Una strana leggenda circola a Roma, sullo sfondo del Vaticano: si mormora che, di tanto in tanto, il fantasma di Pio X torni a manifestarsi entro le mura del Palazzo Apostolico. La sua presenza non è malevola (e come mai potrebbe esserlo, considerata la bontà di un papa che oggi è venerato come santo?); e tuttavia, non c’è di che stare allegri nel momento in cui l’anima immortale di papa Sarto ottiene da Dio di potersi mostrare ai vivi. L’apparizione dello spettro di Pio X, secondo il folklore, è presagio sicuro di una guerra imminente: come se il papa che in vita aveva sempre lottato per la pace volesse dare una scossa alla diplomazia vaticana avvisandola del fatto che tempi bui si profilano all’orizzonte, e che dunque sarà bene cominciare a lavorare sodo.
Così, quantomeno, vuole la leggenda, che la vaticanista Paloma Gómez Borrero cita en passant nel suo saggio dedicato a Los fantasmas de Roma: ma quali sono i “perché” che si nascondono dietro a questo bizzarro elemento di folklore (fra l’altro molto recente, formatosi in un’epoca in cui la gente stava già smettendo di raccontarsi storie di fantasmi)? Nell’attesa di qualche studio più organico e più serio, ecco qui i miei umili two cents sulla questione.
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Innanzi tutto: non dico che fosse necessario essere dei profeti per rendersi conto del fatto che, nell’estate 1914, le cose stavano prendendo una gran brutta piega. Ma dei fini osservatori dall’intelletto acuto, con una competenza geopolitica superiore alla media: beh, questo sì. Questo era necessario, e papa Pio X mostrò indubbiamente di possedere queste doti.
Per quanto strano possa sembrare a noi contemporanei, abituati a osservare la Storia col senno del poi: quando, il 28 giugno 1914, Francesco Ferdinando fu assassinato a Sarajevo, ben pochi osservatori si misero le mani nei capelli presagendo la disgrazia che sarebbe arrivata. In teoria, la diplomazia internazionale avrebbe avuto diversi modi per risolvere pacificamente la questione: il fatto che l’erede al trono fosse stato ucciso da un terrorista che militava nel fronte indipendentista era senza dubbio un evento grave, politicamente molto rilevante… ma non sarebbero mancati i modi trovare una soluzione amichevole al problema. La Serbia avrebbe potuto cospargersi il capo di cenere accettando qualsiasi richiesta pur di ripulire la sua immagine pubblica; l’Impero avrebbe potuto scegliere la strada della magnanimità, atteggiandosi a leader buono che comprende e che perdona; gli Stati esteri avrebbero potuto mediare, o quantomeno farsi i fattacci loro, invece di soffiare sul fuoco premendo a gran voce per un intervento militare in Serbia. Dall’attentato di Sarajevo allo scoppio della guerra passò esattamente un mese, durante il quale le ambasciate lavorarono alacremente alimentando in molti osservatori l’impressione di star assistendo a una crisi diplomatica come tante, e non certo ai prodromi di una guerra su scala mondiale. Sicché, col senno di poi, dovette sembrare davvero profetico il modo in cui papa Sarto – a contrario di molti – fu immediatamente in grado di cogliere la portata degli eventi che stavano prendendo corpo in quel luglio 1914.
Nel corso dei suoi undici anni di pontificato, Pio X aveva già ampiamente avuto modo di mostrarsi al mondo come un pacifista convinto. Quando, nel 1911, il Regno d’Italia aveva dichiarato guerra all’Impero Ottomano per conquistare alcune provincie della zona libica, papa Sarto aveva fatto tuonare la sua voce per denunciare tutta la sua contrarietà all’operazione, tantopiù che la stampa italiana aveva cominciato a descrivere quell’azione militare nei termini di una crociata che avrebbe liberato le festanti popolazioni africane dal giogo di un governo musulmano. Gli organi di stampa vicini alla Santa Sede condannarono con fermezza questo espediente di propaganda e il papa riprese personalmente tutti quei vescovi che, infiammati dal sogno di andare a riprendersi Costantinopoli, avevano benedetto le truppe che si preparavano a partire per la guerra. Si disse poi che il fermissimo pacifismo mostrato da Pio X in quella situazione delicata gettò il seme per la posizione di neutralità assoluta che, da quel momento in poi, il Vaticano fece orgogliosamente suo vessillo. Ma che Giuseppe Sarto fosse un tipo che amava la pace è una bella cosa certamente, che però non basta in sé e per sé a spiegare ciò che avvenne dopo. E cioè, la progressiva trasformazione di Pio X in una specie di Cassandra inascoltata che per anni gridò nel deserto tutta la sua preoccupazione al pensiero di una guerra catastrofica, che il papa percepiva come sempre più vicina.
