Prima della zucca, c’erano le soul cakes. Alla scoperta del primo dolcetto di Halloween

Immagina di essere un uomo medievale nella notte di Halloween – anzi, di All Hallows’ Eve, come si diceva ai tempi. Fuori, il vento corre tra gli alberi e s’infila da sotto le imposte come un respiro inquieto. Le candele tremolano, dal camino sale un odore di legna bagnata e il fuoco crepita con quella voce allegra dei focolari d’autunno.

E poi, tutto d’un tratto, un fruscio di passi nella ghiaia.
Un coretto di vocine infantili che si alzano nel buio, dolci e un po’ stonate.
E, poco dopo, tre colpi alla porta.

Non spaventarti: non sono spiriti inquieti, né tantomeno un drappello di diavoletti con le zanne posticce. Nel Medioevo, chi bussava alla porta il 31 ottobre non lo faceva per giocare a “dolcetto o scherzetto” ma per chiederti se, per cortesia, t’era rimasta una soul cake da condividere con lui. Se gliene allungavi una, il questuante si illuminava di un sorriso immenso e ti prometteva che avrebbe recitato un Requiem per le anime dei morti della tua famiglia.
…se invece lo rimandavi a mani vuote?
Beh, senz’altro non c’erano scherzetti di sorta. Tutt’al più, una certa perplessità: chi è che rifiuterebbe la chance di salvare l’anima dei propri cari al modico costo di un biscottino delle feste? In effetti, nessuno: e infatti non era concettualmente previsto che i questuanti se ne andassero a mani vuote. Tanto che le soul cakes erano, all’epoca, il vero simbolo di Halloween, un po’ come è oggi per noi la zucca: onnipresenti, amatissime e immancabili, il 31 ottobre. Sicché, sono particolarmente grata a Mani di pasta frolla per aver assecondato la mia proposta di far rivivere le soul cakes della tradizione e di condividere la ricetta sul suo foodblog. Se volete assaggiare il vero sapore di Halloween, non fatevi scappare quest’occasione. È pure un sapore buono.

***

Le soul cakes compaiono di frequente nel libro su Halloween che ho scritto a quattro mani con Paul Freeman, e di certo sarei stupida se non approfittassi dell’occasione per ricordarvi che a questo indirizzo potete acquistarlo o dare un’occhiata all’indice. Ma, per darvi (piuttosto letteralmente) un piccolo assaggio dei contenuti che potreste trovare al suo interno, credo che le soul cakes possano davvero essere un buon esempio. Questi dolcetti tondi, aromatizzati con spezie e ribes, sono forse l’esempio più fulgido di ciò che intendo quando dico che Halloween fu, per secoli, una festa profondamente cattolica, e con tratti marcatamente purgatoriali.

Le origini del dolce si perdono nella notte dei tempi, ma già alla fine del Trecento il canonico John Mirk ne parlava come di un’usanza antica portata avanti «da tempi immemorabili», in Inghilterra. Un almanacco londinese del 1511 lo conferma, annotando che «in olde tyme good people wolde on All Hallowen daye bake brade and dele it for crysten soules»: la brava gente, insomma, faceva il pane nel giorno di Ognissanti – «per le anime cristiane».
In un tempo in cui alle anime purganti si dedicavano molte più cure di quanto mediamente si faccia oggi, le soul cakes erano preziosa merce di scambio: i questuanti che le ricevevano in dono – sollecitando l’offerta al grido di “A soul-cake, a soul-cake, have mercy on all Christen soules for a soul-cake!” – promettevano preghiere di suffragio a vantaggio dei defunti di chi s’era offerto di sfamarli. E così, i bisognosi se ne andavano con la pancia piena e i benefattori gongolavano tra sé, con l’impressione di esser stati loro a guadagnarci per davvero.

C’era un’intera teologia, dietro a quella circolazione di dolcetti, che toccava temi importanti come l’esistenza di un Purgatorio (da cui si può essere salvati, grazie alle preghiere) e la comunione dei santi (in virtù della quale i vivi hanno il potere concreto di aiutare i morti, e viceversa). Tutto molto cattolico, evidentemente. Evidentemente, tutto molto eretico agli occhi dei riformatori protestanti: che, in età elisabettiana, si scagliarono contro la festa di Halloween con insolito zelo, preoccupati dai sottintesi di questa tradizione che, ridi e scherza, minacciava d’essere un grosso ostacolo per il rinnovamento della chiesa d’Inghilterra. Ogni riferimento al Purgatorio puzzava di papismo, e così anche le soul cakes finirono nel mirino dei predicatori, che apertamente criticarono questa pratica. Ma con scarso successo: dopotutto, non è facile bandire un dolce delle feste che, oltre a esser buono, ti dà la percezione di star facendo qualcosa di concreto a vantaggio dei tuoi morti.

