[Ma che sant’uomo!] Se due Papi si fan la guerra, a suon di becchini e saltimbanchi

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Evento storico, ma storico davvero, quest’oggi a Castel Gandolfo: un’immagine come questa ce la ricorderemo tutti quanti a vita. E quando ti ricapita di assistere all’evento totalmente inedito di due Papi che si abbracciano e si riuniscono in preghiera?

Quando mi sono resa conto dell’(in?)felice coincidenza di date, mi son messa a ridere per non piangere. Nel senso che, molto tempo prima che iniziasse la Quaresima e che Papa Benedetto si facesse venir l’idea di rinunciare alla sua carica, io avevo già stilato un calendario “di massima” in cui mi elencavo in quale giorno avrei pubblicato quale post. Eh, beh, ecco: non potevo minimamente immaginare che il 23 marzo, in concomitanza con un mio post che parlava del turbolento incontro fra due Papi, due Papi a Castel Gandolfo si sarebbero incontrati per davvero.

Chiarito che la coincidenza è uno strano scherzo del destino, e che non c’è nessuna dietrologia sotto questa mia storia di Papi e di Antipapi, ecco a voi il post di oggi. Credo che potremmo definirl0 una nuova puntata di

Ma che sant’uomo!

ovverosia

Tutto quello che non volevate sapere sui Santi,
e che men che meno avreste osato chiedere

Prima di partire con la nostra buffa storiella su San Damaso, bisogna sorbirsi un altro po’ di Storia con la “S” maiuscola.
Succede che, alla morte di Costantino, salga al potere suo figlio Costanzo, Imperatore cristiano ma non cattolico. Costanzo, come già detto, parteggia per la parte ariana, tant’è vero che nel 359 arriverà a quella specie di sequestro di persona a scopo di coercizione teologica già descritto qui.
Prima di quella data, però, Costanzo se l’era già preso con alcuni vescovi molto influenti che avversavano il credo ariano. E che dell’avversione al credo ariano facevano proprio un cavallo di battaglia del loro episcopato, con omelie infuocate contro gli eretici e con conversioni dei peccatori.
Uno di questi vescovi era Ilario di Poitiers; un altro di questi vescovi era Atanasio di Alessandria. Entrambi erano stati deposti ed esiliati, (assieme ad altri confratelli meno famosi, di cui forse oggi non ricordiamo il nome).

Frattanto, sedeva sul soglio di Pietro un certo Papa di nome Liberio.
Liberio, francamente, s’era proprio rotto le scatole degli abusi dell’Imperatore (“e non aveva ancora visto quello che si sarebbe scatenato di lì a poco”, mi vien da dire). A un certo punto, aveva tuonato parole di fuoco contro Costanzo, avendo addirittura l’ardire di definire “martiri” tutti quei vescovi esiliati dall’Imperatore ariano. Si era pure dispiaciuto, a quanto pare, di non aver avuto la loro stessa sorte, perché sarebbe stato grato di poter dare egli stesso un tal testimonianza di coraggio.
Beh: evidentemente, Costanzo lo sentì, e infatti provvide a esiliarlo nel 355.

Esiliare il vescovo di Roma, nel 355, non aveva le stesse implicazioni che avrebbe avuto qualche anno a dopo. Il vescovo di Roma, all’epoca, era semplicemente il vescovo di Roma: capo di una città importante, quello sì, ma non ancora propriamente “Papa”. Un po’ come se adesso esiliassero il buon Scola, che sta a capo dell’immensa diocesi di Milano, ma… niente più.
Ad ogni buon conto, il vescovo di Roma fu esiliato, e Costanzo provvide a porre al suo posto un certo diacono Felice, che divenne de facto un antipapa con il nome di Felice II.
Metà clero romano giurò fedeltà all’antipapa, e metà clero romano restò fedele al buon Liberio.
Passarono gli anni, passò la persecuzione anticattolica di Costanzo, morì l’Imperatore ariano… e poi, morirono anche il Papa e l’Antipapa. Morirono, peraltro, a pochi mesi di distanza: prima morì Felice II, e poco dopo lo seguì Liberio.

Al che, seguì il disordine.

I seguaci del papa numero 1 si riunirono “in conclave” – se mi passate il termine moderno – ed elessero il suo successore: Papa Damaso I.
I seguaci dell’altro papa si riunirono veloci in un conclave parallelo ed elessero un secondo Papa: un diacono di nome Ursino.

Seguirono momenti di concitata confusione, anche perché – ironia della sorte – entrambi i Papi erano cattolici: non c’era più, cioè, un cattivissimo antipapa ariano a cui contrapporre la giusta dottrina del Papa buono. Eran stati eletti due Papi e tutte due cattolici; e le cose si complicavano.

Il Papa numero due, Ursino, fu consacrato in fretta e furia dal vescovo di Tivoli, con una cerimonia di insediamento al volo al volo. In questi frangenti, l’esperienza dimostrava che il vescovo consacrato per primo aveva più chance di essere considerato quello “giusto”.
Il Papa numero uno, San Damaso, appresa la notizia sgranò gli occhi sconcertato, e si avviò frettolosamente verso San Giovanni in Laterano per farsi consacrare a sua volta, e prendere ufficialmente possesso della diocesi. San Giovanni in Laterano, come tutti ben sappiamo, è la sede ufficiale del Papa. “Se prendo possesso del Laterano”, meditò San Damaso, “la popolazione capirà che il vero Papa sono io”.
Il problema è che avevano avuto la stessa pensata anche i sostenitori di Papa Ursino, i quali corsero velocemente verso San Giovanni in Laterano nel tentativo di impedire l’ingresso a Papa Damaso.