Riusciva a “sentirla” in lontananza persino quando si sgranchiva le gambe nell’atmosfera ovattata dei giardini vaticani: lo confidava spesso a Rafael Merry del Val, che dichiarò di aver ascoltato a più riprese affermazioni sulle linee di «le cose vanno male, eminenza: viene il guerrone!». Pare che, in un’occasione specifica, il santo si fosse sbilanciato in una “profezia” ancor più circostanziata: quando del Val aveva domandato a papa Sarto se, a preoccuparlo, fosse la guerra italo-turca, lui aveva scosso il capo e precisato che «le cose vanno male, ma non perché ora si preparano per farsi la guerra del deserto, bensì per il guerrone che verrà».
E quando il guerrone effettivamente arrivò, o quantomeno cominciò a dipanarsi con più chiarezza all’orizzonte, Pio X fu immediatamente in grado di cogliere la gravità della situazione. Non appena gli giunse notizia dell’attentato di Sarajevo, mobilitò i nunzi apostolici e i funzionari del ramo diplomatico supplicandoli di fare tutto ciò che era in loro potere per frenare in ogni modo l’escalation di tensione. Mediare fra le potenze europee divenne la sua priorità assoluta, in un momento in cui peraltro il papa avrebbe avuto ottime ragioni per dedicare ad altro la sua attenzione: dal 22 al 26 luglio, si sarebbe tenuta a Lourdes la venticinquesima edizione del Congresso Eucaristico Internazionale, un evento che all’epoca attirava pellegrini da tutto il mondo e che godeva di un’eco mediatica che potremmo forse paragonare a quella di una odierna GMG. Ma nonostante l’importanza dell’evento (che lui stesso aveva fortemente voluto!) e nonostante i preparativi che fervevano in Vaticano, Pio X passò l’intero mese di luglio a seguire con ansia crescente la situazione politica internazionale: si disse poi (forse per sottolineare lo sguardo “profetico” del santo) che alcuni dei suoi collaboratori considerarono queste preoccupazioni persino un po’ eccessive, iniziando a chiedersi se il papa non fosse leggermente paranoico. E invece.
Il 1° agosto, a tre giorni dall’inizio delle ostilità tra Serbia e Austra-Ungheria e dalla mobilitazione delle truppe russe a sostegno della popolazione iugoslava, il kaiser dichiarò guerra allo zar rendendo drammaticamente evidente a tutti che no, il problema non era una scaramuccia nei Balcani. Il 2 agosto, papa Sarto diede alle stampe l’esortazione Dum Europa fere omnis, implorando l’immediata cessazione del conflitto e sfogando la sua angoscia in questi termini: «mentre quasi tutta l’Europa è trascinata nei vortici di una funestissima guerra, ai cui pericoli, alle cui stragi e alle cui conseguenze nessuno può pensare senza sentirsi opprimere dal dolore e dallo spavento, non possiamo non preoccuparci anche Noi e non sentirci straziare l’animo dal più acerbo dolore».
In quello stesso giorno, il papa benedisse come di consueto le folle che si erano radunate nel cortile di San Damaso; ma lo fece con un’espressione così affranta e addolorata da colpire molti dei presenti. E un netto cambiamento di tono si registrò in tutte le apparizioni pubbliche che si tennero da quel momento in poi: Pio X sembrava completamente piegato dal peso del dolore e della preoccupazione (…e, presumibilmente, anche della pericardite che si era già insinuata dentro di lui e che lo avrebbe ucciso di lì a poco). Se in pubblico taceva, limitandosi a mostrarsi al mondo con lineamenti tesi e occhi pieni di dolore, in privato era estremamente loquace: a tutti i vescovi che lo visitarono in quel periodo, ordinò di lanciare crociate di preghiera nelle loro diocesi, organizzare pellegrinaggi, offrire fioretti alla Madonna; fare, insomma, tutto ciò che era umanamente in loro potere per chiedere a Dio la grazia di una pace. Che – sarà il caso di ricordarlo – all’epoca non sembrava né irraggiungibile né lontana: molti erano convinti di essere di fronte a una guerra-lampo che si sarebbe risolta in pochi mesi, senza eccessivo sconquasso per il mondo (e senza che ci fosse da preoccuparsi più di tanto). Molti, ma non Pio X – a sottolineare una volta di più la portata “profetica” di questa sua premonizione.
