La verità, vi prego, su ‘sta storia del Natale del Sol Invictus festeggiato il 25 di dicembre

Non sarei certo io a strapparmi le vesti se dovesse saltar fuori che la Chiesa cristiana ha artatamente deciso di fissare la data del Natale al 25 dicembre per soppiantare nel cuore dei fedeli la festa pagana della natività del Sol Invictus, che di tanto sostegno e tanto affetto godeva da parte della popolazione.

Quale sarebbe il problema?
Per come la vedo io, nessuno: in mille altre occasioni la Chiesa ha portato avanti simili opere di inculturazione, e fatico a vedere (anche proprio in un’ottica confessionale) dove dovrebbe essere lo scandalo in un simile scenario.

Solo che, ehm, lo scenario non è vero: che la festa di Natale sia stata fissata al 25 dicembre per soppiantare il culto pagano del Sol Invictus è una teoria così tenue e così poco fondata da essere ormai tenuta in scarsissimo credito da parte della storiografia moderna. E poiché ogni anno questa tiritera riaffiora nel web causando infiniti litigi e botta-e-risposta basati sul nulla, spero di poter fare cosa gradita utile componendo un piccolo vademecum a punti sulla vexata quaestio. Cominciando innanzi tutto da quello che è forse il luogo comune più facile da smentire:

No, la festa pagana della Natività del Sol Invictus non era una delle più importanti nel calendario romano

A dire il vero, non siamo nemmeno sicurissimi che esistesse, una festa pagana della natività del Sol Invictus che veniva celebrata il 25 dicembre (ma a questo ci arriviamo). Sicuramente, a Roma e in tutto l’Impero era ben nota la figura di questo dio… che però non è che avesse un culto chissà quanto antico e radicato a livello popolare, eh.

A introdurre a Roma il culto del Sol Invictus è (per sintetizzare; ma dopo approfondisco) l’imperatore Aureliano nell’anno del Signore 274 d.C. E il fatto che “d.C.” stia per “dopo Cristo” dovrebbe già farci capire con una certa evidenza che non stiamo esattamente parlando di una divinità di tradizione antichissima, cui il popolo romano si votava da tempo immemore con una devozione ch’era radicata nel cuore delle generazioni. Il Sol Invictus era un dio di recentissima invenzione, strettamente legato alla figura dell’imperatore: cominciò a essere venerato nel 274 d.C. e, per ovvie ragioni, smise di essere promosso dopo la conversione di Costantino.

‘nsomma: stiamo parlando di una divinità che fu venerata per una cinquantina d’anni per poi cadere nel dimenticatoio senza sussulti. Se proprio la nascente Chiesa avesse voluto soppiantare una festa pagana dalla popolarità così travolgente da preoccuparla, avrebbe potuto trovarne mille altre che senz’altro sarebbero state più degne della sua attenzione.

Prima del 274 d.C., il Sol Invictus era una divinità siriana semisconosciuta che viveva dentro a un sasso

Nel dire che fu l’imperatore Aureliano a introdurre a Roma il culto del Sol Invictus ho peccato di semplificazione; e allora, sarà meglio mettere i puntini sulle I.

Ovviamente, il mondo è pieno di civiltà che hanno espresso culti legati a divinità solari che le tenebre dell’inverno non riescono a sconfiggere (e direi, per ragioni antropologiche abbastanza evidenti). Tra le molte, anche la società siriana dei primi secoli d.C. conosceva una divinità solare di nome Ilah al-Jabal, traslitterata in Elagabal a seguito della romanizzazione. Il dio, che risiedeva all’interno di una pietra nera, godeva di grande popolarità in quell’area: tra i suoi più accesi sostenitori c’era anche Eliogabalo (la cui famiglia era evidentemente devota a Elagabal da generazioni), un giovane d’origini siriane che nel 218 fu acclamato imperatore di Roma per volontà delle truppe che lo sostenevano.

