Ma davvero c’è qualcuno che non ama il Natale, o che addirittura ama così poco il Natale da considerarlo più una fonte di stress che un momento di festa?
Pare di sì, ma io stento a crederci: o meglio, ci credo come atto di fede, ma questo fenomeno è così lontano dalla mia quotidianità da sembrarmi quasi irreale.
È stato quindi con una certa curiosità che ho iniziato a sfogliare un grazioso libretto che affrontava proprio queste tematiche. L’autrice è Sterling Jaquith, già nota su queste pagine per la sua Guida cattolica al minimalismo… e, ahilei, nemica acerrima del Natale.
O meglio: “nemica acerrima del Natale”, Sterling lo è stata per lunghi anni, probabilmente a causa delle circostanze che l’hanno portata a vivere male questa festa da bambina. Ci ha messo un bel po’, la nostra amica, prima di capire che detestare il Natale è una cosa molto triste, se non addirittura “drammatica” se si è cristiani.
E così – dopo tanti Natali passati nell’ansia e dopo tante riflessioni su cosa esattamente fosse andato storto e perché – Sterling si è messa a tavolino e ha scritto un libretto eloquentemente titolato Be Merry!
Quelli di Sterling sono consigli molto terra-a-terra per tutti coloro che arrivano ogni anno al 25 Dicembre sull’orlo di una crisi nervosa.
Nel libro, ne troverete ovviamente molti di più. Ma ecco qui i cinque che mi hanno colpita più di tutti.
***
1. Focalizzati sulle uniche due cose che sono veramente importanti a Natale: Gesù e il tuo matrimonio
Sul perché sia bene sforzarsi di tenere a mente che al centro di tutto questo ambaradan ci sta Gesù, penso non sia nemmeno il caso di sprecare troppe parole.
Ma se Gesù è la persona che dobbiamo mettere al centro di tutto, non dobbiamo dimenticare qual è la seconda persona più importante da accontentare in quei giorni. Il nostro partner.
Quando Sterling si è sposata, i suoi primi Natali col marito sono stati un litigio costante. Ciò che lei organizzava, a lui sembrava follia; le attività che lui proponeva, lei le gradiva quanto un attacco di diarrea.
Col senno di poi, la causa di tutta questa tensione era data dal modo diverso in cui i due partner avevano sempre vissuto il Natale in famiglia. Per Sterling, figlia di una madre single in una famiglia poco numerosa, il Natale era una cena elegante in una casa riccamente adornata, durante il quale tutti si vestivano a festa ed era ragionevole aspettarsi dai commensali lo stesso atteggiamento che si osserverebbe a un pranzo di nozze.
Il marito di Sterling, nato in una famiglia numerosa in mezzo a una caterva di fratelli, era abituato a dei mega-pranzi alla buona, in cui ognuno portava qualcosa da casa nel suo Tupperware, la gente si presentava in jeans e maglioni comodi e passava la giornata sbracata sul divano in mezzo a torme di bambini urlanti.
Ci è voluto un po’, ai due sposini, prima di capire che gli attriti erano in una certa misura inevitabili, se si partiva da due “visioni” del Natale così contrastanti.
In circostanze simili, Sterling suggerisce di fare ciò che ha fatto lei: prendere una serata libera, affrontare l’argomento col proprio partner, fare in modo che ognuno possa mettere in chiaro quali sono le sue aspettative… e poi agire di conseguenza. Se per me è importante il Natale posh nella villa di campagna e per te è importante arrostire marshmellow indossando un maglione con le renne: basta saperlo prima, organizzarsi e (ad esempio) stabilire che la Vigilia sarà elegante e il Natale easy.
Spesso, dice Sterling, si cade nell’errore di pensare che, durante le feste di Natale, le persone che è più importante accontentare siano le famiglie d’origine oppure i bambini.
Ma… no.
Le famiglie di origine, si spera bene che siano in grado di accettare l’evidenza per cui un figlio adulto, che si è fatto una famiglia sua, è libero di inventare nuove tradizioni familiari, se lo ritiene.
I bambini sono sicuramente i “protagonisti” del Natale, ma non devono diventare i dittatori della festa. Se creare il Perfetto Natale Magico per i vostri figli è fonte di stress più che di gioia familiare: lasciate perdere. Molto probabilmente, i bambini preferiscono un Natale sottotono a un Natale in cui mamma e papà sono stressati a mille, o peggio ancora passano tutto il giorno a rimbrottarsi.
2. A metà novembre, stila un elenco realistico di tutte le attività che vuoi fare nel periodo di Natale. Poi, valuta se il tutto sarà divertente o se ti farà arrivare al 6 gennaio in balia di una crisi di nervi.
