Quell’altra volta che morì un papa durante il giubileo

È proprio vero che la cattolicità di oggi sembra avere il bisogno disperato di convincersi di star vivendo in tempi drammaticamente inediti sì come non ce ne sono stati mai in duemila anni: e infatti, sto cominciando a vedere qua e là gente che scrive che mai nella Storia bimillenaria della Chiesa s’era verificato l’evento epocale e infausto di un papa che muore nel bel mezzo dell’anno santo.

Ehm, no: a dire il vero era già successo nel 1700, e la peggior disgrazia occorsa alla Chiesa agli albergatori romani in conseguenza del fattaccio fu che la morte del pontefice spinse molti pellegrini a rimandare (o cancellare proprio) il loro viaggio per Roma, perché non vedevano gran valore nel visitarla in un periodo in cui non c’era un papa che potesse dispensare benedizioni.

In effetti, quello che s’aprì nel Natale 1699 fu un giubileo che partì benissimo e finì un po’ a schifio, complice una lunga sede vacante e una vasta serie di disgrazie assortite occorse a Roma e al mondo negli ultimi scorci di quell’anno. E allora, se siete curiosi, partite assieme a me in questo viaggio nel tempo attraverso l’Urbe del 1700. Ma attenzione, portate le galosce ché c’è un disastro di fango per le strade.

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Papa Innocenzo XII (1615 – 1700) aveva una certa esperienza in materia d’anni santi, visto e considerato che aveva indetto ben tre (!) giubilei straordinari nell’arco dei suoi nove anni di pontificato. A un certo punto, affermò più o meno espressamente che questa sua mono-mania era causata dalla necessità di chiedere a Iddio un surplus di grazie in un periodo che stava diventando francamente complicato; ed è pur vero che a Innocenzo XIII mancò giusto l’invasione di cavallette per fare l’en plein di catastrofi, in un pontificato che nell’arco di una decade era riuscito ad accumulare una discreta serie di cataclismi.

Appena eletto, nel 1691, gli era toccato ordinare una quarantena rigida per evitare il diffondersi di un’epidemia di peste che stava flagellando le regioni del meridione; la malattia non riuscì mai a raggiungere gli Stati pontifici, ma a creare un bel po’ di sconquasso ci pensò il terremoto che nel 1695 fece danni non da poco, specie nella città papale di Viterbo. Affinché Roma non si sentisse trascurata, il Tevere pensò bene di esondare nello stesso anno trascinando via un bel po’ di abitazioni private, il cantiere della nuova dogana e una porzione dell’Ospizio di San Michele a Ripa Grande, fortemente voluto da Innocenzo XII che lo vedeva come il fiore all’occhiello del suo pontificato.

Come se non fossero bastate le disgrazie in casa propria, il papa si trovò costretto a contemplare come spettatore inerme il progressivo infuocarsi dell’Europa, sotto il peso di una guerra che si ingigantiva sempre più e che vedeva una vasta coalizione di potente contrapporsi all’espansionismo della Francia di Luigi XIV. In quello stesso e funesto 1695, mentre Innocenzo XIII aveva probabilmente l’impressione che il mondo gli stesse crollando addosso, Bruxelles era stata praticamente rasa al suolo da bombardamenti violentissimi e prolungati per mano del Re Sole, in una catastrofe premeditata che aveva suscitato lo shock e l’esecrazione generale di tutto il mondo, figuriamoci poi dei leader religiosi.

E poi, miracolosamente, tutto sembrò voler andare a posto. La guerra che aveva insanguinato l’Europa per nove anni si concluse nel 1697 con la firma di un trattato che ingenuamente fece sognare a molti un lungo periodo di quiete; e Innocenzo XII, molto apprezzato per la ragionevolezza delle sue posizioni e la sua capacità di mediazione diplomatica, poté anche illudersi d’aver avuto un ruolo nel gettare le fondamenta per una pace duratura, giacché Carlo II re di Spagna volle interpellarlo per ottenere il suo parere augusto su una questione dinastica che minacciava di creare molti grattacapi: chi nominare suo erede, visto che lui non aveva figli? Dopo essersi consultato con un team dei suoi più esperti cardinali, Innocenzo XIII suggerì di lasciare il trono spagnolo ai figli di Maria Teresa, la sorella di Carlo II andata in sposa al delfino di Francia: due casate che fino a quel momento s’erano fatte guerra, e violentemente, si sarebbero trasformate così nelle più intime alleate.