Seguì una settimana di disordini.
Ci furono scontri di piazza, anche di ingente portata, durante i quali i sostenitori del Papa 1 presero a botte, e botte forti!, i sostenitori del Papa 2. E viceversa, naturalmente.
Papa Damaso risolse la questione assoldando a sue spese un gruppo di gladiatori che gli fecero da bodyguard mentre lui, menando bastonate, si apriva la strada fra la folla fino alla basilica lateranense. Lì, anche il Papa numero 1 riuscì finalmente ad ottenere la consacrazione…
…sennonché la storia non è finita, giacché il Papa numero 2 organizzò la sua opposizione. E – visto che San Giovanni in Laterano era già stata occupata – pensò bene di installarsi nella basilica di Santa Maria Maggiore.

Il clero romano fedele a Papa Damaso si armò di accette e bastoni per cingere d’assedio la basilica.

Ed è proprio in questo contesto che ha luogo una delle scene più esilaranti di tutta la storia del Papato.
Perché io me la immagino, eh. Me la immagino per davvero, questa scenetta deliziosa.
Io mi immagino San Damaso, con i nervi a fior di pelle, seduto sconsolatamente sul seggio di San Pietro. E mi immagino il suo segretario personale che timidamente si avvicina, e mormora “Santità. È tutto pronto per l’assedio”.
San Damaso si sarà prodotto in un sospiro sconsolato. Il segretario avrà cercato di fargli forza: “Santità, siamo nel giusto. La Chiesa non può andare avanti in questa situazione delirante. Dobbiamo fare una prova di forza e dimostrare al mondo che siete voi l’unico Papa, altrimenti il gregge sarà confuso e non saprà più a quale guida affidarsi”.
San Damaso avrà annuito con un gesto nervoso: “certo. Certo”.
“E allora, Santità”, si dev’esser fatto forza il segretario, “tutti i diaconi si sono armati. Abbiamo ammucchiato nel refettorio del seminario ingenti quantità di manganelli e spranghe, oltre che coltellacci da cucina e bastoni molto nodosi”.
San Damaso, sicuramente, avrà trattenuto a stento un gemito. “Sì, vabbeh, ma cerchiamo di evitare una strage…”.
Credo che il segretario abbia annuito, soggiungendo rapidamente “sì, infatti li abbiamo messi lì ma come extrema ratio, l’idea sarebbe di riconquistare Santa Maria Maggiore usando metodi meno violenti”.
San Damaso si era illuminato, io credo. Aveva guardato il segretario lanciandogli un’occhiata speranzosa.
“Penseremmo di giocare d’astuzia. Infatti sarei qui per domandare l’approvazione per mettere a bilancio lo stipendio di nuove truppe d’assalto mercenarie”.
“Altri gladiatori?”, aveva commentato Damaso, io credo, con un sospiro non convinto.
“Aehm, non proprio. Più che altro, avevamo pensato a dei circensi. Saltimbanchi e acrobati e contorsionisti e quelle robe lì”, penso che abbia aggiunto in fretta, nel silenzio che si era venuto a creare: “è gente che sa scalare alti muri senza sostegni, e che sa accovacciarsi in stretti cunicoli attraverso i quali penetrare in chiesa”.
Non faccio fatica a immaginare l’espressione perplessa di San Damaso. “Aehm… okay… assoldiamo pure i circensi, se vi sembra una buona idea, e non violenta…”.
“Sì, Santità. E poi avremmo pensato, ecco. Ad assoldare becchini, tanti becchini”.
Avevo detto non-violenta!!!”, aveva senz’altro esclamato Damaso, sussultando sul soglio di Pietro.
“No, ma che: mica per seppellire i morti”, probabilmente aveva precisato l’altro. “È che i becchini dispongono di vari attrezzi del mestiere: scale, corde, utensili da scavo. Tutte quelle cose che usano per scavare la fossa, uscirci, e calarci la bara”.
“Perdonami amico, ma non vedo il nesso”.
“Beh, sono utensili di grande aiuto quando si cerca di espugnare una basilica”.

Siete liberi di non crederci, ma a legger le fonti dell’epoca pare che le cose andarono così.

Mentre il clero armato di spranghe assediava da fuori Santa Maria Maggiore, distraendo gli assediati, i becchini, impilando le loro scale l’una sull’altra, salirono fin sul tetto della basilica e fecero un buco sul soffitto, a suon di picconate. A quel punto, entrò in scena la componente circense di questo sacro assedio, con gli acrobati romani che si calavan giù dal tetto con le corde, a mo’ di trapezisti-ninja.
Papa Ursino & sostenitori, comprensibilmente attoniti alla vista di trapezisti calati dal tetto da volenterosi impresari di pompe funebri, e impossibilitati ad uscire fuori a causa dei chierichetti con mannaia minacciosamente schierati sul sagrato, non ebbero altra scelta se non dichiarare la loro resa.
Ursino riconobbe l’autorità di Papa Damaso, se non altro perché sembrava un tipo in gamba capace di affrontare le emergenze con una certa dose di inventiva, e si ritirò giocoforza in Francia. San Damaso nel frattempo mostrò d’essere un grande Papa… e direi che è stato un bene, per le sorti della Chiesa, che quel giorno a Santa Maria Maggiore siano stati i becchini di Damaso ad aver avuto la meglio.

Papi, becchini e acrobati, per il Regno del Signore.

Damaso I

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