Il colore del vestito del prete

Dunque. C’è questo storico, che più che un uomo è un mito, che si chiama Michel Pastoureau. Egli è autore di una serie di libri uno più affascinante dell’altro, dedicandosi a un campo di studi che potremmo definire… storia della simbologia? Storia dei colori? Storia della simbologia dei colori nel Medio Evo?
Boh, vedete voi. Fatto sta che io ve li consiglio tantissimo.

Fra le tante cose che hanno incuriosito Pastoureau, vi è anche l’uso dei colori durante le liturgie della Chiesa Cattolica.
Ché i colori liturgici sono un aspetto piuttosto importante delle celebrazioni di Santa Madre Chiesa: ma da dove sbucano, e che ci azzeccano? Cosa c’entra il verde con il tempo ordinario, e perché il prete si veste di rosso durante le feste di certi Santi, ma di altri no? E soprattutto: quand’è nato questo codice di colori, e chi diamine se l’è inventato?

Iniziamo dalle basi: iniziamo dal “quando”.
La nascita dei colori liturgici è, ovviamente, molto più tarda rispetto alla nascita della liturgia: i primi cristiani, porelli, vivevano infognati nelle catacombe e la loro preoccupazione primaria, riguardo alla Messa domenicale, era “chissà se vivo abbastanza per andarci anche questa settimana”… diciamo che non s’erano proprio posti il problema di come far vestire il prete.
Nei primi secoli, l’officiante diceva Messa nei suoi vestiti “da tutti i giorni”, cercando tutt’al più di mettersi addosso, per l’occasione, i suoi abiti più discreti. Generalmente si evitavano i vestiti colorati e si dava la precedenza a stoffe grezze, “al naturale”, non tinte.
Se proprio eri un prete ricco e potevi permetterti questo lusso, ti mettevi una tunichetta tinta di bianco, ché il bianco è sempre tanto ieratico.
Ma, nei primi secoli del Cristianesimo, non esisteva una regola precisa circa i colori dei paramenti durante la liturgia – né, tantomeno, esisteva un “codice” condiviso in tutta la Cristianità. La scelta di come vestirsi era lasciata ai preti, che tutt’al più potevano ricevere qualche vaga indicazione da parte del vescovo locale. In alcuni casi, concilii provinciali avevano scoraggiato l’utilizzo di vesti con colori troppo vistosi; in altri casi, singoli vescovi avevano suggerito ai loro preti di indossare sempre abiti bianchi.
D’altro canto, “pezzi da novanta” come San Gerolamo e San Gregorio di Tours sostenevano che il bianco fosse in assoluto il colore più adatto, per un prete, perché, a loro dire, era il colore che più di tutti esprimeva dignità. E in effetti, pian pianino, il bianco comincia ad affermarsi come “colore liturgico per eccellenza”, soprattutto nelle feste più importanti.

Ci si trascina così fino a circa il IX secolo, quando il fedele medievale scopre una cosa straordinaria: l’uomo è un essere fatto di sensi… e stimolare i sensi nella maniera giusta, può esser una cosa molto furba. Una chiesa splendente e tappezzata d’oro ti aiuta a capire fin dal primo istante che quella è davvero la casa di Dio, hai appena messo piede in un posto sul serio straordinario; un affresco stupendo lì sulla parete può farti venir le farfalle nello stomaco, mentre guardi negli occhi Maria Vergine.
E una liturgia piena di segni può aiutarti a capire meglio quello che sta succedendo là sull’altare.

Abiti, stoffe e colori indossati dal celebrante cominciano ad avere una precisa simbologia. La pratica di associare il tal colore alla tal festa liturgica comincia a farsi abitudinaria, e vengono anche composte decine di trattati sul significato simbolico dei vari colori all’interno della Messa.
Problema?
Il problema è che questi significati simbolici variavano da zona a zona: magari, a casa tua il prete si vestiva di rosso per la festa X, e invece quando andavi in vacanza al mare te lo trovavi vestito di rosso per celebrare tutt’altro evento. Inoltre, i colori usati durante le celebrazioni erano piuttosto diversi da quelli che noi saremmo portati a immaginare: tenendo conto delle differenze che c’erano da zona a zona, possiamo dire che il prete-medio aveva un guardaroba composto da sette set diversi di paramenti: bianco, rosso, verde, nero, marrone scuro, giallo e porpora.
E a parte il fatto che dev’essere successo qualcosa a questo set di colori, visto che io, donna del 2000, di casule marroncine non credo di averne viste mai… resta sempre il problema di fondo: esisteva sì una simbologia legata al colore dei paramenti, ma questa simbologia variava da zona a zona.

