L’incoronazione di Maria regina: una tradizione seicentesca che si rinnova

È da mo’, come si suol dire, che i cattolici si rivolgono a Maria utilizzando l’appellativo di “regina”. La più antica fonte a testimoniare questo tipo di visione è probabilmente un ciclo d’affreschi contenuto nella chiesa romana di Santa Maria Antiqua (mai titolazione fu più azzeccata!) e risalente all’inizio del VI secolo: la Madonna, assisa in trono col Bambinello, porta in capo una corona bizantina.
Circa due secoli dopo, papa Giovanni VII commissionò un buon numero di effigi afferenti al topos della Madonna incoronata; a partire dal X secolo, cominciarono a farsi sempre più frequenti le immagini della Vergine in maestà, raffigurata nell’atto di sedere in trono come una regnante che riceve in udienza i suoi sudditi più fedeli. Entro l’anno 1000, questo modo di guardare alla Madonna era già così comune da aver ispirato la preghiera del Salve Regina; sulla data di nascita del Regina Caeli ci sono meno certezze… ma il filone, chiaramente, è sempre quello.

Insomma: per riallacciarmi alla frase di apertura, era da mo’ che i cattolici riconoscevano in Maria la potente regina celeste, capace di fare in cielo ciò che avevano fatto in terra tutte le gebirah (cioè le regine madri) dell’Antico Testamento. «Chiedi, madre mia, non respingerò le tue richieste» aveva detto Salomone (1 Re 2,20) in un celebre passo che fu più volte citato nell’età della Controriforma per sottolineare che, se tutti i re d’Israele avevano tenuto in alta considerazione la figura della regina madre, chi sarebbe stato così folle da pensare che Gesù non avrebbe voluto fare altrettanto?

Quindi: dal punto di vista teologico, non è che la cattolicità si sia inventata un granché, nel momento in cui iniziò a incoronare le immagini mariane. Dal punto di vista pratico, però, inventò una devozione nuova: una vera e propria cerimonia di incoronazione durante la quale un piccolo diadema veniva (e ancor oggi viene) poggiato su un’effige mariana, con tutta la fanfara e la solennità del caso, andando ad adornare il capo della Madonna. Un gesto rituale, se così vogliamo dire, che però piaceva un sacco e immancabilmente attirava folle ogniqualvolta che veniva praticato: in fin dei conti, non è forse vero che, qualche mese fa, anche noi siamo rimasti attaccati alla TV a guardare l’incoronazione di re Carlo, affascinati dalla solennità senza tempo di quell’evento raro e irripetibile?

Ecco: se l’incoronazione di un re britannico ha creato trepidazione in noi, figuriamoci quale fortissimo impatto emotivo dovesse avere, per un cattolico vissuto nell’età della Controriforma, sentirsi dire che era stato invitato (proprio lui!) alla cerimonia di incoronazione di Maria Vergine.

Tutto iniziò alla fine del XVI secolo per intuizione di fra’ Girolamo Paolucci de’ Calboli da Forlì (1552-1620), il fraticello che vedete sopra: un cappuccino fortemente convinto della bontà di questa pia pratica. A suo modo di vedere, onorare un’effige mariana nel corso di una vera e propria cerimonia di incoronazione avrebbe facilmente potuto trasformarsi in un momento di forte presa emotiva sulle masse popolari, aiutando a radicare sempre più la devozione per la Madonna. In un’epoca in cui la lotta contro il Protestantesimo si combatteva anche (e soprattutto?) attraverso la promozione del culto mariano, l’idea di fra’ Girolamo incontrò immediatamente il favore delle gerarchie ecclesiastiche: l’incoronazione fu pianificata con attenzione, e una piccola liturgia fu predisposta ad hoc per sottolineare quel momento solenne. La Chiesa locale diede grandissimo rilievo all’evento, sollecitando la partecipazione di tutti i fedeli: e così, il 26 agosto 1601, si tenne a Forlì la prima cerimonia di incoronazione mariana propriamente detta. Oggetto di questo privilegio fu l’immagine della Madonna del Fuoco, una xilografia che a partire dal 1428 era stata oggetto di cospicua devozione per l’essere sopravvissuta miracolosamente a un violento incendio che aveva fatto scempio dell’intero locale in cui si trovava. Nella xilografia, la Vergine indossava già una corona; ma fra’ Girolamo ne fece creare una in 3D che provvide a ostendere di fronte all’immagine: e fu quello il primo seme di una devozione che rapidamente germogliò, allargandosi a tutta Italia e poi a tutta Europa.

