
Ossantocielo. Dove se ne sta andando, questo tizio in divisa militare? E cosa trasporta?

Opperlamiseria. Cosa stanno caricando, questi tizi dall’aria poco raccomandabile?

RAZZI! Ommisericordia, stanno preparando dei razzi!

Sono terroristi!!

Stanno per attaccare!!

Fanno fuoco!!!

La città è sotto attacco!
Ma cosa vogliono, cosa stanno cercando di colpire?

Ommisericordia! Stanno bombardando una chiesa!!!
No, non allarmatevi: non si tratta di un tragico esempio di fanatismo anticlericale.
Anzi: ci credete, che lì nel cortile di quella povera chiesa, c’è un parroco tutto esaltato che ride come un pazzo, e esorta i suoi fedeli a far fuoco sul nemico?
Siamo a Vrontados, amena cittadina di quattromila anime nell’Isola di Chio: gli alti ulivi, i verdi giardini, i profumati alberi da frutta, incorniciano gli spicchi di mare azzurro cielo. E’ Sabato Santo, e c’è una strana tensione nella piccola cittadina: persino l’aria sembra vibrare d’attesa, man mano che passano le ore e ci si avvicina a mezzanotte.
Quatti quatti, decine e decine di uomini e donne si avviano nei cortili delle rispettive parrocchie, cercando di non farsi notare. Sorridono, si abbracciano, e poi iniziano a preparare tutto per Quella Sera. Mangiano un panino, si raccolgono in preghiera, si augurano buona Pasqua… e poi, allo scoccare di mezzanotte, fanno fuoco.
E’ una bizzarra ma antichissima tradizione, quella dell’isola di Chio: nella notte di Pasqua, le due chiese “nemiche” di San Marco e di Panagia Erithiani si sfidano in una vera e propria guerra, bombardandosi vicendevolmente con innocui razzi e piccoli fuochi d’artificio. Lo scopo della battaglia è quello di colpire il campanile della chiesa avversaria, ma non sempre (anzi, quasi mai…) i lanci vanno a buon fine: ne consegue che i cittadini di Vrontados si trovano spesso e volentieri sotto attacco, e passano tutta la Settimana santa a proteggere le loro finestre con sacchi di sabbia e reti antincendio.
“Siamo ostaggi di questa tradizione”, si lamentano di tanto in tanto: “la notte di Pasqua non si riesce a respirare per il fumo, e devi chiuderti in casa se non vuoi correre il rischio di farti male per davvero”. Eppure l’usanza secolare prosegue senza ostacoli: e anche le autorità locali, che teoricamente dovrebbero multare tutto quel bombardamento isterico sul suolo cittadino, chiudono un occhio e lasciano fare, con il sorriso sulle labbra.
Le origini di questa stupefacente tradizione sono antiche, e controverse.
Secondo alcuni, la festa nascerebbe sul finire dell’Ottocento: invasi dagli Ottomani, i Greci si sarebbero visti sequestrare tutti i cannoni, e avrebbero quindi organizzato una rivolta a suon di razzi fatti in casa.
La seconda spiegazione, di gran lunga più convincente, intreccia Storia e sentimento religioso: sottomessi al potere musulmano degli invasori turchi, i Cristiani dell’isola si sarebbero visti negare il permesso di celebrare la Santa Messa pasquale.
Come fare? Come non fare?
Secondo la tradizione, dopo una lunga riflessione a qualcuno venne l’idea: rinchiudersi nelle chiese e poi dare il via a una sorta di guerriglia, circondandosi di razzi accesi e “bombardando” tutte le guardie turche che avessero provato ad avvicinarsi per impedire la celebrazione.
E così, mentre gli invasori venivano tenuti a distanza da quel fuoco inaspettato, la comunità ortodossa riunita nelle chiese poté liberamente celebrare la Resurrezione di Cristo.
Quale che sia l’origine, certo è che la tradizione sopravvive fino ai nostri giorni, per la gioia dei turisti e dei parroci delle due chiese. I quali non mancherebbero per nulla al mondo di addestrare personalmente le loro parrocchiali milizie d’assalto, nella rivalità goliardica e scherzosa di chi è pronto ad affrontare la vita con un sorriso.
… ah, dimenticavo.
Mentre i razzi si infrangono sui mattoni, mentre i parrocchiani corrono a rifornirsi di proiettili, mentre il fumo invade la città, mentre i comandanti urlano i loro ordini confusi…
… lì dentro a quelle due chiese, è pieno di gente che prende Messa.
DFuliggine
…e scommetto pure che ogni tanto, parte il colpo di proiettile vagante.
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Lucyette
Non credo, in realtà. Cioè: ‘sta cosa non è organizzata amatorialmente da un gruppo di pazzi senza controllo che scende in strada a far festa – è un’attrazione turistica, vengono i giornalisti a scattare le fotografie, un po’ come al carnevale di Ivrea (dove la gente si tira addosso le arance).
Sono molto attenti alla sicurezza: prima di far partire i razzi suonano anche un “allarme” per avvisare chi stesse eventualmente camminando per strada.