Giunto a Roma, Eliogabalo portò con sé il suo Elagabal (anche fisicamente, intendo. Fece traslocare a Roma la pietra nera in cui il dio viveva, ed eresse in suo onore un tempio al Palatino). Il giovane imperatore profuse grandi sforzi per diffondere il culto del suo dio solare, che per ragioni di chiarezza comunicativa cominciò a essere chiamato Sol Invictus Elgabal (o Sol Invictus punto e basta). Sfortunatamente per lui, non ebbe successo: né in quest’opera di apostolato, né nella vita in generale. Odiatissimo, Eliogabalo fu assassinato in una congiura nel 222 e andò incontro a damnatio memoriae: la pietra nera in cui dimorava il suo dio fu restituita al santuario siriano che l’aveva conservata per secoli, e il nuovo imperatore pose bruscamente fine al culto che (per giusto una manciata d’anni) era stato tributato al dio Sole dal suo predecessore.

E poi, una cinquantina d’anni dopo, arrivò Aureliano a ristabilirne il culto.
Ma in realtà no.

No, il Sol Invictus non è Mitra (né [inserire a piacere il nome della prima divinità solare che vi è venuta in mente])

Su quale fosse, diciamo, il codice fiscale della divinità solare che l’Imperatore Aureliano decise di importare a Roma nel 274, è stato scritto tutto e il contrario di tutto.

Ovviamente, il pensiero di tutti corre istintivamente al Sol Invictus di Eliogabalo, se non altro perché (beh) le divinità avevano lo stesso nome. In realtà, sembrerebbe trattarsi d’un puro caso di omonimia: i fondamenti teologici, il culto e il modo in cui il clero amministrava i contatti col divino erano completamente diversi (ed è un’affermazione che possiamo fare con sicurezza, visto che ambo le devozioni sono ben documentate). Il Sol Invictus di Aureliano sembra avere davvero poco a che spartire con la divinità siriana che cinquant’anni prima aveva portato il suo stesso nome.

Allo stesso modo, sembra avere ben poco in comune con Shamash, una divinità solare venerata in Mesopotamia. È pur vero che, nel tempio che aveva eretto in onore del Sol Invictus al Quirinale, Aureliano aveva fatto porre una statua di quel dio solare di origine sumera, che lui stesso aveva portato via da Palmira dopo una campagna militare. Ma l’impressione è che l’effige di Shamash avesse valore agli occhi di Aureliano solo in virtù del fatto che era un bottino di guerra: quello che veniva officiato nel tempio romano sito al Quirinale non era il culto mediorientale al dio Shamash. Nelle forme, nei contenuti, della ritualità: non c’entrava proprio niente.

Poco ma sicuro, il Sol Invictus non aveva niente a che fare col dio Mitra, che – esattamente come le divinità di cui sopra – veniva venerato attraverso forme di culto completamente diverse rispetto a quelle che venivano offerte al dio imperiale di Aureliano. Anche Mitra veniva accostato all’immagine di una divinità solare invincibile e vittoriosa, ma non era concettualmente lo stesso Sol Invictus legato alla figura dell’imperatore. Caso eclatante è un documento epigrafico in cui si fa il nome di un certo Iunio Postumio, uomo dai multiformi interessi religiosi che era al tempo stesso pater patrum Dei Solis Invicti Mithrae e pontifex Dei Solis: insomma, era sacerdote per entrambe i culti. Che evidentemente erano culti non in contrasto tra di loro, ma evidentemente non erano nemmeno coincidenti (sennò scusa, perché dividerli? Era chiaro che Iunio riteneva di servire due divinità affini ma diverse).

«È abbondantemente chiaro», scriveva negli anni ’70 Gaston Halsberghe nel suo The Cult of Sol Invictus, «che la divinità ufficiale dell’Impero, chiamata da Aureliano Deus Sol Invictus, non era il Mitra persiano»… anzi, probabilmente non era nessuno. Nel senso che era un dio neonato, creato a tavolino (forse a partire da una antica divinità solare laziale preesitente, secondo la più recente tesi di Hijmans), e comunque con «un carattere puramente romano; ed era una creazione della quale fu in larga parte responsabile il genio di Aureliano», che con questo espediente voleva creare attorno all’imperatore un’aura di divinità capace – nelle sue speranze – di preservare l’Impero dall’anarchia politica in cui stava rapidamente sprofondando.

