Ma poi, che vuol dire “sei la mia anima gemella”?
Sì, ok: genericamente parlando, vuol dire che “l’affinità tra noi due è così grande che eravamo inevitabilmente destinati ad amarci”; in ambito confessionale m’è anche capitato di sentire la chiosa “perché Dio ci ha creati con la precisa intenzione di farci finire assieme”.
E sta bene; vale a dire: è chiaramente lì che si vuole andare a parare. Ma chi è l’intellettuale che per primo ha introdotto la definizione di “anima gemella”, e quale concetto esattamente stava cercando di veicolare attraverso quest’immagine?
Potreste forse stupirvi nello scoprire che le “anime gemelle” sono molto più antiche di quanto probabilmente immagineremmo. Si tende a pensare che l’idea sia stata introdotta dalle filosofie new age, che (a fare una sintesi) parlano di “anime gemelle” per indicare quelle anime che nelle loro vite passate hanno già avuto modo di interagire fra di loro e che dunque si trovano naturalmente attratte l’una dall’altra nella vita terrena che si stanno trovando a vivere in quel momento. Ed è sicuramente vero che la filosofia new age ha contribuito a rendere popolare questa immagine poetica (che a sua volta aveva mutuato dalla teosofia ottocentesca); ma la definizione di “anima gemella” è decisamente ben più antica.
È medievale, a ben vedere.
Certo, anche in età classica erano esistiti autori che avevano accarezzato concetti simili (chi non ricorda gli androgini del Simposio di Platone?); ma è nel 1022 che per la prima volta viene introdotta nel dibattito filosofico l’idea propriamente detta di “anima gemella”. Vale a dire: l’idea che a scatenare l’amore tra due persone sia una congenialità di fondo delle rispettive anime – proprio nel senso ontologico e teologico del termine. Quando ci si innamora, questo non accade a motivo dell’attrazione fisica o di comuni interessi intellettuali: il corpo, i valori condivisi e le inclinazioni caratteriali non hanno alcun ruolo nel processo dell’innamoramento (o, tutt’al più, ne hanno uno secondario, che non è causa ma conseguenza): ciò che davvero fa scattare la scintilla è il palpitare gioioso di due anime che si riconoscono affini, generate cioè della stessa sostanza e dunque irresistibilmente portate ad attrarsi, così come fa il ferro con la calamita.
A esprimere queste teorie è Ibn Hazm, un arabo andaluso che nel 1022 donò al mondo Il collare della colomba, un delizioso trattato filosofico sulla natura dell’amore che è simile, per molti versi, al De Amore di Cappellano e ai numerosi trattati accademici semiseri che furono prodotti sullo stesso genere nell’Europa dell’amor cortese.
Lasciamo allora che sia Ibn Hazm ad argomentare per noi la sua teoria, in pagine densissime che non costituiscono propriamente una lettura da ombrellone… ma che, ehi!, magari si prestano bene a un San Valentino tra nerd. E di sicuro un po’ nerd lo siete, se siete finiti su questi schermi.
***
Riguardo alla natura dell’amore esistono tra gli studiosi opinioni varie e divergenti, su cui menti acute hanno lungamente dibattuto. Per quanto mi riguarda, ritengo che l’amore sia la spontanea attrazione tra anime che in questo universo fisico si trovano separate, ma che istintivamente cercano di chiamare a sé quella stessa sostanza di cui si compone la loro essenza immateriale.
Non condivido la visione di Muhammad ibn Dawud (Dio lo abbia in gloria) che seguiva certi filosofi nel dichiarare che le anime degli amanti sono come sfere segmentate che si cercano per unirsi e riguadagnare così la loro completezza originaria. Non ritengo che possa esserci incompletezza in un’anima; piuttosto, io credo che tra le anime di chi si ama esista una fortissima affinità in quel mondo superno in cui tutte le anime torneranno un giorno per avere la loro dimora eterna; e credo che vi sia anche una forte somiglianza in quella che potremmo definire la costituzione naturale delle due singole anime in questione.