L’idea era buona, ma non funzionò, e alla morte di Carlo II scoppiò una guerra di successione che fu ancora più lunga, più violenta e più drammatica della precedente. Ma il dolore di questa consapevolezza fu risparmiato al povero Innocenzo XII, che per allora era già cadavere: sicché, quando nel maggio del 1699 il papa indisse il giubileo per l’anno successivo, poté illudersi di aver davvero posto le basi per un anno santo in cui la pace e la concordia avrebbero regnato sul mondo intero.

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Fu un successo clamoroso, inizialmente.

Innocenzo XII, del resto non inesperto in materia di giubilei, voleva organizzare qualcosa in grande stile per l’anno santo del 1700. Complice la pace che tutto d’un tratto aveva reso più agevoli i trasporti, il papa prevedeva a Roma un grande afflusso di pellegrini e lavorò per due anni interi affinché l’Urbe si facesse trovare pronta. Ampliò le strutture ricettive già esistenti, ordinò la costruzione di nuove arterie stradali per agevolare il traffico (quella che i romani conoscono come la via Appia-Pignatelli deve il suo nome proprio al papa che la volle fortemente) e creò un’intera commissione di cardinali che ebbe ordine di dedicarsi interamente al rendere fluida e funzionale la grande macchina del giubileo.

Ci aveva visto bene. Un buon numero di leader europei volle essere presente alla cerimonia inaugurale, a sottolineare il clima di rinnovata concordia: tra gli ospiti VIP, la regina vedova di Polonia, che mise su uno spettacolino di PR niente male chiedendo di poter servire a tavola e lavare i piedi ai pellegrini che erano ospiti dell’ospizio della Santissima Trinità. L’amore che i romani provavano nei confronti del loro vescovo (se non altro perché Innocenzo XII s’era visto costretto giocoforza a spendere somme considerevoli a favore dei poveri, a fronte di tutte le catastrofi che s’erano verificate in Lazio negli anni precedenti) contribuì fin da subito a trasformare il giubileo in un buon successo di popolo… ma a determinarne il trionfo vero fu un altro fattore. E cioè: banalmente, il turismo.

Erano, quelli, gli anni del Grand Tour: e il Giro d’Italia, così come lo si chiamava all’epoca (secondo una definizione coniata da Richard Lassels, che per inciso fu lo stesso che inventò il termine di Tour de France) era un momento imprescindibile di quei lunghi viaggi-studio che portavano i rampolli delle famiglie benestanti a formarsi direttamente sul campo, a zonzo per l’Europa.

Roma non affascinava solamente i cattolici, ché anche i protestanti avevano i loro buoni motivi per voler studiare l’Urbe che era stata la culla della civiltà classica: e, ovviamente, l’idea di visitare Roma in un anno giubilare solleticava la curiosità d’ambedue le tipologie di viaggiatori, desiderosi di lucrare un’indulgenza o di poter tornare a casa con qualche aneddoto ghiotto circa la creduloneria dei papisti.

Insomma, fu un boom di visite: e quello del 1700 fu probabilmente il primo anno santo veramente turistico nel senso pieno del termine, con gruppi di viaggiatori che raggiungevano Roma allo scopo primario di curiosare in giro per vedere come funzionava quella cosa strana del giubileo (e magari attraversare la porta santa già che c’erano, perché no?). Le elemosine furono abbondanti, il clima mite agevolò i viaggi, il clero romano diede ai turisti un’accoglienza da manuale, i ristoratori benedissero il papa una volta in più e il popolo tutto si compiacque delle migliorie che il giubileo aveva portato alla loro vita quotidiana. L’unico che non riuscì a bearsi davvero di questo trionfo fu, paradossalmente, proprio Innocenzo XII, che già da un po’ di mesi giaceva a letto, gravemente malato. Le sue condizioni di salute erano tali che, nel Natale del 1699, non era neanche stato in grado di presiedere all’apertura della porta santa, delegando il compito al cardinal Emmanuel Théodose de La Tour d’Auvergne. Morì il 27 settembre 1700, meritandosi un posto nella Storia per una serie di fatti senz’altro più encomiabili dell’unico che citerò io: Innocenzo XII fu l’ultimo papa con la barba. Dopo di lui, tutti i pontefici cedettero alla moda del viso rasato che ancor oggi gode di tanta popolarità tra il clero diocesano.

