Vegetarierheim und Abstinenz Café: il primo ristorante vegetariano della Storia

La dieta vegetariana? Non una moda poi così recente, tenuto conto che il primo ristorante vegetariano della Storia aprì i suoi battenti il 3 luglio 1898.

Il locale, che aveva sede nella ridente Zurigo, era stato fondato da un gruppo di intellettuali convinti che lo stato di salute di un individuo dipendesse in gran parte dalla sua alimentazione, tanto più benefica quanto più parca e morigerata. In effetti, il ristorante aveva un nome che era tutto un programma: Vegetarierheim und Abstinenz Café; gli avventori che varcavano la porta del locale già sapevano che si sarebbero visti presentare un menù che non si limitava ad essere vegetariano ed alchool-free. Detto apertamente: era anche volutamente sciapo; il menù migliore per conservarsi in buono stato di salute, secondo la mentalità dei fondatori del locale.

Alla fine dell’Ottocento, il vegetarianesimo non era una scelta popolare. Non a caso, il Vegetarierheim und Abstinenz Café dava ai suoi clienti la possibilità di entrare e uscire attraverso una discreta porticina posta sul retro, in una via non trafficata, al fine di evitare pettegolezzi e prese in giro. Agli occhi del cittadino-medio, la volontà di seguire una dieta vegetariana non era solamente una bizzarria: poiché all’epoca la carne era un cibo costoso, che non tutti potevano permettersi, il rifiuto di consumarla veniva spesso interpretato come una scusa roboante per non ammettere di essere poveri in canna.

All’atto pratico, le cose non avrebbero potuto esser più diverse. I sostenitori della dieta vegetariana erano perlopiù intellettuali à la page provenienti dalle file dell’alta borghesia: gente che poteva permettersi il lusso di abbracciare stili di vita alternativi, non avendo bisogno di conformarsi al pensiero dominante per guadagnarsi un posto nella società.

Loro, per la precisione. Fotografia d’epoca di alcuni avventori del Vegetarierheim und Abstinenz Café

Rispondeva al profilo anche un certo Ambrosius Hitlt, un sarto di origini bavaresi, trasferitosi a Zurigo per ragioni di lavoro, che era diventato un acceso sostenitore della dieta vegetariana in virtù di un’esperienza di vita vissuta: dopo aver sofferto per anni di reumatismi, gotta dolorosissima e altri acciacchi vari di salute, l’uomo aveva deciso di dare una chance agli innovativi metodi di cura del dottor Maximiliam Bircher-Benner, un nutrizionista che da qualche anno aveva aperto a Zurigo una clinica molto posh.  

Meglio noto ai posteri come l’individuo che inventò il muesli, Bircher-Benner era un medico a tutti gli effetti, convinto sostenitore del crudismo e della dieta vegetariana: erano quelli i due caposaldi su cui si basava la riabilitazione dei pazienti che bussavano alle porte del suo sanatorio. E, per quanto alcune delle intuizioni di Bircher-Benner siano state smentite dalla moderna ricerca medica, le sue terapie mostrarono d’essere molto efficaci nel curare il nostro Ambrosius Hitlt, che dopo pochi mesi di permanenza nella clinica riguadagnò interamente la salute.

Non sorprendentemente, il nostro amico decise di restare fedele alla dieta vegetariana anche dopo le dimissioni. E anzi, divenne uno dei clienti più fedeli del Vegetarierheim und Abstinenz Café, intrecciando anche una relazione con la cuoca (che, di lì a poco, diventò sua moglie). Nell’arco di qualche anno, il sarto bavarese si reinventò imprenditore decidendo di acquistare alcune quote del locale; nel 1907, lo rilevò del tutto e provvide a un rebranding quanto mai necessario: il poco incoraggiante Vegetarierheim und Abstinenz Café si trasformò in Haus Hiltl. Sicuramente, un po’ meno respingente.

Haus Hiltl, per la cronaca, esiste ancor oggi, e anzi è diventata un punto di riferimento per tutti i vegetariani di Zurigo (e non solo): al ristorante ottocentesco si sono affiancati altri locali, alcuni dei quali organizzano anche corsi per ogni tipo di clientela (dagli chef che vogliono perfezionarsi, giù giù fino alle famiglie con bambini). Da oltre un secolo saldamente in mano alla famiglia Hiltl, la catena è oggi molto apprezzata per i suoi piatti in stile indiano, che furono introdotti a menù nel 1951 per intuizione della nuora di Ambrosius. La donna, moglie di quello che era allora il titolare, durante un viaggio a Delhi era stata conquistata dalla caratteristica cucina speziata che era alla base dell’alimentazione locale.