Gli uomini di scienza conoscono bene il fenomeno della commistione e della separazione nei corpi creati: ogni forma cerca la sua forma corrispondente, il simile è sempre in pace con il simile. La congenerità, vale a dire l’essere elementi distinti e diversi ma di natura affine, ha un effetto percettibile e un’influenza visibile sul mondo materiale: la repulsione degli opposti, l’attrazione dei simili sono realtà che ognuno di noi ha sperimentato nello studio delle scienze fisiche. A maggior ragione ritengo che tali fattori possano operare all’interno delle anime, la cui materia è pura e incorporea, la cui sostanza è leggera e in perfetto equilibrio e il cui principio costituente è per sua stessa natura tale da essere intensamente sensibile alle emozioni. […] Anche il Corano afferma “egli è Colui che vi ha creati da un solo individuo, e che da esso ha tratto la sua sposa affinché riposasse in lei” (Corano VII 189): si noti che la ragione per cui Dio assegna all’uomo di riposare nella donna è che lei è stata creata da lui,
quasi si trattasse di due individui diversi, e sicuramente completi di per sé, ma creati a partire di un’unica sostanza immateriale. Che, nel mondo fisico, spingerà le loro anime a volersi naturalmente ricongiungere con la stessa ineluttabile necessità con cui le due parti di una calamita si attirano l’un l’altra.
Ma perché andare a impelagarsi in affermazioni così forti (e, sospetto, borderline ereticali agli occhi di qualche commentatore cavilloso), quando si potrebbe assai serenamente ammettere che, banalmente, le persone si innamorano perché si piacciono?
Beh: perché, secondo Ibn Hazm, questo non corrisponde al vero ed è dunque concettualmente insostenibile sul piano intellettuale:
Se la causa dell’amore risiedesse nella bellezza fisica, la logica conseguenza sarebbe che nessun corpo che abbia la minima imperfezione sarebbe in grado di suscitare questo sentimento. Eppure, molti uomini amano donne di scarsa bellezza pur essendo circondati da fanciulle che sono oggettivamente più gradevoli sul piano fisico, e che tuttavia non riescono a scalzare l’amata dal posto che occupa nel cuore dell’uomo.
E se a causare l’amore fosse l’armonia del carattere, la logica conseguenza sarebbe che nessuno amerebbe una persona che non la pensi esattamente come lui su ogni cosa,
scenario che ovviamente sappiamo non esser vero. Anzi, quante volte gli innamorati soffrono intimamente a causa delle differenze di vedute tra di loro, o si ostinano a cambiare certi tratti comportamentali che non gradiscono nell’altro! Ma questo non dovrebbe (anzi, non potrebbe accadere) se ci si innamorasse a causa di un’affinità caratteriale: gli amori tra persone diverse non potrebbero nascere, o quantomeno dovrebbero logicamente infrangersi irreparabilmente alla prima seria divergenza di vedute.
Dobbiamo dunque necessariamente concludere affermando che l’amore non nasce dalla piacevolezza dei corpi né dalle inclinazioni caratteriali. Ma sé non è il corpo né il carattere a generarlo, ne consegue logicamente che l’amore è qualcosa che nasce da un moto dell’anima stessa.
“Tertium non datur”, commenterebbero gli accademici medievali.
A voler fare un discorso accademico, verrebbe garbatamente da far notare a Ibn Hazm che esistono degli amori decisamente carnali che con la comunione di anime hanno ben poco a che vedere e che ognuno di noi può facilmente osservare in natura. E lui risponderebbe che è certamente vero, ma che c’è amore e amore: e quei sentimenti a cui ci stiamo riferendo non sono, per così dire, il Vero Amore. Quello che nei libri di fiabe è capace di spezzare le maledizioni e risvegliare dal sonno eterno le principesse, giusto per capirci. E per quanto gli amori d’altro tipo possano sicuramente dare considerevoli dosi di gioia e consolazione, la differenza tra i due si vede bene, nel lungo termine:
È certamente vero che a volte l’amore nasce a seguito di un evento esterno all’anima; in quel caso però svanisce quando scompare l’evento che ne è stato la causa: chi si è affezionato di te a causa di una certa circostanza esterna finirà inevitabilmente per allontanarsi da te quando quella circostanza avrà smesso di esistere.