Insomma: si sta delineando lo scenario in cui un papa-oracolo prevede, inascoltato, una catastrofe di portata epocale che nessun altro aveva visto arrivare. Che altro potrebbe mancare a questo quadro, per farne un perfetto materiale per leggende?
Ma certo: una morte eccellente e improvvisa, che (manco farlo apposta) nessuno aveva saputo prevedere.
Sì: il papa sembrava insolitamente affaticato, e attorno al periodo di Ferragosto aveva anche accusato qualche piccolo disturbo, ma nessuno (neppure il suo medico e i suoi parenti stretti!) aveva ritenuto che la situazione fosse particolarmente allarmante. Quando le sue situazioni di salute precipitarono improvvisamente, lo shock fu palpabile non solo tra i fedeli, ma addirittura tra i vicinissimi che vivevano tra le mura del Vaticano. Così si espresse, nel 1918, un cardinale che scelse di rimanere anonimo: «fu un momento davvero surreale. Improvvisamente le campane di San Pietro cominciarono a suonare coi rintocchi profondi del pro pontifice agonizzante, e a quel segnale tutte le basiliche patriarcali si affrettarono a esporre il Santissimo Sacramento con preghiere speciali. Lo scirocco bollente, il brusio che arrivava dabbasso da piazza San Pietro, i mormorii dei prelati e dei funzionari di palazzo, le campane che ci rimbombavano nelle orecchie: furono istanti davvero surreali. E, sullo sfondo, la catastrofe della guerra e di questo tempo presente». Si mormorò e si scrisse, all’epoca, che il papa fosse morto di crepacuore per il grande dolore di quei giorni, e forse basterebbe questo dettaglio a sottolineare fino a che punto la figura di Pio X fosse, in quei tempi, strettissimamente collegata all’idea di pace.
Ma la storia non finisce qui. È raro che Dio si scomodi a provocare un’eclisse per piangere la morte di un figlio tanto amato, ma si direbbe che nel caso di papa Sarto l’Onnipotente non abbia voluto lesinare sugli effetti speciali: il 21 agosto 1914, mentre si spargeva in tutto il mondo la notizia della morte improvvisa del pontefice, il sole si oscurò in un’eclisse totale che fece sprofondare nelle tenebre un’area molto vasta, che andava dal mar Baltico al sub-continente indiano e dalla Russia fino agli Stati Uniti. In terra, gli obici continuavano a sibilare incuranti di ciò che accadeva in cielo; due giorni più tardi, si sarebbe tenuta a Mons una delle più violente battaglie della Grande Guerra, della quale si disse che un letterale esercito d’angeli fosse sceso in terra per cercare di limitare i danni e agevolare la ritirata dell’esercito sconfitto.
E se proviamo a mettere assieme tutti questi elementi e a calarci nell’humus sociale di quei tempi inquieti e spaventati… vogliamo forse stupirci al pensiero che la morte di Pio X (e la sua stessa “persona ultramondana”) siano entrati nel dominio del mito, se così vogliamo dire?
Io non me ne stupisco affatto, personalmente.
Per approfondire:
- Paloma Gómez Borrero, Los fantasmas de Roma (Plaza y Janes Editores, 1999)
- Carlo C. di Santafusca, Fantasmi a Roma. Guida ai fantasmi, ai poltergeist ed alle case stregate della Capitale più infestata d’Europa, tra leggenda e paranormale (SoldierShop Publishing, 2019)
- Mother Frances Alice Monica Forbes, Pope St. Pius X (TAN Books, 1992; prima edizione 1918. Da qui è tratta anche la dichiarazione dell’anonimo cardinale)
Umberta Mesina
Anche Chesterton pensava che il Santo Padre fosse morto di dolore a causa della guerra. Lo scrisse in un articolo che abbiamo pubblicato nel 2016, “Il contadino che diventò papa” (The Peasant Who Became a Pope, Illustrated London News , 29 agosto 1914). Dopo aver letto la tua descrizione, capisco perché.
