Bartolomeo e il drago

“Signore”, disse san Bartolomeo; e nella sua voce c’erano tutta la determinazione e l’urgenza di chi sa che potrebbe non avere altre occasioni per ripetere quella richiesta, e non vuole assolutamente correre il rischio di non vederla esaudita. Puntò i suoi occhi in quelli del Cristo risorto e gli chiese: “mostrami il Male”.
Gesù guardò a lungo il suo apostolo, restando silenzioso. E alla fine gli chiese: “perché?”.
“Perché ho bisogno di vederlo, se d’ora in poi dovrò combatterlo. Voglio capire come sia fatto, come operi, da dove venga, quale sia realmente il suo potere. È riuscito a colpire persino a te, facendoti appendere sulla croce. Non posso pensare di scendere in battaglia contro di lui senza neppure conoscere il suo aspetto”.
Gesù lo fissò con molta serietà, e poi sospirò a lungo. “Tu e il tuo coraggio, Bartolomeo! Mi stai chiedendo di mostrarti una cosa che non saresti in alcun modo in grado di guardare”.
Bartolomeo aggrottò le sopracciglia: non era quello il momento di darsi per vinto. Sicché si lasciò cadere ai piedi di Gesù e, inginocchiato di fronte a lui, col capo a terra, diede il via a un lungo monologo pieno di adulazioni che occupa svariati paragrafi dell’apocrifo tardoantico che vi sto citando (in un riadattamento molto vicino al testo originale, NdR), quindi facciamo che vi risparmio il pistolotto e arriviamo subito al succo del discorso: cioè che Bartolomeo insiste, e insiste, e insiste, e insistendo supplica, fino a quando Gesù non perde la pazienza e decide di intervenire per porre fine a quella tiritera. Andandoselo a recuperare da per terra per farlo risollevare a forza e poi lanciandogli uno sguardo lungo, solenne e serio: “Bartolomeo, vuoi davvero guardare in faccia l’avversario degli uomini? Tu non hai idea di cosa mi stai chiedendo. Nel momento stesso in cui lo vedrai, cadrai con la faccia a terra e resterai impietrito per il terrore”.
Ma Bartolomeo era andato troppo in là per potersi tirare indietro, e insistette così tanto da piegare la resistenza di Dio stesso. E così, con un sospiro, Gesù lo condusse con sé alla bocca dell’Inferno: agli angeli che ne custodivano il portone lanciò uno sguardo duro, di comando, dopodiché fece un cenno a Michele ordinandogli di suonare la tromba.

E Michele suonò.

E la terra tremò squarciandosi, e un crepaccio che eruttava fumo e fiamme si aprì poco dinnanzi ai piedi di Bartolomeo: e da quella fenditura nella roccia – mostruoso – lentamente fuoruscì Beliar. Prima gli occhi, poi il muso, poi una zampa e poi l’altra: era un drago maestoso lungo circa 70 chilometri (ellamiseria) e largo poco meno di 2, con una singola ala che gli spuntava solinga dal centro della schiena, a mo’ di pinna. Era trattenuto da 660 catene di fuoco governate da altrettanti angeli che quasi saremmo autorizzati a immaginarci come i domatori di una belva feroce, e nonostante le funi che lo tenevano bloccato lui continuava a dimenarsi violentemente, come se volesse dimostrare in quel modo la sua furia – o come se davvero confidasse ancora nella speranza folle e coraggiosa di potersi sottrarre al suo destino. Aveva un muso gigantesco, color della pece, che di tanto in tanto veniva attraversato da quelle che sembravano essere saette di fuoco – un po’ come quando si guarda temporaleggiare in lontananza e si notano i fulmini farsi strada attraverso la coltre di nubi scure. I suoi occhi scurissimi, senza pupille, rilucevano di scintille; dalle enormi narici usciva a ogni respiro un fumo fetido, e la bocca che proprio in quel momento aveva spalancato in un ruggito era così grande da sembrare una grotta senza fine.

E, a dimostrazione del fatto che Iddio non dice cose a caso, non appena san Bartolomeo si trovò di fronte ‘sto coso cadde svenuto con la faccia per terra, probabilmente facendo appena in tempo a chiedersi ‘ma chi me l’ha fatto fare’.