In effetti – ammette Ibn Hazm – nessuno negherebbe che possano esistere numerose forme d’amore; sicuramente, non lo nega lui. Il problema è che la maggior parte delle persone sbaglia, nel dare loro la giusta gerarchia:
Molti pensano che la più nobile forma d’amore sia quella che esiste tra le persone che si amano in Dio (sia a causa di un identico zelo per l’opera pia in cui sono impegnati, sia come risultato di una particolare armonia nel modo di vivere la propria fede, sia in virtù di una comune conoscenza di un qualche nobile sapere). Al di sotto di questo, mettono l’amore che nasce dai legami di sangue; poi l’amore dato dalla condivisione di obiettivi identici; poi ancora l’amore che si genera da un comune interesse intellettuale. Ancora al di sotto, pongono l’amore che ha radici in una comune benevolenza verso il prossimo; e poi l’amore che nasce dall’ammirazione per l’ascesa terrena dell’amato; poi l’amore che si basa su un segreto condiviso che lega ambo le parti unendole; poi ancora, l’amore di chi vuole soddisfare un desiderio fisico. Infine, al di sotto di tutti questi, il puro e semplice amore appassionato
quello che noi definiremmo probabilmente ‘colpo di fulmine’, e per la cui genesi non si può addurre altra motivazione all’infuori di quella per cui i due amanti si amano, punto e basta. Molti lo definiscono un amore sciocco, immaturo, senza reale fondamento, adolescenziale nel più deleterio senso del termine, destinato a non durare proprio perché non ha alcuna base razionale:
Ma la verità è che tutte le altre varietà di amore giungono a conclusione quando scompaiono le cause che le hanno generate; e anche finché questi amori esistono, aumentano e diminuiscono in modo proporzionale all’intensità cui queste cause sono via via vissute […]. L’unica eccezione a questa regola è l’amore-passione, quello che nasce nell’anima e domina l’anima: questo è un tipo di amore che non passa se non con la morte.
(e forse in teoria nemmeno con quella, verrebbe da chiosare a questo punto in una prospettiva strettamente religiosa).
E che il Vero Amore, quello che nasce per comune risonanza tre le anime, sia qualcosa di completamente diverso da ogni altra forma esistente di sentimento lo si capisce bene dalla banale osservazione dei suoi effetti:
In nessuna delle altre forme di amore accade qualcosa di così potente: quell’assillo mentale, quel disordine della ragione, quella smania di rivedere l’altro, quella trasformazione del temperamento che fa alterare le naturali inclinazioni d’animo, quella malinconia, quei sospiri e tutti gli altri sintomi di profonda agitazione dell’animo che accompagnano l’amore appassionato.
Ché gli amori razionali non sono di per sé deprecabili, e possono certamente smuovere in maniera profonda i sentimenti; ma il Vero Amore è qualcosa di totalmente diverso, infinitamente più profondo e immancabilmente totalitario:
è una questione puramente spirituale, non razionale. È una fusione di anime.
Obiezioni a questa teoria? Beh sì, ce ne sono alcune. Per esempio,
Si potrebbe obiettare che se l’Amore Vero fosse come ho descritto, dovrebbe nascere spontaneamente, e in modalità esattamente uguali, in ognuna delle due anime coinvolte. A questo rispondo che l’obiezione è senza dubbio ragionevole; ma se capita che qualcuno non ricambi il sentimento di chi lo ama di vero amore, è perché la sua anima è appesantita da varie circostanze terrene che occludono e velano la sua stessa natura. E da queste, l’anima è talmente gravata da non essere in grado di riconoscere davanti a sé quell’omologa che era la sua gemella prima che esse venissero a occupare il loro attuale luogo di dimora. Ma se l’anima fosse libera di questi lacci che la appesantiscono, senza dubbio le due anime sarebbero uguali nel loro modo di fare esperienza dell’amore.
Per contro, se riflettiamo su colui che ama non ricambiato, evidentemente la sua anima è più pura e in un più avanzato stato di consapevolezza: dunque è in grado di riconoscere quella sua omologa con cui condivideva un tempo quell’antica prossimità. E così la sua anima la brama: lottando per essa, inseguendola, desiderando di incontrarla di nuovo, cercando ogni modo per attirarla a sé.
Facciamo un esempio tratto dal mondo naturale:
L’essenza del magnete, quando è a contatto con l’essenza del ferro, non è così forte da far sì che il magnete si muova verso il metallo. È il ferro che attira a sé il magnete: il moto, vale a dire, avviene sempre dal lato più potente. Ebbene: il ferro, quando è lasciato a se stesso e non è impedito nel movimento da alcun tipo di restrizione, naturalmente cerca il magnete e si affretta verso di esso: e questo avviene in modo naturale e necessario, non per sua libera scelta o perché il ferro abbia uno scopo prestabilito nel muoversi. Ma se invece trattenete un pezzo di ferro tra le vostre dita e lo stringete saldamente, esso non sarà più in grado di andare verso il magnete, perché la forza che in sé possiede, e che pure comanderebbe la sua naturale reazione, non è sufficiente per superare la forza più grande che in quel momento lo trattiene.
Insomma: tu l’ami e lei no?
Se il tuo è Vero Amore e lei non ricambia, non c’è niente di naturale in questa situazione: l’unica possibile spiegazione è che la sua anima sia appesantita, gravata da troppe preoccupazioni terrene, (oppure passioni corporali, o altri elementi di distrazione). E allora, farla innamorare passerà necessariamente attraverso un processo di elevazione spirituale che alleggerirà la sua anima rendendola più pura e più ricettiva.