Con l’introduzione di piatti dal sapore esotico in un’epoca in cui la cucina etnica non era certo alla moda, il ristorante svizzero-bavarese guadagnò quel quid in più che iniziò a renderlo realmente popolare (e capace di attirare un pubblico variegato di curiosi, non necessariamente tutti vegetariani). In anni più recenti, la decisione di cominciare a servire alcolici contribuì ad ampliare ulteriormente la clientela potenziale.
Ma se oggi Haus Hiltl è un ristorante vegetariano come tanti (per quanto sicuramente ricercato e d’avanguardia), quali erano i piatti che avremmo potuto gustare a fine Ottocento, se fossimo stati tra i primi avventori del primo ristorante vegetariano della Storia?

La risposta a questa domanda ci viene offerta da Alex Johnson e Vincent Franklin, autori del bel libro Menus that Made History. Andando a frugare nell’archivio storico di Haus Hiltl, i due ricercatori hanno riportato alla luce un menù datato 12 ottobre 1898: il più antico tra quelli che si sono conservati.

Ebbene: a giudicare da quel volantino, gli avventori del Vegetarierheim und Abstinenz Café avrebbero potuto iniziare la serata gustando la zuppa del giorno, preparata secondo le disponibilità del momento; a seguire, sarebbero state servite loro le insalate (a scelta tra insalata mista, insalata di cetrioli e insalata verde con uova sode).
La seconda portata proponeva un vasto assortimento di vegetali: carote e piselli; uova con contorno di spinaci; crauti; fettine di cavolfiore al forno in salsa al burro; patate in panna acida; patate arrosto; patate al burro; cavolfiore al forno con contorno di insalata. Ognuno di questi piatti poteva essere accompagnato da un contorno di grani: riso fritto, pasta gratinata al forno, pudding di pane e burro.
Una morbida pagnotta alla frutta o una ciotola di porridge avrebbero chiuso la serata, fungendo da dessert. Senza dimenticare la frutta pura e semplice, naturalmente, di cui v’era ampio assortimento: susine, mele, prugne e uova si accompagnavano a lamponi e bacche di sambuco. Non mancava neppure la marmellata di pere, prelibatezza riservata ai più golosi.

8 risposte a "Vegetarierheim und Abstinenz Café: il primo ristorante vegetariano della Storia"

  1. Umberta Mesina

    Oh, si dice “sciapo” anche in Piemonte? Credevo fosse una parola nostra (lo Zingarelli me la spaccia come parola del Centro Italia). Grazie, questo articolo mi sarà utile. Ai tempi di Chesterton, il vegetarianismo era già moda, ma non sapevo bene da dove provenisse.

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    1. Lucia Graziano

      🤔 No, credo di averlo sempre sentito dire anche qui in Piemonte, e non credo per influsso di televisione/libri/altro. Penso proprio che anche i miei genitori e i miei nonni la usassero d’abitudine, direi che sì, fa anche parte del nostro linguaggio.

      Sono contenta che l’articolo sia stato utile 😀 Se ti interessa la storia del vegetarianesimo, dovrebbe esistere un libro molto completo a firma di Colin Spencer: The Heretic’s Feast. A History of Vegetarianism. Io non l’ho letto, ma se ne può vedere qualche sezione su Google Books e in effetti sembra parecchio completo: parte dalla storia antica, attraversa il vegetarianesimo degli asceti cristiani dei primi secoli e arriva fino al Novecento. Non so se sia mai stato tradotto in Italiano, ma in effetti pare interessante!

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  2. Ago86

    Ricordo che anche il fratello del cardinale Newman era vegetariano, o almeno così riporta Chesterton in un suo articolo dove fa un confronto tra i due fratelli e il loro rapporto con il mondo e le mode moderne.

    Dei personaggi vegetariani nell’alta società sono esistiti almeno dal ‘700 (la madre del poeta Lamartine era vegetariana, e volle che anche il figlio lo fosse; credo anche Voltaire lo fosse, ma non ne sono certo), ma credo sia diventata una moda seguita da un numero sostanzioso di persone solo nel XIX secolo. Sono solo mie supposizioni, in base ai pochi dati che ho.

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    1. Lucia Graziano

      Wikipedia inglese mi cita anche Thomas Tryon (1634–1703) e, su sua influenza, molti altri poeti inglesi che si erano lasciati affascinare dalla proposta di questa nuova etica a tutela degli animali. Nel corso del Settecento, negli Stati Uniti, erano anche sorte un paio di chiese protestanti che praticavano il vegetarianesimo più o meno integrale (nel senso che magari mangiavano carne in poche occasioni all’anno in concomitanza con le grandi feste religiose) per ragioni di ascesi e di controllo morale.

      Però sì, penso anch’io che fosse una moda molto marginale e comunque non sempre motivata dalle stesse ragioni che animano i vegetariani d’oggi: in passato, molti abolivano la carne per ragioni di salutismo o di ascesi personale. Non so quanti fossero quelli che adottavano una dieta veg per risparmiare violenze agli animali da macello, ecco.

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