La tradizione dei sette bagni di mare a San Lorenzo

Se avete modo di mettere le mani sopra a uno dei libri di Eraldo Baldini: non fatevi scappare l’occasione.
Non fatevi scappare l’occasione soprattutto se siete romagnoli, perché il ricercatore ha pubblicato una infinita quantità di saggi dedicati agli usi, ai costumi e alle tradizioni delle popolazioni contadine della Romagna. Ma i suoi libri sono interessanti in generale, anche per chi romagnolo non è; ad esempio, io non avrei mai scoperto la storia che mi accingo a raccontare se non avessi letto il suo saggio dedicato a I giorni del sacro e del magico. Tradizioni «dimenticate» del ciclo dell’anno in Romagna.

E “dimenticata” direi che lo è per davvero, la tradizione che sto per descrivere: quella cioè di andare in spiaggia il 10 agosto, in occasione della festa di san Lorenzo, e di fare in quel giorno sette bagni in mare. Eventualmente anche in rapida successione, entra-ed-esci, entra-ed-esci: basta che si abbia la certezza di arrivare a sette, a fine giornata.

A qual scopo, tutta questa ostinazione natatoria? Ce lo spiega Lorenzo Miserocchi, che scrivendo nel XIX secolo descriveva sgomento l’usanza portata avanti da

un’affluenza straordinaria di bagnanti, specie del contado, dominati dalla credenza superstiziosa che l’acqua di mare possegga in quel giorno non si sa quale miracolosa virtù di guarire mali di ogni specie mediante sette bagni.

Perché proprio sette bagni?
Perché proprio nel giorno di san Lorenzo?

Difficile rispondere con esattezza a questa domanda, che probabilmente una risposta precisa non ce l’ha: esiste però un ‘mito fondativo’ per questa tradizione che ne colloca i natali nel contado della città di Cervia. Città che – va fatto notare – negli anni ’20 del Novecento aveva deciso di attirare turisti organizzando ogni anno una grande sagra che si teneva proprio il 10 agosto.

Ebbene: secondo la leggenda, la tradizione del sette bagni di mare sarebbe nata proprio a Cervia in un periodo indeterminato di un passato lontano, nel corso di una estate nella quale la cittadina era stata flagellata da violente febbri malariche. Quando sembrava che la malattia fosse ormai fuori controllo e che nulla restasse da fare all’infuori del rassegnarsi a morire, ecco il miracolo: una notte, una fanciulla fu graziata da una visione di san Lorenzo, il quale promise guarigione immediata a tutti quelli che, l’indomani, nel giorno della sua festa, avessero avuto la compiacenza di fare un bagno in mare confidando nelle sue salvifiche parole. Le acque – spiegò il santo – avrebbero miracolosamente mondato il corpo dalla malattia, e non solo: avrebbero anche rivestito i bagnanti dei sette doni dello Spirito.
L’indomani mattina, la ragazza ebbe cura di spargere la voce prima di avviarsi di gran carriera verso il mare. La popolazione ubbidì con fiducia all’ordine del santo; e si gettò in acqua non solamente una, ma addirittura sette volte. E fu così che tutti gli abitanti di Cervia furono guariti nel corpo e nello spirito, scampando la piaga della malaria ricevendo i doni della sapienza, dell’intelletto, del consiglio, della fortezza, della scienza, della pietà e del timor di Dio.

Così, almeno, vuole la leggenda.
Sulla quale, come spesso capita in questi casi, resta difficile esprimersi: vale a dire, resta difficile capire se questa leggenda abbia cominciato a diffondersi contribuendo col tempo a far nascere la tradizione, o se sia stata inventata ex post nel tentativo di spiegare una usanza popolare già nota e diffusa, ma di cui nessuno comprendeva la causa.
Quel che è certo, è che la tradizione dei sette bagni di mare nel giorno di San Lorenzo era già viva sul finire dell’Ottocento; le prime attestazioni scritte della leggenda che la lega a Cervia sembrerebbero risalire alle prime decadi del Novecento (ma questo, evidentemente, non esclude che la leggenda possa aver circolato a lungo in forma orale, prima di esser messa per iscritto).

Resta la domanda: sì, ma perché buttarsi in mare proprio nel giorno della festa di Lorenzo?
Se escludiamo l’intervento miracoloso operato dal santo a vantaggio del popolo di Cervia, potremmo essere tentati dal rispondere che probabilmente non esisteva nessuna ragione particolare all’infuori del fatto che san Lorenzo era un santo piuttosto amato in Romagna (numerosi paesi, infatti, lo hanno come patrono).

Ma, soprattutto, la festa di san Lorenzo cadeva in un momento particolarmente favorevole per chi desiderava ritemprarsi con un giorno in spiaggia. In quel periodo del mese, a fine Ottocento, la stagione balneare stava per chiudersi (San Lorenzo o Ferragosto erano l’ultimo giorno di lavoro, per molti stabilimenti). Per contro, verso la metà di agosto, i contadini hanno già ultimato la faticosa battitura del grano: dunque, sono nelle condizioni di poter riposare qualche giorno.
Come se non bastasse, verso la metà di agosto capitava con frequenza che cambiasse il clima: spesso, le giornate si facevano più piovose senza che questo determinasse un abbassamento delle temperature. Al contrario, aumentava quella sensazione d’afa che il popolino percepiva come un fattore predisponente per lo scoppio delle febbri quartane, notoriamente associate al ristagno di mal aria… cioè, di aria umidiccia e calda.

Insomma… il timore per una possibile malattia; la chiusura imminente della stagione balneare; la possibilità di riposare finalmente qualche giorno dopo una stagione di duro lavoro: tutto questo contribuì probabilmente a far nascere tra la popolazione l’usanza scaramantica e un po’ superstiziosa dei sette bagni di mare da fare nel giorno di san Lorenzo, invocando la protezione del santo.

La tradizione restò viva fino al primo dopoguerra.
Poi scomparve, improvvisamente, e non avrebbe potuto esser diversamente. Era cambiato il modo di vivere il lavoro contadino; era cambiato il modo di vivere l’estate; era cambiato il modo di organizzare la stagione balneare, che ormai si prolungava fino a fine mese.
E soprattutto: la malaria, grazie al cielo, era ormai diventata un ricordo lontano. Nessuno sentiva più il bisogno di trovare un santo a cui votarsi per scampare al temibile contagio.

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