Quando era peccato non dare abbastanza piacere alla moglie, a letto

Ehm.
L’argomento è quello che è, e cercherò di essere il meno descrittiva possibile per non turbare i castissimi occhi di chi legge i miei articoli. Però, questo aneddoto è così curioso che ho deciso che : bisognava proprio raccontarlo.

La nostra Storia affonda le sue radici in un’epoca lontana lont sorprendentemente poco lontana, nella quale l’umanità e la scienza cominciano a chiedersi: come nascono i bambini?
Cioè: capiamoci. Il concetto astratto che i bambini nascessero a seguito di un rapporto sessuale, era chiaro e acquisito già da mo’.
Altrettanto chiaro e acquisito era il concetto che, per far nascere un bambino, occorresse un rapporto sessuale consumato nella sua interezza, cioè (ehm. Da qui in poi, inizierò con le perifrasi pudiche) con emissione del seme maschile in vaso debito.
Terzo concetto che nessuno contestava, era quello per cui l’emissione del seme maschile avveniva quando (altra perifrasi in arrivo) l’uomo raggiungeva l’acme del piacere sessuale.

Fin lì, tutto chiaro, ‘nsomma.
Il problema è che era molto nebuloso tutto il resto, e francamente non è poco. Restavano irrisolte domande anche importanti, tipo: come mai le donne restano incinte solo una volta ogni tanto? Qual è la differenza tra un rapporto sessuale che genera vita e uno che invece si conclude in un niente di fatto? Dipende dall’uomo? Dipende dalla donna?
L’opinione comunque, guarda un po’, era che dipendesse dalla donna.
Ma, una volta tanto nel corso della Storia umana, le donne si sono viste attribuire colpe immeritate… con conseguenze, tutto sommato, non sgradevoli.

***

I medici cominciarono infatti a fare questo ragionamento: ok, ci siamo resi conto che il piacere maschile è funzionale alla procreazione, perché si è notato empiricamente che è necessario per arrivare all’emissione del seme. Ma allora non è che, forse forse, anche il piacere femminile gioca un ruolo di pari importanza ai fini del concepimento? Ovvero: non è che le donne sterili che non riescono a concepire sono tali perché non giungono al piacere, poverette?

Che cosa succedesse esattamente nel corpo femminile, quando la donna provava piacere, era cosa difficile a capirsi (se non altro, per banali difficoltà di osservazione data da ragioni anatomiche). E se Aristotele aveva sostenuto con fermezza come l’unico responsabile della fecondazione fosse il seme maschile, Ippocrate e Galeno avevano invece enfatizzato l’importanza del piacere: indispensabile all’uomo per emettere il seme, ma indispensabile anche alla donna per “preparare l’utero a ricevere il fluido vitale”, a detta dei due studiosi.
Del resto, era anche un pensiero ragionevole. Se, nell’uomo, il piacere sessuale esiste per una finalità precisa, vuoi mica che gli dèi l’abbiano dato alla donna solo per non fare una discriminazione di genere?

Enunciata con una certa decisione da Ippocrate e Galeno, questa convinzione restò in auge per un po’, poi cadde nel dimenticatoio, poi ricominciò ad essere studiata… e, infine, fu riportata all’attenzione della comunità scientifica internazionale dal De re anatomica di Realdo Colombo, pubblicato nel 1559.
E il fatto che Realdo Colombo fosse archiatra pontificio è un dettaglio non da poco per spiegare la vera e propria rivoluzione con cui, grazie alla sua opera, non solo la scienza, ma anche la Chiesa, cominciarono a guardare alla sessualità.

***

Vale a dire: se un medico ti dice che il piacere sessuale è indispensabile ai fini della procreazione, ne consegue che la ricerca del piacere durante il rapporto non è più lussuriosa libidine (e/o un desiderio tollerabile come male minore). Al contrario, diventa un preciso dovere cristiano e patriottico, vincolante sotto il punto di vista etico, morale e spirituale. Se non soddisfi tua moglie a letto, quella non ti resta incinta: orpo, amico, qui bisogna darsi daffare!

L’opera più esplicita sul tema è il De sancto matrimonii sacramento disputationum tomi tres a firma di Tomás Sánchez, un gesuita spagnolo morto in odore di santità all’inizio del ‘600 (ma, in realtà, mai dichiarato santo). Pubblicato per la prima volta a Madrid nel 1605, ma presto divenuto vero e proprio best seller ristampato in diversi luoghi d’Europa, il trattato parla di matrimonio… ma, soprattutto, parla di intimità coniugale. E, signori miei, ne parla in termini così espliciti da far probabilmente arrossire molti teologi d’oggi!

Contestando quei Padri della Chiesa che avevano sostenuto che l’atto coniugale fosse necessariamente intriso di colpe a causa dello sfrenato piacere che vi si prova, Sánchez ribatte che esso è invece lecito, meritorio (gode, infatti, di dignità sacramentale) e addirittura doveroso (soddisfa, infatti, l’impegno che è stato preso sottoscrivendo il patto matrimoniale). E per quanto riguarda il godimento fisico che si accompagna al gesto, “il piacere non è male in sé, visto che la natura stessa sagacemente lo ha annesso all’atto al fine della procreazione […] così come ha posto piacere nel cibo, per la conservazione dell’individuo”.