E poi, un bel giorno, il signor Lotario di Segni sbadigliò con aria annoiata e si disse “mh, quest’oggi non so proprio che fare. Proviamo a buttar giù due righe sulla liturgia, e vediamo cosa ne esce fuori?”.
Ne uscì il trattato De sacrosancto altaris mysterium, che secondo gli esperti non è ‘sto gran capolavoro: rispetto ad altre opere mature dello stesso autore, è un trattatello molto grezzo e molto compilativo, peraltro limitato alla descrizione della liturgia così come si svolgeva nella diocesi di Roma.
Non un capolavoro destinato a stravolgere la Storia, di per sé.
Sennonché, qualche anno dopo aver composto il suo trattatello, il signor Lotario di Segni fu eletto papa con il nome di Innocenzo III. E – allo stesso modo in cui nessuno si filava La bottega dell’orefice prima che Wojtyla diventasse papa, e adesso tutti i cattolici ce l’hanno devotamente nella libreria – anche il trattato di Innocenzo III comincia a circolare.
, qui c’è un trattato sulla liturgia scritto dal Papa: vuoi forse non mettere in opera quello che il Papa ha scritto nel suo libro? Ché poi viene a sapere che tu dici Messa in un altro modo, e si incavola di brutto?”.

E così, per questo strano scherzetto della Storia, il tutto-sommato-non-eccelso De sacrosancto altaris mysterium comincia a circolare in tutta la Cristianità e viene interpretato dai vari vescovi come se si trattasse di una specie di diktat. Innocenzo III, poveretto, aveva solamente scritto un modesto trattatello sulle abitudini liturgiche della diocesi di Roma, ma niente da fare: i vescovi di tutta Europa si allineano prudentemente a quel mirabolante testo in materia liturgica composto niente popò di meno che dal potente Papa… ed è in questo modo che la liturgia di Roma comincia pian piano a imporsi anche in diocesi molto lontane dall’Urbe.

Soprattutto, comincia ad imporsi quel “codice” di colori liturgici così com’era proposto nel trattatello. E, nello specifico, Innocenzo III parlava di…

Bianco. Simbolo di purezza, va utilizzato in occasione di Natale, Epifania, Pasqua, Giovedì Santo, Ascensione ed Ognissanti. Inoltre, va usato anche durante le feste degli angeli, dei santi confessori e delle sante vergini.
Rosso. È il colore del sangue: si usa per tutte le feste legate alla morte di Cristo, e tutte le volte che si festeggiano dei santi martiri. Inoltre, va anche usato per la Pentecoste e in occasione delle feste degli apostoli.
Nero. È il colore del lutto: si usa durante i funerali e nel giorno in cui si commemora la strage degli Innocenti. Siccome è un colore deprimente e penitenziale, va bene anche in tempo di Quaresima e di Avvento.
Verde. A detta di Innocenzo III è un colore intermedio fra il bianco, il nero e il rosso (?), e quindi va usato per tutte quelle occasioni in cui non va bene nessuno degli altri colori.

Novità importanti introdotte da Innocenzo III? Il verde del tempo ordinario, ed anche l’intuizione circa la necessità di stabilire una scala di priorità. Nel caso delle feste dei santi, il martirio prevale sulla purezza: quindi, nel caso di una vergine morta ammazzata, il prete si veste comunque di rosso. E l’anno liturgico prevale su qualsiasi santo: quindi, se la festa del santo cade in Quaresima o in Avvento, il prete si veste comunque di nero.
Col Concilio Lateranense, le involontarie “prescrizioni” di Innocenzo III vengono di fatto confermate, con la sola aggiunta di due colori extra: il viola, sostanzialmente assimilabile al nero in occasione di Avvento e Quaresima, e l’oro più splendente, sostanzialmente assimilabile al bianco in occasione delle feste maggiori.

