Lo Zaffiro di sant’Edoardo: la memoria di un miracolo, all’interno dell’Imperial State Crown

Se qualcuno avesse dovuto mettere sul piatto della bilancia i vizi e le doti di Edoardo il Confessore, sarebbe facilmente emerso che il re d’Inghilterra aveva una moltitudine di qualità e un ben scarso numero di difetti. Canonizzato nel 1161, e ancor oggi considerato santo patrono della Royal Family, l’ultimo re d’Inghilterra prima della conquista normanna fu uomo di pace, politico assennato, nemico del nepotismo, campione di multiculturalità. Riuscì pure a dimezzare le spese militari e ad abbattere radicalmente le tasse – roba che manco nelle promesse dei nostri politici in tempo di campagna elettorale.

Sì, certo: anche lui, come tutti, aveva avuto qua e là qualche momento di défaillance. Ma – se vogliamo dar retta all’agiografia – il re era sempre stato molto rapido nel tornare sulla retta via, piegandosi docilmente alle istruzioni che gli arrivavano dal cielo per bocca del suo angelo custode. E mentre la saggezza della vecchiaia rendeva più lucide e sfaccettate le sue virtù, il monarca lavorava per render grande la nazione, operando con sapienza e magnanimità.

E generosità, anche. La sua generosità era proverbiale; sicché, tutte le volte che il sovrano lasciava il palazzo per una qualche occasione pubblica, le strade lungo cui avrebbe camminato si riempivano di mendicanti e di bisognosi, certi di ricevere qualche moneta d’oro per mano del loro magnanimo governante.

E così era successo anche in quel lontano giorno dell’inverno 1064, quando re Edoardo aveva lasciato il palazzo per prendere parte a una Messa solenne in onore di Giovanni evangelista, uno dei santi a cui era più legato. Era il 27 dicembre, dunque s’era nel pieno delle feste di Natale: la strada era ricolma di mendicanti infreddoliti che s’erano spinti fin lì al solo scopo di vedere il re, litigandosi nottetempo il posto migliore per avere una qualche chance di incontrare il suo sguardo. E di mettere le mani sulle sue elemosine, naturalmente: che, visto il periodo di festa, di certo sarebbero state particolarmente numerose.

E così fu, non c’è nemmeno bisogno di dirlo.
E, per ordine di re Edoardo, centinaia e centinaia di monete d’oro furono distribuite in quel giorno: perché se un santo è felice di fare la cosa giusta e un uomo si compiace nell’essere amato, un buon governante è consapevole di come basti un piccolo gesto per fare la differenza nel bilancio di una famiglia.
E così, tra suppliche pietose e ringraziamenti tra i più commossi, Edoardo e la sua corte si fecero strada fino al sagrato della chiesa; e fu proprio lì che il re notò, quasi per caso, un vecchietto che se ne stava un po’ disparte, appoggiato a un bastone nodoso, tremando per il freddo in una tunichetta così lisa che l’avresti facilmente detta vecchia di qualche centinaio d’anni.

Se quel vegliardo stava chiedendo l’elemosina, lo stava facendo male.
Più che altro, non lo stava facendo proprio: a differenza di tutti gli altri, che sgomitavano e berciavano pur di farsi notare dal re, lui se ne stava solo soletto, in posizione un po’ dimessa, appoggiato al suo bastone, limitandosi a fissare Edoardo di lontano.
“Date qualcosa a quel poveretto, su”, disse il re ai suoi funzionari indicando con un cenno il mendico svogliato. E di fronte a quell’ordine, e non senza imbarazzo, i servitori furono costretti ad ammettere che non avevano più niente da dare: l’affluenza era stata decisamente superiore alle previsioni e tutte le monete d’oro erano già state distribuite. Alcuni nobili avevano addirittura deciso di contribuire personalmente svuotandosi le tasche di tutti gli spiccioli che avevano dietro, ma adesso i soldi erano finiti del tutto: nada, niet, non c’era più contante.

Re Edoardo guardò di lontano quel povero vecchio che tremava per il freddo, e l’anziano ricambiò lo sguardo con espressione composta e dignitosa. Poco ma sicuro, senza un vestito adatto quel poveretto non avrebbe passato l’inverno (occielo: a essere onesti, a vederlo così veniva da chiedersi se avrebbe passato la notte, più che altro).
Il re si guardò attorno con una certa frustrazione, fu tentato di passargli il mantello ma poi ci ripensò, ché sembrava di fare il verso a san Martino, e alla fine si sfilò uno degli anelli che portava al dito. “E allora dategli questo, via!”, ordinò ai suoi cortigiani.

