Loreto: una casa piovuta dal cielo

Il 2 dicembre 1295 (“stando alla miglior cronaca”, come dicevano gli autori antichi quando si trovavano nell’imbarazzante situazione di dover mettere assieme versioni palesemente contraddittorie tra di loro), una donna di nome Laureta si affacciò alla finestra di casa sua scoprendo con sgomento che, nottetempo, il suo giardino era stato okkupato da uno squatter. A pochi metri da quella modesta abitazione che sorgeva sulla zona costiera di Recanati, era apparsa dal nulla una casetta dall’aria vetusta che non c’era fino alla sera prima, e invece adesso sì.

Chiamati a raccolta alcuni vicini, perché l’intera storia le risultava a dir poco sospetta, Laureta si avventurò in quella casupola e fu grandemente stupita nel notare che l’edificio era completamente vuoto. L’unico elemento di design ad abbellire le pareti di mattoni a nudo era un dipinto della Madonna, che aveva l’aria d’esser piuttosto antico.

Quando sei la protagonista di un’agiografia una raccolta di miracoli medievale, impari a non farti troppe domande: e infatti Laureta si rassegnò a considerare quello strano evento come una bizzarra manifestazione dell’imperscrutabile volontà celeste e accettò di aprire le porte del suo cancello a un crescente flusso di pellegrini e umarell che non vedevano l’ora di ammirare da vicino quella casetta spuntata dal nulla. Nell’arco di pochi giorni, lo strano edificio era diventato così famoso da spingere il suo legittimo proprietario a dare qualche doverosa spiegazione: e così, la Vergine Maria apparve in visione a un eremita che s’era raccolto in preghiera all’interno della santa casa, esordendo con le incoraggianti parole “vai a dire a tutti gli uomini di Recanati, la cui città ho scelto tra tutte le nazioni per farne la mia sede, che questo è un luogo sacro terribile”.

In effetti, c’era davvero di che farsi tremar le vene e i polsi, nello scoprire in che luogo esattamente ci si trovava: Maria spiegò a un attonito pellegrino che quella in cui si trovava era niente meno che la sua casa natia – quella in cui, per tramite di Gioachino e Anna, aveva avuto luogo la sua immacolata concezione e quella in cui lei aveva vissuto tutta la sua infanzia e la sua giovinezza. Proprio lì si trovava, nel momento in cui il Verbo incarnato aveva cominciato a palpitare nel suo grembo nel giorno dell’Annunciazione.

Come se non bastasse, Gioachino e Anna avevano evidentemente deciso di lasciar la casa alla coppia di novelli sposi, giacché Gesù stesso aveva vissuto tra quelle quattro pareti fino al momento in cui Iddio non l’aveva chiamato a dare il via alla sua predicazione: e tra quelle stesse mura, Maria aveva vissuto per tutto il resto della sua vita. Dopo la sua morte, gli apostoli avevano trasformato l’edificio in una piccola chiesetta in sua memoria, decorandola con il primo ritratto che fosse stato fatto di lei: dal vivo, a firma di san Luca.

Ci si potrebbe pacatamente interrogare sul perché la casa della Madonna, che notoriamente non era marchigiana, fosse apparsa di punto in bianco sulla costa di Recanati; ma, naturalmente, la Vergine Maria aveva una storia da raccontare. Una lunga storia di disagio abitativo, se mi è concessa un po’ di ironia, iniziata suppergiù nel 1291: anno in cui le potenze angeliche cominciarono a domandarsi se fosse una buona idea lasciare quella preziosa reliquia nel luogo in cui era stata fino a quel momento. Allora come oggi, la Terra Santa era insanguinata dalla guerra, e le forze celesti temevano che gli eserciti musulmani potessero decidere di far scempio di quel luogo sacro. Sicché, si caricarono a spalle la casa di Maria e la trasportarono… no, non a Recanati: in un posto che all’epoca era noto come Tsrat, che oggigiorno si chiama ufficialmente Rijeka e che noi Italiani conosciamo meglio come Fiume.

La casa restò a Fiume per tre anni: abbastanza a lungo per permettere a un frate di nome Alessandro di ricevere dalla Madonna un’analoga visione esplicativa e per permettere a un nobiluomo, il signor Frangipani, di costruire una piccola cappella attorno alla struttura. Ma, non me ne vogliano i fiumani, la Madonna ebbe la forte impressione che la gente del luogo snobbasse quella preziosa reliquia, invece di approcciarlesi con la riverenza che lei si sarebbe aspettata: alla ricerca di un luogo dove la gente potesse apprezzare meglio quel dono, si preparò dunque a un nuovo trasloco e trasportò la casa fino a Recanati, dove arrivò nel dicembre 1295.

