La leggenda dei Sette Dormienti di Efeso

Sul finire dell’Impero Romano, quando già i popoli barbarici stavano cominciando a imporsi, regnava sugli Unni un monarca di nome Floro. Costui aveva sposato la bella Brichilde, giovane figlia del re dei Sassoni, e da lei aveva avuto tre figli; il maggiore si chiamava Floro, in onore di suo padre; il secondo portava il nome di Ilgrino; il terzo, infine, era chiamato Amnaro.

A seguire, un albero genealogico fornito da una leggenda agiografica composta nel XII secolo presso l’abbazia di Mamourtier (che non è certo l’unica a essere stata scritta circa la figura dei Sette Dormienti, anzi è decisamente poco nota, ma è quella che personalmente preferisco).

Dal figlio maggiore del re degli Unni nacque un ragazzo di nome Martino: quello stesso Martino che sarebbe poi passato alla Storia come vescovo di Tours.
Ilgrino, il figlio di mezzo, si sposò generò quattro ragazzi: Primo, Clemente, Teodoro e Leto.
Il fratello minore, arrivato all’età adulta, ebbe a sua volta tre figli: Gaudenzio, Innocenzo e Quiriaco.
Quando Martino ebbe maturato la sua fede e fu eletto vescovo, convertì al Cristianesimo suo padre, i suoi due zii – e anche i suoi sette cugini.

Ilgrino e Amnaro – i genitori dei sette fratelli – non avevano diviso l’eredità come si suole fare normalmente. Una volta persi i genitori, avevano scelto di vivere in una sola casa gestendo in maniera equa i loro averi, spartendoli con le loro mogli e i loro figli come se si fosse un’unica grande famiglia.
E fu così che i sette cugini crebbero, di fatto, amandosi come fratelli. E (poiché tutti e sette erano rimasti celibi), morti che furono i loro genitori vendettero i loro beni, vendettero i proventi ai poveri, affrancarono gli schiavi e si ritirarono in un luogo deserto. E lì iniziarono una vita di ristrettezze e penitenza, avviandosi così lungo quel cammino che conduce alla santità: si riunivano in preghiera, predicavano il Vangelo ai pellegrini che viaggiavano per raggiungerli; quel poco che ricevevano in dono, lo destinavano immediatamente ai poveri.

Era il tempo dell’Imperatore Diocleziano, e le persecuzioni contro i cristiani avevano raggiunto il loro apice.
Una notte, mentre i sette eremiti riposavano, apparve loro il sogno il cugino, san Martino di Tours. “Domattina, appena sorgerà il sole, convocate qui l’abate Aicardo”, raccomandò loro l’uomo, “e raccontategli tutta la vostra vita, i vostri atti. E confessategli i vostri peccati. Dopodiché, prenderete la comunione singolarmente, e, reso grazie a Dio, vi inginocchierete in preghiera. Non dovete temere, poiché non sentirete alcun dolore”.

Gli eremiti, perplessi, obbedirono; l’indomani mattina, appena svegli, fecero ciò che era stato ordinato loro dalla visione.
Pregarono, si confessarono; si comunicarono; si inginocchiarono in preghiera per rendere grazie. Poco tempo occorse loro per capire il perché del bizzarro ordine ricevuto in sogno. I messi di Diocleziano, venuti a sapere che una piccola comunità di eremiti risiedeva in una caverna poco distante, avevano deciso di ottemperare agli ordini dell’Imperatore uccidendo quei pericolosi ribelli. Era però da escludersi un’esecuzione pubblica: i sette cugini erano troppo amati dalla popolazione; un’uccisione alla luce del sole avrebbe potuto creare sommosse.
I persecutori, in questo caso, optarono per la via più semplice e più codarda: fatta irruzione nella dimora dei sette uomini, e ricevuto il loro rifiuto alla proposta di sacrificare agli dei, uscirono dalla caverna e… ne murarono l’ingresso. Per i sette cristiani all’interno, chiaramente non c’era via di scampo: presto o tardi sarebbero morti – di fame e di consunzione. Il loro destino era segnato.

Se non fosse che.

Se non fosse che le strade del Signore imprevedibili; e i sette cugini, inginocchiati in preghiera nella caverna entro cui erano stati murati, sprofondarono lentamente in un sonno sereno e senza sogni.
Alcuni dicono che i dormienti si svegliarono circa duecento anni dopo, quando un pastore sfondò la parete murata della grotta con l’intenzione di costruirci un ovile per le sue pecore, riportando così alla luce i santi eremiti. Ma altri dicono che i Sette Dormienti siano ancora lì: vivi, perfettamente integri nel loro corpo, serenamente avvinti in quel miracoloso sonno. Si risveglieranno, quando Dio lo vorrà: forse nel Giorno del Giudizio; forse quando la Cristianità avrà davvero bisogno di loro.

Sette Dormienti

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