Chissà se a Gesù scappò un mezzo sorriso, sulle linee di ‘io te l’avevo detto’, quando gli toccò andare a recuperare il suo amico. Forse no, ché il Buon Dio è più caritatevole di noi mortali. Fatto sta che lo risollevò, lo rimise in piedi e lo rianimò infondendo in lui quello che il testo definisce ‘spirito di potenza’. Dopodiché, guardando negli occhi il suo vecchio amico, gli disse in tono calmo: “avvicinati senza paura, e saligli in testa; calpesta il suo collo, come si legge nelle Scritture, e lui dovrà necessariamente sottomettersi a te. A quel punto potrai chiedergli quale sia la sua missione, come la svolga e con quali arti inganni gli uomini”. Dopodiché, gli diede una pacca di incoraggiamento sulle spalle e si allontanò (e secondo me sì, a questo punto il sorrisetto in faccia ce l’aveva).

Bartolomeo gli lanciò un’occhiata stranita. Guardò il minaccioso drago infernale lungo 70 chilometri con cui aveva insistentemente chiesto di trovarsi faccia a faccia, poi guardò Gesù, poi di nuovo il drago; rapidamente riesaminò le sue scelte di vita passate, presenti e soprattutto future e, dice l’apocrifo, gridò a gran voce “Signore, benedetto sia il tuo nome immortale!”, che io (che sono una brutta persona) tendo più che altro a immaginarmi come di quelle espressioni colorite che molti di noi accosterebbero all’idea di ‘nominare il nome di Dio invano’, solo che lì non era neanche troppo invano.
O forse sì, nel senso che l’invocazione non portò a grandi risultati pratici: Gesù rimase a guardarlo di lontano senza minimamente intervenire, limitandosi a ripetere l’ordine di prima – Bartolomeo doveva avvicinarsi senza timore al faccione di quel mostro, saltargli sul naso con un piccolo oplà, camminargli tranquillo fin sul collo e, a quel punto, pestarglielo forte col calcagno. A difesa del buon nome di Bartolomeo, va anche detto che, dopo aver preso un respiro profondo, lui si avvicinò per davvero al muso del drago con l’intenzione di fare ciò che Dio gli comandava; ma, a usare le eufemistiche parole del manoscritto, «nel rendersi conto delle sue intenzioni, il drago Beliar si dimenò, colmo di furore».

Aggiunge a quel punto il manoscritto: «Bartolomeo dunque ebbe paura e fuggì con grande emozione». E con grande emozione fuggì da Gesù, supplicando: “dammi almeno un lembo delle tue vesti affinché io possa farmene scudo quando mi avvicino a lui”, ché se proprio tocca scendere in guerra contro un drago, farlo con una reliquia in mano potrebbe non essere una cattiva idea. Ma tutto quello che ottenne in cambio fu un sorriso abbozzato e un poco confortante: “ma Bartolomeo, tu non puoi toccare le mie vesti. Queste non sono più le vesti che indossavo prima di essere crocifisso”.
Al che, e con emozione crescente, l’apostolo singhiozzò “e allora andiamo via, Signore, perché ho paura che quel mostro possa inghiottirmi!”… ma no, manco quella consolazione: Iddio non sembrava incline a compromessi. E anzi, guardando severamente il suo apostolo lo rimproverò: “Bartolomeo, non furono tutte le cose create dalla mia Parola, e non fu mio padre a disporre che tutti gli spiriti potessero essere aggiogati agli uomini, fin dai tempi di Salomone? Non temere. E anzi: poiché tu stesso sei comandato dalla mia Parola, ti ordino di avvicinarti al drago nel mio Nome, e di chiedergli tutto ciò che vuoi. Avvicinati”.
E Bartolomeo si fece scudo del segno della croce, e pregò. E questa volta Gesù marciò al suo fianco restandogli solo a qualche passo di distanza; e intanto, piccoli fuocherelli nacquero dall’aria attorno al santo avanzando assieme a lui, tanto che sembrava che le sue stesse vesti si fossero mescolate al fuoco. E questa volta il drago non poté che rimanere immobile limitandosi a ringhiare tutta la sua rabbia; e allora, Bartolomeo gli si arrampicò in faccia, ancorò le mani nelle sue narici, risalì come uno scalatore sul crinale del suo muso fino scorgere gli occhi fiammeggianti, e da lì si rimise in piedi. Percorse la sua intera testa e poi si fece scivolare verso il suo collo; e solo quando fu arrivato nel punto che Gesù gli aveva indicato calcò con forza il suo calcagno tra le scaglie del drago, che reagì con un ruggito sordo che parlava di rabbia furibonda e di resa al tempo stesso.

