Dalla carta dominica al mistero non riconosciuto della Madonna di La Salette: la lunga storia di un testo apocrifo dai toni apocalittici

Immagina di trovarti alle Baleari e di vedere d’un tratto il cielo che s’apre sopra di te, mentre un coro di schiere angeliche fa piroettare nell’aere un rotolo di pergamena che cala lentamente dalle nubi e poi resta a levitare a mezzo metro dal tuo naso. A quanto pare, fu proprio questo ciò che accadde a Vincenzo, vescovo di Ibiza, in un momento imprecisato del VII secolo: e quando il prelato aprì con trepidazione quella lettera che, letteralmente, era piovuta dal cielo, sentì tremare le vene ai polsi nel rendersi conto che quel messaggio era stato firmato niente meno che da Gesù.

La lettera conteneva un vasto numero di raccomandazioni che l’Onnipotente aveva voluto far giungere proprio a lui, incaricandolo di diffondere il messaggio all’orbe terracqueo. Per la precisione, si direbbe che il buon Dio avesse inventato le catene di sant’Antonio qualche secolo prima che sant’Antonio venisse al mondo, giacché il testo della lettera conteneva – fra le altre cose – questa testuale raccomandazione: «se un chierico non leggerà queste parole, ad alta voce e coscienziosamente, a tutte le persone e le nazioni del mondo, costui non sarà ammesso in Paradiso e l’Inferno lo confinerà per sempre. Chiunque invece leggerà ad alta voce queste parole, e le scriverà per diffonderle ad altri, e dopo aver dato diffusione a questo scritto ottempererà ai comandamenti in esso contenuti: costui avrà prosperità non solamente in questo mondo, ma anche in quello che verrà».

Ohibò.

Comprensibilmente impressionato da quanto aveva appena letto, Vincenzo di Ibiza s’affrettò a fare una copia della lettera e a spedirla a un collega che teneva in grande stima, Liciniano di Cartagena; il quale, però, non era quel tipo di persona da lasciarsi impressionare da giochetti di quel genere. La lettera con cui il prelato rispose al vescovo di Ibiza è sopravvissuta ai secoli giungendo fino a noi, sottoforma di una lunga serie di perifrasi attorno al concetto chiave “ma ti sei bevuto il cervello?”. Senza minimamente credere alle origini celesti di questa lettera (di cui peraltro aveva già sentito parlare prima che Vincenzo la portasse alla sua attenzione), Liciniano riteneva oltretutto che alcuni passaggi di quel messaggio avessero un contenuto blandamente ereticale. Suggerì al suo collega di cambiare radicalmente atteggiamento nei confronti di quel messaggio misterioso (che, per quanto ne sapeva lui, avrebbe anche potuto essergli stato consegnato dal diavolo) e di distruggere pubblicamente tutte le copie della lettera ancora in suo possesso, facendo ammenda e penitenza per le colpe avute nel diffonderla. Nell’anno del Signore 745, anche il concilio lateranense prese posizione nei confronti di questo testo vietandone la diffusione e dichiarandolo apertamente ereticale – ma, naturalmente, la cristianità ignorò con molta disinvoltura questi comandamenti. Del resto, quando mai è bastato un divieto per frenare la diffusione di fake news, catene di sant’Antonio e bufale di vario tipo?