Il 9 ottobre s’aprì il conclave; e fu immediatamente chiaro a tutti che la cosa non sarebbe stata rapida, giacché il collegio cardinalizio era diviso e, per quanto ci si sforzasse, non si riusciva proprio a trovare una quadra. Mentre i cardinali erano riuniti, giunse la notizia della morte del re di Spagna, che contribuì a destabilizzare ulteriormente gli equilibri interni in vista di una guerra di successione che, stando a quanto si sentiva, sembrava farsi più vicina di giorno in giorno e che rendeva evidentemente indispensabile l’elezione di un papa in grado di porsi come interlocutore autorevole tra le parti. La cattolicità dovette aspettare fino al 23 novembre per una fumata bianca che annunciò l’elezione di un rassegnatissimo e riluttante Clemente XI… il quale inaugurò in gloria il suo pontificato con un’alluvione del Tevere, tanto per gradire.

Fu un discreto disastro. Le strade erano invase di fango e di detriti, la gente aveva paura a raggiungere Roma per timore di quelle malattie epidemiche che spesso s’accompagnano alle alluvioni e, per colmo di disgrazia, l’esondazione aveva isolato tutta l’area attorno alla basilica papale di San Paolo fuori le Mura, ove era situata una delle porte sante. Occorse individuare in fretta e furia una nuova chiesa giubilare con cui “sostituire” quella diventata impraticabile, sicché i pellegrini cominciarono a essere dirottati alla basilica di Santa Maria in Trastevere.

…e qui ci sarebbe da aggiungere: sì, ma quali pellegrini?

La dura verità dei fatti è che, in quel momento, i pellegrini a Roma si contavano sulle dita di una mano. La morte di Innocenzo XII aveva provocato un boom di cancellazioni, a voler usare un linguaggio moderno: per quanto il papa malato conducesse già da tempo una vita molto ritirata, una città santa senza il suo pontefice perdeva molto del suo fascino agli occhi dei pellegrini, molti dei quali decisero di rimandare il loro viaggio a dopo la fumata bianca. Altri si lasciarono intimorire dai disordini che spesso e volentieri si verificavano in città in occasione d’ogni sede vacante, complice anche la discutibile usanza di liberare tutti i prigionieri detenuti nelle carceri cittadine in memoria di quanto era stato fatto con Barabba alla morte di Gesù. Molti, insomma, rimandarono gli spostamenti con l’intenzione d’aspettare l’elezione del nuovo papa; ma subito dopo arrivò l’alluvione, e l’anno santo volgeva ormai al termine: sicché, molti di quelli che avrebbero voluto visitare Roma finirono tristemente col cancellare il loro viaggio.

I venti di guerra fecero il resto (se può evitarlo, nessuno vuole trovarsi in viaggio in un paese estero mentre scoppia un conflitto su larga scala): sicché il giubileo del 1700, iniziato in gloria, si concluse francamente sottotono. Inaugurò così un trend che durò per tutto il Secolo dei Lumi, là dove davvero ci fu motivo di pensare che il nuovo modo di guardare al mondo avesse privato i giubilei di molto del loro fascino, di fronte agli occhi disincantati dei moderni.

Naturalmente, le cose non andarono proprio così e le immagini di questi giorni lo illustrano con eloquenza. La Storia ecclesiastica, del resto, già così tante altre volte ha dimostrato di saper stupire.


Per approfondire:

  • Anna Maria Foli, Grande Storia Dei Giubilei. Dalle origini ebraiche a oggi (Fondazione Terra Santa, 2024)
  • Frederich J. Baumgartner, Behind Locked Doors. A History of the Papal Elections (Palgrave Macmillan, 2016)
  • Claudio Rendina, I papi. Da san Pietro a papa Francesco, storia e segreti (Newton Compton, 2013)

8 risposte a "Quell’altra volta che morì un papa durante il giubileo"

  1. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    “Innocenzo XII fu l’ultimo papa con la barba. Dopo di lui, tutti i pontefici cedettero alla moda del viso rasato che ancor oggi gode di tanta popolarità tra il clero diocesano”

    in questi giorni si parla molto di Pizzaballa, cardinale dalla Terrasanta. Lui ha la barba!