E, volendo, la nostra storia potrebbe anche concludersi così, con qualche noticina critica da parte della redattrice: il testo che ho (neanche troppo) liberamente adattato (intervenendo, di fatto, solo per renderlo più scorrevole e favorirne la leggibilità) è un apocrifo greco del Nuovo Testamento che la tradizione attribuisce alla mano di san Bartolomeo apostolo. Comunemente noto tra gli studiosi col titolo di Questioni di Bartolomeo (in omaggio alle quaestiones, cioè alle domande, che l’apostolo ebbe modo di fare a Gesù trovandosi a faccia a faccia con lui dopo a resurrezione), il testo – composto in lingua greca – è sicuramente molto antico. Ma se volessimo (come in effetti vogliono molti studiosi) identificarlo con quel Vangelo di san Bartolomeo che san Girolamo cita in alcuni suoi scritti (purtroppo senza darci ulteriori dettagli che possano permetterci di capire se davvero sta parlando del nostro identico apocrifo): allora, saremmo in grado di affermare con certezza che questo scritto doveva essere già ben noto entro la fine del IV secolo. Un dettaglio che lo renderebbe un documento di particolare interesse anche e soprattutto per gli storici del folklore: ché le Questioni di Bartolomeo sarebbero, a questo punto, il più antico testo a noi noto – fra quelli prodotti in ambiente cristiano – a dare le ali al personaggio del drago.
Ché il drago biblico, anticamente, era un rettile gigantesco e mostruoso ma dall’aspetto vermiforme, sulla falsariga del serpente del giardino dell’Eden. Solo in epoche più tarde guadagna le ali, trasformandosi nel drago che conosciamo oggi: quello descritto da san Bartolomeo è un drago alato un po’ sui generis, che ai nostri occhi sembrerebbe quasi monco, con quell’unica aluccia che gli spunta da in mezzo alla schiena; epperò, è pur sempre un drago alato. Un drago alato che, naturalmente, viene aggiogato e sconfitto dal coraggio potente del santo, che schiacciando il collo del rettile mostruoso, e così vincendolo, realizza le dure parole di condanna che Dio aveva pronunciato in Genesi 3, 15 rivolgendosi al serpente: «io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».
E, giustappunto, questa noticina critica (se così vogliamo chiamarla!) potrebbe già essere una degna conclusione per la nostra storiella: che è probabilmente una delle più antiche in assoluto a dare conto dell’esistenza d’un santo dragonslayer. Ma, a beneficio dei veri nerd, non farà male dare conto anche della conversazione tra san Bartolomeo e il drago, già che siamo arrivati fino a questo punto: è, francamente, abbastanza noiosetta, a meno che non si sia dei veri appassionati. Però ehi: se vi state leggendo ‘sta roba a Ferragosto, probabilmente siete nerd irrecuperabili quasi quanto me!
Pertanto, ecco a voi il resoconto della più antica chiacchierata tra un santo e un drago, qui riproposta in traduzione grossomodo letterale.

