The Mistletoe Bough: l’inconfondibile allegria del Natale vittoriano

E alla fine, persino il barone dovette capitolare a se stesso e ammettere che era tutto semplicemente perfetto.

Quando lord Lovell gli aveva confessato il suo amore per sua figlia, lui non aveva fatto assolutamente nulla per incoraggiare quella relazione. Nulla contro Lovell, che era un ottimo partito e incarnava sicuramente quel tipo di genero che ogni buon padre vorrebbe accogliere nella sua famiglia: il problema era solo uno, e cioè che i due giovani erano innamorati persi. Bastava vederli assieme nella stessa stanza per rendersi conto di quanto fossero assurdamente felici, in sintonia, entusiasti: e lui, personalmente, non aveva mai apprezzato quella moderna mania di sposarsi per amore, come se il sentimento dovesse essere il pilastro su cui si fondava un un matrimonio. La considerava anzi una moda rischiosa, che esponeva le nozze al rischio di scoppiare non appena ci si rendeva conto che l’amore era finito o che esisteva nel vasto mondo qualcun altro di ancor più amabile: e dunque non aveva fatto assolutamente nulla per incoraggiare la relazione.

Ma a quanto pare l’amore vince sempre, come recita l’adagio: e quando Lovell gli si era presentato per chiedergli ufficialmente la mano di sua figlia, lui non aveva di certo avuto il coraggio di dir di no. E quella sera, spiando gli occhi adoranti con cui la ragazza guardava Lovell piroettando tra le sue braccia, splendida e raggiante nel suo abito da sposa, persino il barone si soprese a pensare che, forse forse, erano proprio i giovani ad aver capito tutto della vita. E che Iddio avrebbe di certo benedetto un amore così grande, inviando angeli dal cielo a proteggerlo in ogni istante, perché sembrava semplicemente impensabile che una simile gioia potesse essere spezzata dagli avversi casi della vita.

Portando alle labbra un calice di vino, abbracciò con lo sguardo il salone da ballo vestito a festa. Era un locale ampio arredato con gusto, con mobili di legno massello e quadri di pregio (dava anche una certa soddisfazione pensare che sua figlia fosse appena diventata la padrona di casa di tutto quel ben di Dio); dal soffitto pendevano a decine i rametti di vischio, ennesima concessione al romanticismo imperante di quelle decadi. I ragazzi avevano voluto convolare a nozze sotto Natale, “il periodo perfetto per festeggiare una famiglia che nasce” avevano detto, e la sposa non avrebbe potuto essere più raggiante nel suo splendido abito bianco confezionato apposta per la festa. Sui suoi boccoli era adagiata una piccola tiara che riproduceva con onde sinuose un intreccio di vischio, il primo dei tanti doni di cui Lovell l’avrebbe fatta splendere: e la loro felicità era così contagiosa che persino lui si trovò a sorridere, guardandoli.

“Sei raggiante”, disse alla sposa qualche minuto dopo, profittando del fatto che lei s’era buttata a sedere su un divano mentre il marito si concedeva qualche chiacchiera coi suoi amici.
“Fingo bene”, gli aveva risposto lei, con la risata nello sguardo. “Il corsetto mi toglie il fiato, a forza di ballare m’è venuto male ai piedi e la serata è ancora lunga. Non ne posso più. Ma sì”, aveva ammesso, allargando le labbra in un sorriso solare: “sono così tanto felice, papà”.

Erano state le ultime parole che s’erano scambiati prima che lei ritornasse ai suoi doveri mondani di novella sposa, e forte di quella piccola confidenza che appena ricevuto aveva faticato a nascondere un sorriso quando, di lì a poco, aveva sentito sua figlia proporre agli ospiti una nuova, entusiasmante, attività per la serata – giocare a nascondino. Lei si sarebbe nascosta, aveva spiegato sorridente, e allo sposo sarebbe toccato il compito di trovarla, facendosi aiutare dagli altri invitati se lo riteneva: “non tardare troppo”, gli aveva sussurrato facendo scivolare i polpastrelli delle dita tra i suoi capelli. Il momento dopo, tutto ciò che restava di lei era il fruscio del suo strascico che spariva lungo le scale, mentre la sposa correva con passi leggeri al piano di sopra: e mentre Lovell radunava i suoi amici per organizzare con ilare serietà delle squadre di ricerca, gli adulti si erano scambiati di sottecchi occhiate divertite. “Beata gioventù”, aveva commentato qualche d’uno.