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Lucia Graziano
Eh sì 🙂
Noi oggigiorno tendiamo ad associarlo quasi esclusivamente al “modernismo”, e secondo me abbiamo anche finito col ridurlo un po’ a macchietta, ma all’epoca la sua morte fu commentata innanzi tutto come quella del papa che voleva la pace. Adesso questo aspetto è stato un po’ dimenticato, invece (e per forza di cose, alla fine sono stati solamente due mesi della sua vita)
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Elena
Ma questa leggenda è nata perché qualcuno ha raccontato di aver visto il fantasma in precise circostanze? È una leggenda un po’ strana…mi ricordo che in passato hai scritto sui fantasmi cattolici e i fantasmi protestanti… però continua a sembrarmi una strana associazione quella tra religione cattolica e avvistamenti di fantasmi…
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Lucia Graziano
Provocazione (da prendere in quanto tale, eh): che differenza c’è tra un fantasma “buono” e un santo (già morto) che si manifesta in terra agli occhi dei suoi devoti? Perché sono moltissimi i miracolati (anche di epoche recenti) che giurano di aver assistito a una apparizione del santo alla cui intercessione attribuiscono la loro guarigione miracolosa. E per carità… in certe circostanze (situazioni di panico, dormiveglia, intontimento da farmaci, etc) penso che l’autosuggestione possa sicuramente giocare strani scherzi, ma se prendiamo per buone le testimonianze di questi miracolati… come potremmo definirle, se non “fantasmi”, queste anime beate del Paradiso che ottengono da Dio di poter tornare sulla terra per dare un segno della sua benevolenza? 😛
Oggigiorno fa strano e queste “apparizioni” vengono descritte con pari dosi di sospetto e scetticismo, ma fino a un centinaio d’anni fa erano qualcosa che la Chiesa tendeva a dare per acquisito, quantomeno nella devozione popolare (non credo si sia mai espressa ufficialmente in materia). Don Bosco non ebbe problemi a scrivere (di sua propria mano!) di aver assistito, assieme a tutti i suoi compagni di seminario, all’apparizione del “fantasma” del suo caro amico Luigi Comollo, che qualche giorno dopo la sua morte si era manifestato ai suoi compagni di studi per rassicurarli circa la salvezza della sua anima. E se vai a Roma, nella chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, trovi una piccola esposizione museale di reperti (raccolti alla fine dell’800) che testimonierebbero l’azione di anime del Purgatorio apparse a parenti e amici per sollecitare preghiere in loro suffragio. Robe anche molto impressionanti, potenzialmente degne di un film horror: impronte di mani apparse su libri di preghiera, bruciature sugli abiti da notte di chi andava a dormire senza recitare le preghiere per i defunti, etc. Ecco: ‘ste robe stanno nella sacrestia di una chiesa.
E’ un discorso molto delicato e qui lo sto affrontando SOLO dalla prospettiva storico-folkloristica (ma mi pare che don Marcello Stanzione abbia scritto, sul tema, due libri di carattere più storico-pastorale), ma tant’è. Oggi sembra quasi impensabile, ma fino a circa un secolo fa il cattolico-medio avrebbe trovato del tutto plausibile l’eventualità che Dio permettesse a un’anima beata (o ancor più a un’anima purgante) di manifestarsi sulla terra per dare segni o chiedere preghiere (a seconda della sua condizione). Nel corso degli anni ’20-’30, questi episodi hanno cominciato a essere riferiti sempre meno di frequenti e entro gli anni ’30 sono scomparsi quasi del tutto (salvo rare eccezioni, tipo quella di santa Clelia Barbieri). Ma fino ad allora (strano ma vero) nessuno si sarebbe stupito troppo per una storia come questa: l’avrebbe probabilmente considerata alla stregua di uno dei tanti miracoli del santo.
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Elena
Touchè! Grazie per lo spunto Lucia, con tutte le dovute proporzioni 🙂
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Lucia Graziano
🙂
Sì, ovviamente con le dovute proporzioni, chiaro. Però, ecco… 😉
Secondo me, a noi adesso sembra assurdo perché siamo abituati a pensare ai fantasmi SOLO ED ESCLUSIVAMENTE come alle anime inquiete dei romanzi. Ma se da piccini ci fossimo sentiti raccontare le storielle di fantasmi “buoni” (di cui le leggende cattoliche erano piene), probabilmente ci sarebbe molto meno difficile associarli a anime purganti o beate. E’ proprio che è cambiato il nostro background culturale, secondo me 😛
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Lucia Graziano
E nel caso specifico della leggenda: sì, “si dice” che in molte occasioni (e in particolar modo nel 1939, con grande frequenza) il fantasma di Pio X sia stato avvistato in Vaticano, e “si dice” che la cosa sia nota a chi frequenta gli ambienti vaticani (anche se ovviamente in Vaticano ti dicono che non è vero niente).
Poi vabbeh, chiaro che son capace pure io di mettere in giro la voce che l’amico cardinale di mi’ cugggino mi ha detto che; però sì, in teoria la leggenda dice che, a vedere il fantasma, sarebbero stati proprio i funzionari vaticani, ovviamente tenuti al silenzio ma ovviamente imprudentemente loquaci con persone fidate. Come in ogni buona leggenda metropolitana che si comandi 😛
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