Bartolomeo ordinò al drago: “dimmi chi sei e qual è il tuo nome”. E quello gli disse: “alleggeriscimi un po’ il collo e ti dirò chi sono, come sono giunto qui, qual è il lavoro che svolgo e quale il mio potere”. Bartolomeo alleggerì la pressione sul collo e gli ripeté “e adesso dimmi tutto ciò che hai fatto e tutto ciò che fai”. E così, Beliar cominciò a parlare.
“Se vuoi conoscere il mio nome”, disse, “all’inizio dei tempi ero chiamato Satanel, che sta per ‘messaggero di Dio’; ma quando rifiutai Dio, il mio nome fu trasformato in Satanas, e cioè angelo che custodisce l’Inferno”.
Bartolomeo gli disse con forza: “ti comando di dirmi tutto e non nascondermi nulla”, e l’altro rispose “ti giuro che se anche volessi nasconderti qualcosa, non potrei farlo, perché è vicino a noi colui che tutto può – e mi condannerebbe. E ti garantisco peraltro che, se fossi stato in grado, avrei distrutto anche voi due come tutti quelli che sono venuti prima di voi”. E poi ricominciò a parlare: “fui il primo angelo: quando Dio creò i cieli, prese una manciata di fuoco e dapprima formò me e poi Michele, sì che anche noi fummo creati per volontà del Figlio e col consenso del Padre. Plasmò, ti dicevo, prima me, poi Michele che adesso è comandante in capo delle schiere superiori, e poi, in quest’ordine, Gabriele, Uriele, Raffaele, Natanaele e altri angeli di cui non mi è consentito rivelare i nomi: questi ultimi sono gli araldi di Dio e mi percuotono con i loro bastoni sette volte al giorno e sette volte alla notte. Non mi perdono mai di vista e distruggono così tutto il mio potere: sono gli angeli della vendetta, che stanno davanti al trono di Dio, e sono quelli che tra gli angeli furono formati assieme a noi, per primi. Dopo di loro, furono formati tutti gli altri: per ognuno dei sette cieli, ve ne sono cento miriadi, e oltre il settimo cielo vi è il firmamento, dove dimorano le potenze che agiscono direttamente sulla terra e sulla vita uomini. Ci sono, per esempio, quattro angeli a capo dei venti che soffiano dai punti cardinali: il primo angelo presidia il Nord e si chiama Chairoum: tiene in mano un bastone di fuoco e trattiene l’eccesso di umidità affinché la terra non sia troppo bagnata. L’angelo che presidia l’est si chiama Oertha: ha torce di fuoco legate ai fianchi che riscaldano il mondo affinché non congeli. L’angelo che presidia l’ovest si chiama Naoutha: usa la neve per spegnere il fuoco che esce costantemente dalla sua bocca, e se non lo spegnesse finirebbe con l’incendiare il mondo intero. E poi c’è un altro angelo che presidia i mari e li rende agitati con le loro onde. Ma il resto non te lo dirò, perché i miei guardiani non me lo permettono”.
Bartholomeo gli chiese “come castighi le anime degli uomini?”.
E Beliar gli disse: “vuoi che ti riveli la punizione degli ipocriti, dei calunniatori, dei burloni, degli idolatri, degli avari, degli adulteri, dei maghi, dei divinatori e di coloro che credono in noi e di tutti quelli che ho ingannato?”.
Bartolomeo gli disse: “sì, dimmi come fai a persuadere gli uomini a non seguire Dio e ad abbandonare i sentieri dritti e splendenti del Signore per volgersi alle tue arti malvage, che sono scivolose e scure. Esigo che tu me lo spieghi adesso, e in poche parole”.
Il drago sbatté i denti, digrignandoli, e dal pozzo senza fondo dell’Inferno salì una ruota fiammeggiante al cui centro stava una spada che lampeggiava di fuoco; tutt’intorno alla spada, c’erano dei tubi, simili a raggio. E Bartolomeo gli chiese “cosa sto guardando?”.
E lui rispose: “in questo tubo che vedi, vengono risucchiate tutte le anime di chi, attraverso la sua gola, concepisce ogni sorta di peccato. In quell’altro vengono inviate le anime dei maldicenti che sparlano segretamente di chi è loro vicino; nel terzo sono raccolti gli ipocriti, e così via via per tutti quelli che faccio cadere con i miei stratagemmi”.
E Bartolomeo disse: “e fai tutto da solo?”.
Il drago rispose: “se potessi allontanarmi dalla mia prigione, sarei in grado di distruggere il mondo in tre giorni; ma né io né i seicento miei servitori possiamo uscire. Ma abbiamo altri ministri in terra, che sono ai nostri ordini: li forniamo di un uncino e li mandiamo a caccia, e ogni giorno catturano per noi le anime di molti uomini attirandoli con la dolcezza delle loro esche: ubriachezza, riso, maldicenza, ipocrisia, piaceri, fornicazioni, e tutte quelle altre frivolezze che per voi sono tesori. E adesso ti farò anche il nome di qualche altro angelo: l’angelo della grandine si chiama Mermeoth, e ci sono altri angeli che governano la neve, il tuono e i fulmini; e quando uno qualsiasi dei nostri spiriti vuole andarsene per il mondo a tentare gli uomini, questi scagliano su di lui le loro armi per mettere a fuoco le nostre membra”.
Bartolomeo disse: “ho capito, drago del pozzo. Adesso taci”. Ma Beliar [a cui evidentemente non sembrava vero di trovare qualcuno con cui fare un po’ di conversazione dopo eoni di solitudine, altrimenti non si spiega questo attacco di logorrea, NdR], andò avanti a parlare: “ti dirò molte altre cose sugli angeli. Quelli che dai luoghi celesti scendono sulla terra si chiamano Mermeoth, Onomatath, Douth, Melioth, Charouth, Graphathas, Oethra, Nephonos, Chalkatoura”.
“Stai zitto e fermo, ti ho detto, affinché io possa pregare il mio Signore”.
Ma il drago gli disse: “concedimi ancora quest’ultima parola: voglio dirti come mai sono stato confinato in questo luogo, e in che modo il Signore ha creato l’uomo. Andavo avanti e indietro per il creato, felice, quando Dio disse a Michele: portami un grumo di terra dai quattro angoli della terra, e una misura d’acqua da ognuno dei quattro fiumi del Paradiso Terrestre. E quando Michele glieli portò, Dio plasmò Adamo nelle regioni dell’est: modellò quel grumo di fango informe, vi incise tendini e vene e lo rese stabile dandogli articolazioni; e lo adorò, lui per primo, perché l’aveva fatto a immagine di Dio; e quindi, lo adorò. E quando io, che ero agli estremi confini della terra, arrivai a vedere cosa stava succedendo, Michele mi disse: Adora l’immagine di Dio, che Egli ha fatto secondo la sua somiglianza. E io gli dissi: Sono un essere di fuoco, fui il primo di tutti gli angeli a essere formato, adesso dovrei adorare un cumulo di argilla?! E Michele mi disse: Adoralo, affinché Dio non si adiri con te. Ma io risposi: Dio non si adirerà con me. Piuttosto porrò il mio trono proprio davanti al suo trono, e sarò un’alternativa a lui. Ma Dio si adirò, e fece aprire le finestre del Paradiso e mi cacciò buttandomi giù da una di esse. E dopo avermi cacciato via, chiese alla legione dei miei seicento angeli se fossero disposti ad adorare il fango; ma essi dissero: Come abbiamo visto fare al primo angelo, neanche noi adoreremo colui che è inferiore a noi. E allora, anche i seicento furono cacciati dal Paradiso. Rimanemmo privi di sensi per quarant’anni, sotto un sole che risplendeva sette volte più luminoso del fuoco; poi mi svegliai improvvisamente, e fu il primo a svegliarmi, ché guardandomi attorno vidi che i seicento erano ancora privi di sensi. Svegliai il mio figlio prediletto, Salpsan, e gli chiesi consiglio su come avrei potuto distruggere l’uomo a causa del quale ero stato scacciato dai cieli, e così architettai questo piano: presi nelle mie mani delle foglie di fico e le usai per asciugare il sudore dal mio petto e da sotto le mie ascelle, dopodiché le gettai nelle sorgenti delle acque da cui fluiscono i quattro fiumi del giardino dell’Eden. E quando Eva bevve di quelle acque, ne fu contaminata e il desiderio del male si impadronì di lei: perché se non avesse bevuto di quell’acqua, non sarei mai stato in grado di raggirarla”. E udito questo, con rabbia, Bartolomeo ordinò al drago di ritornarsene all’Inferno.