E così, la lettera (che da questo momento in poi chiameremo Carta dominica, col nome con cui è più frequentemente citata in storiografia) continuò a circolare indisturbata. Ne sono state censite una esorbitante quantità di copie, tradotte in più d’una dozzina di lingue (greco antico e moderno, siriaco, armeno, arabo, copto, latino, russo, francese, inglese, italiano, tedesco, polacco, spagnolo, più qualche altro dialetto assortito). Come inevitabilmente succede in questi casi, i copisti lasciarono il segno del loro passaggio, talvolta abbreviando la lettera in un sunto che ometteva frasi ridondanti o concetti teologicamente scomodi, talaltra intervenendo per aggiungere raccomandazioni che non erano presenti nel testo originale ma che sicuramente Gesù avrebbe condiviso. Oggigiorno, esistono così tante varianti della Carta dominica che i filologi si trovano francamente in difficoltà quando viene chiesto loro di ipotizzare quale potesse essere il testo originale, potendo tutt’al più evidenziare un nucleo di temi che è comune a tutte le versioni: Gesù esorta i cristiani a osservare il riposo settimanale santificando il giorno del Signore. Sottolinea l’importanza di frequentare con regolarità la messa settimanale, minacciando pestilenze e piaghe dal sapore biblico se l’umanità non prenderà l’abitudine di attendere ai sacramenti con maggior solerzia. Richiama l’attenzione anche sugli altri nove comandamenti, specie quelli che contrastano l’usura e l’adulterio; in alcune versioni, raccomanda pure di digiunare il Venerdì Santo e anche nei quattro venerdì immediatamente successivi, a commemorare ognuna delle cinque ferite cui andò incontro al momento della crocifissione.

Col passar del tempo, si crearono anche delle varianti circa il modo in cui i copisti della lettera ne descrivevano le origini: alcuni assicuravano che fosse discesa dal cielo nel centro di Gerusalemme, oppure nel centro di Costantinopoli, oppure nel centro della basilica di San Pietro; altri dicevano che il Cristo l’avesse dettata agli evangelisti poco prima dell’Ultima Cena, altri raccontavano di come la fosse misteriosamente apparsa ai piedi della croce mentre Gesù vi era appeso in agonia. Custodire nella propria casa una copia della lettera (scrivevano convintamente alcune versioni) avrebbe garantito all’abitazione una protezione a tutto tondo nei confronti degli incendi; indossare la lettera all’interno d’un ciondolo avrebbe scongiurato il rischio di una morte improvvisa (promettevano altre varianti). Insomma, non c’è di che stupirsi se la Chiesa guardò sempre con grande antipatia a questa presunta lettera celeste, nella quale il pensiero magico si mescolava alla devozione e comunque manco quella sembrava molto ortodossa (la roba dei cinque venerdì di digiuno, da dove era uscita esattamente? E perché alcune versioni della carta sembravano insistere per un riposo domenicale così estremo da sembrare uno Shabbat ebraico?).

Naturalmente, non c’è di che stupirsi neanche se, nonostante i molteplici divieti, una buona fetta di cattolicità si diede da fare per portare avanti questa ‘catena di sant’Antonio’. Del resto, come fa notare senza mezzi termini Calogero Micieli commentando la carta dominica in New Testament Apocrypha, questo scritto ben congeniato «sfrutta la superstizione dei lettori e fa leva sulla la minaccia di danni fisici e di gravi conseguenze morali per convincerli a far circolare il testo»: fu proprio questa la «strategia che ne permise la sopravvivenza nel lungo periodo, attraverso i secoli».

***

E facciamo adesso un salto in avanti di qualche secolo, per raccontare la storia editoriale di un altro scritto a tema religioso, che solo in apparenza è scollegato dal precedente. Tutto comincia il 19 settembre 1846, quando nel comune francese di La Salette la Madonna appare a due pastorelli che stanno portando al pascolo le loro mucche.

Beninteso: l’apparizione mariana di La Salette è riconosciuta come autentica dalla Santa Sede, che nel 1851 ha chiarito che essa aveva in sé «tutte le caratteristiche della verità» e che dunque i fedeli potevano considerarsi «giustificati a credervi al di là di ogni dubbio e con certezza». E così è: ancor oggi, quella di cui sopra è la posizione di Santa Romana Chiesa.

