Il mio cibo preferito? Il formaggio senza dubbio: in ogni sua forma, dimensione e grado di stagionatura.
Ragion per cui, qualche settimana fa, sono stata assai ringalluzzita nel fare una scoperta elettrizzante: il patrono dei casari e dei venditori di formaggio è, di fatto, anche il mio patrono. Ovverosia porta il mio stesso nome, declinato al maschile: sto parlando di san Lucio di Carvagna, pastore vissuto (per l’appunto) nella Val Carvagna e martirizzato mentre si trovava al pascolo, in quello che adesso è (per l’appunto) noto come Passo di San Lucio.
Ben poco sappiamo sulla vita del nostro amico, che in un momento imprecisato del XIII o del XIV secolo iniziò a fare il pastore in quella piccola vallata alpina del Comasco, a ridosso del Canton Ticino e del lago di Lugano. E i testi devozionali composti su di lui non aiutano un granché a raccogliere informazioni sul personaggio: le sue Vitae si sviluppano secondo i classici stilemi dell’agiografia, offrendo di san Lucio un ritratto un po’ stereotipato. Il nostro amico era una brava persona, paziente e buona, pia e devota: come un buon padre di famiglia che non esita a sacrificarsi per il bene dei suoi pargoli, “pazientava il salire sui monti, il calare nelle valli, il vivere nei boschi” e tutti quegli altri disagi che derivano da un lavoro come il suo, solitario e duro. Un po’ buon pastore e un po’ pecorella, “come se fosse istrutto dalle pecore e dal latte che maneggiava, tal era obbediente e arrendevole alla grazie del suo stato” – o così almeno ci assicura una Vita di san Lucio martire pubblicata a Cremona nel 1861. Anche se qui mi verrebbe da far notare che “obbediente” è probabilmente l’ultimo aggettivo al mondo che utilizzerei per descrivere il personaggio: Lucio, infatti, era un ladro (oggettivamente, non trovo altro termine per descrivere le sue azioni).
Un ladro buono, per carità, alla Robin Hood, che rubava ai ricchi per donare ai poveri: e tuttavia un ladro, che ad ogni mungitura metteva da parte un po’ di latte con cui confezionava poi dei formaggetti che generosamente donava ai poveri.
Indubbiamente uno squisito gesto di carità cristiana, se non fosse per il piccolo dettaglio per cui il latte non era proprietà di Lucio: il nostro amico era un pastore stipendiato, che andava al pascolo per conto terzi. Non possedeva le pecore di cui si prendeva cura, né tantomeno possedeva il loro latte: il tutto apparteneva a un signorotto locale, che era sostanzialmente il suo datore di lavoro.
E guarda un po’: il datore di lavoro, evidentemente animato da una carità cristiana nettamente inferiore a quella di san Lucio, non apprezzava affatto che il suo pastore destinasse sistematicamente ai poveri una quota della sua mungitura.
Scenari simili si presentano con una certa frequenza nelle agiografie tardomedievali, incarnando la critica sociale a un’aristocrazia evidentemente percepita come troppo avida e totalmente disinteressata ai bisogni del popolino. Secondo la mentalità dell’epoca, san Lucio faceva bene a forzare la mano del suo datore di lavoro “costringendolo” a fare una carità inconsapevole: del resto, il ricco possidente si trovava in torto marcio, perché se fosse stato un buon cristiano avrebbe avuto cura di elargire personalmente le sue elemosine.
Oggi la sensibilità è cambiata: in evidente imbarazzo di fronte alla necessità di giustificare un comportamento che ai nostri occhi non è mica tanto carino, agiografie scritte in secoli più recenti ci tengono a mettere le mani avanti specificando che non è che Lucio rubasse proprio: più che altro teneva da parte il siero avanzato dalla casata per fare ricottine fresche, che poi distribuiva ai poveri.
Fatto sta che il datore di lavoro non era minimamente intenzionato a finanziare questa ONLUS assistenziale, e infatti provvide in breve tempo a licenziare il suo dipendente.
Il quale, con la nonchalance che contraddistingue i santi medievali, non si curò minimamente del suo stato di disoccupazione: con la massima tranquillità, si propose come pastore a un altro signorotto della zona che aveva greggi da mandare al pascolo. E, naturalmente, fu assunto in men che non si dica.
Il nuovo impiego, oltretutto, aveva un bonus non da poco: il nuovo datore di lavoro era un tipo più alla mano. O forse più generoso, va a sapere.
Non fece nulla per ostacolare le attività caritative del suo pastore, e in virtù di ciò fu ricolmato di mille grazie celesti: le mungiture divennero dieci volte più abbondanti, gli agnellini nacquero numerosi, vitali e sani; persino le forme di formaggio pronte per la vendita mostrarono, al primo taglio, di aver assunto in stagionatura degli aromi irresistibilmente ghiotti che le fecero andare a ruba. Ormai era chiaro: poiché il nuovo datore di lavoro di san Lucio aveva accettato di supportare la carità del suo pastore, Iddio aveva deciso di premiarlo dandogli un assaggio di quel famoso centuplo quaggiù che possono aspettarsi i suoi più fedeli servitori.
I libri di fiabe concluderebbero la storia con un confortante “e così, vissero tutti felici e contenti”… ma ahimé, le agiografie tendono a esser più cruente. E infatti, l’ex-datore di lavoro di san Lucio assisteva impotente all’ascesa commerciale del suo diretto concorrente, diventando ogni giorno più livido per la rabbia e la gelosia.