Ma Sánchez non si ferma qui. Va oltre.
In ossequio all’embriologia ippocratico-galenica per cui il piacere maschile e quello femminile concorrono in parti uguali alla generazione, Sánchez si dilunga in raccomandazioni (francamente, anche un po’ imbarazzanti) sull’importanza assoluta che i coniugi giungano entrambi a godere. E che possibilmente, lo facciano anche nello stesso momento (un dettaglio che, secondo Ippocrate e Galeno, rende ancor più probabile la fecondazione).

Arrivati a questo punto, il testo di morale si trasforma in un vero e proprio manuale di educazione sessuale, tutto preso a sottolineare l’importanza di quelli che noi moderni definiremmo preliminari: preziosissimi nell’interesse del “coniuge più lento”, per dirla con le parole di Sánchez.
E il gesuita è molto netto nel sottolineare che, no, non è affatto un peccato per il marito adottare queste attenzioni a favore della moglie: anzi, è suo preciso dovere. Peccato, semmai, sarebbe il considerar chiusa la questione dopo aver goduto: al contrario “è obbligatorio continuare […] perché ciò serve alla completa consumazione da parte della moglie”.

Sarà magari il caso di sottolineare, per una questione di correttezza storica, che tutto ‘sto interesse verso il piacere femminile nasceva a causa di una convinzione medica sbagliata: senza quello, niente bambini. Non è che Sánchez fosse un femminista ante litteram: è che, in base alle convinzioni mediche che andavano per la maggiore, evitare di dare piacere al partner era un po’ come usare un contraccettivo, se me la passate.
Ad ogni buon conto, penso che le donne dell’epoca seppero accettare con una certa filosofia un siffatto errore da parte della scienza medica. Credeteci o no (mi rendo conto che una affermazione simile stoni parecchio, con la nostra idea preconcetta di un passato sessuofobo e atterrito dal piacere fisico) ma questa convinzione, con tutte le conseguenze del caso, continuò a essere periodicamente tirata in ballo per diversi secoli della storia recente.

Solo nell’Ottocento, quando fu scoperta l’ovulazione femminile, la comunità medica trovò finalmente consenso su come effettivamente avvenisse il concepimento e su cosa rendesse fecondi alcuni rapporti e altri no.
E quello, ehm, fu un giorno molto infelice per tutte le donne. Non lo dico a mo’ di battuta, è una considerazione condivisa da molti storici: fu grossomodo in quel momento che la donna cominciò a essere davvero considerata come la parte “passiva” della coppia, quella parte per la quale l’intimità poteva anche essere un’incombenza noiosa o addirittura un dovere spiacevole. Tanto, la donna è fertile comunque, indipendentemente da tutto il resto. Mica c’è bisogno che sia coinvolta, o contenta, o serena, o consenziente.
Una affermazione che non avrebbe stonato sulle labbra di un marito d’età vittoriana… ma che, fino a qualche secolo prima sarebbe stata considerata imprudente e insensata. Per ragioni mediche!

***

Una curiosità: se cercate informazioni su Internet, verrete a sapere che l’opera di Tomás Sánchez fu messa all’Indice dei Libri Proibiti.
Il che è vero. Ma è sbagliata la motivazione che su Internet va per la maggiore: non è affatto vero che il De sancto matrimonii fu messo all’Indice a causa delle teorie troppo progressiste dell’autore.
No, anzi: papa Clemente VIII aveva pubblicamente elogiato l’opera e i suoi contenuti. A essere messa all’Indice fu una riedizione postuma del trattato, pubblicata a Venezia nel 1614 (quattro anni dopo la morte di Sánchez), in cui l’editore – su richiesta del governo della Repubblica Veneta – aveva eliminato un paragrafo in cui l’autore sosteneva il diritto della Chiesa a legittimare i figli illegittimi a prescindere dalla volontà dell’autorità civile. Questa “censura” di natura politica fece infuriare il papa e determinò, nel 1627, la messa all’Indice del terzo volume di quell’edizione veneziana. Ma nulla più, e nulla che non sia stato causato da questa specifica ragione.

Vi pare strano?
Non credete a una singola parola di quanto avete letto?
Oh, non sono pazza eh: questo articolo è ovviamente documentato. E, come molti altri sullo stesso tema, arriva a voi grazie al meraviglioso, esilarante, sorprendente saggio Due in una carne. Chiesa e sessualità nella Storia a cura di Margherita Pelaja e Lucetta Scaraffia, recentemente ripubblicato nella catena Economici Laterza.
Se avete un interesse verso la Chiesa, verso la Storia (o anche solo, ehm… verso la sessualità), non lasciatevelo scappare. Trecento paginoni che volano via in un soffio, perfetti per farvi ridere fino alle lacrime, stupirvi fin nel midollo e farvi mettere in discussione tante idee preconcette che ci portiamo addosso riguardo al nostro passato. Molto meno tristo e buio di quanto si potrebbe immaginare!