Storia finita?
Beh, non proprio. Con l’insediamento del papato ad Avignone, regredisce anche quel movimento che, nei secoli precedenti, aveva tentato di dare la massima uniformità possibile alle varie chiese locali. “Se il Papa è andato a vivere ad Avignone”, si devono essere chiesti in tanti, “chi me lo fa fare di dir Messa vestito di verde come prescritto dagli usi romani, ché a me il verde non piace proprio? Manco sta più a Roma, il Papa!”.
Insomma: dal punto di vista dell’unità liturgica, la Chiesa cattolica “perde terreno”: per certi versi, si torna a quella situazione un po’ confusionaria in cui ogni diocesi dice Messa secondo un rito tutto suo e utilizzando codici tutti i suoi. A dirla tutta, ci vorrà il Concilio di Trento a imporre davvero, una volta per tutte, quell’unità liturgica tanto sospirata, “esportando” in tutta l’orbe la Messa Tridentina con il suo corollario di colori, simbologie e codici.

Che però nascono proprio così: grazie all’involontario apporto di un inconsapevole, e ancor giovane, Innocenzo III!

17 risposte a "Il colore del vestito del prete"

  1. marinz

    noi ambrosiani ci distinguiamo, ora come ora, avendo adottato il nuovo lezionario e facendo tornare all’origine di Ambrogio le domeniche… capita raramente di vedere il verde, di domenica, e il colore che prevale è il rosso (tranne per Avvento e Quaresima)

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    1. Emilia

      Vero vero! E vogliamo parlare del nero in Quaresima? In Duomo lo usano sempre, nella mia vecchia parrocchia a volte, nella nuova mai.

      A proposito di colori, una volta ho scommesso con una mia amica (sì, conosco gente strana) che una casula in vetrina in un noto negozio di arredi sacri del centro di Milano era di color argenteo. Siamo entrate, ma la commessa, che mi conosce, mi ha riferito che era bianca laminata argento. Parecchio laminata, in verità!

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    2. Lucia

      :-O
      Ma quindi, scusa, nelle domeniche di tempo ordinario di che colore sono i paramenti, in genere? Rosso?
      (E soprattutto: perché? O.o Cioè: perché proprio il rosso? Sempre per alludere al fatto che il prete testimonia la sua fede essendo disposto in teoria anche al martirio?)
      Certo che siete proprio dei bastian contrari, eh, voi Milanesi… ;-))

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      1. marinz

        Tempo ordinario? In ambrosiano non esiste più il tempo ordinario… oltre Avvento e Quaresima abbia prima, seconda e così via domenica dopo il martirio di san Giovanni, dopo la dedicazione della cattedrale, dopo la pentecoste… un bel delirio :o)
        Ps dovresti studiarlo un po’ il rito ambrosiano per capirlo :oP

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      2. Lucia

        O___o
        Okay. A Milano non c’è più il tempo ordinario. Fantastico. Basta saperlo.
        LOL, lieve shock 😀

        Mannaggia, in effetti dovrei studiarlo per davvero: state cominciando a incuriosirmi, voi bizzarri creaturi ambrosiani 😉 Che tu sappia, c’è un qualche libro carino sulla Storia del rito ambrosiano? (Magari con un approccio più storico che liturgico… lo so, sto chiedendo la luna :P).

        Ma scusa O.o
        Okay, a Milano non esiste più il tempo ordinario. E va bene.
        Ma comunque, in quelle domeniche in cui non è nè Avvento nè Quaresima nè ci sono feste particolari… con criterio è scelto, il colore dei paramenti? Ci si riferisce al santo del giorno? O alla Pasqua perché la domenica è la Pasqua quotiana?

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  2. marinz

    Guarda ci sto cercando anche io di capire qualcosa… abbiamo cambiato 3 anni fa e per la prima volta, domenica scorsa, ho visto il parametro verde di domenica… normalmente è Rosso o Bianco a secondo del tipo di domenica.

    Per un libro storico? Potrei chiedere a Don Marco Navoni quando ne ho occasione. Oppure potresti provare a scrivergli facendo il mio nome :o)

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    1. Emilia

      Ullallà, hai conoscenze in alto loco! Io tutte le volte che ho incrociato don Marco in Duomo non gli ho mai parlato, per un misto di riserbo e timore di fare figuracce se gli avessi gridato: “Il suo libro sulla Settimana Santa ha cambiato per sempre il mio modo di viverla!”.