Nella storia delle apparizioni mariane di La Salette c’è però un grosso elefante nella stanza, su cui oggigiorno molti sorvolano con una pervicacia che lascia francamente stupefatti gli storici della Chiesa. Sto parlando del decreto del 21 dicembre 1915 con cui la Congregazione del Sant’Uffizio (ribadendo la veridicità delle apparizioni del 1846 in sé e per sé) proibiva la diffusione di un testo che era stato composto nel 1879 da una dei veggenti di La Salette, con un claim che oggi potremmo probabilmente sintetizzare come “tutto quello che la Madonna ha detto veramente a La Salette e che la Chiesa vi ha sempre tenuto nascosto perché è cattiva”. E una cosa va concessa, alla veggente: sicuramente la Chiesa non aveva piacere che questo testo circolasse, visto che nel 1923 il Sant’Uffizio si premurò di rendere ancor più effettivo il divieto includendolo l’opuscolo all’interno dell’Indice dei Libri Proibiti.

«Questo decreto non è mai stato abrogato» scrive la storica Lucetta Scaraffia, riferendosi al provvedimento del 1915, «e stupisce pertanto» la disinvoltura con cui una certa fetta del mondo ecclesiale continua allegramente a diffondere il lunghissimo testo del 1879, nel quale la Vergine sembrerebbe preannunciare guerre, catastrofi, malattie, apostasia della Chiesa, venuta in terra dell’Anticristo e persino cambiamenti climatici. Anche in questo caso, è facile comprendere le ragioni che giustificano la popolarità di questo testo (le apocalissi imminenti piacciono sempre molto a una certa fascia di fedeli, specie se si può dare la colpa a un clero apostata); meno evidenti sono però le ragioni per cui il Sant’Uffizio avrebbe dovuto contrastare la diffusione di questo testo (a meno che, naturalmente, non si voglia passare al complottismo tirando in ballo la volontà di coprire la propria stessa apostasia).

Ma insomma: da dove spunta ‘sto messaggio dal sapore apocalittico che la Madonna di La Salette avrebbe dettato a Mélanie Calvat (questo, il nome della veggente in questione) e che la donna diede alle stampe dopo più di tre decadi dall’apparizione? Se è un falso, qual è la sua storia? Se la Chiesa lo riconosce come autentico, perché ne impedisce la diffusione?

In sintesi: no, la Chiesa Cattolica non riconosce come autentico il lungo messaggio dal sapore apocalittico che potete leggere qua e che fu dato alle stampe nel 1879 per volontà di Mélanie (la quale dichiarò che, a ridosso delle apparizioni, aveva volutamente consegnato al papa solamente un bignamino di ciò che la Vergine le aveva detto veramente, perché la Madonna le aveva ordinato di fare proprio così).
Per contro, la Chiesa Cattolica riconosce come autentici e veritieri i messaggi che i veggenti di La Salette riferirono fin da subito di aver ricevuto dalla Madonna, e che l’Osservatore Romano rese pubblici nel 1852. Una ventina d’anni fa, nel 1999, l’archivio storico della Congregazione per la Dottrina della Fede riportò alla luce i documenti che erano stati raccolti alla metà dell’Ottocento, nel corso delle indagini che avevano portato la Chiesa a ritenere autentica l’apparizione mariana. Il dato archivistico, nero su bianco, permise di confermare che effettivamente non c’era stato alcun tipo di censura da parte della Santa Sede; vale a dire, i messaggi che erano stati resi pubblici nel 1852 erano effettivamente quelli che i due veggenti avevano dichiarato di aver ricevuto dalla Madonna; non esiste altro materiale rimasto inedito.

A seguire, in sintesi, il contenuto dei due messaggi che la Chiesa considera autentici: se gli uomini non si convertiranno, non cesseranno di bestemmiare e non ricominceranno ad andare a Messa regolarmente, gravi conseguenze si verificheranno. Vi sarà una guerra, la Francia spiccherà agli occhi del mondo per la sua irreligione; gravi turbamenti di ordine morale si verificheranno anche in seno alla Chiesa, la quale per buon conto andrà incontro a una dura fase di persecuzioni. A questi sconquassi seguirà un periodo di pace, che però non durerà a lungo.
Insomma: non esattamente una passeggiata di salute, ma neppure quella serie di catastrofi al cardiopalma che sono contenute all’interno di quella che, nel 1879, fu data alle stampe come la extended version dei messaggi della Madonna. Il problema è che, entro quella data, Mélanie era l’unica superstite a poter avere voce in capitolo (l’altro testimone delle apparizioni, Maximin, era morto nel 1875) – e, sorprendentemente, non era quel tipo di veggente che, segnata dalla forte esperienza spirituale, si ritira in monastero conducendo una vita pia e ritirata, interamente volta alla preghiera.

