E insomma: la storiella è talmente nota che non val nemmeno la pena di raccontarla coi miei toni da “Ma che sant’uomo”, ché non è mica facile strappare un sorriso raccontando una storia nota e arcinota a tutti.
Buttiamola sul piano culturale, e riproponiamo la vicenda di Ponte Milvio con le precise parole esatte usate dal biografo di Costantino.
Allora: mi avete seguita?
Siamo al 27 ottobre dell’anno 312. Nel suo accampamento, la sera prima della battaglia, Costantino si prepara a sferrare il colpo finale al suo avversario Massenzio. O almeno: spera di essere in procinto di sferrargli il colpo finale; ma, sotto sotto, è anche un po’ spaventato.
Massenzio disponeva di un esercito molto più grande di quello di Costantino, ed anche molto più addestrato; inoltre, era asserragliato a Roma, e quindi protetto da una alta cinta di mura. Perdipiù, Massenzio era un tipo molto devoto; e, nei templi di Roma, stava praticamente cooptando un piccolo esercito di dèi e semidei, ingraziandoseli a suon di sacrifici.
Gli dei greco-romani (Omero insegna) erano tipi piuttosto partigiani; e, quando in una battaglia decidevano di prender le parti di una fazione, gli esponenti della fazione avversa facevano meglio ad inquietarsi.
E Costantino infatti era inquieto, perché si stava preparando a una battaglia dall’esito incerto senza avere Santi in Paradiso, diremmo noi del 2013. L’aspirante Imperatore aveva una religiosità piuttosto incerta, a metà strada fra un blando cristianesimo, una devozione al Sol Invictus, e un’adesione molto formale agli antichi riti degli antenati. Pensare al suo nemico che, a Roma, stava “mettendo dalla sua parte” un intero pantheon di dèi, era una cosa che lo lasciava francamente molto inquieto.
Che fare, in questo frangente?
Io ho le idee piuttosto chiare su cosa fare, ovverosia vi lascio alle parole del suo biografo. Segue un lungo stralcio della Vita di Costantino, una specie di libro-intervista composta da Eusebio di Cesarea, biografo dell’Imperatore, nel 337 circa.
Embeh: la sera prima della battaglia di Ponte Milvio, Costantino,
ben consapevole, a causa delle malefiche arti magiche messe in opera dal tiranno, di come gli fosse necessario ottenere un aiuto più potente di quello che le sole forze militari riescano a garantire, ricercava la protezione di un dio. Infatti, riteneva di secondaria importanza gli eserciti e il numero dei soldati (credeva che questi nulla potessero, senza l’assistenza divina); sosteneva invece che fosse insuperabile e invincibile l’aiuto celeste che proviene da Dio.
Pensava dunque a quale dio dovesse scegliersi come protettore, e mentre rifletteva su questo problema gli venne in mente il seguente pensiero: dei molti che, nel passato, avevano rivestita la suprema carica dello Stato, tutti avevano riposto le loro speranza in una pluralità di dèi, e li avevano venerati con libazioni, e sacrifici, e offerte. Ma tutti costoro, dopo essersi lasciati ingannare da vaticini favorevoli e da oracoli che annunciavano gli eventi più fasti, erano poi andati incontro a una fine tutt’altro che felice, senza che nessuna di quelle divinità fosse intervenuta in loro favore […].
Faceva fra sé e sé queste riflessioni, osservando che gli altri, pur avendo confidato in moltissimi dèi, erano comunque caduti in una gran quantità di sventure […]. Raccogliendo le fila di tutte queste considerazioni, giudicava una vera follia perder tempo con quelle divinità inesistenti e lasciarsi trarre in errore ancora una volta dopo tante prove negative, e pensava che soltanto il Dio onorato da suo padre meritasse di essere venerato. Cominciò allora ad invocarlo, pregando e supplicando di mostrargli chi mai egli fosse e di porgergli il soccorso della sua destra nelle circostanze attuali. Mentre l’imperatore era assorto in questa preghiera e rivolgeva la sua supplica in tutta sincerità, gli apparve un segno divino veramente straordinario. […]
Intorno all’ora meridiana, quando il giorno comincia a declinare, riferì di aver visto con i propri occhi in mezzo al cielo un trofeo luminoso a forma di croce che sovrastava il sole, e accanto a esso una scritta che diceva “vinci con questo!”. Di fronte a quello spettacolo, uno sbigottimento generale pervase l’imperatore e tutto l’esercito.
E poi, insomma, sappiamo tutti come andò a finire.
Costantino, ancora scosso, ordinò che su tutti i labari del suo esercito, su tutti i scudi dei suoi soldati, fosse immediatamente dipinto il segno che onorava Nostro Signore. Cominciò la battaglia, fu sanguinosa, e le truppe di Costantino stra-vinsero gloriosamente.
Costantino si inginocchiò a terra dopo la vittoria, e alzò gli occhi al cielo ancora incredulo per ciò che era accaduto. Il Signore, l’unico Dio, aveva voluto proteggerlo e accompagnarlo.
Era il 28 ottobre 313 – e la Storia dell’Impero Romano, e della Chiesa, e probabilmente anche dall’umanità intera, stava per subire una discreta svolta.