Lo ammetto: non sono una grande fan del minimalismo. La mia casa è fin troppo piena di oggetti di ogni tipo, ma non provate a definirli “inutili” perché qui mi arrabbio e mordo.
L’altroieri, sono andata a lavorare indossando una blusa anni Settanta che mia zia ha conservato anche quando ha radicalmente cambiato taglia, perché le spiaceva buttarla via essendo un capo di marca (e meno male, visto che adesso la sto usando io). Sul mio tavolo troneggia un’alzatina portafrutta che la mamma del mio padrino aveva regalato ai miei genitori, come dono di nozze – e se i miei l’avessero buttata via quando si sono resi conto che non ci stava più nella loro nuova casa, non solo avrebbero gettato un oggetto funzionale, ma si sarebbe anche perso il bel ricordo di famiglia.
Francamente, ho l’impressione che tutta ‘sta moda del decluttering abbia senso solo se partiamo dall’assunto (sbagliatissimo, secondo me) che gli oggetti siano usa-e-getta. Più che inneggiare al buttar via tutto, personalmente cercherei di sensibilizzare la gente verso concetti come “riciclo”, “restauro” e “ricircolo”… ma vabbeh. Il minimalismo è la moda del momento, e probabilmente anche voi avete letto, visto, o sentito parlare di Marie Kondo e del suo Magico Potere del Riordino.
Del metodo KonMari, apprezzo alcune idee. I consigli della simpatica giapponesina su come piegare gli abiti per avere più spazio nei cassetti o su come ordinare in modo razionale i propri capi di abbigliamento sono utili, non lo nego.
Invece, non riesco assolutamente a seguirla là dove lei ci incoraggia a fare decluttering – cioè, a liberarci del ciarpame inutile che ci teniamo in casa – suggerendoci di prendere in mano gli oggetti e di domandarci se questo oggetto mi trasmette gioia.
Ma che cavolo mi significa, se l’oggetto mi trasmette gioia?
Lo scopino del water non mi trasmette nessuna gioia, ma è molto meglio se me lo tengo in casa. La raccolta di quaderni di prima elementare mi trasmette un sacco di ricordi gioiosi e nostalgici, ma sarà il caso che prima o poi mi decida a buttarli, se non voglio soffocare sotto una pila di carta straccia.
E poi anche ‘sta cosa di personificare gli oggetti che ho deciso di buttare, ringraziandoli ad alta voce per i bei momenti che mi han regalato (…ma che poi, che sadismo è? Prima ti ringrazio, e poi ti butto nell’inceneritore?)
No. Con tutto il rispetto, ma, con me, il metodo KonMari per il decluttering non può proprio funzionare. Ed è proprio per questo che ho trovato particolarmente interessante la guida cattolica al minimalismo proposta da Sterling Jaquith, autrice del grazioso Not of This World.
Se siete interessati al tema, leggetelo, anche perché fornisce degli spunti oggettivamente interessanti sul minimalismo come stile di vita per chi non vuole correre il rischio di scoprirsi ad adorare Mammona. Molto ragionevoli e terra-a-terra sono anche le riflessioni su come praticare il minimalismo quando non si naviga nell’oro (“con che cuore butto via un oggetto, se so che non potrò ricomprarlo in caso di bisogno?”) o quando si ha una famiglia numerosa (“come diavolo faccio a fare decluttering se ho cinque figli che si passano le cose tra di loro?”).
Lasciando a voi la lettura di tutto questo e molto altro, io mi limito a riportare, in questa sede, la guida-base al decluttering cattolico proposta da Sterling. La quale, come me, non gradisce il sentimentalismo un po’ fricchettone di Marie Kondo, e ha stilato un elenco delle cinque domande-base che un cattolico farebbe bene a farsi, quando sta cercando di capire se un dato oggetto merita, oppure no, di restare nella sua casa.
1. Questo oggetto mi aiuta ad amare Dio?
La casa di un cattolico-medio è piena di oggetti che, probabilmente, il resto del mondo considererebbe superflui, tantopiù che magari si tratta di aggeggi ingombranti che vengono usati solo pochi giorni all’anno. Credo che uno straripante presepio che s’allarga di anno in anno sia un dramma comune per molte famiglie.