No, il Sol Invictus non veniva festeggiato il 25 dicembre

Ehm, no.

Il Sol Invictus di Eliogabalo veniva (opportunamente) festeggiato nel momento di massimo splendore del sole, e cioè nel giorno del solstizio d’estate. Lo storico Erodiano ci fornisce anche i dettagli della festa, durante la quale il divino sasso veniva portato in processione: «un tiro a sei cavalli trasportava la divinità. […]. Nessuno teneva le redini, e nessuno era a bordo della biga; il veicolo era scortato come se il dio stesso fosse l’auriga. Eliogabalo camminava all’indietro davanti alla biga, rivolto verso il dio e reggendo le redini dei cavalli. Compiva tutto il viaggio in questo modo inverso, guardando in faccia il suo dio».

Il Sol Invictus di Aureliano veniva celebrato nel contesto degli agones Solis, che avevano luogo al Circo Massimo durante un periodo della durata di quattro giorni che andava dal 19 al 22 ottobre. Si ha evidenza di come già prima del 274 si tenesse presso il Circo Massimo una festa che occupava il giorno del 19 ottobre e che comportava la sospensione temporanea di tutte le attività militari (guerre incluse): è senz’altro ragionevole pensare che Aureliano abbia preso ispirazione da questa ricorrenza, anche se vien difficile immaginare il perché. Quella anticamente celebrata in occasione del 19 ottobre era forse una festa dedicata a qualche divinità minore, legata localmente al culto solare?
Boh, non lo sappiamo. Certo è che la religiosità romana del primo Impero aveva conosciuto un (modesto) culto legato a una divinità solare di origine autoctona, Sol: lui veniva festeggiato il 9 agosto, con l’epiteto di Sol Indigens, e il 28 agosto, unitamente alla dea Luna.

L’unica fonte a parlare di una festa della Natività del Sole Invitto (e a fissarla al 25 dicembre) è una fonte cristiana

Ed è proprio l’unica-unica, eh!

Stiamo parlando del Cronografo del 354, un calendario illustrato per l’anno 354 (appunto) che dà conto di tutte date rilevanti per la vita di un cittadino romano. La sua natura cristiana è evidente (contiene un martirologio, una tabella per il calcolo della Pasqua e un elenco dei primi vescovi di Roma), ma il Cronografo non disdegna di parlare anche di quelle che fino a poco prima erano state le tradizioni calendariali pagane. Tra queste, il Cronografo annota anche, nella data del 25 dicembre, una misteriosa usanza legata al Dies Natalis Invicti; circenses missus XXX. A leggerlo così, si tratterebbe di un festeggiamento legato alla natività di questo Invictus (che supponiamo con buona ragionevolezza essere il Sol, ma in realtà il calendario non lo specifica) e che a quanto pare veniva festeggiato con una corsa di trenta carri.

Nessun’altra fonte storica, né pagana né cristiana, ci dà conto di queste celebrazioni. Le sei parole “Dies Natalis Invicti circenses missus XXX” sono letteralmente le uniche informazioni in nostro possesso circa l’esistenza di una (a questo punto presunta) festa della natività del Sole Invitto che sarebbe stata festeggiata a Roma in età precristiana.

Certamente potrebbe aver molto senso festeggiare la nascita di una divinità solare in concomitanza col solstizio d’inverno (che i Romani tendevano a far coincidere col giorno del 26 dicembre, sbagliando). E il tempio che Aureliano aveva fatto costruire in onore del Sol Invictus era stato inaugurato nel 274 in un giorno di dicembre di cui le fonti non riportano la data: a lavorar di fantasia, si potrebbe (non irragionevolmente) immaginare che questa data fosse proprio il 25 del mese. In questo caso, la gara di carrozze riportata dal Cronografo avrebbe potrebbe essere contestualizzata nell’ambito di una celebrazione legata all’anniversario della dedicazione del tempio: ma, con onestà intellettuale, dobbiamo anche dire che sono tutte ipotesi.