Per approfondire:

M. R. James, The Apocryphal New Testament (Clarendon Press, 1924)

12 risposte a "Bartolomeo e il drago"

  1. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Ebbene si, mia Signora, come Voi, in questa giornata di Ferragosto sono in casa a leggere.

    Sono molto felice di sapere che Voi non siete su qualche spiaggia affollata, o in coda, su qualche sentiero montano, o, peggio assoluto, intenta a preparare una grigliata.

    Ne sono felice, ma, devo dire, la cosa non mi stupisce, e, comunque questo accresce la mia stima per Voi, mia Signora.

    Accettate i miei più cordiali saluti, e, Vi prego, continuate la vostra opera di piacevolissima divulgazione di testi altrimenti molto lontani dalla frequentazione di noi, persone normali.

    Gian Carlo Stellini

    "Mi piace"

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Oppercarità, penso che alla sola idea di dover uscire di casa e andare in posti pieni di gente a passare Ferragosto nella calca (pagando un accidenti!!), preferirei un attacco di mal di pancia, e non sto scherzando 😂

      Io poi faccio anche poco testo: detesto il caldo e non ho mai amato l’estate, quindi anche l’idea stessa di una festa agostana mi ha sempre lasciata piuttosto indifferente, mettiamola così; non è quel tipo di stagione in cui mi piaccia festeggiare o uscire di casa per il gusto di farlo (semmai in altri periodi dell’anno, ma a Ferragosto proprio no, ecco). Io anzi trovo che le città in piena estate abbiano una magia tutta loro (caldo a parte): la poesia delle strade deserte, dei parcheggi vuoti, delle serrande abbassate perché i vicini sono tutti via… 🙂

      Grazie a voi (tutti!) per dedicare un po’ del vostro tempo libero a leggere le cose che mi diverto tanto a scrivere, altroché!

