San Claudio, patrono dei fabbricanti di giocattoli

Tenendo conto che il precedente abate si chiamava Ingiurioso, non stupisce venire a sapere che il suo successore non fece fatica alcuna nel conquistarsi la stima dei monaci.
Correva l’anno 633 e san Claudio si insediava nel monastero di Saint-Oyen presso Condat: lo avrebbe governato per quarantacinque anni, fino alla sua morte avvenuta in fama di santità.

Insomma: un tipo importante, ‘sto Claudio. Che, oltretutto, era stato importante prima ancora di assumere la guida di Saint-Oyen: canonico della cattedrale di Besançon, nel 626 era stato eletto vescovo della città. Dovettero probabilmente cogliere di sorpresa le sue dimissioni dal soglio vescovile, causate (pare) dall’ansia provata dal vescovo nel rendersi conto che quel monastero era allo sbando, terribilmente bisognoso di una guida forte: molte altre persone avrebbero potuto ricoprire la carica di vescovo, ma solo lui sentiva d’essere pronto per la sfida di diventare abate.

Cosa ne dite: il personaggio vi intriga?
Vorreste forse saperne di più?

Eh: lo vorrei anch’io, sennonché i precedenti due paragrafi hanno esaurito tutto ciò che si può dire sulla vita del santo.
Anzi, peggio ancora: sebbene gli studiosi siano generalmente concordi nel dire che il Claudio abate a Condat è da identificarsi con quel Claudio che, negli stessi mesi, abbandonava la guida della diocesi di Besançon, c’è anche chi dice di andar piano con le supposizioni. Per quanto ne sappiamo, potrebbe trattarsi di una semplice omonimia.
Per il resto: zero assoluto. La vita di San Claudio è avvolta nel mistero. La più antica tra le agiografie che gli vengono dedicate risale al XIII secolo – e chiunque di noi abbia vissuto l’esperienza di non ricordarsi cosa ha mangiato ieri a pranzo potrà facilmente concordare con me che una cronaca scritta mezzo millennio dopo i fatti potrebbe non essere attendibile al cento per cento.

Eppure, non ero pronta a gettare la spugna. Dovevo scoprire qualcosa di più su questo san Claudio. E dovevo farlo per una ragione ben precisa: capire per quale caspita di motivo questo oscuro abate altomedievale fosse diventato il patrono dei… fabbricanti di giocattoli.
“Se ne ignora la ragione”, assicurano svariate pagine dedicate al santo: ma, da appassionata di giocattoli quale sono, io non potevo accontentarmi di un “chissà perché”. E quindi ho cercato, cercato e cercato ancora, riuscendo infine a ricostruire a formulare una ipotesi che a me sembra plausibile.

…ma magari lo sembra solo a me. Cioè: prima di prendere per oro colato questa mia teoria, tenete ben presente che può pure darsi che sian du’ fregnacce di una pazza.

***

Ricominciamo da principio: san Claudio di Condat.
Partiamo dall’unica cosa certa sulla vita di ‘sto cristiano, e cioè che a un certo punto è morto.
Sepolto presso l’abbazia di Condat, il nostro amico se ne è stato lì a fare il cadavere per alcuni secoli, fino al momento in cui i monaci non hanno sentito il desiderio di riesumarlo per esporre la pia salma alla venerazione pubblica.

Correva l’anno 1184 e l’abbazia di Condat, che aveva appena ottenuto dal Barbarossa alcune importanti concessioni in termini economici, non avrebbe potuto trovare un modo migliore per aumentare la sua popolarità nella zona. Sfoderare delle reliquie nuove di pacca – si sa – è sempre un buon modo per far parlare di sé: sicché, quando i monaci di Condat organizzarono l’ostensione dei pii resti, ci fu il pienone.
Una folla immensa si assiepò all’interno della chiesa, spintonando e dando di gomito pur di potersi avvicinare alla preziosa teca. Ci fu una ressa che manco sulla metro all’ora di punta; poi qualcuno fece un movimento improvviso, la folla si allarmò, la gente cominciò a muoversi scoordinatamente… e quando infine la situazione si calmò, i monaci si accorsero con orrore che sul pavimento giaceva un bambino, rimasto schiacciato dalla calca. Inerme. Morto soffocato.