E che questa festa del Dies Natalis Invicti, in ogni caso, non doveva essere poi così popolare, visto che c’è una sola fonte storica a parlarcene (e oltretutto tarda). Il Sol Invictus, a Roma, veniva sì festeggiato in pompa magna, ma a fine ottobre, in quelli che il Cronografo definisce Ludi Soli dando loro, fra l’altro, molto più di rilievo. Giustamente.

Sì, esiste una fonte cristiana a dire che il Natale è stato fissato il 25 dicembre per soppiantare il culto del dio Sole (ma in realtà non dice proprio questo)

Pluricitata sull’internètte è la citazione di un non meglio precisato “autore siriano” (variamente attribuito al IV o al XII secolo) cui si mette in bocca la seguente affermazione:

«tra i pagani, era consuetudine celebrare il 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano lumi e candele, e anche i cristiani erano soliti prendere parte a questo tipo di festeggiamenti. Di conseguenza, quando i padri della Chiesa si resero conto che i cristiani erano legati a questa festa, giunsero alla conclusione che la Natività dovesse essere celebrata in quello stesso giorno».

La citazione è relativamente famosa perché compare anche ne Il ramo d’oro di Frazer (cosa che, agli occhi di uno storico, tendenzialmente costituisce già un campanello d’allarme). Non è contenuta in un testo del IV secolo (datazione completamente errata, forse frutto di una possibile confusione con l’altra fonte che sembrerebbe sostenere la stessa tesi, cioè il Cronografo del 354?). Al contrario, si tratta di una glossa marginale che un anonimo amanuense di origini siriane (si firma “Syrus”) ha apposto nel XII secolo a un codice contenente le opere di Dionigi bar Salibi, un vescovo turco morto nel 1171.

La citazione effettivamente esiste (anche se esprime le congetture di un amanuense siriano del XII secolo, non di chissà quale autorità religiosa dei primi secoli), però in genere viene riportata in modo parziale. A leggerla per intero, suona così:

«La ragione per cui i padri della Chiesa spostarono al 25 dicembre la celebrazione del 6 gennaio è, a quanto pare, la seguente: tra i pagani, era consuetudine celebrare il 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano lumi e candele, e anche i Cristiani erano soliti prendere parte a questo tipo di festeggiamenti. Di conseguenza, quando i padri della Chiesa si resero conto che i Cristiani erano legati a questa festa, giunsero alla conclusione che la Natività dovesse essere celebrata in quello stesso giorno».

Non che la prima riga cambi moltissimo il senso del discorso, però gli dà una sfumatura un po’ diversa che non sarebbe male citare, se proprio bisogna parlare di questa glossa: anticamente il Natale era celebrato il 6 gennaio (cosa effettivamente vera, almeno in alcune zone) e la sua celebrazione fu anticipata di qualche giorno per fare concorrenza una festività pagana così amata da essere festeggiata persino dai cristiani. Evidentemente, l’anonimo siriano scriveva pensando a quel Dies Natalis Invicti citato dal Cronografo del 354, ma ciò non basta a sciogliere la perplessità dello storico: innanzi tutto, il Cronografo ci parla di corse di carrozze, non certo di lumini votivi accesi dalla popolazione; in secondo luogo, un calendario del 354 composto a Roma e una glossa scritta in Siria nel XII secolo sono fonti un po’ miserelle per permetterci di dire “ah ok, allora era sicuramente così”.

‘nsomma: che il 25 dicembre ci fossero a Roma delle festività grandiose in occasione del Natale del Sol Invitto è, onestamente, cosa molto molto dubbia. In ambito accademico, non c’è più nessuno che sostenga questa tesi se non come mera ipotesi, legata a quella noticina strana che compare nel Cronografo e che chissà poi a cosa si riferiva per davvero (magari era un evento così piccolo e di importanza così minima che nessun altro si era preso la briga di parlarne perché a ‘sta corsa di carrozze ci andavano quattro gatti, per dire).