      "Mi piace"

  2. Avatar di sircliges

    sircliges

    Molto interessante! Da appassionato di Tolkien, mi chiedo se lui conoscesse questa storia di San Bartolomeo. In effetti è probabile ma non ne abbiamo la certezza.

    Viene immediato il paragone con Ancalagon il Nero, che nel Silmarillion è descritto come il drago più grande che sia mai esistito: Tolkien non ci dà mai una misura precisa delle sue dimensioni, ma considerato che quando finalmente è abbattuto distrugge un’intera montagna, gli appassionati stimano dovesse essere lungo svariati chilometri. Beh magari a 70 km (!!!) non ci arrivava, ma comunque doveva essere un bestio enorme, terrificante – infatti nel Silmarillion viene tirato fuori all’ultimo come arma segreta da Morgoth, l’equivalente tolkeniano di Satana, durante la battaglia finale tra lui e i Valar (le divinità angeliche della Terra di Mezzo).

    "Mi piace"

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Io non sono una tolkieniana sfegatata ma ho studiato un po’ i draghi, in questo periodo. Gli studiosi che davvero si sono presi la briga di fare il confronto tra i draghi tolkieniani e quelli del folklore medievale tendono a concordare tutti nel dire che Tolkien si ispirava solo molto marginalmente ai draghi dell’immaginario mediterraneo (includendo qui sia quelli greco-romani che quelli ebraico-biblici del tardoantico), e molto di più ai draghi scandinavi delle saghe nordiche. Che poi sono gli stessi che penetrano nella letteratura britannica altomedievale con opere come il Beowulf, che lui conosceva benissimo, per capirci.

      Quindi non si basava tanto sul drakon mediterraneo quanto più sul wyrm scandivano/anglosassone, stando a quello che leggo. Il suo era un wyrm un po’ riadattato per adeguarsi all’immaginario collettivo che comunque i suoi lettori avevano in mente (il wyrm, per esempio, non ha le ali; credo che i draghi tolkieniani ce le abbiano tutti, correggimi se sbaglio), ma era sostanzialmente un wyrm, anche nel modo di porsi e nelle sue interazioni. Stando a quanto leggo da chi ha davvero fatto il confronto, almeno 🙂

      "Mi piace"

      1. Avatar di sircliges

        sircliges

        In realtà no, non tutti i draghi di Tolkien hanno le ali, solo quelli che Melkor (il “diavolo”) crea da un certo momento in avanti. I primi draghi creati da Melkor sono senza ali e strisciano appunto come <i>wyrm</i>, ciò non toglie che fossero terribili – tra questi il drago Glaurung che è l’antagonista del povero Turin Turambar, uno degli eroi più tragici di tutte le storie di Tolkien.

        Comunque sì, generalmente si nota che Tolkien riceve tantissimo dalla narrativa nordica, e solo secondariamente dal mondo classico latino.

        "Mi piace"

  3. Avatar di Francesca

    Francesca

    ok, mi iscrivo alla sezione nerd (anche se una che pensava ai druidi come ad una specie di puffi verdi natalizi non ne avrebbe il diritto 😂 ). …e la butto là: mi piacerebbe un sacco sapere qualcosa dell’esperienza che hai fatto con i bambini… Cioè come hanno reagito, qualche loro osservazione sui draghi, spunti vari ed eventuali raccolti dai giovanissimi nel tuo laboratorio di qualche giorno fa)

    Intanto: grazie 🌼

    Piace a 1 persona

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Uuuhh, è stata un’esperienza interessantissima forse più per loro che per me! E forse tu eri semplicemente curiosa di conoscere le reazioni dei bambini alla questione “draghi”, ma io parto per la tangente e faccio una panoramica in generale, con considerazioni che non c’entrano niente coi draghi ma sono lo stesso interessanti.