E infatti, nonostante gli sforzi dei riformatori, la tradizione non scomparve del tutto. Alla fine del Cinquecento, la consuetudine di donare soul cakes il 31 ottobre doveva essere ancora parecchio radicata, a giudicare dal tono indignato con cui i riformatori ne parlavano di tanto in tanto. Già è significativo che, nell’ultima decade del secolo, Shakespeare abbia fatto cenno a questa pratica nel suo I gentiluomini di Verona, ironizzando su un nobile innamorato che «se ne va in giro piagnucolando come un mendicante a Hallowmas» (e, ovviamente, uno sketch comico funziona solo se l’immagine è ben nota al pubblico); ancor più eloquente è il fatto che ancora nel 1674 il lessicografo Thomas Blount parlasse delle soul cakes come di un «papist custom» difficile da estirpare, descrivendo famiglie che alla vigilia di Ognissanti distribuivano ai poveri le tortine ricevendo in cambio una formula di ringraziamento che suonava come «Dio custodisca la tua anima, le tue ossa e tutto il resto». Da appunti lasciatici da commentatori coevi, sappiamo anche che le famiglie più agiate – quelle che insomma potevano permettersi di scialare – esponevano i dolcetti direttamente all’ingresso, su alzatine che, nel XIX secolo, Chambers avrebbe paragonato ai pani dell’offerta dell’Esodo: piccoli “altarini” di zucchero a bordo delle case, se vogliamo, fatti apposta per risparmiare ai questuanti persino il piccolo imbarazzo del dover bussare.

La tradizione, non sorprendentemente, sopravvisse più a lungo nelle zone “ricusanti”, quelle cioè in cui il cattolicesimo continuava a vivere sottotraccia nonostante la Riforma. Nel XIX secolo, un viaggiatore che si trovò a soggiornare in Lancashire – la regione “più cattolica” d’Inghilterra – nella notte del 31 ottobre raccontò di aver visto un sacco di famiglie che distribuivano le soul cakes e una miriade di «fuochi sacri» accesi sulle colline, «collegati a nozioni superstiziose sul Purgatorio». Del resto, questa usanza aveva la semplicità delle cose concrete e il fascino delle cose eterne: non c’era bisogno di troppa teologia per capirla; e, in ogni luogo del mondo e a ogni altezza cronologica, la gente tende a essere molto riottosa quando le viene ingiunto di abbandonare le tradizionali modalità con cui la comunità ha sempre onorato i propri morti. Piuttosto comprensibile.

E dunque, le soul cakes continuarono a essere cotte e donate. Col passar del tempo, i poveri lasciarono il posto ai bambini e le preghiere si trasformarono in filastrocche, essendo ormai la cultura locale divenuta così fortemente protestante che il senso iniziale della questua era andato un po’ perdendosi. Le canzoncine che accompagnavano la raccolta, però, conservavano ancora qualche riferimento alla religione e ai nomi dei santi – “Peter stands at yonder gate, waiting for a soul cake”; “One for Peter, two for Paul, three for Him who made us all”. E, del resto, ancora nel 1897 la Chester Archaeological Society osservò che le melodie delle canzonette che venivano intonate dai bambini conservavano la struttura dei canti sacri del Cinquecento, come se la musica avesse ricordato ciò che la dottrina stava ormai dimenticando.

Insomma: con buona pace degli zelanti predicatori, a far passare di moda le soul cakes non fu la Riforma. O almeno, non quella protestante. La vera rivoluzione dei costumi arrivò molto più tardi, sotto forma di riforma scolastica: era il 1870, e il Regno Unito istituì la scuola dell’obbligo. I bambini che fino a quel momento avevano avuto fin troppo tempo per bighellonare in mezzo alla strada, recitando filastrocche e facendo incetta di dolcetti, si trovarono, tutto d’un tratto, a trascorrere la maggior parte delle loro giornate fra i banchi di scuola. E, grosso modo in quello stesso periodo, molte famiglie abbandonarono le campagne per cercar fortuna nelle città: un ambiente nuovo che imponeva regole inedite, come quella di non uscir di casa dopo il tramonto, per sicurezza. E così, pian piano, la tradizione si spense da sé, senza clamore, come accadde del resto per molte altre usanze simili in quel periodo.