Eppure, si tratta di oggetti della tradizione cattolica. E, in quanto tali, hanno uno scopo: ricordarci qual è il tempo liturgico che stiamo vivendo; agevolare la nostra preghiera creando un angolino della casa dedicato al raccoglimento. Le candele, le statuine della Madonna, il candelabro dell’Avvento, la tovaglia a coniglietti che usiamo solo a Pasqua: non sono ciarpame inutile, se aiutano noi e la nostra famiglia a vivere la nostra fede.
Ma attenzione: comprare oggetti religiosi non deve diventare una nobile scusa dietro a cui trincerarci per diventare accumulatori seriali di robaccia cattolica. Se la tua casa straborda d’oggetti sacri peggio di una sacrestia, se hai cinque presepi diversi stipati in ripostiglio, se possiedi già quindici rosari e ciò nonostante continui a comprarne ancora… ecco, allora no. Dacci un taglio.
2. Questo oggetto mi aiuta ad amarmi e prendermi cura del mio corpo come tempio dello Spirito?
“Uno spazzolino da denti serve a tenerti puliti i denti”, scrive Sterling, molto terra-a-terra. “Probabilmente non ti trasmette alcuna gioia, ma è senz’altro possibile provare una profonda soddisfazione nel prenderci cura del nostro corpo”, che è pur sempre un dono di Dio.
Ma attenzione: si può essere puliti, ordinati, presentabili e ben vestiti anche senza riempirci il guardaroba di abitini all’ultimo grido e senza invadere l’armadietto del bagno con cinquanta creme miracolose pubblicizzate dalle youtubers.
3. Questo oggetto mi aiuta ad amare la mia famiglia?
La cucinetta KidKraft formato bambino, la libreria montessoriana piena di albi illustrati, il set di biciletta-elmetto-monopattino-gomitiera in molteplice copia uno per ogni membro della famiglia; le bambole, le costruzioni Lego, i kit per gli esperimenti e il meccano. Tengono un mucchio di spazio e non sono strettamente necessari per la sopravvivenza: ma riuscite a immaginare un ciarpame con un “valore aggiunto” così alto?
Se questi oggetti ti servono per passare tempo di qualità assieme ai tuoi bambini, o servono a tuoi bambini per coltivare i loro hobby: non è ciarpame, è un tesoro.
Ma attenzione: riflettici sopra, e sii onesto con te stesso. Sei cliente fisso del negozio di giocattoli perché sei realmente convinto che i tuoi acquisti abbiano una vera e tangibile valenza educativa, o stai semplicemente inseguendo il sogno di regalare ai tuoi figli una infanzia dorata (che, a te, magari è stata preclusa)?
4. Questo oggetto mi aiuta ad amare la mia comunità?
Penso che tutti quanti abbiamo in casa il proverbiale servizio buono per le feste: quel set di piatti che non usi nella vita di tutti i giorni perché è il servizio buono, sia mai che si rovini, e che tiri fuori dalla credenza solo nelle grandi occasioni, quando hai ospiti a casa.
Beh: sotto un certo punto di vista, è cosa buona e giusta. Se sei abituato a ricevere gente a casa, se le grandi tavolate di famiglia sono un must delle tue feste, se il tuo modo di esprimere amore per i tuoi ospiti passa anche attraverso un bel centrotavola e un servizio di posate d’argento: trova un modo razionale di stipare tutta ‘sta roba quando non la usi, e poi vivi sereno.
Ma attenzione: non sono il centrotavola e le posate d’argento a determinare la tua qualità di padrone di casa. I tuoi ospiti, auspicabilmente, vengono da te per godere della tua compagnia, e auspicabilmente continuerebbero a venirci anche se tu li accogliessi con dei piatti di plastica comprati al supermercato. Tienlo a mente, anche per una questione di tua personale serenità.
5. Questo oggetto, con la sua bellezza, aiuta me stesso e gli altri ad avvicinarmi a Dio?
La bellezza è un dono di Dio, senza se e senza ma. Circondarci di oggetti belli non è semplicemente uno spreco di risorse che avremmo potuto destinare ai poveri: l’arte, la musica (…persino l’arte e la musica nelle liturgie…) sono elementi che possono, a loro modo, aiutarci a contemplare la bellezza del creato.