E poi la conversazione si era spostata sulla politica, sull’economia e sulla guerra nelle ex-colonie, mentre i camerieri riempivano i calici dei signori con smoking bishop speziati e fumanti. C’era voluta un’ora abbondante, forse anche un po’ di più, prima che gli adulti realizzassero che quel gioco a nascondino stava andando un po’ troppo per le lunghe, e che del resto non era mica pensabile che tutti quanti gli amici degli sposi avessero deciso in massa di profittare dell’occasione per infrattarsi. Dopo circa un’ora e mezza, Lovell rientrò in salone con un’espressione che tradiva il suo nervosismo: prese da parte il padre della sposa, chiese di potergli parlare con franchezza da uomo a uomo e spiegò con voce strozzata che la ragazza s’era volatilizzata nel nulla: ormai avevano cercato ovunque, ma di lei non c’era traccia. Forse era possibile che avesse deciso di scappare per sottrarsi a un matrimonio che non gradiva…?

Sentì stringersi la bocca dello stomaco. In quegli anni, i giornaletti erano pieni di storie del genere: spose altolocate che, subito dopo il matrimonio, scappavano coi loro amanti raccattati tra il proletariato per non aver avuto il coraggio di rifiutare fin da subito un matrimonio che era stato imposto loro dalle famiglie. Ma, no, in quel caso era assurdo il solo pensarlo: conosceva bene sua figlia, sapeva fin troppo bene con quanta intensità avesse amato il suo fidanzato; era del tutto impossibile che fosse scappata volontariamente, e del resto neanche lo sposo dava l’impressione di poter contemplare veramente quello scenario.
“E allora le è successo qualcosa”, disse Lovell con un fil di voce. “Perché, vi giuro, l’abbiamo cercata dappertutto ma non si trova”.

Nell’arco di pochi minuti, un velo di gelida angoscia era calato sulla festa nuziale. Si cominciò a perlustrare il maniero da palmo a palmo, temendo che la sposa potesse aver avuto un incidente: forse era uscita in giardino, era scivolata, s’era slogata una caviglia e adesso era impossibilitata a muoversi, nel gelo della notte (ma no, non era successo niente di simile); forse un cavallo l’aveva ferita mentre lei si nascondeva nelle scuderie (ma no, di lei non c’era traccia). Si pattugliarono i piani riservati alla servitù, per timore che un gradino di legno avesse ceduto imprigionando la sua gamba come una tagliola (ma no, nulla da fare); si spalancarono le porte dei bagni e dei ripostigli (ma fu solamente una fatica inutile). Alle prime luci dell’alba, la parola “rapimento” cominciò ad affacciarsi sulle labbra degli invitati, e la polizia fu mandata a chiamare. Per una settimana intera Scotland Yard scandagliò gli obitori e i fondali del Tamigi alla ricerca di qualche prova; ma senza successo. Sembrava che la sposa fosse sparita nel nulla, quasi fosse stata inghiottita dalle viscere della terra nello scherzo crudele d’uno di quei tanti spiriti malvagi che, notoriamente, popolano le notti di Natale.

Il povero Lovell non si riprese mai dal quel lutto, né mai volle prendere un’altra moglie: morì relativamente giovane, una trentina d’anni più tardi, consumato da una malattia che ne aveva crepato il cuore (o forse era il contrario). In assenza di eredi, il maniero fu posto in vendita, e poiché l’acquirente aveva intenzione di portare nella nuova casa alcuni dei suoi vecchi mobili di famiglia, toccò alla servitù inventariare a uno a uno tutti gli arredi superflui, per poi metterli all’asta. E così, un giorno, l’anziano maggiordomo che era stato la memoria storica della casa mise mano a una grossa cassapanca che se ne stava seminascosta in un angolo della soffitta, sotto una pila di chincaglie accumulatesi negli anni. Faticò non poco per aprirla, perché la serratura arrugginita s’era incastrata inceppando il meccanismo, ma alla fine riuscì a farla scattare e mise mano al blocchetto degli appunti, preparandosi a inventariare il contenuto della cassapanca.

Ma quando sollevò il coperchio, sentì il fiato morirgli in gola. All’interno della cassapanca c’era uno scheletro, raggomitolato su se stesso in posizione scomposta. Il legno chiaro era chiazzato da quelle che sembravano striature di sangue e in più punti era graffiato all’altezza della serratura, come se unghie disperate avessero freneticamente cercato una via d’uscita da quella tomba. La natura aveva ormai fatto il suo corso, riducendo tutto il resto a polvere e brandelli: ma l’oro e le pietre preziose erano state preservate dalla corruzione dei mortali. Sul capo dello scheletro era ancora adagiato il gioiello nuziale: una delicatissima tiara d’oro che riproduceva con onde sinuose un intreccio di vischio.