Se fra’ Girolamo fu colui che diede il via a questa pratica, fra’ Fedele da San Germano, suo confratello, fu colui che riuscì a trasformarla in moda.
Nel 1620, il cappuccino organizzò una sontuosissima cerimonia nella quale provvide a incoronare la Madonna di Oropa, una statua lignea conservata nell’omonimo santuario presso Biella e che, secondo la tradizione locale, sarebbe stata scolpita niente meno che san Luca. Fin dall’alto Medioevo esisteva a Oropa una piccola chiesetta dedicata alla Vergine Maria, che col passar dei secoli si ampliò sempre più fino a trasformarsi in quel complesso monumentale che ancor oggi incanta turisti e devoti. Per buona parte del Medioevo e dell’età moderna, il santuario della Madonna di Oropa fu una delle principali mete di pellegrinaggio nel Nord Italia, capace di attrarre a sé viandanti che provenivano anche da luoghi assai lontani: insomma, si trattava all’epoca di un centro decisamente importante e popolare (di cui oggi vi parla anche Mani di Pasta Frolla, proponendovi sul suo blog una ricetta legata proprio a questo santuario). Ottenere il permesso di incoronare la Madonna di Oropa (una delle Madonne più “alla moda” di quell’epoca, se mi passate l’espressione), e ottenere di poter celebrare questa incoronazione all’interno di un santuario gremito di pellegrini che arrivavano da ogni dove… beh: fu un’eccellente mossa di PR per i frati cappuccini.

Grazie all’eco mediatica suscitata da quell’evento, fra’ Fedele da San Germano vide allargarsi a dismisura le file della Pia Opera dell’Incoronazione, un movimento laicale che aveva fondato qualche tempo prima per agevolare la diffusione di questa forma devozione. Tra i più attivi sostenitori della Pia Opera v’era anche Alessandro Sforza Pallavicino, conte di Borgonovo, che sul finire degli anni ’30 volle lasciare in eredità al Capitolo di San Pietro in Vaticano una ingente somma di denaro da destinarsi appunto all’incoronazione delle più pregevoli immagini di Maria Vergine. Iniziò così la lunga serie di incoronazioni mariane presiedute dal Vaticano, che prosegue ancor oggi: la prima immagine ad andare incontro a questo onore fu, nel 1631, la Madonna della Febbre, che i Romani invocavano a protezione della malaria e delle altre malattie epidemiche (e tenendo conto che, in quel periodo, a Milano c’era la peste… beh: era decisamente il caso di farle presente che le si voleva proprio tanto, ma tanto, bene).

A partire da quella data, il Vaticano arrogò a sé il privilegio di stabilire quali effigi mariane possano essere degne di una cerimonia di incoronazione (forse, in questa scelta, non ebbe un ruolo irrilevante il timore che la devozione, se non ben gestita, potesse alimentare larvate forme di idolatria). Infatti, non tutte le Madonne che hanno una coroncina in testa sono anche incoronate secondo il rito appositamente predisposto: e, ancor oggi, i sacerdoti che volessero tributare questo onore all’effige mariana che si conserva nella loro chiesa dovrebbero far pervenire la loro richiesta Capitolo Vaticano. Ricevuta la domanda, una apposita commissione vorrà visionare documenti archivistici atti a comprovare l’antichità della devozione che in quella zona viene tributata a quella specifica effige, valutando molto positivamente l’esistenza documentata di segni o miracoli che, nel corso dei secoli, sono stati attribuiti alla sua intercessione.

Una piccola curiosità locale, a chiudere questa Storia?

Torniamo al santuario di Oropa, il santuario piemontese da cui questa devozione prese impulso. In vista del 2020, avvicinandosi il quinto centenario dalla prima incoronazione della “sua” Madonna, il rettore del santuario chiese e ottenne dal Vaticano di poter procedere a una nuova incoronazione, secondo un costume che quella chiesa porta avanti una volta ogni secolo. La cerimonia, originariamente fissata per l’estate 2020, fu prudentemente spostata all’anno successivo per evidenti ragioni di buon senso: e quella dilazione di dodici mesi finì col rendere ancor più monumentale uno degli oggetti con cui la Madonna fu vestita nel corso della sua incoronazione.

Sto parlando del suo mantello: un gigantesco patchwork con uno strascico di 25 metri composto da piccolissimi scampoli di tessuto che, nel corso dei due anni che precedettero per la cerimonia, furono offerti per lo scopo da circa quindicimila individui tra pellegrini, avventori stabili e fedeli vari ed eventuali, in qualche modo legati al santuario. La richiesta che fu fatta a chiunque avesse voluto partecipare alla raccolta fu quella di “sacrificare” e offrire in dono alla Vergine Maria un capo d’abbigliamento o un pezzo di tessuto che avesse ai loro occhi un particolare valore affettivo: e così, il santuario di Oropa si trovò a collezionare migliaia di ritagli di stoffa provenienti da abiti da sposa, tutine per neonato, tovaglie di famiglia, divise da lavoro, vesti appartenuti a persone ormai defunte e teli d’arredo per appartamenti cui probabilmente s’era detto addio. Quindicimila frammenti di vita, che al termine della raccolta furono cuciti l’uno accanto all’altro nel lunghissimo mantello che ha rivestito la Madonna nel corso di una cerimonia di incoronazione che ha evidentemente voluto aggiornarsi e reinventarsi, per restare al passo con i tempi.
E che, a mio giudizio personale, l’ha fatto con una poesia più unica che rara.