      1. Vi invito davvero a googlare un po’ e guardare coi vostri occhi cos’è Pralibro. Quando me l’avevano descritta per la prima volta l’anno scorso avevo pensato “se, vabbeh, sarà tanto fumo e poco arrosto” (non per poca fiducia ma proprio per i limiti tecnici che immaginavo poterci essere) e invece no. Pralibro è davvero una rassegna culturale con tanto di cappello che, grazie alla collaborazione tra due librerie torinesi (e con il sostegno economico dell’8×1000 alla Chiesa Valdese, che penso sia abbastanza determinante nel permettere la riuscita dell’iniziativa) riesce *davvero* a trasformare in un polo culturale di tutto rispetto un paesello ad alta quota sperso nel nulla delle Alpi Cozie a 1450 metri d’altitudine: non è questa gran meta turistica (soprattutto in estate; in inverno invece è una stazione sciistica abbastanza gettonata) e non ci puoi capitare per caso o “di passaggio”, ci devi proprio andare apposta. Ambeh: per due mesi di fila, i librai di Pralibro organizzano no-stop, sette giorni su sette, una media di due/tre attività culturali al giorno, per adulti e per bambini, con ospiti di tutto rilievo (per dire, domani viene Simonetta Agnello-Hornby, che non è esattamente l’autrice esordiente di turno che andrebbe pure alla bocciofila del paese pur di cominciare a farsi conoscere).
        Un esempio incredibile di come si riesca a ridare vita (ma che vita! Trasformare in un polo culturale di tutto rispetto!) un buco di paese sperso nel nulla delle vette alpine. Tanto di cappello per cosa fanno e per come lo fanno; e gli amministratori comunali dovrebbero davvero prendere esempio.
      2. Il mio evento sui draghi includeva una parte teorica (che ho gestito io) e una parte destinata ai lavori creativi a cura di Babacio. Quest’anno avevamo deciso di proporre ai bambini di preparare una piccola spilletta/toppa per vestiti a forma di ala di drago, da preparare sul momento con aggiunta di perline, glitter, stoffe colorate etc. etc. Insomma, era in pratica un lavoro di cucito creativo, e io ero un po’ titubante temendo che i maschietti presenti avrebbero magari potuto rifiutare di fare un lavoro “da femmine”, soprattutto tenuto conto del fatto che alcuni di loro erano già preadolescenti. Oh: si son messi tutti quanti a cucire come se fosse stata la cosa più divertente e naturale del mondo, io ero lì che mi guardavo attorno, guardavo ‘sti tredicenni maschi con ago e filo in mano tutti entusiasti di prepararsi la loro toppa per i jeans a forma di ala di drago, e stavo così: 😶
      3. E adesso arriviamo finalmente ai bambini e ai draghi, che forse era la cosa che ti interessava di più 😛 La cosa più interessante che ho rilevato, parlando con loro, è che la stragrande maggioranza dei bambini era dell’idea che con i draghi si possa convivere e diventare grandi amici: messi di fronte alla domanda “se vi trovaste davanti un drago, cosa fareste? Provereste ad ammazzarlo / chiamereste un ammazzadraghi professionista, oppure cerchereste di farvelo amico?”, quasi tutti optavano per la seconda. Mi sembra evidente ormai che nell’immaginario collettivo (sicuramente degli adulti, ma a questo punto anche dei bambini) il drago non è più il super-predatore da cui scappare, ma è piuttosto una entità tutto sommato benevola con cui è possibile instaurare un legame di rispetto e di amicizia (un po’ alla Game of Thrones mi viene da pensare, anche se dubito che sia quella la fonte dell’immaginario infantile). Mi aveva colpito una ragazzina (avrà avuto dieci anni circa) che diceva che se si trovasse di fronte un drago resterebbe immobile, allungherebbe una mano verso di lui e gli darebbe modo di annusarla per riconoscere il suo odore e capire che non ha cattive intenzioni, dopodiché proverebbe a farselo amico: che è un po’ il modo in cui ti rapporti con un animale spaventato/aggressivo che vuoi rassicurare.
        …commento personale, io NON sono per niente fan della figura del dragonrider e dell’amicizia tra cavaliere e drago 😅 , che secondo me ha finito con l’appiattire la figura del drago a una specie di grossa cavalcatura semi-addomesticata. Non dico che non sia un modo stimolante per dipingere il drago, ma mi spiace un po’ constatare come nell’immaginario collettivo il personaggio del drago-amico stia diventando sempre più preponderante; secondo me non è un gran guadagno per il nostro immaginario fantasy, anzi. Però apparentemente è questa la direzione in cui si sta andando… 🙂

      Piace a 2 people

      1. Avatar di Francesca

        Francesca

        Il numero 1) è andato più sotto, credo. Qui mi riferisco velocemente ai punti 2 e 3 , ri graziandoti sentitamente per le tutte le tue risposte e per tutto il QUADRO. Grazie 💚🧡🌼🌿

        2. Maschietti e cucito. Sembra che in Italia ci sia una strana “dissociazione” tra la visione del cucire in giovane età e il fatto che per lunghi decenni i nostri più grandi stilisti, famosi ovunque, sono stati in maggioranza uomini… e avranno pur cominciato a cucire , a fare i sarti in tempi passati senza avvertire “vergogna”… penso.