***

Credeteci o no, è questa la trama di The Mistletoe Bough, che in età vittoriana fu da molti considerata la più popolare canzone natalizia del Regno Unito (!). A seguire, un paio di noticine storiche per cercare di dare un senso a questa storia che un senso non ce l’ha: ma intanto permettetemi di sfruttare queste festose note per augurare a tutti voi un Natale pieno di gioia, allegria e speranza.
Aehm.

“Cosa c’entra la storia di una sposa sepolta viva con le atmosfere di Natale??” mi domanderete, comprensibilmente orripilati. E io risponderò, con comprensibile perplessità, che in quello strano microcosmo che fu l’Inghilterra vittoriana s’era diffusa tra la gente la bizzarra usanza di leggere ghost stories nel periodo di Natale. A Christmas Carol di Charles Dickens è solo l’esempio più famoso, che attinge al topos dei fantasmi per reinterpretarli in chiave redentrice: ma, in realtà, la maggior parte delle ghost stories natalizie erano dei racconti di paura in piena regola, con sfumature horror nel pieno senso del termine.

Era una moda, ancorché sicuramente strana, e come tale va accettata senza porsi troppe domande: in questo contesto, verso la metà dell’Ottocento cominciò ad acquistare grande popolarità la leggenda della sposa che va incontro a una morte tragica nel contesto idilliaco della sua festa nuziale. Il primo autore a narrarla fu fu Samuel Rogers, nel 1822: curiosamente, la ambientò in Italia, in un castello senza nome nella zona del mantovano, dichiarando di essersela sentire raccontare come fatto vero da una guida turistica che gli aveva offerto un tour della zona.

Sarebbe certamente interessante indagare se, nella zona di Mantova, circolassero davvero, a quell’epoca, leggende di tal tenore; certo è che la sfortunata sposa sepolta viva cambiò ben presto nazionalità, trasformandosi in una giovane nobildonna inglese il cui sogno d’amore viene infranto da una fine tragica. Sul finire degli anni ’30 dell’Ottocento, sir Henry Bishop musicò la storiella sulle rime che avete appena ascoltato: incredibile ma vero, nell’arco di qualche anno The Mistletoe Bough divenne un must di tutte le feste di Natale d’Oltemanica (!), guadagnando una popolarità francamente sconcertante. Nel 1859, folkloristi ne definirono il suo canto “una immancabile tradizione nazionale” degli ultimi giorni dell’anno, e nel 1862 quella allegra carola natalizia piena di speranza fu etichettata come “una delle più popolari che siano mai state scritte” (!). Nel 1904, la tragica storia della sposa adornata di vischio divenne la sceneggiatura di uno dei primi film muti prodotti nel Regno Unito; e mi spiace quasi dover scrivere che, a partire dagli anni Venti, il nuovo modo di guardare alle feste di Natale fece (inevitabilmente) cadere nel dimenticatoio questa canzone dal sapore antico. Fin troppo antico.

Ma, a suo modo, anche The Mistletoe Bough è una testimonianza preziosa di quello che, fino a pochi decenni fa, fu quel famoso “Natale autentico dei secoli passati” di cui si parla tanto (spesso a sproposito), senza conoscerlo davvero. E in fin dei conti, non è forse vero che la Storia è fatta (anche) per sorprenderci?

14 risposte a "The Mistletoe Bough: l’inconfondibile allegria del Natale vittoriano"

  1. Avatar di Whitewolf

    Whitewolf

    BUON NATALE! *cit yotobi*
    Scherzi a parte, sono d’accordo con te: questi mattacchioni di vittoriani in qualche modo dovevano sublimare i loro impulsi distruttivi delle regole. Anche perchè onestamente: tutti pensano subito che la pischella si sia infrattata o sia scappata, ma strano che nessuno pensi ad ascoltare dei rumori o altro.