Un proiettile vagante sarebbe una cosa estremamente pericolosa: i razzi sono sostanzialmente innocui.
Insomma, non credo che le autorità locali glielo farebbero fare, con le frotte di turisti che vanno a Chio solo per quello spettacolo 🙂
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TearOfRain
Spettacolare O.o certo che, forse, questo genere di attrazione riesce anche ad avvicinare più fedeli alla celebrazione religiosa, il che non guasta…
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Lucyette
Hm… guarda: sinceramente, io non sono d’accordo 🙂
Questa cosa qui ha un senso perché una tradizione secolare: fa parte della Storia e del vissuto di una comunità, e trovo bello il fatto che ancor oggi venga mantenuta questa usanza. La considero alla stregua di una bella manifestazione di folklore locale, insomma.
Però, per come la vedo io, la Chiesa deve annunciare il messaggio del Vangelo ecc. ecc., non darsi alle arti circensi per ideare celebrazioni accattivanti allo scopo di attrarre fedeli. Una Messa è una Messa, non uno spettacolo teatrale: e i fedeli dovrebbero andarci per prendere parte alla celebrazione eucaristica, non per divertirsi con attrazioni di vario genere.
Per come la vedo io, se Tizio va a Messa solo per vedere i razzi, non so fino a che punto gli “serva” andare a Messa.
Se Caio va a Messa per ricevere istruzione e ristoro dalla parola e dal corpo di Cristo, continuerà ad andarci anche se non ci sono i razzi. (Anzi, magari si cercherà addirittura una Messa meno movimentata, per potersi raccogliere in preghiera più facilmente).
Ci sono tanti modi in cui la Chiesa può avvicinare le persone al Vangelo: secondo me, non ha bisogno di “fare cose strane” nel mezzo della celebrazione eucaristica, insomma 🙂
P.S. sia chiaro, non ce l’ho con te, eh 😛 Innanzi tutto non ce l’ho con nessuno; ma comunque non è la prima volta che mi sento dire che “dovrebbero rendere più movimentata la Messa, perché così è noiosa” (O.o)
P.P.S. e… no, non sono una di quelle che vorrebbe il ritorno della Messa pre-Concilio Vaticano II: quella attuale mi va benissimo, basta che resti così!
P.P.P.S. giusto per precisione: le due chiese in questione non sono cattoliche, sono greco-ortodosse.
Mi ero dimenticata di scriverlo nel post, lo scrivo ora 🙂
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utente anonimo
“Ci sono tanti modi in cui la Chiesa può avvicinare le persone al Vangelo: secondo me, non ha bisogno di “fare cose strane” nel mezzo della celebrazione eucaristica, insomma 🙂 ”
Visto il significato della messa, sono d’accordo con te.
Questa usanza mi sembra bella perchè ricorda delle persone pronte a combattere per difendedere il loro credo. E poi a me le tradizioni piacciono 😉
Aerie
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TearOfRain
Sono pienamente d’accordo con te, non c’è dubbio, se una persona andasse a Messa solo perchè una manifestazione la rende più movimentata, come dici tu, non penso lo farebbe con la sincerità e la voglia di ascoltare la voce di Dio, ma solo per il piacere del “divertimento”.
Non intendevo dire che le celebrazioni dovrebbero essere più accattivanti per attirare pubblico, ma che forse questo modo “particolare” di accompagnare una celebrazione, con una manifestazione che ricorda le tradizioni di quel luogo, potrebbe avvicinare, ad esempio, i giovani.
Forse sono un po’ troppo di parte, ma nel mio paese i ragazzi li fanno scappare, da Dio, non avvicinare con serenità e amore; episodi che vedono bambini rimproverati aspramente dal parroco per aver mangiato un pacchetto di patatine, che “è peccato!”, sono all’ordine del giorno, e non solo. Per questo ho visto in questa tradizione una sorta di “apertura mentale” di quella Chiesa.
Con questo non voglio dire che per avvicinare i giovani sia necessario rendere la Messa uno spettacolo teatrale, ma che forse manifestazioni di questo genere (ma soprattutto interventi più decisi, comprensivi e amorevoli dei Sacerdoti) possono fungere da primo legame (non devono essere il motivo che spinge ogni domenica ad andare a Messa!) tra ragazzi e Chiesa. Questo, secondo me, è uno dei modi in cui la Chiesa può avvicinare le persone al Vangelo.
P.S.Ripeto che forse scrivo in questo modo perchè nel mio paese e nei paesi vicini i ragazzi non hanno mai trovato un punto di riferimento nella Chiesa, nessuno ha mai pensato di prenderli per mano e accompagnarli in un cammino importante come quello della fede, perciò sono un po’ “scottata” =)
P.P.S.Per iscritto mi spiego decisamente male perciò chiedo pietà =D