La Roma pagana conosceva senz’altro un periodo festivo che si celebrava tra dicembre e gennaio e che era amatissimo: ma erano i Saturnalia

Che prendevano il via il 17 dicembre e proseguivano (a seconda degli anni) per un minimo di due e per un massimo di sette giorni. Le scuole restavano chiuse, molti funzionari pubblici andavano in ferie, le strade ospitavano festeggiamenti dal sapore carnascialesco e le famiglie erano solite riunirsi per scambiarsi piccoli doni (tra i quali comparivano frequentemente le candele – in questo caso sì: costose, evidentemente utili da donare in pieno inverno, e simbolicamente promessa di luce e di speranza. Probabile che l’anonimo siriano abbia fatto confusione tra le due feste). E altri presenti sarebbero stati scambiati di lì a poco in occasione delle calende di gennaio, dove le famiglie tendevano a scambiarsi doni benaugurali volti a portar fortuna nel nuovo anno (tipicamente fichi e miele, simbolo di opulenza).

Ecco: quelle, per esempio, erano feste popolari di antica origine e molto amate (probabilmente anche tra i cristiani stessi), che finirono con l’essere inculturate dettando il mood per molte delle tradizioni popolari legate al Natale. Ma le feste davvero sentite, a fine dicembre, erano quelle. La Natività del Sol Invictus… meh: francamente, lasciamola perdere.

La tesi attualmente ritenuta più probabile dall’accademia è che il Natale sia stato fissato al 25 dicembre in diretta conseguenza del fatto che l’Annunciazione era stata fissata al 25 marzo

Vale a dire: prima sarebbe stata fissata la data in cui Maria è rimasta incinta; la data del Natale sarebbe stata fissata nove mesi dopo, per ovvia conseguenza.

Ma questa è un’altra Storia. Magari per un’altra volta!


Per approfondire:

  • Steven E. Hijmans, Sol. Image and Meaning of the Sun in Roman Art and Religion (Brill, 2024)
  • Timothy Larsen (a cura di), The Oxford Handbook of Christmas (Oxford University Press, 2020)
  • Andrew McGowan, The Syrus Code: Deciphering the Origins of Christmas, or Not (Saint Ronan Street Diary, 2011)
  • Gaston H. Halsberghe, The Cult of Sol Invictus (Brill, 1972)

Immagine di copertina:

Nick Thompson, Cipeus with sol invictus. 21.4.2011: detail from a sarcophagus. Provenance unknown. Cloister of Michelangelo, Museo Nazionale Romano, Terme di Diocleziano, Rome

17 risposte a "La verità, vi prego, su ‘sta storia del Natale del Sol Invictus festeggiato il 25 di dicembre"

  1. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Chiarissima come sempre. Io avevo letto anche un’argomentazione che circola in ambito cristiano secondo cui la data del 25 dicembre avrebbe un fondamento biblico basandosi sull’annunciazione, ma quella del Battista. Nel testo evangelico viene indicata la classe sacerdotale a cui apparteneva Zaccaria (quella di Abia), e si dice che riceve la visita dell’angelo mentre fa il suo turno al tempio, che era svolto a rotazione dalle varie classi sacerdotali con un calendario definito. Da ciò qualcuno ha provato a dedurre in quale mese ebraico è avvenuta l’Annunciazione del Battista (non so con quanta sicurezza, ricordo che mi ero un po’ perso leggendo disamina delle fonti), così che le date successive vengono in automatico: Annunciazione di Gesù sei mesi dopo (al sesto mese di gravidanza di Elisabetta), e il Natale nove mesi dopo. Questo calcolo non dà la data esatta ma secondo chi lo ha redatto darebbe proprio una certa settimana di dicembre che include il 25.