Sterling suggerisce di fare un elenco letterale, per punti. Nel mio caso (casomai qualcuno volesse farsi i fatti miei) potrebbe essere una cosa tipo:
1. Passeggiata serale per fotografare le luci di Natale;
2. Visita ai presepi nelle chiese del centro;
3. Preparare la casetta di pan di zenzero;
4. Mercatini di Natale in giro per la città;
5. Pizza con le amiche verso metà dicembre;
eccetera eccetera eccetera, fino all’ultima cosa che vi viene in mente. Poi – suggerisce Sterling – prendete in mano l’album di foto dell’anno scorso e controllate se vi state dimenticando qualcosa (“orpo! Il mercatino benefico dall’altra parte della città al quale vado sempre perché è bellissimo!”).
Quando siete sicuri sicuri sicuri di non aver dimenticato nulla, date una occhiata alla vostra lista e domandatevi con onestà se è realisticamente pensabile riuscire a fare tutte quelle cose senza arrivare al 6 gennaio con lo stesso livello stress che avete per una scadenza di lavoro.
Magari sì. Magari, la vostra lista è tutto sommato corta, oppure voi siete quel tipo di persona che non ama stare con le mani in mano. Ma se invece l’elenco è così lungo da farvi montare l’ansia al solo guardarlo: cominciate a stilare una lista di priorità e poi depennate senza pietà le attività che vi stanno meno a cuore (a voi, o alla vostra famiglia nel complesso).
3. Parenti serpenti? Preparati, e poi preparati a lasciar correre
Non giriamoci attorno: gli amici ce li scegliamo ma i parenti purtroppo no – e, per molti di noi, gli immancabili pranzi delle feste possono diventare una vera fonte di stress. Se avete la fortuna di avere famiglie in cui regna l’armonia, saltate al punto 4; se invece preferireste una seduta dal dentista ai pranzi di Natale coi parenti, andate avanti a leggere.
Se la situazione è quella che è, cioè tesa, Sterling suggerisce – anche qui – di stilare una lista. Senza risentimento, ma con l’approccio del sociologo che evidenzia dei pattern già verificatisi in passato, l’autrice suggerisce di mettere per iscritto quali sono per noi i più grandi motivi di tensione. Tipo:
1. Mia cognata ha un fisico da supermodel e questo mi fa sentire a disagio;
2. Zio Alberto, che vota un partito radicalmente diverso dal mio, mi tormenta ogni anno con discussioni politiche;
3. I miei genitori fanno sempre regali bellissimi a mia sorella e con me invece non azzeccano mai i gusti: ma lo fanno apposta?!
4. Se la nonna mi chiede anche quest’anno come mai sono ancora single, mi metto a urlare;
5. Mio suocero alza sempre il gomito e diventa alticcio, la qual cosa mi imbarazza terribilmente.
(ehm. Questi me li sto inventando, eh!).
Ora che avete davanti a voi un elenco di punti dolenti, potete fare due cose.
Uno: cercare, se possibile, di non farvi cogliere impreparati.
Se prevedete di essere sommersi di domande sgradite, studiatevi una risposta ad hoc per chiudere la questione con garbata fermezza. Se il confronto con altre donne di famiglia vi mette a disagio, organizzatevi per tempo e mettete un impegno extra nel [preparare il dolce perfetto / trovare il look che più vi valorizza / eccetera eccetera eccetera]. Se non sapete come gestire dinamiche imbarazzanti che vengono a crearsi nella vostra famiglia acquisita, per l’amor del cielo affrontate l’argomento col vostro partner.
Ma se nessuno di questi rimedi dovesse funzionare, ne resta sempre uno infallibile:
Guardate a quell’elenco di nomi e dite ad alta voce: “Non è colpa mia”.
Non siete voi i responsabili per quanto c’è scritto su quel pezzo di carta.
Potete amare quelle persone, potete pregare per loro, ma dovete assolutamente liberarvi di ogni possibile senso di colpa per il loro comportamento. Le difficoltà che stanno affrontando, le croci che portano, il loro atteggiamento non dipende da voi. Voi non siete Dio.
[…] Una delle ragioni per cui questi incontri festivi sono così pesanti è perché noi teniamo profondamente ai nostri amici e alla nostra famiglia. Più li amiamo, più abbiamo a cuore le loro scelte di vita e più ci interessa l’opinione che loro hanno di noi.
Comprensibile, umano… ma non necessariamente giusto.
Ovviamente è sempre bene lavorare su relazioni difficili. Ma se avete un parente che oggettivamente è impiccione, litigioso o arrogante: fatevene una ragione, scendete a patti con l’idea che lui è fatto così e probabilmente non cambierà… e imparate a farvi scivolare addosso le sue intemperanze.