    "Mi piace"

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Sì, diciamo che la dinamica della storia lascia parecchio a desiderare quanto a verosimiglianza… 😅
      Mettiamolo così: magari la poverina era morta molto rapidamente per mancanza d’aria (ci sarebbe da augurarglielo!) e quindi non aveva avuto modo di far sentire le sue grida d’aiuto…? 😛

      Buon Natale! 🙂

      Piace a 1 persona

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Ma no!
      Cioè, occielo: la canzone non aggiunge altri dettagli, quindi immagino che in effetti lasci aperta ogni possibile chiave di lettura. Ma per come la vedo io e per come è sempre stata interpretata, no, è stato un tragico incidente. Giocando a nascondino, la sposa si infila in una cassapanca che poi non riesce più ad aprire, perché il mobile non si apre dall’interno e la serratura si è inceppata, e purtroppo nessuno la trova. Si era nascosta troppo bene.
      Una tragedia imprevedibile, tipo quelle storie agghiaccianti che ogni tanto si leggono sui giornali di genitori che fanno partire la lavatrice senza accorgersi che il loro bambino piccolo ci era infilato dentro per giocare.

      Buon Natale a te! 🙂
      (Che detto dopo ‘sto catalogo di disgrazie fa anche molto cringe 😅)

      "Mi piace"

  2. Avatar di Austin Dove

    Austin Dove

    ma cristo santo, che ansia ‘sta storia! ed è un classico natalizio canoro?? ok la scaramanzia, ma qui è meglio toccarsi eh 😅😅😅😅

    cmq, buon Natale, spero che le feste ti vadano meglio di sta disgraziata

    "Mi piace"

  3. Avatar di franconich

    franconich

    Ringraziamento di fine anno per tutti gli articoli che ci regali.
    Una curiosita`: come sono state generate le immagini iniziali di questo post e del precedente?
    Grazie ancora!

    "Mi piace"

    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Con Bing Image Creator, come tutte quelle che carico sui vari canali social 🙂
      Anche quella del giorno del ringraziamento e del ladro che narcotizza le vittime col cloroformio sono state create con BIC: si vedono scorrendo gli archivi.

      Grazie per il ringraziamento (ti pare? 😂 Grazie a voi che mi leggete!), e buon anno!

      "Mi piace"

      1. Avatar di Whitewolf

        Whitewolf

        Veloce OT: Ho provato a creare delle pale d’altare usando BIC e il risultato è stato semplicemente tremendo. Non solo in molti casi erano omessi gli attributi iconografici, ma spesso venivano fuori dei pastrocchi immensi (tipo avevo specificato di generare quattro santi di cui uno “una santa donna in rosa con croce e ramo di palma” e mi trovo davanti un San Giovanni con due crocifissi).
        Posso chiederti se sono io che scrivo male i prompt e se hai qualche consiglio? ^^’

        "Mi piace"

        1. Avatar di Lucia Graziano

          Lucia Graziano

          Ho fatto un paio di tentativi al volo. Nel mio caso, lo vedo in difficoltà a gestire il numero dei santi presenti, sicuramente a causa della grammatica con cui mi sono espressa (“quattro santi, di cui tre maschi e una femmina vestita di rosa”), però diciamo che per il resto ci siamo abbastanza:

          https://th.bing.com/th/id/OIG.3xhIT8K1odV6t6oVws5I?w=1024&h=1024&rs=1&pid=ImgDetMain

          Tieni conto che:

          – capisce l’Inglese molto meglio dell’Italiano;
          – il prompt viene letto in maniera gerarchica, cioè le cose che elenchi per prime sono quelle a cui BIC darà più rilievo; le cose che aggiungi per ultime saranno dettagli di contorno (conviene elencare per ultimi gli elementi sullo sfondo, l’illuminazione dell’immagine, lo stile con cui vuoi che venga restituita…);
          – quando deve gestire gruppi di persone molto numerosi, sacrifica alcuni dettagli. Se gli avessi detto di farti una pala d’altare con una sola santa sopra, probabilmente avrebbe fatto benone;
          – devi essere esplicito in quello che vuoi, “una santa con croce e ramo di palma” lui non sa cosa vuol dire nel senso che la croce magari te la ficca sulla fronte della santa a mo’ di tatuaggio. Devi proprio dire con chiarezza: una santa che regge in mano un crocifisso e un ramo di palma
          – conviene farlo esercitare un po’, prima di generare immagini complesse. Se nella stessa sessione gli fai creare prima una figura femminile con croce e palma, ci sono buone probabilità che lui la memorizzi e successivamente te la sappia riprodurre meglio nel contesto di una pala d’altare.

          Quando ci prendi un po’ la mano, è divertente! 🙂

          Piace a 1 persona

          1. Avatar di Whitewolf

            Whitewolf

            Grazie Lucia ❤ Si, ammetto che sono abituato con i ritratti, dove ho maggiori soddisfazioni ^^' In ogni caso, grazie ancora e buon anno 🙂

            "Mi piace"

Scrivi una risposta a Lucia Graziano Cancella risposta