Se stessi scrivendo un testo devozionale, direi probabilmente che il diavolo aveva profuso un singolare impegno nel tentare l’anima di Mélanie, riuscendo alla fine a farle prendere una gran brutta strada. Dopo un’infanzia immacolata e un’adolescenza vissuta tra casa e chiesa, la veggente di La Salette si dimostrò incapace di gestire la sua crescente popolarità, cominciando con l’atteggiarsi a profetessa de’ noantri e finendo col circondarsi di fanatici fissati con idee complottiste e smanie apocalittiche (se non addirittura occultisti veri e propri. Eliphas Lévi, ancor oggi considerato uno dei big dell’esoterismo ottocentesco, era un grande fan della veggente di La Salette). Per dirla con le parole di Jacques Maritain (fortemente devoto alla Madonna di La Salette, e proprio per questo fortemente critico nei confronti di tutti quegli elementi esterni che stavano andando a inquinarne il messaggio iniziale), «ci fu un piccolo numero di fanatici che trasformarono i messaggi di La Salette in una questione di parte; e le loro interpretazioni aberranti e il loro modo di usare profezie come una tabella ferroviaria non poterono che compromettere la causa che costoro affermarono di difendere».

Ecco: è proprio questo il contesto in cui Mélanie, in quel famoso 1879, sentì l’esigenza di condividere col mondo “tutto ciò che la Madonna di La Salette le aveva detto davvero”. Giusto per aggiungere al contesto qualche altro dettaglio, dirò che Mélanié aveva imbracciato la penna dopo aver tentato per venticinque anni di prendere il velo come suora (ma ognuna delle quattro famiglie religiose in cui aveva tentato questo cammino avevano finito col respingerla, ritenendola disubbidiente, spiritualmente immatura e/o affetta da manie di protagonismo); e, specificatamente, aveva deciso di dare alle stampe questo messaggio catastrofico subito dopo essersi vista rifiutare il permesso di fondare essa stessa un ordine religioso, la cui Regola (a suo dire) le sarebbe stata ispirata direttamente dalla Madonna. Quando diede alle stampe quella profezia di apocalisse imminente, che sembrerebbe uscita dalla sceneggiatura di un film distopico più che dalle labbra della Vergine Maria, furono proprio i rettori del santuario di La Salette, in unione col vescovo locale, a implorare il Sant’Uffizio di prendere una posizione netta nei confronti di quell’opuscolo; e lo fecero perché, come sottolinea Lucetta Scaraffia, erano «desiderosi di purificare questa devozione dalle derive esoteriche e apocalittiche di alcune sette che facevano capo alla veggente Mélanie».

Ebbero successo? Evidentemente solo in parte: gli esoteristi hanno smesso ben volentieri di interessarsi alla Madonna di La Salette, ma i credenti hanno allegramente continuato a condividere quel lungo messaggio datato 1879 che la Chiesa non ha mai riconosciuto come autentico. E non ho il minimo dubbio circa il fatto che, oggigiorno, la stragrande maggioranza delle persone ricondividano questo messaggio in assoluta buona fede (soprattutto se lo fanno in maniera, per così dire, amatoriale), senza essere al corrente della sua genesi problematica e dei decreti del Sant’Uffizio che ne vieterebbero la diffusione. Però, ahò, regà: la storia è questa. In calce, metto un po’ di bibliografia da consultare se siete perplessi, ma persino Wikipedia riassume piuttosto bene la questione (a dire che la problematica è relativamente nota al grande pubblico e non si limita a discussioni per pochi nelle aule accademiche).