Sarebbe scorretto attribuire a Ibn Hazm il merito di aver inventato l’amor cortese; ché i trovatori francesi ebbero sicuramente un ruolo determinante nel consegnare all’Occidente (o per meglio dire all’Occidente cristiano) quell’idea di amore romantico che tutti ben conosciamo. Ma sarebbe impossibile comprendere davvero l’amor cortese senza leggere gli scritti di quegli autori arabi che, in qualche modo, l’hanno preannunciato. In fin dei conti, cos’è l’amore appassionato di Ibn Hazm se non quella spontanea consonanza di desiderio che nasce dai cuori nobili e che si sublima in un processo di elevazione spirituale – proprio come, di lì a poco, avrebbero cantato i teorici dell’amor cortese?
Per approfondire:
Ibn Hazm, Il collare della colomba, a cura di Francesco Gabrieli, Edizioni SE (2022)
(ma io personalmente non ho letto questa edizione, e quella che vedete sopra è una mia libera traduzione da un’altra edizione inglese)
Whitewolf
Confesso che questa descrizione dell’amore mi affascina molto, specie nella parte che indica nell’innamoramento non corrisposto due diversi stadi dell’evoluzione spirituale.
In fondo l’amore e la “commistione delle anime” che nasce dalla vera intimità spirituale non sono esse stesse fonte di crescita per l’anima?
O sono io che viaggio troppo di cervello?
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Lucia Graziano
…non so, su questo io sono abbastanza prosaica, e tendo a diffidare un po’ (tanto) dalla retorica de “l’amore è una cosa bellissima che ti eleva spiritualmente, tutti noi diventiamo migliori per amore”. Che sento ancora abbastanza in voga in ambito confessionale (almeno in quello cattolico): cioè, io da ragazzina me la son sentita ripetere tante volte, ‘sta roba. Ed era scritta pure nei libri che ho letto per il corso prematrimoniale.
Per come la vedo io, a volte capita davvero che l’amore sia fonte di crescita per l’altro, il che è benissimo, ma trovo che sia pericoloso attendersi questo esito come se fosse cosa dovuta, perché se magari invece non accade rischi di rimanere deluso/a (o peggio, se penso a quelle persone che si innamorano di gentaglia e continuano a frequentarla al grido di “posso cambiarlo!”. Magari invece no, non puoi, e semplicemente ti sei accoppiata a gentaglia 😅).
L’amor cortese secondo me è bellissimo da vivere ma pericolosissimo se uno volesse davvero applicarlo nella vita reale (e non mi stupisce che all’epoca la Chiesa tuonasse contro questi romanzi, ritenendoli diseducativi). Anche senza arrivare agli estremi di cui sopra, di fatto è un sentimento che si basa tutto sulla manipolazione dell’altro al grido di “se mi ami davvero devi necessariamente diventare una persona diversa da quella che sei”… che ripeto, è bellissimo da leggere in un romanzo ma mi sembra la ricetta perfetta per un divorzio in real life.
Però è sicuramente molto bello e romantico da leggere eh!😅
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Whitewolf
Forse parte del fascino che sento è proprio questo: è un tentativo di sistematizzare e far passare per legge umana quello che è un fenomeno selvaggio e implacabile (come diceva Galatea Vaglio, su Facebook, parlando di Eros).
Che poi ogni sistematizzazione di questo fenomeno sia pericolosa siamo tutti d’accordo. D’altronde il mondo emotivo/spirituale obbedisce a leggi altre da quelle logiche e sistematiche del mondo reale o, per meglio dire, deve obbedire, pena nel caso non sia così, il fanatismo e la perversione di sentimenti puri e bellissimi (come hai suggerito te).
Da questo punto di vista ammetto di essere estremamente idealista ma sicuramente nella vita reale difficilmente cercherei un amore partendo da questo desiderio di cambiare me stesso e/o l’altro/altra/altr*.
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Ajeje Brazorf
«”l’amore è una cosa bellissima che ti eleva spiritualmente, tutti noi diventiamo migliori per amore”. Che sento ancora abbastanza in voga in ambito confessionale (almeno in quello cattolico): cioè, io da ragazzina me la son sentita ripetere tante volte, ‘sta roba. Ed era scritta pure nei libri che ho letto per il corso prematrimoniale.