Una stampa fotografica di una spiaggia al tramonto, una carta da parati in un colore tenue che trasmette quiete, un profumatore per ambienti che invade il salotto del suo dolce aroma, un vaso di fiori colorato sul davanzale: possono essere molto più di un banale soprammobile.
Ma attenzione: possono anche essere solo un banale soprammobile. Non è detto che ogni singolo oggetto piacevole alla vista possa automaticamente avvicinarci a Dio. Riflettiamo molto attentamente su questo aspetto, prima di portarci a casa un pezzo di design “solo perché ha stile”.
E qui si conclude la lista delle cinque grandi domande che l’autrice ci suggerisce di porci quando siamo in vena di decluttering. Anche se – per dirla con le sue parole –
Se vuoi semplificare il processo, puoi semplicemente limitarti a chiederti “questo oggetto aggiunge valore alla mia vita?”. Continua a chiedertelo, ogni giorno, con ogni singolo oggetto che possiedi. Costantemente. Fanne un’abitudine.
Anche perché, per un cristiano, l’obiettivo non è, banalmente, avere una casa più vuota e organizzata in maniera più razionale.
Il nostro compito è quello di riflettere sugli oggetti che possediamo e sul modo in cui ci approcciamo loro […]. Dobbiamo essere buoni custodi di quanto Dio ci ha donato, ivi compresi i nostri corpi, le persone che Lui ha messo sul nostro cammino, e le ricchezze che ci ha permesso di acquisire. Dobbiamo imparare a considerare tutto questo come uno strumento, da usare per la gloria di Dio.
E, se permettete, con buona pace di Marie Kondo, questa sì che è una visione del minimalismo che sento molto più vera e “mia”.
mariluf
Gtrazie mille, come sempre, Lucia. Mi terrò in evidenza questo articolo. Ciao!
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blogdibarbara
Io ho ancora la gonna comprata coi soldi che mi ha regalato mia nonna per la laurea, nel ’76, e non mi passa neanche per la testa di buttarla via. Ho portato ai raccoglitori della caritas tutto quello che non mi entrava più quando ho smesso di fumare e mi sono ingrassata e che non era in alcun modo riadattabile; tutto il resto, dato che la moda è l’ultima cosa al mondo a potermi interessare, sta qui con me. Continuo a trovare post che raccontano la bellezza del liberarsi delle cose inutili, della serenità che dà il liberare gli spazi… Io in casa mia di inutile non vedo niente: i ricordi di viaggio? Gli oggetti che mi sono stati regalati? I quadri che ho scelto e sistemato sulle pareti? I centrini di pizzo che ho fatto all’uncinetto e quello che ho ricamato? Le mie migliaia di libri? I dischi? E perché mai queste cose dovrebbero diventare inutili? Secondo me questa mania del “liberarsi” di cose è una patologia bella e buona.
PS: ma se inventassero scopini del water colorati che quando vengono agitati mandano fuori la marcetta alla turca?
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Celia
Da minimalista e declutteratrice veterana e felice (ho pure fatto la rima), non ce la faccio proprio a commentare. Il minimalismo va ben oltre la moda o i consigli della Kondo, che pure in gran parte ho adottato, che li si condivida o meno. Il tema è diverso, certo, ma lasciatelo dire: m’è parso di ascoltare la stessa logica di quelli che “La Chiesa predica la povertà, ma le chiese son piene di oro e non pagano l’Ici-Imu-ecc.” 😉
Perdona la frecciatina, ora mi ricompongo… voilà, ecco: volevo giusto chiederti se per caso questo libro è stato tradotto in italiano. Mi sa di no, eh? In inglese me la cavo, ma i libri li prendo quasi soltanto a prestito e in lingua ce n’è pochini – e poi comunque la lingua madre è più comoda… ehm. O magari in e-book aggràtis? (Sai, noi miminalisti folli cerchiamo di non comprare nulla! 😀 )
intanto comunque mi gusto le nuove chicche oltreoceano.