***

E giunti al termine di questo lungo articolo, qualcuno potrebbe giustamente obiettare: “sì, Lucia, ma il senso di ‘sto papiello? Che cavolo c’entra la vicenda di La Salette con la storia della carta dominica piovuta dal cielo?”.

Eh, purtroppo c’entra: a dimostrarlo, nel 1928, fu Hippolyte Delehaye, sacerdote gesuita che fu attivo in seno alla Società dei Bollandisti dando una svolta determinante alla stesura degli Acta Sanctorum e allo sviluppo di quel settore di ricerca che si occupa dell’analisi storico-filologica dei testi agiografici e devozionali, (anche) al fine di valutarne l’autenticità e l’attendibilità. Ebbene: a un fine filologo come padre Delehaye, che fin dalla giovinezza aveva coltivato una frequentazione quotidiana con i testi devozionali del Medioevo, non sfuggì un dettaglio inquietante contenuto all’interno dell’opuscoletto che la veggente di La Salette aveva dato alle stampe nel 1879. Alcune frasi si ripetevano paro paro; altre rielaboravano ed espandevano concetti che si trovavano comunque espressi nel testo medievale: dopo un rigoroso studio filologico, lo storico gesuita si sentì d’affermare che il (presunto) terzo messaggio di La Salette era in realtà un calco poco fantasioso di alcune versioni della Carta dominica, con tutto il loro corollario di profezie di sventura che minacciavano d’abbattersi sulla cristianità apostata e infedele. Come se Mélanie (o chiunque la consigliasse) avesse deciso di prendere ispirazione da quel testo medievale per confezionare un messaggio capace di conquistare le folle e sopravvivere attraverso i secoli (in fin dei conti, perché cambiare il cavallo vincente?).

E, a quanto pare, la strategia pagò: in certa misura, si potrebbe dire che ancor oggi la Carta dominica del VI secolo continui a circolare indisturbata. Ha cambiato nome (come del resto mille altre volte in questi secoli), ma qualcuno la potrebbe definire solamente l’ultima delle sue metamorfosi.


Per approfondire:

  • Tony Burke e Brendt Landau, New Testament Apocrypha. Vol. 1 (Wm. B. Eerdmans Publishing Co, 2006)
  • Don C. Skemer, Binding Words. Textual Amulets in the Middle Ages (The Pennsylvania State University Press, 2006)
  • René Laurentin-Michel Corteville, Découverte du secret de La Salette (Fayard, 2002)
  • Lucetta Scaraffia, La Salette: un santuario reinventato da intellettuali e occultisti. In: Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée (tome 117, n°2. 2005, Sanctuaires français et italiens dans le monde contemporain, pp. 677-693)
  • Hippolyte Delehaye, Note sur la légende de la lettre du Christ tombée du ciel, in: Mélanges d’hagiographie grecque et latine (Société des Bollandistes, 1966)
  • Jean Stern, La Salette, Documents authentiques (Desclée De Brouwer, 1980)

22 risposte a "Dalla carta dominica al mistero non riconosciuto della Madonna di La Salette: la lunga storia di un testo apocrifo dai toni apocalittici"

  1. Avatar di zimisce

    zimisce

    Molto interessante. Quando lessi le profezie di la Salette avevo trovato un po’ stridente l’idea della Madonna che a fatica trattiene il braccio di Gesù che sta per lanciare le terribili punizioni sull’umanità. Perché mi sembra teologicamente problematica. Poi ho scoperto che in realtà l’immagine era diffusa anche in precedenza (si trova anche in alcuni quadri per esempio) quindi fa parte probabilmente di quella devozione popolare che magari non bada molto alle sottigliezze teologiche. Se un giorno volessi approfondire la genesi e la diffusione di questa immagine in un post lo leggerei volentieri.