Per come la vedo io, a volte capita davvero che l’amore sia fonte di crescita per l’altro, il che è benissimo, ma trovo che sia pericoloso attendersi questo esito come se fosse cosa dovuta, perché se magari invece non accade rischi di rimanere deluso/a (o peggio, se penso a quelle persone che si innamorano di gentaglia e continuano a frequentarla al grido di “posso cambiarlo!”. Magari invece no, non puoi, e semplicemente ti sei accoppiata a gentaglia 😅)».
Come ogni vocazione può essere cannata: anche il sacerdozio, se vissuto appieno, ti eleva spiritualmente (anche più del matrimonio, con buona pace di chi dice che ogni vocazione si equivale… Lc 18,29-30 e Mt 19,27-29 sono certamente prima di tutto riferiti a chi abbraccia i 3 consigli evangelici, e del resto il sacramento dell’ordine è – assieme al battesimo – l’unico a “resistere” alla morte). Quindi il problema è se si si sta realmente amando o meno. Ma una volta fatto un percorso serio di discernimento l’attesa che ritieni pericolosa è doverosa: amare è sempre un rischio, ci si abbandona fiduciosi all’altro e si diventa così ancora più fragili, ma è una scelta che va fatta con tutta la propria volontà per essere autentica, a rischio di rimanere delusi.
Per questo una fetta affatto trascurabile di matrimoni-sacramento sono nulli: non si è capito tutto ciò o non si è voluto capire tutto ciò, perché è una scelta che richiede volontà, vigilanza, perseveranza.
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Lucia Graziano
No, ok, in prospettiva cattolica concordo su tutto (soprattutto su fatto che la maggior parte dei matrimoni celebrati in chiesa in Occidente sono nulli già di partenza), e idealmente concordo anche sul fatto che, se tutto va bene, questa elevazione spirituale dovrebbe anche arrivare (se non altro perché, in prospettiva cattolica, gli sposi hanno dalla loro anche la grazia sacramentale, oltre alla buona volontà e alla serietà degli intenti.
Però “it takes two to tango“, come dicono gli Inglesi: e se invece, nonostante tutte le belle premesse, questo non succede? 😂 Non è mica una garanzia voglio dire (anzi, se hai jella può succedere pure il contrario – e in ogni caso il fedele cattolico è comunque tenuto a restare fedele all’impegno preso anche se il partner è diventato un insopportabile brontolone, a far l’esempio più banale); in questo senso, dico che ritengo imprudente mettersi con qualcuno nella convinzione d’ottenere qualcosa di meglio rispetto a quanto già la controparte ha da offrire, perché poi magari non succede. Se succede, meglio per tutti eh. Ma quando non succede, e tu invece partivi dal presupposto che sarebbe successo per forza, tendenzialmente è una tragedia annunziata.
Proprio in generale, al di là delle relazioni sentimentali, io trovo che sia sempre abbastanza rischioso idealizzare delle situazioni che all’atto pratico in realtà sono poi molto concrete, e in quanto tali hanno spesso ben poco a che vedere con gli ideali 🙂
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Francesca
prova tecnica. .. Non riuscivo ad inserire il mio commento in risposta al tuo.. quindi >> prova tecnica. Hanno cambiato di nuovo sistema, sembra… Cioè rispetto al cambiamento di qualche settimana fa, adesso di nuovo 🥴 . Ok provo ad inviare , poi semmai commento in altro momento quando sono più “fresca” cioè meno ingarbugliata 😌
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Ajeje Brazorf
«e se invece, nonostante tutte le belle premesse, questo non succede?»
Fino allʼultimo si prega perché succeda. La nostra santificazione passa dalla Croce, che di ideale non ha molto. Pesa eccome. Nel caso del matrimonio la Croce può anche essere pregare ogni santo giorno senza successo (apparente) che il marito cresca nella fede.
«ritengo imprudente mettersi con qualcuno nella convinzione d’ottenere qualcosa di meglio rispetto a quanto già la controparte ha da offrire»
Non ci si sposa certo nella speranza che il marito cambi carattere. Il Signore agisce soprattutto sui nostri difetti, i pregi sono già merito suo. La convinzione deve essere quella che il marito metta nelle mani di Dio i suoi difetti. È già quella una elevazione spirituale 🙂
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franconich
Sfere segmentate? Non conoscevano il teorema di Banach Tarski, che dice che una sfera tridimensionale puo` essere scomposta in un numero finito di elementi che ricomposti possono formare due sfere identiche all’originale! Vere sfere, o anime, gemelle!
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Lucia Graziano
Wow! 😯
Non lo conoscevo nemmeno io, e in effetti sì, è una immagine piuttosto suggestiva per indicare le anime gemelle! 🙂
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