“È passata quella nuvoletta passeggera”. Così si era espresso Sant’Atanasio di Alessandria, alla notizia della morte di Giuliano l’Apostata avvenuta il 27 giugno del 363.
“Nuvoletta passeggera”: un termine tutto sommato sprezzante, per definire l’operato di un Imperatore che aveva disperatamente provato a indebolire la Chiesa cristiana, ma – ah ah! – non ci era riuscito.
Un termine sprezzante che – mi vien da dire – può essere giustificato solo dal fatto che il nostro amico Giuliano è morto dopo solo un anno dall’inizio della sua “persecuzione”. Fosse sopravvissuto per altri dieci o quindic’anni, ho come l’impressione che le comunità cristiane si sarebbero riferite a lui con un po’ meno di indifferenza…
La goccia che fece traboccare il vaso, dicevamo, fu l’umiliante visita ad Antiochia compiuta dall’Imperatore. Già da prima Giuliano l’Apostata aveva covato dentro di sé una certa antipatia – per usare un eufemismo – nei confronti dei Cristiani; ma, da quel momento in poi, non fece più nessuno sforzo per trattenere la sua rabbia.
Era una strana psicologia, quella di Giuliano. Era un asceta, diremmo noi: un asceta pagano, ma pur sempre asceta. Odiava il teatro e i giochi, non era dedito al sesso, dormiva su un pagliericcio; riposava per poche ore, e consacrava il resto della notte alla filosofia e alla meditazione. Per quanto animato da un profondo odio verso i Cristiani, un personaggio del genere non poteva certo abbandonarsi all’ira assassina, e indire una persecuzione come quella di Diocleziano o Decio. I tempi erano cambiati, la sola idea sarebbe stata assurda; ma soprattutto, Giuliano non aveva alcuna intenzione di abbassarsi a quei livelli indegni a cui erano scesi gli assassìni della sua famiglia. Non sarebbe stato certo lui a macchiarsi le sue mani con il sangue di innocenti.
No: le persecuzioni anticristiane di Giuliano furono molto più subdole e più “soft”, un po’ in sordina – ma non per questo, meno significative.
Cominciò innanzi tutto con lo stabilire che la Chiesa restituisse alle città le terre e le relative rendite che le erano state donate dai suoi predecessori. Annullò i privilegi fiscali a favore del clero, e ristabilì l’obbligo del servizio militare anche nei confronti degli obiettori di coscienza. Favorì la riapertura dei templi pagani e la celebrazione dei sacrifici; di per sé, cercò di evitare in ogni modo le violenze dirette contro i Cristiani… ma non ci riuscì un granché bene, perché la sua palese ostilità nei confronti del Cristianesimo spronò alla violenza bande di fascinorosi. In Africa, ad esempio, gli eretici donatisti si sentirono autorizzati a riprendere le violenze nei confronti dei cattolici: le chiese furono profanate, le suore violentate, le Ostie consacrate, calpestate e gettate ai cani. I suoi sottoposti non fecero nulla per sedare le violenze, e anzi alcuni prefetti imprigionarono i cristiani, li torturarono; arrivarono al punto di urinare sugli altari. A Eliopoli, gli abitanti della città si sollevarono contro una comunità di suore, e, costrette le vergini a spogliarsi, le offrirono al ludibrio della popolazione prima di ammazzarle, e di far mangiare ai maiali le loro viscere.
Giuliano sapeva; e contemplava il tutto, e lasciava fare.
Un’altra cortese, diplomatica “stilettata” al Cristianesimo arrivò sulla base di una legge del ’62 che fissava nuove condizioni per il reclutamento dei professori. Era impensabile, secondo Giuliano, che un cristiano potesse sedere su una cattedra: se il programma scolastico prevede l’insegnamento della filosofia greca e romana, e se il “Credo” dei Cristiani rifiuta le teorie di Socrate o di Platone, è evidente che un Cristiano non potrà mai essere insegnante. Se un insegnante insegna teorie in cui non crede, forse egli non sta mentendo ai suoi studenti? Se un educatore mente sistematicamente ai suoi studenti, forse egli non mina la fiducia che i fanciulli dovrebbero avere nelle istituzioni?