O nel dicembre 1294, dicono altre versioni della storia (ivi compresa quella che oggigiorno va per la maggiore): il fatto gli è che, nel marzo 1440, santa Caterina da Bologna dichiarò d’aver avuto una visione mistica nel corso della quale Gesù Cristo le confermava l’autenticità di quella reliquia preziosa, spiegando che «per l’idolatria della gente fu trasportata in Dalmazia da uno stuolo di angeli. Dopodiché, per le stesse e per altre ragioni, costoro portarono questa degnissima chiesa in vari luoghi; finalmente, trasportata dai santi angeli, fu collocata stabilmente a Loreto». “Vari luoghi” è un termine pericolosamente vago da utilizzare in un racconto medievale che parla di una casa volante: e, ovviamente, questo indusse alcune città italiane ad alzare la manina per rivendicare il privilegio d’aver a loro volta ospitato la casa di Maria. Almeno per qualche tempo.

Il caso più celebre è quello di Ancona: lì – a quanto si legge – la casa volante si posò in una località opportunatamente chiamata Posatora, sostando per circa nove mesi. Poi, gli angeli ritennero che nemmeno gli Anconetani fossero la gente giusta a cui affidare la reliquia; trasportarono dunque l’edificio sulla costa di Recanati, giustappunto nel giardino della signora Laureta – che sicuramente era una brava donna ma senza dubbio non era preparata a trasformare la sua proprietà in una struttura ricettiva per pellegrini. Agli angeli occorsero solamente pochi giorni per rendersi conto del fatto che il crescente flusso di devoti avrebbe presto comportato dei problemi gestionali che non era gentile scaricare sulle spalle della povera Laureta. Ergo, si caricarono di nuovo in groppa l’edificio e lo portarono un po’ più in là, in un appezzamento terriero proprietà di due fratelli che erano noti per piglio imprenditoriale con cui gestivano i loro affari.
Il problema è che, in questo caso, l’imprenditorialità spiccata dei due uomini finì con l’ottundere la loro coscienza: gli sciagurati cominciarono a far pagare un biglietto di ingresso a tutti i pellegrini che volevano visitare la casa. Uno scenario ovviamente intollerabile per gli angeli di Dio, che si caricarono a spalle la casetta per la terza volta e la trasportarono qualche chilometro più in là, sulla vetta d’una collina, in un’area boschiva che apparteneva alla città di Recanati e a nessun altro. Era il 10 dicembre 1295 (o 1294, se si segue la cronologia che non tiene conto del soggiorno anconetano. Altre versioni della storia omettono anche i passaggi intermedi sul territorio di Recanati e immaginano un unico trasloco in diretta da Fiume, senza scalo, avvenuto nella notte tra 9 e il 10 dicembre).

In ogni caso, è proprio sulla collina di Recanati che sorge ancor oggi Santa Casa di Loreto (simpatico omaggio alla povera Laureta che per prima si trovò a dover gestire ‘sta patata bollente). Se mi è concessa un po’ di ironia, mi piace immaginare che la Madonna, comprensibilmente stressata dopo quattro traslochi in quattro anni, abbia garbatamente detto ai suoi agenti immobiliari “grazie di tutto, ma io da qui non mi schiodo manco se mi prendono a cannonate”.

Ma le cannonate non arrivarono, anzi la santa casa di Loreto fu oggetto fin da subito d’una devozione travolgente, che la portò presto a trasformarsi in uno dei santuari più importanti e amati della cattolicità. O almeno, così racconta la versione ufficiale della storia: tra le cronache più antiche, la più dettagliata è sicuramente la Historia della translatione della santa casa della Madonna a Loretto composta da Girolamo Angelitta negli ultimissimi scorci del Cinquecento.

E, per carità: mi rendo conto che il tema sia per molti controverso; se c’è tra i miei lettori chi vuole credere per fede a questa storia, non sarò certo io a impedirgli di farlo. Diciamo però che, nell’analizzare un episodio simile, uno storico deve necessariamente cercare la ricostruzione più economicamente spiegabile, che tendenzialmente non è mai sulle linee di “sì, la casa della Vergine Maria è davvero piovuta dal cielo trasportata dagli angeli”.
E quindi, dal punto di vista strettamente storiografico, cosa si può dire sulla santa casa di Loreto e sul mito fondativo che si racconta su di essa?