Non è colpa vostra. Probabilmente, è lui ad essere in difetto, non voi.
4. Non ossessionarti sui dettagli
Sterling fa sorridere per il modo in cui descrive la sua ossessione per le decorazioni di Natale. La nostra amica ha un debole per quelle sontuose case “da copertina” decorate a festa, con alberi monumentali pieni di palline con colori perfettamente coordinati a quelli delle ghirlande ai muri, degli gnometti sul camino e delle federe natalizie sul divano.
Solo che lei non ha abbastanza soldi per comprarsi un set completo di decorazioni “da vetrina” e si arrangia con le ghirlande made in China comprate nel discount sotto casa, col risultato che – parole sue – la sua casa sembra esser stata decorata da una bambina daltonica di sette anni.
Dopo anni di sforzi e di continue frustrazioni, Sterling è giunta alla conclusione che ci sono solo due opzioni per una derelitta che si trova in situazioni simili.
Uno: scendere a patti con l’idea che non tutti abbiamo gli stessi doni. A Sterling piacerebbe avere una casa da copertina, ma evidentemente non ha né i mezzi né le possibilità economiche per raggiungere questo scopo. Invece di continuare a ossessionarsi inseguendo un desiderio irraggiungibile, meglio rassegnarsi a lasciar perdere ‘sta fissa della Casa Perfetta e concentrare invece l’energie su quelle cose che veramente ti vengono bene. Chessò: magari i tuoi dolci di Natale sono famosi in tutto il circondario. Magari sei nata con l’invidiabile capacità di fare regali bellissimi che ad altri non sarebbero nemmeno venuti in mente.
Due: cercare di ricordare che, per l’amor del cielo, non è una gara. A meno che non siano delle brutte persone (cfr. punto 4), è ben difficile che i vostri ospiti ci giudichino davvero per il vostro albero troppo striminzito o per il modo in cui impiattate il cibo.
Trasformare un periodo di festa in una competizione è la cosa peggiore in assoluto che si possa fare. Se è questo il nostro problema, cerchiamo seriamente di lavorarci sopra.
5. Se ci tieni veramente veramente tanto: fallo. Se ti sei reso conto che non ci tieni affatto: non farlo, ma sii chiaro con tutti
Per anni, io ho avuto la fissazione di andare alla Messa di Mezzanotte in una chiesa scomodissima da raggiungere, nel centro città.
Penso che i miei genitori mi abbiano tirato tutti gli accidenti di questo modo, per ‘sta cosa. Era inevitabile andare in macchina; il parcheggio a pagamento era un salasso; mio papà è normalmente abituato ad andare a letto alle nove; alla Messa seguiva l’immancabile scambio di auguri con champagne e cioccolata calda; si tornava a casa verso le due di notte, e meno male che avevamo il garage.
Più che un momento di festa era una fonte di stress, ma, per varie ragioni, io tenevo veramente tanto a quella Messa e ogni disagio passava in secondo piano rispetto al piacere di essere lì (o – cuore di babbo e mamma – rispetto al piacere di vedere una figlia adolescente così contenta per una Messa di Natale).
Tutto ciò per dire: se, dopo aver esaminato con attenzione i quattro punti elencati sopra, vi rendete conto che… sì, ci tenete veramente tanto a quella cosa – allora, fatela!
Se quella cosa è così importante per voi da valere ogni sacrificio: allora fatela (a patto che nel “voi” siano inclusi anche eventuali parenti che dovranno sostenervi).
Ma se, dopo attente riflessioni, vi rendete conto che della Messa di Mezzanotte non ve ne importa più così tanto, più che altro era routine, e che tutto sommato ci si stressa di meno ad andare a quella in parrocchia: benissimo! Smettete di farlo! Cambiate tradizioni!
E – come giustamente Sterling suggerisce – siate molto trasparente riguardo a questo cambio di programma, con tutti i possibili interessati.
Se quest’anno sei una neomamma e quindi i parenti possono pure scordarselo, il tuo immancabile piatto di insalata russa con la maionese fatta in casa; se quest’anno sei in bolletta e hai deciso di fare doni più economici; se quest’anno hai scelto di dare un tono diverso al tuo veglione e ti piacerebbe fare qualcosa di un po’ più elegante adesso che i bambini sono grandicelli: dillo. Avvisa tutti, con ampio preavviso (possibilmente già a novembre) e spiega le tue ragioni. Questo aiuterà tutti gli interessati a modulare le loro aspettative e, ovviamente, a evitare scene imbarazzanti come quella in cui Anna ti regala una cornice di design e tu hai per lei solo un pacchetto di marmellata fatta in casa.