Certo, qualcuno potrebbe dire che la consuetudine non è mai morta davvero e che oggi, a suo modo, rivive nel trick-or-treating. In realtà, no: per quanto le due tradizioni abbiano un aspetto suggestivamente simile, il “dolcetto o scherzetto” non ha legami diretti con l’usanza antica delle soul cakes e nasce in tutt’altro contesto, oltreoceano, per far fronte a esigenze sociali di diversa natura. Ma di questo, per oggi, non vi dirò di più: diciamo che ho scritto il giusto per stuzzicare il vostro appetito, ma tutto il resto lo trovate in Halloween, alba dell’eternità. In vendita su Amazon!


Per approfondire stavolta mi autocito, ahò: Lucia Graziano, Paul Freeman, Halloween, alba dell’eternità. Un itinerario di chiarificazione (Associazione Culturale Zammerù Maskil, 2024)

12 risposte a "Prima della zucca, c’erano le soul cakes. Alla scoperta del primo dolcetto di Halloween"

  1. Avatar di Francesca

    Francesca

    Recitata con accento (per me) spettacolare si può sentire una filastrocca che è un mix delle due riportate da te. Entro il primo minuto del video, è una signora inglese che la legge da un libro… e poi procede con la preparazione dei dolcetti.

    [ per la cronaca: verso la fine si apprende – per un inciso che appare poco importante rispetto al discorso principale – che le riprese sono state effettuate in pieno Covid (e la data di caricamento del video lo conferma) . Accento e tono imperturbabili 😊 ]

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      1. Avatar di Sconosciuto

        Anonimo

        Non sono riuscita leggerne il titolo, se non capire che è un atlante. Puoi, per favore, dirmi tu qual’è il titolo? Grazie e complimenti per il tuo lavoro di divulgazione…

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        1. Avatar di Francesca

          Francesca

          Ciao Anonimo. Elena?

          In ogni caso ecco le informazioni:

          Janet and Colin Bord, Atlas of Magical Britain. Gli autori sono marito e moglie, appassionati della materia e che hanno basato la loro attività economica sulla loro libreria in Inghilterra oltre che su una nutrita collana di opere scritte principalmente dalla moglie in seguito alle sue ricerche sulle tradizioni britanniche

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      2. Avatar di Francesca

        Francesca

        Dopo un primo momento di sorpresa (sul prezzo incivile 😅 )… Ho ragionato, o almeno ho tentato un ragionamento perché solo poche ore prima su Amazon me lo svendevano per circa 5 euro + spese spedizione 2,99 . [ non che volessi acquistarlo, volevo solo controllare chi fossero gli autori con veloci info amazoniche, per curiosità ].

        In breve. Dalle prove appena effettuate (poco fa) accade così: se cerchi il titolo a partire da google e da lì arrivi su Amazon, a quanto pare ti fanno anche la proposta da 5 euro, copertina rigida, usato “buone condizioni”, e altre proposte intorno ai 20 euro per la copertina flessibile dell’usato in “ottime condizioni”. Non vedo invece proposte per il libro Nuovo. Comunque: se invece cerco il libro direttamente sul sito di Amazon trovo quello a oltre 140 euro, usato.

        Quindi. Presumo che dipenda dall’effetto concorrenza che si ha cercando su google (in quanto diversi siti lo propongono usato a prezzi irrisori).

        Inoltre… Facendo un salto su amazon uk…. Tutte le proposte sono inferiori alle 4 sterline (+spese) e anche lì non mi propongono libri nuovi. (perlomeno non li propongono a me 😂 )

        Aggiungo che non so se sei “propensa” all’acquisto dell’usato.

        Contenta che tu abbia apprezzato la signora e l’info ☺️

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  2. Avatar di ac-comandante

    ac-comandante

    Sapevo che la zucca è subentrata solo quando Halloween è approdato in Nordamerica, mi pare perchè la leggenda di Jack o’lantern avrebbe previsto di mettere un lumino in una rapa ma quelle in zona non c’erano. È andata così davvero?