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Sì, diciamo che quella è, paradossalmente, l’idea “meno stonante” dell’intera profezia, nel senso che la Madonna che frena la rabbia di Cristo è stato effettivamente un topos molto presente nell’arte e nel pensiero cristiano fino all’epoca della Controriforma. Paradossalmente, per buona parte della Storia della Chiesa nessuno lo avrebbe trovato particolarmente problematico, anzi.

      Per vie traverse, di questa visione medievale della Madonna (e non solo della Madonna: in alcuni casi, questo pensiero veniva applicato anche ad alcuni santi!) avevo parlato qua, a corollario di quello strano commento che papa Francesco aveva fatto nel 2017 (suscitando comprensibile scalpore e anche una certa irritazione) circa la leggenda della Madonna dei Mandarini, che fa entrare in Paradiso i criminali nascondendoli allo sguardo di san Pietro. Nel mezzo delle varie considerazioni, si parlava (un po’) anche di queste strane Madonne che rompono le uova nel paniere ai loro Figli un po’ iracondi (con rispetto parlando eh… ma ‘nsomma, a leggere certe leggende il concetto che emerge è proprio quello😅)

      https://unapennaspuntata.com/2017/05/01/madonna-dei-mandarini/

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      1. Avatar di zimisce

        zimisce

        Forse la lettura più “accomodante” che se ne può dare è che nella cultura popolare Dio e la Madonna (con i santi) giocano un po’ a fare “poliziotto buono e poliziotto cattivo” , a beneficio delle anime. Anche così, avrebbe più teologicamente più senso se fosse Dio Padre a voler comminare la sanzione e Gesù a fare da scudo, ma pazienza.

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        1. Avatar di Lucia Graziano

          Lucia Graziano

          Avrebbe sicuramente più senso, però (se provo a mettermi nella testa di un uomo-medio medievale, che di teologia non è ne capisse moltissimo) non è forse vero che Dio Padre e Dio Figlio sono la stessa persona? Forse, al popolino meno istruito, sembrava un po’ schizofrenico che Dio facesse scudo da una sanzione comminata da Dio (non so eh, ipotizzo). In un modo o nell’altro, è comunque evidente che la Madonna e i santi avevano l’aria di dar più fiducia 🤣

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Uh, interessante! Lo dice di frequente? Non sapevo!
      Non seguo con regolarità i messaggi di Medjugore, mi è ovviamente capitato di leggerne alcuni ma non avevo mai notato che fosse un tema ricorrente. Molto interessante questa Madonna dal sapore medievaleggiante!

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      1. Avatar di Emilia

        Emilia

        E non è l’unico caso: anche in altre apparizioni, riconosciute o presunte, del Ventesimo secolo, ci sono espressioni riportate dai veggenti, secondo le quali la Madonna avrebbe affermato di essersi interposta tra l’umanità peccatrice e Gesù sdegnato, ma non desideroso di annullare le creature umane.

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        1. Avatar di Lucia Graziano

          Lucia Graziano

          😯
          Uh, quali? C’è per caso un elenco?

          Molto interessante! Sarebbe interessante anche sapere se espressioni simili erano state attribuite alla Madonna nelle apparizioni (o presunte tali) dei secoli passati, diciamo dal tardo Cinquecento al Settecento (che è il periodo in cui in teoria mi aspetterei di trovarne di meno).

          Se non c’erano e c’è poi stato un ritorno di fiamma nel corso del Novecento, la cosa si fa molto interessante ai miei occhi (è da un po’ che dico di avere l’impressione che la spiritualità cattolica contemporanea si stia riaccostando in certi aspetti a quella medievale – non necessariamente in senso negativo eh).

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          1. Avatar di Emilia

            Emilia

            Suggerirei di dare un’occhiata al Dizionario delle “apparizioni” della Vergine Maria, di Laurentin e Sbalchiero, oppure il Dizionario cronologico delle apparizioni della Madonna, di Hierzenberger e Nedomansky.

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  2. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Eh…Medjugorie…a quanto pare, anche in questo caso le apparizioni della prima settimana sarebbero credibili, le successive no.
    Poiché, dopo un riconoscimento ufficiale un cattolico « può piamente crederci » io, che non sono pia, sospendo il giudizio.
    Annalisa Neviani.