      Lucy, ecco quindi una prima indicazione. Se fai una ricerchina tu-sai-dove inserendo “Navoni Marco” come autore, troverai un bel po’ di volumetti interessanti e a costo contenuto.
      Resto sempre più del parere che ci voglia un opuscoletto tipo “Rito Ambrosiano for dummies”…

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      1. Lucia

        A quanto pare, esiste: sempre questo Navoni ha scritto un ABC per conoscere la Chiesa ambrosiana, pubblicato dalle Edizioni San Paolo… solo che attualmente risulta fuori catalogo -__-
        Ma in effetti ci vorrebbero davvero, dei libretti di questo tipo… è abbastanza assurdo, se vogliamo: a due passi dalla mia, c’è una Diocesi che ha un rito antichissimo e interessantissimo di cui io personalmente non so assolutamente niente (e non penso di essere l’unica, voglio dire)… dovreste davvero predisporre degli opuscoli informativi 😀

        (Soprattutto per gli stranieri che vengono in vacanza a Milano, devo dire!! Uno spagnolo arriva a Milano, va a Messa, e magari pensa “ma che è ‘sta roba? Come dicono Messa, qui in Italia??”)

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    2. Lucia

      Wow!
      Grazie per il consiglio: non conoscevo assolutamente questo don Marco Navoni, ma ho dato un’occhiata alle cose che ha scritto… Ci son due suoi libri, su “storia e spiritualità” di Settimana Santa ambrosiana e Liturgia delle Ore, che promettono bene… 😉

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    1. Lucia

      Ma in effetti, a quanto mi sembra di capire dopo una ricerchina online, usate la stessa scansione dell’anno liturgico che era adottata da tutti quanti prima del Concilio Vaticano II (se sbaglio, chi ne sa di più mi corregga).

      Ma quindi, scusa: prima della riforma del lezionario, anche il rito ambrosiano aveva il tempo ordinario e adesso l’avete eliminato? Messa così, da come l’ho capita io, sembra una specie di ritorno al rito tridentino, se vogliamo :-))

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  3. Lidia

    Il rito ambrosiano è uno dei tanti riti – come quello bizantino, maronita, ecc. – che non ha il TO, ma conteggia ancora le domeniche secondo appunto il sistema che fa riferimento alle grandi feste e tempi forti. Io non so molto di ambrosiano, ma siccome sono una slavista un po’ ho studiato la liturgia bizantina e mi piace molto 🙂 Tra l’altro, se uno conosce il rito tridentino, vede che è praticamente uguale a quello bizantino – sembra una macchina del tempo che ci riporta ai tempi beati dell’unità della Chiesa! 😉 Pur nella molteplicità sacrosanta e pittoresca dei riti!

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    1. Lucia

      E’ vero: io ne so pochissim(issimo) di riti in generale, ma qui a Torino c’è una chiesetta cattolica che officia secondo il rito bizantino e ho un amico che per varie ragioni si è trovato a frequentarla in numerose occasioni. Da come me l’ha descritto, il rito bizantino è davvero affascinante… soprattutto i matrimoni!

      Prima o poi dovrò decidermi a prendere una Messa lì per “curiosare” 😉

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  4. marinz

    Beh si dai i turisti potrebbero pensarci ma dovrebbero capire che è un rito “particolare”.
    Con il nuovo lezionario si è voluti tornare un po’ alle origini recuperando lo scorrere del tempo togliendo il tempo ordinario che prima c’era… cambiavano, cioè sono rimasti ancora così, le settimane di avvento 6 e il carnevale il sabato vigilia della prima di quaresima…
    siamo un po’ complessi ma se vuoi venire a fare un giro posso farti da cicerone, magari insieme ad Emilia, per farti scoprire delle cose caratteristiche del “nostro” rito

    Don Marco è bravissimo… io ho il dizionario liturgico (un malloppazzo di 1000 pagine) in cui c’è scritto tutto e come sono nate certe tradizioni liturgiche…

    ps immagino che tu non sappiamo cosa voglia dire incensare all’ambrosiana? :o)

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