Teofania

La bambina ha quattro anni, due codini infiocchettati con un nastro rosa, e sta camminando nel corridoio dell’asilo per fare non so quale commissione.
La ragazza ha vent’anni, si chiama Lucia, non porta i codini ma ha un bel vestito azzurro, e sta camminando nel corridoio dell’asilo per fare un’altra commissione.
La ragazza e la bambina si incrociano. Si sorridono. La ragazza tira avanti.
La bambina invece si immobilizza, si genuflette davanti alla ragazza, e si fa il segno della croce.

“Occielo, bambina! Cosa stai facendo?”, esala allarmata la ragazza.
“Ti saluto!”, risponde soave la bambina, inginocchiata e a mani giunte.
“Sì. Ehm. Un ‘ciao’ andava bene lo stesso”, informa cautamente la ragazza.
“No no”, ribatte la bambina, con sicurezza. “A te, bisogna salutarti così”.
“Ah”, commenta la ragazza. “E da quando, questa novità?”.
La bambina avvicina al mento le mani giunte, con aria molto devota. “Ce l’ha detto Suor Rosalba”.
“Ah”, ripete la ragazza. “Capisco. Suor Rosalba vi ha detto di genuflettervi a me e di farvi il segno della croce tutte le volte che mi vedete”.
“Esatto!”.
“Esatto”, le fa eco la ragazza, con crescente sconforto. “Scusa, bambina. Ehm. Ma voi… tu e Suor Rosalba, intendo… voi, ehm, chi dite che io sia?”.
“La Madonna!”, squittisce la bambina, devota e entusiasta.
“Ah”, annota mentalente la ragazza. “Ehm… no. Mi spiace”.
“Come no?!”.
“No. Non mi chiamo nemmeno Maria, figurati”.
“Quindi non sei la mamma di Gesù?”, piagnucola la bambina.
“Ehm… no”.
“Ma sei sicura?”.
“Sì, abbastanza”.
“Oh”.
La bambina si alza sdegnosamente, e lancia un’occhiataccia a quella Madonna impostora.
“Però le assomigli”, annuncia gelida, allontanandosi.