        3. La tua riflessione e conclusione mi ha indotta ad auto-analisi. Mi sono chiesta ma io (che se non vado errata ho tipo 20 anni scarsi più di te) come vedo i draghi? … E così mi è riemerso dalla memoria il draghetto che ho dovuto cercare su google… E – FORSE – anche quello può aver giocato un certo ruolo nella ridefinizione della visione collettiva dei draghi. Non so. Forse, dico forse.

        Grisù ☺️

        https://www.rai.it/ufficiostampa/assets/template/us-articolo.html?ssiPath=/articoli/2023/11/In-arrivo-la-nuova-serie-animata-Grisu-870ce1f3-a602-423f-b957-16d40afb78b0-ssi.html

        "Mi piace"

  4. Avatar di Francesca

    Francesca

    ma io parto per la tangente” – e io non so come ringraziarti di essere partita. Ché mò parto io 😁. Primo: concordo su tutta la linea. Avevo già visitato il sito di Pralibro quando l’hai presentato e… Sì, si capiva abbastanza che non era robetta da dilettanti. Mi ha ricordato un’altra esperienza in qualche modo similare, quella di Sarmede (TV) con la mostra dell’illustrazione per l’infanzia che poco fa sono andata a ri-vedere e mi rendo conto che è diventata qualcosa / anzi direi qualcos’altro e ben altro di abbastanza grande. Cioè, già all’inizio l’iniziativa si diceva “internazionale” però sinceramente alle prime edizioni anni Novanta (che ora scopro da internet non essere state affatto le “prime” edizioni… e che attualmente hanno re-inquadrato il tutto dalle sue radici, della serie non ero ancora nata e quindi non posso averla visitata alle prime edizioni 😁 )… Beh, insomma, alle presunte prime edizioni [òh: i foglietti dicevano “prima” , “seconda”, ecc,] che ho potuto vedere – che forse erano prime solo per un accorpamento sotto lo stesso nome di altre iniziative concomitanti… Per raggiungere il posto la storia fu del tipo “ragassi, non è che abbiamo sbagliato strada?!??” perché si continuava a vagare tra strade e stradine di campagna e mezza collina… fino ad arrivare ad una casa, all’incirca in mezzo al niente, che adesso wikipedia mi dice essere stato il municipio di Sarmede 😳 . Possibile? Sì, credo di sì, considerate le dimensioni del paesino e lo spazio di un paio di stanze per l’esposizione… Può essere, boh. O forse era la casa del fondatore… Comunque, da lì, pian piano lo sviluppo dell’iniziativa, eccetera. Ma Sarmede è restato Sarmede cioè ‘sto paesello qua, su di là, verso Belluno e verso il Friuli ⤵️

    https://it.m.wikipedia.org/wiki/Sarmede

    Ok, finita la mia tangente? Nope. Mi sono allargata perché cercando il wiki link per te (e per chiunque voglia) sono incappata in un’altra storia. Non la sapevo. Ebbene, forse può essere materiale che t’interessa – nel senso che magari tu di esempi come questo ne avrai in mente tanti lungo i secoli… Ma io sinceramente ho strabuzzato gli occhi per tutta ‘sta vicenda pazzesca che s’ingarbugliava sempre di più. E per il fatto che è accaduta in tempi relativamente recenti. Dove? In una minuscola frazione del comune di Sarmede. Uno scisma dalla Chiesa Cattolica e l’adesione ad una Ortodossa, così, là, in mezzo alla campagna… Quando il vescovo era il futuro Papa Albino Luciani, il quale, da quanto si può dedurre, sembra averci dedicato abbastanza tempo ed energie 😳 Questa storia non l’avevo mai sentita neanche di striscio… È interessante. Come definirla? Come si inquadra? Boh. La sottopongo alle tue competenze

    https://it.m.wikipedia.org/wiki/Scisma_di_Montaner

    (>> wiki avverte che non sono citate fonti sufficienti)

    "Mi piace"

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Per me è l’effetto “seconda stagione di House of the Dragons” che li ha resi improvvisamente popolari (poi io ho anche avuto un evento di lavoro legato a loro, quindi a maggior ragione ho unito l’utile al dilettevole ) 😛

      "Mi piace"

Scrivi una risposta a Anonimo Cancella risposta