Dite che questi avvisi preventivi sono altrettanto imbarazzanti? Possibile, ma meglio togliersi il pensiero a novembre se l’alternativa è passare tutto il mese successivo con l’ansia del 25.
Se volete togliervi d’impiccio, scrivere ai vostri una e-mail e linkate questo articolo. O, meglio ancora, il libro di Sterling. E usate la parola magica: Gesù. Dite che quest’anno avete deciso di vivere un Natale più consapevole, eliminando tutto ciò che è eccessivo e non vi fa stare bene perché volete concentrarvi sul senso vero della festa.
Se non altro perché viviamo nell’epoca del politically correct, nessuno oserà criticarvi per questa scelta!
Celia
Adoro l’ultimo punto.
E quest’anno, per una volta, mi sto portando avanti con le “precisazioni”…
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Lucia
…ché poi: può sembrare brutto e spiacevole da farsi, ma penso che essere chiari sul punto sia davvero nell’interesse di tutti. Prima lo sai, meglio è, così non devi scervellarti a individuare i desideri della gente e comunque non rimani deluso quel giorno.
Meglio per tutti, davvero 🙂
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Celia
Ma soprattutto trovo meschino ed egoista arroccarsi su ciò che fa piacere soltanto a noi che regaliamo, ciò che fa scenografia ma al destinatario trasmette solo tristezza e senso di spreco.
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Lucia
Sante parole!
Che poi, io sono una convinta sostenitrice della teoria che il regalo deve piacere anche a chi lo fa. Io mi sentirei molto a disagio a fare un regalo che non mi piace assolutamente e/o addirittura trovo insulso.
Però, porca miseria, il regalo deve piacere ANCHE a chi lo fa: non SOLO a chi lo fa 😂 Questa cosa di fare regali sgraditi per appagare il proprio ego (e basta) è una delle più grandi assurdità delle feste!
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Elisabetta
Vedo e rilancio col tema… regali per dovere.
Ovvero
1. Sul lavoro, del datore al dipendente
2. Del lavoratore ai colleghi, cioè…lo fai o non lo fai? C’è qualcuno che te lo fa e allora devi ricambiare… ma allora poi devi farlo a tutti
3. Parenti a cui non vorresti farlo ma te tocca
4. Altro, non so. Ditemi voi
Io per fortuna faccio solo regali a chi voglio, cioè la mia famiglia e amicizie più strette, cioè meno di 10 persone. Ma sono anni che medito di abolirli del tutto, sostituendo con prodotti alimentari o versamento di beneficienza o quelle cose tipo bomboniera solidale versione Natale , tipo Unicef. Annoso problema è quello dei ” pensierini” ma soprattutto regali a colleghi, che ho tagliato come rasoio d’occam. Eppure qualcosa mi arriva e anche di riciclato ( vedi bagnoschiuma avon o candela). Molti portano un dolce o qualcosa da mangiare e finisce lì…nel mio caso non è possibile.
Voi come vi regolate?
Altro tema. Regali venuto dal cuore. Annovero in questa lista mio padre che credo sia uno dei pochi a pensare alla seretaria del suo dottore, perchè dice che guadagna meno e nessuno pensa mai al suo al durissimo lavoro.
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Lucia
Il fatto di essere una collaboratrice esterna che lavora con contratti a progetto mette in salvo da molti dei problemi che elenchi, perché di norma siamo considerati meno di un paria e figuriamoci se qualcuno ci fa regali a Natale 🤣🤣
Scherzi a parte: io di norma lavoro da sola al mio progetto e non ho “colleghi” (tutt’al più ho “gente che lavora nello stesso posto mio”, ma li incrocio giusto alla macchinetta del caffè per capirci), quindi mai fatto o ricevuto un regalo tra colleghi in vita mia.
Nel primo posto dove ho lavorato, era consuetudine che il datore di lavoro facesse un piccolo regalino simbolico ai dipendenti, e in quel caso ricordo di aver ricambiato con una confezione di tisana (di quelle buone, di erboristeria), che è un po’ il mio regalo lasciapassare per tutte le volte in cui devo fare dei piccoli regali a gente che non conosco bene 😛
Parenti a cui non vorresti farlo ma te tocca: formalmente, i regali per la famiglia sono a carico dei miei genitori, anche se all’atto pratico sono io che li compro attenendomi al budget datomi da mia mamma. Devo dire che sono abbastanza brava a comprare regali per gente che conosco, ultimamente punto molto su cibi particolari, prodotti etici fatti arrivare dall’estero (io compro spesso dall’Inghilterra).