Il valletto di re Edoardo sgranò gli occhi, guardando l’anello che gli era stato messo in mano. “Questo?” ripeté, lanciando al re un’occhiata stranita. Era un gioiello d’oro massiccio con un brillocco di zaffiro grosso quanto l’unghia di un pollice. Il povero valletto si sentì in dovere di chiedere conferma: “ma siete sicuro? Voglio dire, avete visto bene?”.
E il re annuì distrattamente, già incamminandosi verso l’interno della chiesa. “Sì, sì, ho visto bene, dategli quello. Aiuteremo una famiglia, auspicabilmente più d’una, e va bene così”.
E così dicendo entrò all’interno della cattedrale, smettendo i panni di monarca per dedicarsi ai suoi doveri di cristiano. Il vecchio malaticcio ricevette compostamente quel tesoro, dopodiché sparì e (mica scemo!) fece completamente perdere le sue tracce.

Riapparve sei mesi più tardi, malconcio e macilento tanto quanto prima. E lo fece a Gerusalemme, addentrandosi nella locanda in cui, proprio quella sera, si trovava un gruppo di nobiluomini inglesi che s’era recato in pellegrinaggio in Terra Santa e adesso si stava preparando per il suo ritorno in patria.
Tra una chiacchiera e l’altra, bicchier di vino dopo bicchier di vino, il vecchietto si informò discretamente su quale opinione avessero quei nobili circa il re che li guidava. Saltò fuori che la buona nomea di re Edoardo trovava un riscontro completo nelle parole di chi lo conosceva personalmente: raramente s’era visto un monarca più avveduto, più saggio, più santo e più equilibrato nel governo!
“Ed è molto generoso, anche”, commentò il vecchietto, tirando fuori dalla tasca quell’anello di zaffiro che Edoardo gli aveva dato in elemosina. “Tornando in patria, porterete con voi questo anello e lo restituirete al re che me l’ha voluto dare, giacché io non ne ho bisogno. Gli direte che, a consegnarvelo, fu niente meno che san Giovanni evangelista, il quale desiderava mettere alla prova il vostro re”. E facendo scivolare l’anello nelle mani del più alto in grado, aggiunse: “e poiché Edoardo ha mostrato d’essere davvero quel re generoso e buono di cui cantano le cronache, la sua magnanimità sarà ricompensata da un dono ancora più prezioso. Quando lo incontrerete, gli farete sapere che la morte lo raggiungerà esattamente a sei mesi da oggi. Saprà certamente come sfruttare questo preavviso per prepararsi a dovere a questo appuntamento”.

E così fu.
Ed Edoardo (la cui salute ebbe effettivamente un tracollo nel giorno della festa di san Giovanni evangelista, esattamente un anno dopo quel primo incontro narrato dalle leggende), ebbe la possibilità di giocare d’anticipo per sistemare i suoi affari di Stato e soprattutto la sua anima, preparandosi con quieta attesa a quell’incontro inevitabile.

E l’anello di zaffiro?
Beh: l’anello non esiste più, ma lo zaffiro si conserva ancora; fu rimodellato verso la fine del XVII secolo, per volontà di re Carlo II d’Inghilterra, e successivamente fu inserito all’interno dell’Imperial State Crown, la corona che ieri è stata posata sulla bara della regina Elisabetta. Aguzzando la vista, potreste scorgere anche voi la gemma del miracolo, guardando le immagini che in questi giorni arrivano da Londra: lo zaffiro di sant’Edoardo, come oggi lo chiamano i Britannici, è quella luminosa pietra azzurra incastonata al centro della croce che sormonta la corona dei re d’Inghilterra.

L’Imperial State Crown, ieri, mentre la salma della regina Elisabetta veniva condotta a Westminster

3 risposte a "Lo Zaffiro di sant’Edoardo: la memoria di un miracolo, all’interno dell’Imperial State Crown"

    1. Lucia Graziano

      Sì, confermo: grossomodo ogni pietra ha una Storia di tutto rispetto! 😂
      In questi giorni, per dare qualche notiziola di folklore inglese profittando della cronaca da Londra, mi sono letta un paio di libri sui gioielli della Corona. Non tutti hanno leggende agiografiche alle spalle, ma davvero tutti sono accompagnati da qualche curiosità eccentrica, qualche tradizione strana, qualche storia o personaggio degno di rilievo.

      Il Regno Unito è davvero una terra leggendaria! 🙂

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  1. Pingback: Perché le matite sono gialle? – Una penna spuntata

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