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Beh, poi nel caso di Medjugore la sospensione del giudizio è assolutamente ragionevole, nel senso che un riconoscimento ufficiale non c’è (ancora?) stato in questo caso. Ci si è espressi recentemente circa le prime sette apparizioni, e nemmeno in termini assoluti se ricordo bene, ma per il resto tutto è lasciato alla discrezione del singolo fedele 🙂

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Beh, diciamo che il Vangelo non si conclude con “evangelizza altre dieci persone e andrai in Paradiso; se non lo fai, terribili disgrazie si abbatteranno su di te”. Occielo, può essere senz’altro che alcuni lettori del Vangelo la considerino l’ovvia conclusione implicita e si comportino di conseguenza, però in queste catene di Sant’Antonio l’obbligo è enunciato esplicitamente e la conseguenza di un diniego è solitamente molto tragica 😛

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  3. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    In relazione alla vita di Melanie Calvat, sono andata a rileggere quello che scrive su di lei Marco Corvaglia nel suo sito “L’illusione di Medjugorie”.
    Ho fatto un paio di scoperte interessanti.
    A. Melanie, affettando un atteggiamento umile, si definiva “un verme di terra”.
    Indovinate chi usava la stessa identica frase?
    Ma Natuzza Evolo, perbacco!
    B. I Padri Redentoristi conservano indumenti appartenuti a Melanie che recano presunte “emografie”
    Strano, ma vero.
    Sono pressoché uguali a quelli di Natuzza Evolo.
    C. Anche Melanie appariva essere stimmatizzata, ma non accettò mai di essere indagata.
    Esigeva di essere creduta ciecamente.
    Conoscete, per caso, un’altra persona che si comportava in modo analogo?
    Io sì: Natuzza Evolo.

    Res ipsa loquitur.

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Uh, non lo sapevo! Ma quindi tu (e/o Marco Corvaglia) suggerite che Natuzza Evolo abbia apertamente preso ispirazione? Perché passi il rifiuto di far analizzare le proprie stigmate (quello può dipendere da tante cose, insomma), ma se evidenzi che usavano le stesse parole e che le emografie hanno un aspetto simile vien da pensare a quello.

      Mi diceva comunque su Facebook una lettrice (e “collega” blogger: Emilia Flocchini del blog “Testimoniando”) che, a oggi, le suore redentoriste (presso cui Melanie aveva soggiornato per qualche tempo, già anziana) tengono il personaggio in gran considerazione, al di là dei passi falsi commessi dalla donna in quella fase turbolenta della sua vita in cui s’era circondata di gente strana. Ma per loro, al netto di tutto, il bilancio finale resta comunque positivo a quanto ho capito.

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      1. Avatar di Emilia

        Emilia

        Grazie della menzione!
        Rettifico però sul nome delle suore: sono le Figlie del Divino Zelo, fondate da sant’Annibale Maria Di Francia e dalla Venerabile Maria Nazarena Majone. Nella loro storia ricordano come “anno di benedizione” – così lo definì sant’Annibale – quello in cui Mélanie si fermò da loro per iniziare a guidare la nascente comunità.

        Quanto alle analogie con Natuzza Evolo, sapevo delle emografie (quelle sì conservate dai Redentoristi), ma non delle medesime espressioni per autodefinirsi.

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        1. Avatar di Lucia Graziano

          Lucia Graziano

          -.-
          Ma che scema: nella mia testa devo aver confuso i Redentoristi coi Rogazionisti (sarà che iniziano tutti e due per R 😂); perché le Figlie del Divino Zelo fanno sempre parte della famiglia rogazionista, vero?

          Lapsus mio, ho dormito poco stanotte 😅 e grazie mille per la giusta correzione ovviamente! E, sì, caspita: parlare di “anno di benedizione” è già voler ricorrere a un termine molto forte e molto elogiativo, non c’è che dire!

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