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Eh, ma lui è un caso a parte: è francescano, lì la barba è di moda! 😛

      Comunque sì, ci avevo pensato anche io: ha una bella barba ben curata. Fosse mai, sarebbe una notevole svolta estetica, e secondo me molto gradita a molti, dopo secoli di preti fatti sbarbare a forza!

      (Mamma mia… qui siamo davvero a un livello di “vaticanista di Cioè“, basso basso, e me lo dico da sola assolutamente 😂)

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      1. Avatar di Francesca

        Francesca

        Anch’io dalla redazione vaticanisti di Cioè. E sulla linea editoriale della “scelta clamorosa” riferita a Santa Maria Maggiore. Il papa Innocenzo, perlomeno come “risulta” in quel dipinto, è pure un po’ stile Card. Pizzaballa 😃 Va’ che coincidenze!

        😁

        p.s. l’Anonimo del post sopra non sono io, anche se ho trovato MOLTO gustoso il suo commento . Lo scrivo come info per riconoscere i diritti d’autore altrui e per coloro che ci leggono. (Lucia può vedere l’account, presumo… Ma noi lettori no. Quindi ho chiarito)

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          1. Avatar di Francesca

            Francesca

            Niente barbetta peròòòò … lo stravolgimento di tutti i pronostici (a parte qualche rara voce) è una degna consolazione 👏 . Sono tropooooooo contenta. Riemergo da 2 giornate di binge-watching e… insomma credo che abbia visto anche tu il livello di “copertura mediatica” negli USA. Evitando io gli “scontenti di default” (l’algoritmo di youtube manco me li propone più. Lol) …ho beneficiato dell’esultanza di così tanti americani, anche una marea di protestanti inclusi.

            Una delle frasi più belle (per me) ? Il fratello maggiore del papa che descrive la sua reazione che non si ricorda proprio perché era rimasto come un attimo confuso ma dice che pensa di aver detto all’incirca “oh my God, Rob’s the pope” 😁

            Tra i tanti commenti di gente normale che ho letto sotto a video e/o articoli… Uno troppo divertente che immaginava l’Onnipotente che rispondeva (a tutti quelli che dicevano che era impossibile l’elezione di un papa americano) : “Hold my beer” [ detto degli Stati Uniti che mi sembra chiaro. Comunque l’ho googlato e sì, la metafora è proprio : “reggimi ‘sta birra, e mo’ vedi cosa faccio” 😂

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          2. Avatar di Francesca

            Francesca

            commento che continua quello del 10 maggio. Tra le cose più simpatiche in rete, youtube mi fa notare che evidentemente mi ero persa questa. Ok, effettivamente questa è forte 😂 . Da notare anche che il video non è inserito in un sito di gossip, ma nel canale del Theology of The Body Institute americano.

            Diciamo che ce n’è abbastanza per tutti gli analisti di sociologia in èra social network.

            😅 lol

            Notte 😇 Buona domenica

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  2. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    e pensare che nei mesi scorsi qualcuno scriveva che per i pellegrini l’eventuale morte del Papa sarebbe stata un colpaccio: giubileo, funerale e conclave tutto insieme ☹️. Elena

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      Eh, ‘nsomma, mica tanto, eh: stavolta il papa ha avuto un brutto tempismo per morire, e ha fatto saltare la canonizzazione di Carlo Acutis per la quale erano in procinto di mettersi in viaggio 300.000 persone da tutto il mondo. Seguo sui social un paio di questi pellegrini mancati e per loro è stato un “trauma”, altro che un colpaccio: alcuni di loro hanno dovuto disdire la partenza all’ultimo minuto perdendo la caparra, altri non sono certi di poter organizzare il viaggio in un altro periodo dell’anno, tutti sono dispiaciutissimi anche perché la notizia è letteralmente arrivata mentre loro stavano già finendo di preparare la valigia.

      Il tempismo stavolta è stato proprio infelice, altroché 😐

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