Un giorno, l’uomo salì sui pascoli e cercò un confronto con san Lucio: lo accusò di aver boicottato deliberatamente la sua attività, lavorando male e a mezzo regime. Del resto, non era forse vero che Lucio procurava al nuovo datore di lavoro formaggi molto più saporiti e mungiture abbondanti il doppio?
In preda alla rabbia, il signorotto accusò Lucio di essere un fannullone, se non forse addirittura una spia commerciale: i toni si alzarono, il litigio crebbe di intensità, e a un certo punto qualcuno tirò fuori un coltello. Di lì a poco, Lucio giaceva esanime in una pozza di sangue, martirizzato in odio a quella carità cristiana che il suo assassino non era stato in grado di comprendere.
Sul luogo della sua morte (come da manuale, in un topos che ricorre frequentissimo nelle agiografie medievali) apparve miracolosamente una piccola polla d’acqua, che si diceva avesse il potere di curare tutte le malattie degli occhi di chi vi si bagnava il volto con devozione (e credo non ci sia nemmeno bisogno di specificare che questo patronato, che di per sé nulla ha a che vedere con la vita del casaro, fu sicuramente attribuito a Lucio in virtù del suo nome, così simile a quello di santa Lucia).
Ma le acque sgorgate per volontà divina nel punto in cui il corpo di Lucio era caduto esanime non si limitavano a curare gli ammalati: miracolosamente, esse assumevano il colore del sangue nei giorni a ridosso del martirio del santo, che la tradizione fissa convenzionalmente al 12 luglio. E, curiosamente, pare che questo miracolo abbia (o quantomeno avesse) luogo per davvero: in un articolo apparso nel 1912 sul Monitore Ufficiale della Diocesi di Lugano, Ernst-Alfred Stückelberg lo attribuiva alla presenza di Oscillatoria rubescens nelle acque del piccolo laghetto alpino. Quest’alga, appartenente alle cianoficee, è effettivamente in grado di provocare sulla superficie dell’acqua una vistosa colorazione rossastra: un curioso fenomeno che si rende evidente solo a determinate condizioni, e cioè quando l’acqua subisce un improvviso aumento di temperatura. Circostanze che, evidentemente, si verificano con facilità nel bel mezzo dell’estate: e cioè proprio nelle settimane a ridosso di quel 12 luglio in cui il martirologio fissa il dies natalis di san Lucio.
E se pensiamo alla vista di un lago che regolarmente si tinge di rosso, proprio in quelle stesse valli in cui s’era consumato un brutale omicidio, e proprio nell’anniversario di quel gesto efferato… beh: come non capire i valligiani medievali che, esterrefatti, gridarono al miracolo?
***
Il sito Internet dedicato a I Musei del Cibo offre un interessante excursus sul culto di san Lucio, che nel Medioevo ebbe larga diffusione in tutto il Canton Ticino e in buona parte della Lombardia: evidentemente, furono i pastori stessi a portare con sé il loro patrono, facendone viaggiare il nome e la memoria lungo le vie della transumanza. Nella Pavia tardomedievale, san Lucio era il patrono dei formaggiai; a Milano, lo veneravano i salumieri; a Parma e a Bergamo, i lardaioli e i grassinari. Ma la popolarità di san Lucio non si ferma qui: nel non lontano 1969, gli fu dedicata la Guilde des Fromagers and Confrerie of Saint-Uguzon (e qui bisognerà specificare che, all’estero, il nome Lucio viene frequentemente trascritto nella forma di Ugucio, con mille varianti locali. Però é sempre lui, parola!).
Attive in più di trenta nazioni, la Guilde e la Confrerie si rivolgono a professionisti del settore lattiero-caseario (ma anche a chef, giornalisti ed estimatori) per trasmettere il savoir-faire dei casari; e io vi rimando al sito Internet della sua sezione italiana per un corposo approfondimento sulla storia del nostro santo.
Ma questo articoletto non può concludersi senza un’ulteriore precisazione: quella del 1969 non è l’ultima dedicazione che fu offerta a san Lucio: il più recente tra tutti gli omaggi che gli sono stati rivolti risale a una manciata di settimane fa. Come apprendo da un articolo di cronaca locale, una giovane start-up piemontese ha scoperto il modo di distillare il gorgonzola (!) e ha utilizzato questa tecnica per darsi alla produzione di un dry gin al formaggio. Che ha per l’appunto battezzato Lucius, in onore del patrono dei casari.
Per la cronaca, è stata proprio questa iniziativa commerciale, ampiamente rilanciata sui quotidiani piemontesi, a farmi scoprire la storia del santo formaggiaio.
Se tanto mi dà tanto, san Lucio apprezzerà di certo.
mariluf
Grazie! Ignoravo tutto di questo santo. Racconterè a mio cugino Lucio, anche lui come me appassionato di formaggi… Anche se ne festeggia un alro….Sei sempre fantastica!
"Mi piace""Mi piace"
Lucia Graziano
Ma lo ignoravo del tutto anche io! Persino strano, nel senso: mi chiamo Lucia, sono appassionata di santi, amo i formaggi e spesso scrivo di storia della cucina… mi sembra quasi anomalo, l’essere venuta a sapere di san Lucio solamente grazie a un articolo di giornale!
Eppure c’è stato un periodo in cui era ben famoso… 😮
"Mi piace""Mi piace"