***

Risalgono al XII secolo le più antiche fonti storiche che danno conto dell’esistenza di una piccola cappella dedicata a Maria, sita sulla collina di Recanati. Non ce ne parlano come di un luogo di culto particolarmente “famoso”, né tantomeno come della casa della Vergine Maria miracolosamente traslata da Nazaret da una impresa di traslocatori angelici; dicono però una cosa interessante, e cioè che questa piccola struttura in mattoni e muratura aveva la particolarità di non avere fondamenta e di poggiare direttamente sulla nuda terra. Dal punto di vista dello storico, si potrebbe ben dire che questo dettaglio ha tutta l’aria di poter aver ispirato il mito per cui l’edificio sarebbe piovuto dal cielo portato su quel colle da forze soprannaturali.

Entro il XIV secolo, la chiesetta era già diventata meta di cospicuo pellegrinaggio, nota nella regione per i numerosi miracoli che si diceva avessero avuto luogo tra quelle quattro mura per tramite d’una effige mariana che la tradizione locale riteneva esser stata dipinta da san Luca. L’Evangelista doveva essere un pittore prolifico, giacché è pieno il mondo di ritratti di Maria che vengono attribuiti al suo pennello: dal punto di vista dello storico, si potrebbe però notare che questo elemento potrebbe aver ispirato il mito per cui la struttura fosse di origini così antiche da esser stata decorata da Luca in persona.

Sul finire del XIV secolo, la chiesetta di Recanati era divenuta così popolare che i papi Gregorio XI (+1378) e Urbano VI (+1389) concessero numerose indulgenze a tutti i pellegrini che vi si recavano l’8 settembre, in occasione della festa della natività di Maria: e dal punto di vista dello storico, questo elemento è interessante perché afferma una cosa e cautamente ne suggerisce un’altra. Sicuramente, afferma che nel XIV secolo il 10 dicembre era una data che non aveva particolare valore agli occhi dei fedeli che provavano una particolare devozione nei confronti della Madonna di Loreto (…questo potrebbe dunque voler dire che, all’epoca, non s’era ancora diffusa l’idea che la chiesa fosse planata dal cielo in quel giorno?).
Secondariamente: in quei secoli, la natività di Maria era una festa molto sentita, sicché il fatto di vederla onorata a Loreto non è né anomalo né particolarmente significativo. Ma se iniziamo a mettere assieme gli elementi, e pensiamo a un edificio privo di fondamenta che sembra esser piovuto dal cielo, contenente un quadro così antico da esser stato dipinto da Luca in persona, e legato in maniera strettissima alla festa della natività di Maria, e quindi a una Maria bambina… beh: che ne dite? I tasselli cominciano a comporsi?

Entro la seconda metà del XV secolo, la chiesa che sorgeva in località Loreto era diventata davvero qualcosa di grosso. Anche in senso letterale, tenuto conto del fatto che papa Paolo II aveva avviato nel 1470 la costruzione di una basilica dedicata a Maria Liberatrice, da edificare tutt’intorno a quella piccola casa di mattoni. E, non a caso, risalgono proprio a quel periodo le prime fonti storiche che identificano la casa di Loreto con l’abitazione della Vergine Bambina, trasportata miracolosamente dalla Terra Santa all’Italia. E non in un anno casuale: il 1291 – data in cui la leggenda colloca il primo spostamento, da Nazaret a Fiume – coincide con la caduta di San Giovanni d’Acri e il crollo del Regno di Gerusalemme. A posteriori, aveva molto senso immaginare che la miracolosa traslazione avesse avuto luogo proprio in quell’anno tumultuoso in cui gli eserciti musulmani avevano sconfitto le forze crociate; tantopiù che già da qualche tempo era presente nella chiesa di Loreto un (inquietantissimo) elemento che sottolineava il suo legame con le guerre di religione. Si trattava di (veri) intestini umani rinsecchiti, appesi a mo’ di ghirlanda macabra a un muro della chiesetta: si diceva che fossero i resti di un pio marinaio cristiano che era stato rapito e sbudellato dai turchi, di fatto morendo martire.