Ricevere una “bomboniera solidale” (nel senso di: pergamenina in cui ti dico che ho dato i soldi ai bambini africani) a me darebbe abbastanza fastidio, se devo essere sincera. Per me, il piacere di un regalo è anche conservare (e/o comunque sfruttare, nel caso del cibo) un oggetto che mi ricordi nel tempo la persona che me l’ha voluto dare. Della pergamenina non me ne faccio niente, a ‘sto punto era meglio non fare il regalo proprio – per come la vedo io.
Diverso invece è il discorso di un regalo “tangibile” il cui ricavato però va in beneficenza. Chessò, il panettone solidale, le lenticchie di Norcia per le zone terremotate, quelle cose lì: in quel caso, le regalo e le ricevo sempre con piacere.
Regali venuti dal cuore: l’idea è bellissima, ma io trovo che rischino di imbarazzare molto, se inaspettati. Cioè: fossi al posto della segretaria del dottore di tuo padre, gradirei tantissimo ma mi sentirei anche in imbarazzo (e, peggio ancora, in dovere di sdebitarmi).
D’altro canto, non so se dalle tue parti sia normale che il paziente faccia un regalo al dottore senza ricevere nulla in cambio. Qui sarebbe follia, se solo ci provassi il mio medico mi guarderebbe come ‘na pazza 🤣 però se è normale ed è normale che il professionista non si sdebiti…
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Elisabetta
Dal dottore di mio babbo ci sono tanti vecchietti che regalano dolcetti vari, e qualcuno anche tortellini e torte fatte in case. Di fatto si tratta solo di prodotti alimentari e non solo a Natale. Un po’ come il regalo alle maestre delle elementari che taluni fanno. Credo di averlo sempre visto fare; a qualche prof dell’ospedale so che arrivano anche cose più sofisticate tipo bottiglie di spumante. E nessuno è in imbarazzo Non so se siamo solo noi emiliani mangioni a ‘sto punto che regaliamo docli vino e soprattutto ceste.
Tisana e candele nel mio caso sono passepartout. Le candele le comprio, non le riciclo. E se me le regalo le accendo sempre.
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Celia
Vino per il medico di famiglia, sempre, da parecchi anni (finché non è andato in pensione): non per dovere ma per riconoscenza, perché obbiettivamente oltre ad esser bravo – e non è scontato – ha conosciuto tutta la nostra famiglia… sui regali-beneficienza concordo con Lucia, non li gradirei (a meno che non li abbia richiesti esplicitamente io al posto delle solite cianfrusaglie casuali). Mi sentirei francamente come se mi avessero rubato un regalo per darlo qualcuno che non conosco, di cui non mi frega nulla e che manco so per certo che lo riceverà 🧐
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Murasaki Shikibu
Sui regali di beneficenza: in tutta sincerità a me non dispiacciono. Comunque l’anno scorso ero inchiodata nel mio letto di dolore, ma in compenso assai ricolma di riconoscenza verso chi mi stava aiutando, e insomma comprai microcrediti, galline ed ecografie per tutti da apposita associazione grazie all’homebanking.
Tutti si dissero molto soddisfatti (e che dovevano dire?). Comunque quando arrivò la Mostra dell’Artigianato ero tornata mobile e provvidi a ringraziare tutti in modo più concreto 😊
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novecentomilaepiu
senza dubbio, Natale resta sempre la festa più grande della Cristianità tralasciando l’aspetto consumistico a cui è legato a doppio filo.
Sarebbe molto più bello ed equo che l’alto Clero seguisse l’esempio del Papa. Il Papa vive in un bilocale mentre i Cardinali hanno bisogno di appartamenti-attici di 600 mq.
Sarebbe ancora più bello se i preti non si voltassero dall’altra parte alla richiesta di aiuto, di solidarietà fattiva che proviene delle classi più disagiate.
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Lucia
Beh, con tutto il rispetto per il Natale che è bellissimo e ha una magia tutta sua, direi che la festa più grande della Cristianità è la Pasqua, per fortuna 😉
Sui mega-appartamenti dei cardinali, secondo me va anche detto che il paragone col bilocale di Santa Marta è un po’ fuorviante, perché credo/spero/sono piuttosto convinta che i mega-appartamenti in questione includano anche stanze per il personale di servizio, stanze per gli ospiti, locali ufficio, locali per servizi di rappresentanza etc., tutte cose di cui ovviamente anche il papa dispone, ma in un posto diverso rispetto a quello in cui ha scelto di vivere. Sulla metratura totale, non so quanta sia quella dedicata esclusivamente ad uso privato.