Con un provvedimento durissimo e inappellabile, Giuliano ordinò che i Cristiani fossero cacciati dalle scuole e vietò loro di accedere, in ogni modo, all’insegnamento della cultura classica. “Una decisione disumana e degna di essere sepolta in un eterno silenzio”, commentarono intellettuali pagani che si stringevano, scandalizzati, attorno ai loro colleghi fedeli a Cristo; ma l’Imperatore era imperturbabile.
Allo stesso tempo, Giuliano cercava di togliere terreno alla Chiesa facendolo guadagnare ad altre religioni. Provò persino a ricostruire il Tempio di Gerusalemme, ché gli Ebrei non erano esattamente al top delle sue simpatie… ma erano, quantomeno, meno peggio dei Cristiani.
E poi, naturalmente, provò a dare lustro alla religione pagana così affossata e decaduta. Il problema, si diceva Giuliano, è che quegli schifosi dei Cristiani avevan fatto letteralmente di tutto, per farsi benvolere dalle folle. Opere assistenziali, carità ai diseredati; quell’allure da mistico così geniale e affascinante, con preti e religiosi che rinunciavano a ogni ricchezza, a ogni piacer carnale, per dedicarsi solamente a Cristo.
I Cristiani eran dei brutti schifosi, e fin lì non ci pioveva; però, erano schifosi astuti. Nel tentativo di restaurare l’antica religione pagana, Giuliano prese quanto di buono c’era nel Cristianesimo, e lo applicò giocoforza ai suoi sacerdoti. Sponsorizzò una specie di filantropia pagana che facesse concorrenza a quella cristiana, con asili per le vergini e ricoveri per gli anziani. I sacerdoti furono oggetto di una riforma morale, che avrebbe dovuto renderli esempi virtuosi ed umili, sottomessi alla continenza e ad una vita assolutamente austera. Li costrinse a fare catechesi alle masse, come facevano i Cristiani, e addirittura fece collocare nei templi un ambone e delle panche, su imitazione di quanto accadeva nelle chiese cattoliche.
In prospettiva, non fu una grande idea: copiando così platealmente le strutture della Chiesa, Giuliano ne riconosceva, implicitamente, l’importanza. Quando stai cercando di annientare un organismo, esaltarne così platealmente i punti-forza potrebbe non essere una grande idea. Minimo minimo, rischi di far venire dei dubbi in tutti coloro che prenderanno le redini della tua impresa quando tu non ci sarai più.
Giuliano, infatti, morì poco tempo dopo: siamo, per l’appunto, nel giugno del ’63. Secondo una leggenda cristiana fiorita nel Medio Evo, l’Imperatore pagano, ferito in guerra, vedendo il sangue che scorreva a fiotti dalla sua armatura ormai distrutta, si abbandonò a un moto di stizza. E alzando gli occhi al cielo gridò con rabbia mista a rassegnazione “ebbene: hai vinto tu, Nazareno!”.
ClaudioLXXXI
Fondamentalista grammaticale mode on
gli eretici donatisti si sentirono autorizzati a riprendere le violenze nei confronti dei cattolici: le chiese furono profanate, le suore violentate, le Ostie consacrate, calpestate e gettate ai cani.
a-ehm: mi sa che c’è una virgola di troppo, precisamente quella tra “consacrate” e “calpestate”.
Con quella virgola, io leggo la costruzione della frase come
Ostie (soggetto) +
consacrate, calpestate, gettate (verbo passivo)
+ donatisti (complemento d’agente sottinteso, che compie l’azione)
insomma pare che siano stati i donatisti a consacrare le Ostie al preciso scopo di profanarle subito dopo.
Senza quella virgola, la costruzione diventa
Ostie consacrate (soggetto) +
calpestate, gettate (verbo passivo)
+ donatisti (agente)
Cioè i donatisti pigliano le Ostie già consacrate e le profanano, brutti cattivacci. Che mi pare più probabile come versione dei fatti.
Fondamentalista grammaticale mode off
🙂
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Lucyette
Sì?
Io invece l’avevo inserita proprio per la ragione opposta, per separare con una “pausa” il soggetto “Ostie consacrate” dai verbi “calpestate o gettate”. Come se tu leggessi questa frase ad alta voce, e appunto facessi una pausa fra “consacrate” e “calpestate” per separare le due parti del discorso.
Vabbeh, comunque l’importante è che si capisca che i donatisti non si son comportati bene :-PPP
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