12 risposte a "Quando era peccato non dare abbastanza piacere alla moglie, a letto"

  1. Ilaria

    Non considero il passato e tanto meno il Medioevo un periodo tristo e buio ma che ci fosse tutto questo fervore verso il piacere del “coniuge più lento” (😁), anche se per motivi riproduttivi, non lo immaginavo. Questo post è bellissimo. Mi hai incuriosita su quel libro adesso…

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    1. Lucia

      Il libro è stupendo.
      Con scarsa modestia oso dire il tipo di libro che vorrei riuscire a scrivere io se dovessi scrivere un libro sulla sessualità nella Storia della Chiesa. Ci sono dei passi che mi hanno letteralmente fatta piangere dalle risate, ma nel complesso il libro istruisce, sorprende, apre gli occhi e fa scoprire tante realtà che assolutamente non si conoscevano.
      E non si sarebbero nemmeno mai potute immaginare. Giuro. Non se sei una persona mediamente sana di mente. LOL.

      Lo consiglio assolutissimamente 😉

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      1. Ilaria

        L’ho acquistato in ebook (Amazon sarà la mia rovina), non sono neanche a metà ma già sento di doverti ringraziare di cuore per il suggerimento. Intanto davvero è un ottimo antidoto a tanti stereotipi sul tema ma poi sì, è davvero divertente!!

        Piace a 1 persona

  2. Axel

    Grazie per aver ripreso il De Sancto matrimonii Sacramento. etch.
    Thoma Sanchez è stato l’autore più importante per la redazione della mia tesi di laurea sulla natura giuridica e la definizione del matrimonio nel diritto comune: ho letto il secondo, il terzo e parte del quarto libro.
    Il resto non lo conoscevo bene Mi sarebbe piaciuto dedicarmi allo studio dei tre volumi: mi sarebbe bastata una dignitosa retribuzione!
    Effettivamente il gesuita non era per niente puritano e , piuttosto esplicito nel linguaggio e nelle descrizioni.
    Ero io che , qualche volta mi trovavo imbarazzata e, quando ho dovuto inserire nella tesi delle citazioni , sono ricorsa a perifrasi o, ancora meglio , ho lasciato tutto in latino

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    1. Lucia

      Sì, ehm.
      Grazie a te, Axel, per aver lasciato questo commento, che dimostra quantomeno che non sono io fissata. Quando dico che il nostro pretino è molto esplicito, intendo dire DAVVERO che è molto molto esplicito XD

      Mannaggia, peccato che il tuo progetto / sogno di ricerca sul trattato non sia poi andato in porto (sigh… capisco molto bene). Che tu sappia, è mai stato studiato in modo approfondito e nella sua interezza?
      Ché davvero sarebbe un testo da riscoprire, se non altro per la sua, come dire, particolarità!

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  3. Axel

    Scusa il ritardo con cui rispondo
    Pe quel che ne so ed in attesa di essere smentita da più competenti, il trattato ,nella sua interezza, non dovrebbe essere stato studiato.
    Considera che la monografia che il gesuita dedica al matrimonio è un po’un’opera “monstre”: sono dieci libri , , divisi , almeno l’edizione che ho consultato, in tre tomi: si comincia dall’analisi del fidanzamento, gli sponsali, si passa , poi, a quella sulla essenza del matrimonio e del consenso ( primo tomo). Si studiano poi, gli impedimenti del matrimonio ( secondo tomo). infine nel terzo tomo il rapporto coniugale , il debito e le ipotesi del cosiddetto divorzio.
    Tieni conto anche della struttura del testo : sono dispute su questioni che vengono minuziosamente sviscerate.
    La mia impressione è che l’opera venisse consultata , a mo’ di oracolo, ( perdonate il paragone in po’ irriverente) quando ce ne era bisogno per risolvere qualche caso difficile.
    Altri libri di teologia morale , del seicento . sono più maneggevoli e forniti di appositi riassunti con domande e risposte.

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  4. Axel

    Scusate, ma il tema è troppo interessante perché ho studiato diritto, ma la storia è la mia passione!
    faccio un’ultima considerazione, poi mi taccio
    Spesso si attribuisce al medioevo o ad epoche storiche successive. idee che appartengono piuttosto all’ottocento e e alla Chiesa cattolica posizioni sessuofobe . proprie di un certo mondo culturale vittoriano,- borghese che con il cattolicesimo poco avevano a che spartire.
    Sanchez che è morto nel primo decennio del ‘600 non aveva pruderie puritane , tra l’altro i puritani non avevano , diciamo così , una bella opinione dei cattolici e la dottrina cattolica , in molti campi, dalle varie sette protestanti era considerata troppo morbida!

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