(Probabilmente, molta più di quanto sarebbe necessario, comunque. Che spesso in questi ambienti ci siano lussi che la famiglia-media nemmeno si sogna, è sicuramente vero).
(D’altro canto, il caso specifico degli appartamenti è anche di difficile soluzione, secondo me. Non ho idea di come siano fatti questi locali, ma se – ipotizzo – sono palazzi storici con mobili d’epoca e magari con pareti affrescate, quelli che in Italia la sovrintendenza vincolerebbe come beni architettonici per capirci, non è che puoi darci una mano di bianco, tirare su dei muri in cartongesso e suddividerli in tanti mini-appartamenti da arredare all’Ikea, per dire. Lussi eccessivi oggettivamente ce ne sono, il caso specifico dei mega-appartamenti secondo me è particolarmente spinoso perché non vedo dietro l’angolo una soluzione facilmente attuabile).
Per i preti che si voltano dall’altra parte quando i poveri chiedono aiuto: ma che brutto, io non ho mai avuto questa esperienza! Tutte le realtà parrocchiali che io conosco hanno attivo (e/o comunque possono indirizzare a) un servizio di distribuzione aiuti per famiglie in difficoltà. E ci mancherebbe altro, voglio dire.
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klaudjia
Mio marito per lavoro è entrato nella casa di uno di questi cardinali, in zona S. Pietro. Non si avvicinava nemmeno a 600 mq, ma era molto molto piu’ piccola. La Chiesa (con tutte le sue colpe e mancanze) è un soggetto “acchiappa-ascolti” e molte cose (non tutte per carità) sono state esagerate.
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Lucia
Quello di sicuro (anche solo nel non sottolineare che, appunto, questi mega-appartamenti hanno anche funzioni di rappresentanza, presumo).
Ma poi, oltretutto, nel caso specifico dei palazzi (che non dubitano possano comunque essere decisamente più spaziosi dello stretto necessario), secondo me il problema è di non facile risoluzione, anche perché… una volta che c’hai ‘sti palazzi, storici, di valore, che fai?
O tagli la testa al toro e li vendi (però è sempre un dispiacere alienare beni storici), oppure qualche uso devi pur trovarglielo. La soluzione migliore potrebbe forse essere “teniamoli, e, mantenendone intatte le caratteristiche, porzioniamoli in appartamenti più piccoli senza fare interventi invasivi”, e ok, ma non è detto che si possa.
Tra i (pur veri) problemi che ci sono in quell’ambiente, quello dei palazzi secondo me è più che altro una patata bollente. Costruzioni enormi che si sono accumulate nei secoli, quando magari avevano anche una ragion d’essere (penso ad esempio a palazzoni enormi per ospitare seminari e noviziati adesso mezzi vuoti), e che adesso se ne stan lì.
E, come fai, sbagli: se li vendi vieni accusato di pensare solo ai soldi; se li tieni, non sempre puoi trasformarli così su due piedi in centri destinati ad altro uso (ammesso che questa sia sempre la scelta corretta).
Facendo un discorso generale (anche al di fuori del perimetro di via della Conciliazione, intendo), quello degli edifici ecclesiastici ormai sprorzionati al reale utilizzo è un gran problema, secondo me :-\
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klaudjia
Mi è rimasta impressa una intervista nella quale una donna indignata diceva che il parroco non le aveva voluto affittare un appartamento ( di proprietà della curia) a prezzo sociale, ma chiedendole la somma di 1500 € mensili. Peccato che non avesse specificato che l’immobile in questione era nel cuore del centro storico, in un palazzo d’epoca con 2/3 camere da letto! In quella zona con meno di 3000 euro non trovi neppure la cuccia del cane. Questo per dire che io vedo, almeno nella mia città, della semplice invidia per chi ha simili beni. Che la Chiesa debba dare il buon esempio non ci piove, ma se domani mattina regalasse (per ipotesi) un appartamento a Borgo Pio alla famiglia X, si scatenerebbe un putiferio
Se la famiglia fosse straniera li accuserebbero di razzismo contro gli italiani, viceversa se fossero italiani di razzismo contro gli stranieri. in ogni caso direbbero che dovevano venderlo e con il ricavato comprare 4 case in periferia, ecc. Ecc. Se ne fanno un albergo i preti sono attaccati al denaro. A commenti simili pronunciati da un ateo anticlericale una volta ho risposto. “Che ti interessa? E’ roba loro. Non appartieni alla comunità cattolica, quindi questa cosa potrebbe interessare me non te. Io non vado da Rabbino Capo a dirgli come gestire i soldi della comunità ebraica, allora perché ti interessi di questo? Perché non ti occupi dello Stato che affitta a piazza Navona a 50 euro al mese agli amici degli amici con spese di restauro dell’immobile a carico dei contribuenti?
