti dirò come me lo sono immaginato io 😉

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