E per quanto riguarda invece l’enigmatico scalo intermedio a Fiume, sul quale concordano tutte le versioni della leggenda? Beh: questo potrebbe essere spiegato facendo notare che, attorno al 1460, abbiamo evidenze di come si fosse insediata nel contado Recanati una comunità di immigrati provenienti dalla Dalmazia, che erano stati allontanati dalle città vicine a motivo di un’epidemia di peste la cui comparsa era stata attribuita agli stranieri. Entro la fine del XV secolo, cominciamo a trovare nella zona dei Recanati dei testamenti che dispongono legati monetari a favore della piccola chiesa di Fiume che, secondo la leggenda, sarebbe stata edificata tutt’intorno alla casetta di Maria (e che esiste davvero: se andate da quelle parti, ancor oggi potete visitarla). Evidentemente, se un cittadino di Recanati si prende la briga di fare testamento a favore di una chiesa croata, ciò può voler dire solo una cosa: gli immigrati dalmati si erano ben integrati nel tessuto sociale di Recanati; probabilmente avevano messo su famiglia e si erano integrati con la popolazione locale, pur continuando a sentirsi legati alle tradizioni della loro madrepatria. Che, chiaramente, doveva essere proprio Fiume, vista la specifica destinazione di quei lasciti testamentari: e quando cominciò a diffondersi la leggenda della casa volante, poco ci volle probabilmente per decidere un luogo in cui… averle fatto fare scalo.

***

Naturalmente, quando cominciò a diffondersi la leggenda della casa volante, apparve immediatamente chiaro che che la chiesa di Loreto era molto più che un edificio di culto come tanti; e la sua popolarità crebbe in maniera esponenziale. Dalla Francia, re Luigi XI (+1483) inviò a Recanati un cappellano incaricato di pregare espressamente per lui di fronte a quella preziosissima reliquia che aveva ospitato la Vergine; nel 1520, papa Leone X concesse un’indulgenza plenaria a tutti i pellegrini che vi si fossero recati in pellegrinaggio, e neppure c’è bisogno di sottolineare quanto la devozione alla Madonna lauretana sia stata pervasiva nell’Italia della Controriforma.

Entro le prime decadi del XVII secolo, l’anniversario del miracoloso atterraggio della casa era festeggiato ogni 10 dicembre con manifestazioni popolari di grande portata, di cui ci parla oggi anche Michela di Mani di Pasta Frolla. Io, invece, mi affiderò a un recanatese d’eccezione per farmi descrivere da lui l’evoluzione della festa popolare: come ci spiega Monaldo Leopardi (che, sì, aveva un figlio di nome Giacomo), «ai 26 di settembre dell’anno 1590, avendo già messo piede, ed acquistato credito le storie dell’Angelita e del Torsellino» che parlavano appunto della casa traslocata dagli angeli,  «il comune di Recanati decretò che ogni anno nel suddetto giorno si farebbe una Processione solenne in memoria della Venuta della Santa Casa. Poi ai 10 di decembre del 1624, si decretò che per l’avvenire nella sera dei 9, con lo sparo de’ mortaj, e col suono di tutte le campane, si farebbero fuochi sopra la torre del comune, si metterebbero lumi a tutte le finestre della città, si accenderebbero fuochi dai contadini in tutte le campagne; e nella notte alle ore 10 italiane si ripeterebbero il suono delle campane, e gli spari».

Scopo di tutto questo ambaradan? Simbolicamente, quello di trasformare l’intera Recanati in una vistosissima (e rumorosissima) pista d’atterraggio, a tutto vantaggio degli angeli traslocatori. Che in quel lontano 1295 (o 1294) se l’erano cavata benissimo anche da soli e non avevano potuto beneficiare di un così entusiastico comitato d’accoglienza: del resto erano arrivati di sorpresa, senza annunciarsi, mentre la brava gente dormiva. Ma se i Recanatesi fossero stati avvisati: beh, non avrebbero esitato un solo instante a manifestare tutta la loro gioia.

Sicché, iniziarono a manifestarla a posteriori: in un’allegria simbolica e contagiosa, per elevare al cielo il loro “grazie per questo dono”.


Per approfondire:

  • André Vauchez, Sulle orme del sacro. I santuari dell’Europa occidentale IV-XVI secolo (Laterza, 2023)
  • Karin Vélez, The Miraculous Flying House of Loreto. Spreading Catholicism in the Early Modern World (Princeton University Press, 2018)
  • La Santa Casa di Loreto. Discussioni istoriche e critiche del conte Monaldo Leopardi (Francesco Velandini e Compagnia, 1841)

10 risposte a "Loreto: una casa piovuta dal cielo"

  1. Avatar di ac-comandante

    ac-comandante

    Almeno il corpo di Nicola di Mira è stato portato a Bari da degli antesignani dei commandos…

    A me risulta che nel 1291 la Dalmazia era veneziana, non croata; non ricordo quando sia finita sotto quella corona, ma Fiume prima del 1918 era Ungheria, non Croazia.