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Lucia
Più che altro c’è anche da chiedersi se affittare a canone zero e/o regalare a famiglie in difficoltà appartamenti messi a ridosso delle Mura Leonine sia la cosa più sensata da fare.
Se proprio volessimo fare un discorso tipo “spogliamoci di tutti i beni e diamoli interamente ai poveri”, troverei comunque folle dare ai poveri questi palazzi storici. Al limite, appunto: li affitti a caro prezzo a chi può permettersi il canone e/o li vendi a imprenditori che ne faranno alberghi a 5 stelli, e col ricavato compri appartamenti “normali” in quartieri “normali” di cui disporre più agevolmente a fini assistenziali.
Però, di nuovo: è sempre un dolore, vendere beni storici per fare cassa. Spiace, è un pezzo di Storia che se ne va per trasformarsi in un relais di lusso. E sono abbastanza convinta che COMUNQUE i giornali titolerebbero “ecco, la Santa Sede fa affari da miliardi mentre i poveri muoiono di fame” 😅
E’ davvero una patata bollente!
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Elisabetta
Oltre ad appartementi, lo IOR? In Vaticano c’è gente a cui non interessa minimamente il cristianesimo. Lo ha detto Gotti Tedeschi.
Preti a cui non interessano i poveri, vedi sopra. La carriera di prete è ottima anche per chi non crede! Vedi vari scandali omosessuali ecc.
Tutte cose che possono allontanare i credenti, delusi, dalla Chiesa, che in realtà siamo tutti noi.
Ricordiamoci che Satana vuoi entrare laddove c’è più potere….
Io ho trovato religiosi che in passato aprivano letteralmente la Chiesa ai poveri, cioè li facevano dormire in canonica!!! Osteggiati da altri preti che non facevano lo stesso.
Consiglio di trovarsi un prete, un confessore di cui fidarsi. Se si cerca e si prega lo si trova subito. E lasciar perdere chi si è perso… anche se più prestigioso
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Lucia
Nel non lontano 2016, trovandosi improvvisamente in una situazione di emergenza abitativa (era stato costretto ad abbandonare casa dall’oggi al domani: ovviamente poi ha trovato un’altra sistemazione, ma ovviamente non la trovi nell’arco di 24 ore e stare in albergo mentre la cercava sarebbe stato un salasso), anche un membro della mia famiglia è stato temporaneamente ospitato in una casa parrocchiale, in compagnia di qualche migrante 😂
Ovviamente il mio parente ha poi dato un contributo-spese (ci mancherebbe), ma per dire: parrocchie che sono attrezzate con strutture per accogliere diseredati, ce ne sono ancora per fortuna.
Per il resto: ovviamente è come dici tu. Se guardi nel mucchio, è innegabile che, in mezzo a tanta brava gente, ci siano anche religiosi che hanno scelto la vita ecclesiastica per ragioni diverse dalla pura vocazione. E, secondo me, c’è anche della gente che, “semplicemente”, è peccatrice (come tutti noi), e magari trovandosi in posizioni di autorità non ha retto alla pressione e si è lasciata corrompere dal potere.
Ovvio che dai membri di un’organizzazione religiosa ci si aspetterebbe (e sarebbe doverosa) una moralità specchiata. Ovvio che nessuno di noi è perfetto, la mela marcia c’è anche nelle migliori famiglie (e sappiamo bene che una mela marcia ha il potere di far marcire anche quelle buone che le stanno vicino), e, sì: dire che la Chiesa in toto è corrotta è davvero esagerato e senza senso.
Sarebbe come dire che, se si scopre che il signor Rossi è un criminale, anche sua moglie e i suoi figli e i suoi fratelli vanno emarginati.
(Poi, ovvio: se hai in famiglia un criminale, sarebbe senza dubbio utile poter dimostrare che tu non ne sapevi niente e che d’ora in poi farai quanto in tuo potere per assicurarti che il tuo parente non delinqua più. Però ecco…)
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Elisabetta
Ovviamente sopra non volevo essere polemica. Anzi, per me è insensato allontanarsi dalla CHIESA perché in essa c’è ad alcuni livelli corruzione.
Per quanto riguarda il Natale, io sono anni che lo vivo ” sottotono”, lontano da obblighi vari. Faccio quello che mi sento, con un po’ di stress ma senza odiare questa festa. Anche per me rimande centrale la Pasqua, che oltretutto è anche meno stressante come festività.