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Lucyette
Aerie, anche io adoro le tradizioni!
Sono parte della nostra Storia, fanno parte di noi e della nostra vita: secondo me, sarebbe giusto ed importante recuperarle in maniera sistematica. Il folklore locale, soprattutto, è un piccolo tesoro che dovrebbe essere custodito e protetto con le unghie e con i denti (e che invece sta inesorabilmente andando perduto) 🙂
TearOfRain, sì, ho capito quello che vuoi dire 🙂
Guarda… secondo me, iniziative di questo tipo (recuperare una antica usanza, per dire) sono utili solo fino a un certo punto. Cioè, sono iniziative bellissime dal punto di vista storico/culturale, ma non so fino a che punto possano servire allo scopo che dici tu. Nel migliore dei casi, avremmo un giovane che va in parrocchia perché si diverte tanto a fare tutte queste cose carine tipo il lancio di razzi e che so io: okay, se inizia a frequentare la parrocchia è già un bel risultato, ma secondo me si potrebbero ottenere risultati ancora migliori agendo diversamente.
Per come la vedo io, i giovani andrebbero avvicinati con una pastorale apposita, dedicata ai loro bisogni e alla loro sensibilità. Se dovessi parlare ai giovani per avvicinarli a Dio, ad esempio, sceglierei di discutere con loro di temi di loro interesse. Che magari non saranno (inizialmente) l’esegesi di una lettera di San Paolo, ma potranno essere la discussione su temi che li toccano direttamente: l’amore, la famiglia, e così via dicendo.
I giovani amano l’azione, il fare, il sentirsi utili: molti ragazzi vengono colpiti più da una esperienza di volontariato, che da dieci lezioni di catechismo seduti a prendere appunti.
E, del resto, il messaggio cristiano può essere trasmesso a partire da qualsiasi cosa: c’è una associazione, la Turris Eburnea, che annuncia il Vangelo a partire dalla… moda. Sì sì, proprio moda, con i vestiti, le sfilate, e tutto quanto.
Teoricamente, il Vangelo può essere annunciato a partire da qualsiasi aspetto della nostra vita: una buona pastorale giovanile, secondo me, è quella che sa partire da un tema caro ai giovani, e lo sa affrontare con linguaggi e forme adatti a loro.
Si può partire pure dai razzi, per carità, ma secondo me ci possono essere percorsi di gran lunga più efficaci 😛
(In tutto ciò, aggiungo, secondo me un po’ di fermezza ci sta. Se fossi ancora una catechista e vedessi un bambino che mangia le patatine di Venerdì Santo, probabilmente lo prenderei da parte e gli spiegherei che quel giorno è un giorno molto triste, in cui ricordiamo la morte di Gesù: e noi siamo invitati tutti quanti a fare qualche piccola rinuncia, per ricordare il dolore che Gesù ha patito sulla croce. E magari gli proporrei, se lui ne ha voglia, di sostituire le patatine con una merenda che gli piace di meno, oppure di rinunciare all’ultimo numero di Topolino e di dare in elemosina i soldini che ha risparmiato in questa maniera. Non credo di aver mai traumatizzato nessuno dei miei catecumeni, così facendo… almeno, spero :P)
In realtà, si punta molto sulla spettacolarità delle Messe per attirare i giovani… cosa che a me non garba più di tanto. Ti faccio giusto un paio di esempi di esperienze che ho avuto io.
Caso primo: Messa per i giovani, animata dai giovani. Coretto alla “Oh Happy Days”; tamburi, chitarre e battiti di mano ad accompagnare i canti; offertorio con giovani che portano sull’altare di tutto (pane, vino, manuali scolastici, vestiti, giocattoli…); scambio della pace che comporta un abbraccio collettivo di novanta ragazzi che si salutano vicendevolmente attraversando l’intera chiesa…
… e sacerdote che fa una omelia noiosissima e totalmente inadatta al pubblico 😛
Caso due: Messa normale fino alla lettura del Vangelo; poi ci si separa in gruppetti di cinque o sei persone, e si discute sulle Letture appena ascoltate. Dopo un quarto d’ora si torna in cappella, e via con il Credo.
(Alla faccia del Sacerdozio Universale dei Credenti, peraltro -.-)
Ottimo esempio di pastorale giovanile (ma non solo!): questo 😉
Giusto per farti capire cosa intendo: poi è pieno di modi in cui ci si può avvicinare ai giovani 🙂
Personalmente, trovo che sia molto più utile e formativa un’esperienza di questo tipo, che millemila Messe “giovanili” in cui si suona il tamburo e si battono le mani e si va e viene dall’altare e ci si muove ad ogni momento ed è tutto quanto la nostra festa che non deve finire, non deve finire e non finirà (clap clap!).
(Okay, il clap clap lo capiscono solo quelli che l’hanno visto dal vivo :P)
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