    P. S. Bella la scelta della foto.

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Grazie! 🙂

      Sì, la cosa di ricostruire storicamente la data dell’annunciazione (e quindi ovviamente del Natale) sulla base dei turni di lavoro di Zaccaria sta effettivamente trovando grande diffusione in ambiente cristiano. E’ una ricostruzione recentissima, fatta per la prima volta negli anni ’50, a partire da documenti che sono stati rinvenuti nelle grotte di Qumran (quindi le passate generazioni non avevano idea di questa cosa, per capirci). Qui c’è una breve ricostruzione della storiografia sul tema.

      Io non sono minimamente esperta della materia quindi non mi esprimo, posso però dire che da parte ebraica ho spesso registrato una certa perplessità su questa ricostruzione (pare che ci siano diverse variabili che non sono state prese in considerazione: la classe sacerdotale di Zaccaria aveva anche altri turni di lavoro in altri periodi dell’anno; a seconda del giorno in cui era caduta la festa di Pesah il calendario poteva slittare e anche molto di molto… insomma, secondo alcuni è sicuramente una ricostruzione suggestiva, che però non costituisce una prova al 100% e quindi non è da prendere come oro colato. Non che sia una ricostruzione sbagliata, ma è corretta nel descrivere solo uno dei tanti scenari plausibili).

      Oh: relata refero, eh, ché questo non è proprio il mio campo di studio 😛

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      1. Avatar di Sconosciuto

        Anonimo

        Ciao Lucia, nella tua risposta al commento hai linkato un articolo secondo il quale Gesù sarebbe morto nel 30dC ma secondo Ruggero Sangalli (di cui non so che studi abbia) ci sarebbero ottime prove che Gesù sia nato nel 2aC a dicembre e morto nel 33dC, a 33 anni.

        i suoi articoli li trovi nell’archivio della “Nuova Bussola Quotidiana”, ma ha scritto anche un libro “gli anni terreni di Gesù”.

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  2. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Di fatto la data della nascita di Gesù è ignota sia per quanto concerne il giorno che per quanto concerne l’anno, per cui la data del 25/01/1 dC (non è mai esistito un anno zero, cifra che i Romani neanche conoscevano) è una data convenzionale, credo che su questo siamo tutti d’accordo. La teoria enunciata dalla dott.ssa Graziano è molto interessante, anche se pone una domanda sul perché l’Annunciazione sia stata fissata al 25 marzo. D’altronde la storia è piena di date convenzionali o simboliche: il Natale di Roma fissato al 21 aprile è un altro esempio.

    Gianluca di Castri

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    1. Avatar di Sconosciuto

      Anonimo

      Non è ignota; è la gente che non sa informarsi. L’Annunciazione è stata fissata il 25 Marzo per via di un semplice calcolo matematico intrecciato fra le date del calendario ebraico, i turni al Tempio del Sacerdote Zaccaria padre di Giovanni Battista e quanto ci dicono i Vangeli sulla differenza di mesi fra il Battista e Gesù.

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Più che altro citare le fonti è cosa appropriata (e minima) per gli storici 😂 e infatti metto sempre le mie al fondo degli articoli (stavolta, combinazione, citavo anche blog e non solo testi a stampa), ma questo articolo dell’UCCR proprio non lo conoscevo 🙂

      E’ che bene o male le fonti (primarie a stampa) sono quelle, gira e rigira sempre sugli stessi autori si va a parare 😛

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  3. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Buongiorno Lucia, le scrivo senza critica e senza polemica, ma vorrei solo consigliarle di leggere il libro “Il culto solare in età tardoantica” di Mauro Ghirimoldi, è una tesi che prende tutte le fonti esistenti, oltre a ciò che riportano i principali storici che hanno scritto libri sul Sol Invictus, e analizza tutti i vari aspetti sull’argomento. Io credo che molto probabilmente si ricrederà su vari punti che le si riveleranno inesatti e cancellerà il post ^^

    Il libro nasce proprio con l’intento di sfatare alcuni falsi miti sul Sol Invictus, quindi stia tranquilla che non è assolutamente di parte. Il punto è che come ci sono quelli che esagerano da una parte, ultimamente si sta commettendo l’errore che per smentire l’inesatto si finisce per esagerare dal lato opposto, andando a smentire anche elementi che in realtà sono veritieri.