Magari mi viene pure l’ispirazione e mi metto a scriverlo io, un manualetto catto-minimal per compatrioti…!
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Lucia
Oh cavolo, mi sa che allora dall’articolo traspare proprio tutta la mia personale diffidenza verso il minimalismo come stile di vita XD perché in realtà il mio non voleva proprio essere un articolo “contro”, anzi voleva essere un contributo cattolico al tema… ma in chiave costruttiva!
Il libretto che cito penso che potrebbe piacerti. Io qui mi ero focalizzata sui consigli sul decluttering ma l’autrice parla proprio di minimalismo in generale, e in senso cristiano, elogiandone i benefici. A me è piaciuto il suo essere terra-a-terra dicendo che non necessariamente la casa di una famiglia cattolica che tende al minimalismo deve essere vuota come la cella di un trappista, ma sottolineando al tempo stesso come la cella vuota di un trappista non sia una povertà “tanto per posa”, ma uno stile di vita che ha senz’altro i suoi benefici, spirituali e non solo.
Diciamo che, sì, di questo libro a me è piaciuto proprio il suo essere molto pratico. Secondo l’autrice, se uno vuole fare il minimalista hardcore e può permettersi di farlo, va benissimo e vada con Dio. Nei casi intermedi, dava comunque consigli pratici e spunti di riflessione per chi non si sente pronto a un approccio troppo estremo.
Tradotto in Italiano, il libro ahimé non è, ma lo trovi “quasi” gratis, su Kindle Unlimited (per chi ce l’ha).
Poi… ebbene sì: io, di mio, sono molto scettica sul minimalismo, e soprattutto sul minimalismo per moda (ché secondo me davvero è un po’ la moda del momento). Lasciando perdere il fatto che io tendo ad affezionarmi alle cose e quindi per me molti oggetti hanno un reale valore affettivo, personalmente trovo che non sia manco giusto inneggiare al continuo liberarsi di roba inutile: io sono più per la posizione “prendiamo quella roba inutile, mettiamola da parte, e troviamole un uso prima o poi”.
Certo, bisogna anche entrare nella logica mentale per cui ti metti la giacchina anni ’60 tirata fuori dagli armadi della zia, e non il modello all’ultimo grido. O nell’ottica per cui, no, non ti fai il salottino shabby chic, se hai in cantina dei mobili da salotto perfettamente funzionali messi da parte quando hai sgomberato alla sua morte la casa di tua nonna.
Ecco, io propendo molto di più per questo secondo atteggiamento – secondo me il mondo è bello perché è vario, e l’importante è che ognuno trovi il suo modo, fermo restando il punto fermo che anche io condivido moltissimo, che il consumismo estremo è un male eccome.
Ma mi ha fatta ridere il tuo commento, perché, mannaggia, la mia diffidenza si vede proprio, allora!
Pensa che io pensavo di aver scritto una cosa che ai minimalisti avrebbe potuto piacere… XD
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Celia
Muahahah, ebbene sì, più che trasparire TRASUDA, ma tranquilla: non mi presenterò alla tua porta col camion della nettezza urbana, come in Sepolti in casa, per convertirti 😀
Ti dirò, che il minimalismo sia diventato una moda, come tristemente accade a molte umane faccende, è poco ma sicuro. Purtroppo. Poi, certo, non mi metto a far le crociate contro articoletti superficiali da rivista patinata o simili, anzi: come disse quel cinese, aspetto pazientemente che la “fissa” passi e gli entusiasti dell’ultima ora sgombrino il campo. Nel frattempo… riordino 😉
Comunque non si sa mai: prima di tutto vedo se qualche mio conoscente ha l’Unlimited, o in ogni caso vedrò di procurarmelo. Ho già verificato sul circuito biblio ma, come prevedevo, non c’è nemmeno in lingua.
L’idea mi piace – visto che poi come hai notato il minimalismo lo si può declinare in mille salse, scegliamone una preziosa 🙂
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Celia
* Il “cinese” ovviamente parlava di aspettare che il cadavere del nemico scorresse lungo il fiume.
Io più pragmaticamente aspetto che passi l’ondata.
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