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Sì sì, certo, “Croazia” lo dicevo io per far riferimento al posto in cui è adesso, chiaro nel ‘300 la Croazia non esisteva 🙂 Però i poveri Dalmati venivano comunque considerati stranieri, e anche stranieri di serie B, a quanto leggo! In occasione di quell’epidemia di peste erano davvero stati discriminati malamente finendo col fare da capro espiatorio, c’era l’idea che la malattia arrivasse proprio da quelle parti. Non so in effetti se fosse un generico pregiudizio contro lo straniero o se effettivamente i primi focolai fossero scoppiati in quella zona (fermo restando che i poveri Dalmati delle Marche erano lì da una vita, quindi di certo non erano untori :P)

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      LOL! Ma grazie, correggo! 😂
      Mi piace molto l’idea di una Madonna laureata, comunque. Fa il pari con quella famosa (e bellissima) miniatura medievale in cui c’è la Madonna sdraiata a letto a leggersi un libro in santa pace mentre san Giuseppe bada al bambinello in fasce 😛

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  2. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Io lessi molti anni fa che la Santa Casa era stata smontata e portata via dalla Terrasanta da una famiglia che aveva ”angeli” nel cognome. Non ti risulta niente di simile? Umberta

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      …mi risulta, nel senso, ho letto anch’io questa versione: in teoria, il trasloco sarebbe stato finanziato dalla nobile famiglia dei De’ Angelis, per mettere al sicuro quell’edificio sacro dopo la caduta di San Giovanni d’Acri nel 1291 etc. etc.

      Però al tempo stesso “non mi risulta”, nel senso che per circa due secoli le fonti storiche italiane ci parlano sì di questa chiesetta a Recanati che è chiaramente coincidente con la santa casa di Loreto, e sottolineano con insistenza quelli che all’epoca venivano evidentemente ritenuti i suoi aspetti più notevoli (es. il quadro dipinto da san Luca) ma senza far riferimento in alcun modo a una sua provenienza diretta dalla Terra Santa.
      L’idea che la casa fosse arrivata lì da Nazareth appare improvvisamente (o quantomeno viene citata per la prima volta nelle fonti scritte) nel tardo ‘400, il che secondo me rende un po’ sospetta la ricostruzione che parla di un trasloco dalla Terra Santa a cura di volenterosi benefattori duecenteschi. Voglio dire: mi vien da pensare che, se questo fosse stato il caso, se ne sarebbe parlato fin da subito (mi citi il quadro di san Luca e la particolarità architettonica della chiesa senza fondamenta, ma non mi racconti che è stata traslocata dalla Terra Santa?? Non ha molto senso).

      Onestamente non ho idea di quale sia la prima fonte storica a dare questa spiegazione alternativa, ma secondo me è abbastanza tarda. Una rilettura per cercare di dare una parvenza di verosimiglianza a una storia, diciamo, abbastanza fantasiosa, secondo me 😅

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      1. Avatar di Sconosciuto

        Anonimo

        Non ho fonti a riguardo, ma spesso ho sentito (credo anche dal Cardinal Comastri) che degli studi recenti sui materiali della Santa Casa abbiano rinvenuto pollini e altri dettagli effettivamente riconducibili ad un’origine palestinese. Ti sei imbattuta in studi di questo tipo o sono a loro volta leggendari?

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        1. Avatar di Lucia Graziano

          Lucia Graziano

          L’avevo letto anche io (en passant, senza però riferimenti agli studi citati). In tutta onestà, devo dire che le ricerche di questo tipo mi lasciano sempre abbastanza disinteressata, non perché l’idea in sé sia stupida ma perché tanto non ci capisco niente, quindi qualsiasi esperto con una buona retorica sarebbe capace di farmi credere tutto e il contrario di tutto 😂 Non mi sono mai interessata neppure alla “sindonologia” per esempio (intendendo tutte le analisi sul carbonio, i pollini, le fibre tessili e bla bla bla): non perché l’idea di fare analisi scientifiche sia di per sé balzana (anzi), ma proprio perché non è il mio campo e lascio che siano gli esperti a a fare queste valutazioni. Fra l’altro, di solito, queste valutazioni non riescono nemmeno a essere poi dirimenti…

          Più che per i pollini (di cui onestamente non ho letto niente, nel caso di Loreto), leggevo che la tecnica di costruzione della casa (il modo in cui sono disposti i mattoni in particolar modo) e alcuni graffiti che sono stati incisi sulle mura sono effettivamente simili a quelli che venivano usati in Terra Santa nel I secolo d.C.
          Altri testi che ho letto sostengono che non è niente di così anomalo nel senso che sia l’una che l’altra caratteristica si riscontrano anche in altri contesti. Boh?

          Onestamente non so proprio valutare, quindi mi sono attenuta solo alla Storia dura e pura 😛

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