10 risposte a "L’incoronazione di Maria regina: una tradizione seicentesca che si rinnova"

  1. Avatar di Elena

    Elena

    Quindi se non ho capito male la cerimonia dell’incoronazione è un evento molto particolare che si verifica in casi particolari… però non ho capito una cosa, la corona poi rimane sull’effigie oggetto dell’incoronazione? Immagino che un tempo fosse una cosa meno complicata, ai nostri giorni al di là del significato religioso del rito (bellissimo e ancora più bello il mantello della Madonna di Oropa), non dev’essere semplice andare a “toccare” un quadro o una statua antica con il valore storico e artistico che hanno! Adesso mi vado a cercare eventuali madonne incoronate nella mia zona…se ce ne sono.

    "Mi piace"

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Sì, diciamo che la cerimonia dell’incoronazione è un evento molto particolare, che deve essere autorizzato dal Vaticano (e che, per dire, prevede necessariamente la presenza sul posto, durante il rito di incoronazione, di un delegato pontificio o vescovile). Visto che i requisiti-base per richiederla ruotano attorno alla presentazione di fonti storiche comprovanti l’antichità della devozione popolare verso quella specifica Madonna e la presenza di miracoli che nel corso dei secoli siano stati attribuiti alla sua intercessione, penso onestamente che buona parte dei santuari mariani sarebbero in grado di produrre la documentazione necessaria per far partire l’iter. Non tutti però lo fanno, e ho il sospetto che oggigiorno siano forse gli stessi sacerdoti a non ritenere prioritaria la cosa (o a farsi scoraggiare al pensiero di una ricerca archivistica che in realtà sarebbe davvero banalissima, in molti casi).

      Comunque sì: le effigi mariane in cui la Madonna ha una corona in testa sono diffusissime, e sono un topos iconografico. Ma non tutte quelle Madonne sono anche state incoronate nel senso pieno del termine 😉

      Sul lato pratico: eh, bella domanda, in effetti 😐 Se ingrandisci la foto di copertina (che raffigura appunto l’incoronazione della Madonna di Oropa) vedi che lì avevano fissato sulla testa della statua un supporto metallico sul quale è stata delicatamente posata la corona n.2 (in questo caso la statua ne aveva già una lignea attaccata in un tutt’uno alla testa, quindi non è che si potesse staccare 😂). Dopo qualche tempo dalla cerimonia, la corona n. 2 è stata rimossa (anche perché appunto la statua è già incoronata di suo). In altri casi, invece, se la statua è a capo nudo, la coroncina viene semplicemente posata sulla sua testa (e poi lasciata lì); immagino che le parti metalliche che vengono a contatto con l’opera d’arte abbiano un qualche “cuscinetto” fatto con materiale apposito per evitare l’attrito e altri eventuali danni. Credo eh, così a naso. Così a naso, credo e spero che nulla venga fatto senza prima essersi consultati con la Sovrintendenza ai beni culturali 🤔

      "Mi piace"

  2. Avatar di Elena

    Elena

    P.s. non c’entra niente, ma qualche giorno fa il post ha pubblicato un articolo sulla pericolosità delle crinoline citando tra l’altro il libro “fashion victims”… come sempre sei in anticipo su tutto e tutti!!! 😁

    "Mi piace"

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      😂

      E’ che ho preso l’abitudine di leggere moltissima saggistica in Inglese (anche perché ora come ora la trovo con facilità nelle mie biblioteche universitarie), quindi in effetti ogni tanto mi trovo a “battere sul tempo” gli altri solo perché leggo i libri prima ancora che vengano tradotti in lingua italiana 😝

      (Non so se sia il caso di Fashion Victims, non ho idea se sia stato tradotto in Italiano, eh; ma mi è capitato con altri testi in almeno un paio di occasioni)

      "Mi piace"

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Avevano misure da rispettare 🙂 venivano proprio distribuite ai fedeli delle piccole bustine contenenti tutte le indicazioni del caso, da riempire col pezzo di stoffa selezionato (e, eventualmente, con una piccola preghiera che sarebbe stata conservata a parte) e poi da restituire in busta chiusa al santuario. Ai fedeli veniva anche chiesto di indicare la provenienza di quel pezzo di stoffa e le motivazioni che avevano spinto a donare proprio quello. Voglio ben sperare che tutte queste informazioni siano state messe da parte e finite dritte dritte in archivio storico: pensa la meraviglia di studiarle e pubblicarle tra un centinaio d’anni! Oltretutto visto il periodo storico in cui s’è svolta la raccolta: tra 2019 e 2021…

      Piace a 2 people

Lascia un commento