Credo che il delitio dello stress natalizio derivi dal nostro benessere. I nostri nonni, al contrario, consideravano le feste come un grosso privilegio per poter avere beni o cibi altrimenti negati. Pensate ai tortellini che richiedono così tanto tempo per essere fatti. Mica si potevano mangiare sempre! Mio padre mi racconta che negli anni ‘ 50 riceveva in dono arance e frutta secca, che erano anche le decorazioni dell ‘ albero, fatto di una frasca. Questa era la normalità per chi non era ricco. Grossd magnate e straripamenti di denaro si sono avuti negli anni 80, ricordo le resse nelle gastronomie quando mi ci portava mia madre…oggi non si usa più fare gorssi regali a chiunque, anche sul lavoro, ma ormai nessuno viene considerato villano se non lo fa.
Chissà cosa penserebbero i nostri avi se ci vedessero lamentare dello stress dei regali, del mangiare , del dover preparare ecc.
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klaudjia
Io cerco di dare un po’ di sacralità alla festa partecipando (e facendo partecipare) i miei figli a varie iniziative tra le quali una di una parrocchia (che non è la mia) ma il cui parroco ha inventato “la festa del dono” per raccogliere cibo per i poveri.
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Lucia
Ma che bella questa iniziativa!
Nella mia parrocchia, di solito la si fa in Quaresima. Però in effetti a Natale assume un significato più grande, di “regalo inverso” per così dire.
Casomai servissero, ecco alcuni spunti per sottolineare la sacralità della festa che con me hanno sempre funzionato molto bene:
1) Festeggiare in modo significativo (id est: a casa mia, proprio con un dolce apposta e/o piccoli regalini) anche le grandi feste dei Santi di dicembre: San Nicola e Santa Lucia;
2) Tenere in casa il candelabro dell’Avvento e sfruttare il momento dell’accensione delle candele (ogni domenica e/o ogni sera, a seconda del modello di candelabro) per un momento di preghiera diverso dal solito;
3) Ovviamente, leggere e regalare libri e/o cartoni che parlino del Natale anche in chiave cristiana (ce ne sono di bellissimi).
Son proprio tre scemenze, però io le ricordo con estremo affetto 🙂
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klaudjia
Non sono tre scemenze…soprattutto di questi tempi!
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Pingback: 5 consigli utili per superare lo stress da Natale
Murasaki Shikibu
Bello, questo post, molto inclusivo ❤️ Io sono di quelli che ama il Natale in modo totale e assoluto, anche se ci arrivo sempre stanca morta e un po’ stressata – come tutti, del resto. Ma non sono convinta che sia colpa del Natale in sé, anzi il Natale credo sia nato come rimedio alla depressione.
Questa mia personale teoria, nasce da un libro sulla depressione clinica che lessi tanto tempo fa (credo fosse E liberaci dal male oscuro”): Natale e la stagione delle feste cadono nel momento più buio dell’anno, e la mancanza di luce tende a innescare la depressione. Così, per rimediare, è stata inventata la serie di feste che cadono intorno al capodanno, e la Chiesa ha dato il suo contributo buttandoci dentro una delle sue ricorrenze più importanti, ovvero la nascita del Redentore con tutte le speranze di un mondo migliore che vi sono collegate.
Con tutto ciò, per quante luminarie e concerti e dolci ci siano collegati, le giornate restano corte e per chi si sente depresso vedere intorno a sé immagini di allegria più o meno sincere è il massimo della deprimenza, e insomma se con alcuni funziona alla grande (Io! Io! Sì, a me PIACE!!) con altri finisce per suscitare l’effetto opposto.
Un po’ di organizzazione comunque aiuta, cominciare a risparmiare cautamente un po’ di energie da Novembre anche – perché un altro degli effetti di un mondo Natalecentrico è un sovraccarico di lavoro per quasi tutti: in effetti non mi viene in mente nemmeno una categoria professionale che prima delle feste non abbia un sovraccarico di lavoro, medicanti compresi!
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klaudjia
Parole sante! Io soffro tantissimo la mancanza di luce. Mettici pure gli aumenti delle incombenze, le presidi che festeggiano il Natale con spettacoli sull’inferno, i soldi che devi far quadrare, il ricordo di chi non c’è piu…in aggiunta mettici che nella mia famiglia in più ci sono in questo periodo vari compleanni/anniversari con aggiunta di altri pranzi/cene/regali…insomma è dura!!
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blogdibarbara
Se per decenni il Natale in famiglia fosse stato un autentico inferno in terra, dubito fortemente che riusciresti a trovarci qualcosa di piacevole.
Per la questione delle donazioni come regalo, concordo: se non hai abbastanza soldi per pagare donazione e regalo a me, fai pure la donazione e basta, ma non spacciarla per regalo a me!
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Damien D
Hi nice readding your blog
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