E fu il momento dello shock, del pianto e della più nera disperazione. E poi, fu il momento della meraviglia e della lode – ché quel bambino, ormai già livido, aveva improvvisamente ricominciato a respirare.
Fu ben chiaro alla folla a chi dovesse essere dato il merito di quel miracolo: naturalmente a san Claudio, che aveva voluto proteggere in tal modo il suo piccolo devoto.
E suppongo che sia proprio in virtù di questo miracolo che nacque, innanzi tutto, l’associazione tra san Claudio e i bambini, talvolta rappresentati ai suoi piedi nell’iconografia.

Saint_Claude

Ma molti santi sono raffigurati in compagnia di bimbi – mi risponderete – eppure non hanno niente a che vedere con i giocattoli.
E questo è vero.
Ma, sol per quello, non tutti i santi hanno a che vedere con confratelli dall’imprenditorialità così spiccata. Sì, perché i monaci di Condat avevano scoperto, nel pieno Medioevo, un concetto attualmente noto a tutti gli studenti di marketing: e cioè, che i bambini sono una fascia di mercato che tira un sacco.
Ogni madre perde ore di sonno quando la fronte del bambino si fa bollente; ogni padre desidera un figlio sereno e in forze che possa fare cose grandi nella vita. E questo vale oggi, ma valeva anche nel Medioevo.

Sicché, fu una mossa a dir poco geniale quella dei monaci di Condat. Dovendo trovare un modo per far crescere e diffondere la devozione verso il santo (che fino a quel momento, non è che fosse molto noto al di fuori dei confini dell’abbazia), decisero di puntare tutto sul miracolo eclatante del bambino redivivo che s’era appena consumato sotto i loro occhi. E, nell’organizzare preso il loro monastero i festeggiamenti annuali in onore del santo, decisero di puntare innanzi tutto ai pargoletti.

I bambini in particolar modo erano esortati a visitare le reliquie – ché i bambini in particolar modo sarebbero stati i destinatari delle grazie taumaturgiche del santo.
E non solo! A dar retta a Egidio Lucchini, autore di Giocattoli e bambini dall’antichità al 2000 (che a sua volta si rifà alla pubblicazione Saint-Claude, Vie et Présence), i bambini dei secoli passati erano ben lieti di andare in pellegrinaggio al monastero di Condat… perché sapevano che non sarebbero tornati a mani vuote.

I monaci, infatti, avevano preso l’abitudine di distribuire dolcetti e piccoli giocattoli ai bambini lì convenuti, in occasione della festa del santo. Lucchini parla in particolar modo di piccole trottole di legno, che si riteneva “portassero bene” e potessero accompagnare gioiosamente la crescita dei piccoli.

E, personalmente, io penso che la chiave per spiegare il patronato di san Claudio come protettore dei giocattolai sia tutta qua. Non sono molti i santi nella cui festa di distribuiscono balocchi ai bimbi – e san Claudio, a quanto pare, è uno di loro.
Una rapida ricerca su Google Books mi dice inoltre che nel Settecento operava nella Giura (e cioè, nella regione in cui sorge il monastero di Condat) una corporazione di giocattolai che, non sorprendentemente, aveva scelto di mettersi sotto la protezione di san Claudio. Mi verrebbe da dire: les jeux sont faits. Mi sa che siamo riusciti a capire per quale ragione questo oscuro abate medievale è finito a occuparsi di fabbricanti di balocchi.

Un destino che, peraltro, mi riempie di gioia.
Da appassionata di giocattoli quale sono, gongolo nel sapere che, lassù nell’alto dei cieli, c’è qualcuno che guida e sorveglia la professione di giocattolaio.

img-Saint-Claudius-of-Besancon

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