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  4. Avatar di Giovanni

    Giovanni

    Il 25 marzo è il primo anniversario della morte di Gesù, che è stato ricordato dal primo martire cristiano. Il giorno ebraico inizia la sera prima al tramonto, risulta venerdì, 17 Nissan (34 d.C.), poi il 26 marzo è stato trasferito al 26 dicembre.

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  5. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    il tutto ha una logica se si presuppone che Gesú sia esistito veramente. A parte le fonti evangeliche, che lasciano il tempo che trovano sulla veridicità, ci sono fonti storiche certe e incontrovertibili che Gesù sia esistito?

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    1. Avatar di Sconosciuto

      Anonimo

      La figura storica di Gesú è la piú dimostrata, grazie agli scritti storici soprattutto di non cristiani e di nemici del cristianesimo, nonché del libro di Daniele (e non solo) nella Bibbia, molto precedente. Inoltre, è difficile che qualcuno accetti la povertà, la persecuzione, la prigionia e infine il martirio, per una figura inventata, non crede?

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    2. Avatar di Sconosciuto

      Anonimo

      Del resto, nessuno si chiede mai se siano davvero esistite tante figure del passato antico, ci si accontenta delle scoperte archeologiche e delle cronache del tempo. Stesse fonti per Gesú Nazareno, di cui moltissime sono le testimonianze, cosí come ce ne sono moltissime a livello archeologico di luoghi, e avvenimenti descritti dalla Bibbia. Bisogna solo studiare un po’ e non aspettarsi la risposta da una blogger.

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  6. Avatar di Francesca

    Francesca

    Scusa Lucia… Ci sarebbe bisogno di un pulsantino super-like per la Sezione Commenti in toto …ché stavolta se lo merita proprio. Cioè, insomma, c’è una bella varietà, di ogni cultura, a dir poco… Ci sono spunti, spuntoni e… perfino spintoni 🤔 . Sembra quasi che siamo in internet 😳

    (e comunque io in passato te l’avevo detto di fare amicizia con Jimmy Akin. Quello di Catholic Answers. Ecco)

    😁

    🌠 Buon Natale 🌠

    P.s. di recente ho saputo di un “successone” di un video su youtube Stati Uniti, nel quale si ipotizzava una “nuova” (bèh, magari anche un po’ riciclata) teoria del complotto sulla nascita del cristianesimo. Ho giusto seguito l’inizio della spiegazione / confutazione da parte di uno dei “nomi” dell’apologetica USA attuale. [ a quanto pare youtube non si dimentica che sono cattolica e sa chi/cosa mi induce a cliccare almeno per qualche minuto ] . Mi colpisce sempre un sacco la grande serietà con la quale affrontano certe robe, ritornando sempre all’ABC del metodo storico. E mi dico: cavoli, che pazienza!!

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  7. Avatar di Giovanni

    Giovanni

    I turni di Abìa al Tempio sono due. 8-14 terzo mese e 24-30 ottavo mese. Al Concilio di Nicea Eusebio da Cesarea, che già aveva tradotto dal greco Antichità Giudaiche, fa presente il giorno della distruzione del Tempio a Gerusalemme ( 9 Av) è in servizio la prima classe sacerdotale (risulta venerdì) e dal sabato, scendendo di 8 settimane si trova nel calendario la data del 23 settembre, infatti risulta ancora oggi che le Chiese orientali festeggiano l’Annuncio dell’arcangelo Gabriele a Zaccaria, quindi il 24 settembre (8 alle Calende) è il concepimento del Battista, la nascita 24 giugno (8 alle Calende), la nascita di Gesù 25 dicembre (8 alle Calende), quindi il concepimento risulta 25 marzo (8 alle Calende), l’Annunciazione.

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