    Non guardo neppure le ricette, per me i dolcetti sono taref’ (sarebbe il contrario di kasher: la mia kasherut è diversa da quella ebraica ma pure io devo stare attento a quel che mangio)…

    E sullo “scherzetto”, continuo a sghignazzare per quel pagliaccio cui avrei portato spheega, dicendogli che a vantarsi delle sue flatulenze se la sarebbe fatta addosso: era successo proprio un pomeriggio di ottobre. Non era però il 31.

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      “Sapevo che la zucca è subentrata solo quando Halloween è approdato in Nordamerica, mi pare perchè la leggenda di Jack o’lantern avrebbe previsto di mettere un lumino in una rapa ma quelle in zona non c’erano. È andata così davvero?”.

      Nì. Nel Vecchio Mondo in effetti era consuetudine intagliare le rape, ma non è che di rape ci fosse tutta ‘sta scarsità, in America. Più che altro, in America era già diffusa tra i coloni (prima ancora che si verificasse la migrazione di massa degli irlandesi, intendo) la consuetudine di intagliare zucche per trasformare in lanterne/centrotavola in autunno. Ovviamente non venivano intagliate con la forma del jack-o’-lantern ma con motivi geometrici vari, disegni di foglie, cose così.

      Quindi, quando gli Irlandesi arrivano portandosi dietro le loro leggende, si trovano già davanti a questa consuetudine. E alcuni di loro iniziano a intagliare zucche al posto della rapa, ché viene pure meglio.

      Grossomodo in quello stesso periodo, viene pubblicata La leggenda di Sleepy Hollow in cui c’è il cavaliere senza testa che usa una zucca per simulare la testa che non ha. Da nessuna parte del romanzo c’è scritto che questa zucca fosse stata intagliata con occhi e bocca (infatti, le primissime illustrazioni del romanzo la dipingono come una zucca normale, messa sul collo giusto per simulare la forma tonda di una testa umana), ma di lì a poco si impone l’immagine mentale della zucca intagliata “a forma di faccia” con naso e bocca. E così, anche l’immagine dell’uomo col corpo umano e la testa di zucca che è, di fatto, il moderno Jack o’ Lantern della tradizione statunitense (che non c’entra assolutamente niente col Jack o’ Lantern della leggenda irlandese, sono proprio due figure concettualmente diverse).

      Quindi la zucca intagliata non nasce a causa della scarsità di rape, ma per il resto sì, è vero 😛

      (Anche di questo comunque parlo nel libro diffusamente, per chi leggendo qui si fosse incuriosito e volesse approfondire 😆)

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  3. Avatar di Francesca

    Francesca

    Ciao Anonimo. Elena?

    In ogni caso ecco le informazioni:

    Janet and Colin Bord, Atlas of Magical Britain. Gli autori sono marito e moglie, appassionati della materia e che hanno basato la loro attività economica sulla loro libreria in Inghilterra oltre che su una nutrita collana di opere scritte principalmente dalla moglie in seguito alle sue ricerche sulle tradizioni britanniche

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    1. Avatar di Sconosciuto

      Anonimo

      Ciao Francesca, l’ anonimo non ero io… ne approfitto però per farti un salutino 😊. Vado a vedere i libri di questi autori ma a breve prenderò quello di Lucia su halloween che non ho ancora letto. Elena

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  4. Avatar di Francesca

    Francesca

    @Lucia. Segnalazione di anomalia tecnica. Non so se è rilevante in qualche modo, comunque da un po’ di tempo accade che:
    A) quando commento di mio oppure rispondo ad un account registrato: niente di strano, tutto normale. Cioè non mi arrivano le notifiche dei miei stessi commenti. Ovvio.
    B) quando invece rispondo ai commenti delle persone che entrano come Anonimo mi arrivano la notifiche via mail dei miei stessi commenti, cioè WordPress mi notifica “Francesca commented… Etc ” – come se io non sapessi che ho appena commentato 🤔😄 …o meglio: come se il sistema non riconoscesse che quello registrato e loggato è il mio account. Quindi mi avverte che una certa Francesca ha commentato xyz. E mi scrive pure in inglese! (mentre di solito le normali notifiche di utenti / account di WordPress provenienti dal tuo blog sono settate in italiano)

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