Arroccata su uno scoglio che si protende sulle acque, la chiesetta di san Giorgio a Tellaro si specchia graziosamente nel mare azzurro dello spezzino.
Oggigiorno, la chiesa s’erge su una zona che è tra le più turistiche della Liguria; ma vi furono epoche in cui vivere in riva al mare fu, per molti, uno sgradito scherzo del fato. Erano epoche in cui i pirati non si limitavano a sbancare il botteghino delle sale cinematografiche ma costituivano un pericolo serio, costante e grave anche per i paeselli in cui noi adesso andiamo in vacanza. Ancor oggi, in Liguria (e in molte altre zone costiere d’Italia, sol per quello) non si è padroni di percorrere una manciata di chilometri senza imbattersi nei resti di una qualche “torre saracena”: torri di avvistamento, utilizzate per dare l’allarme qualora le vedette avessero dovuto scorgere navi nemiche all’orizzonte.
A Tellaro non esistevano torre d’avvistamento, a dire il vero.
A Tellaro, la popolazione, che evidentemente era già dotata di quella propensione per il risparmio che oggigiorno associamo ai Liguri, aveva pensato bene di adibire a torre di avvistamento la torre campanaria della chiesa di san Giorgio. Sembrava la soluzione perfetta, in fin dei conti: vedendo navi all’orizzonte, la vedetta non avrebbe dovuto far altro che lasciar la campana… e la popolazione sarebbe stata avvisata. Efficacia assicurata: due in uno!
Sennonché…
Sennonché, quella notte stava venendo giù il diluvio.
Una pioggia come quella non s’era mai vista a memoria d’uomo: il mare era grosso, arrabbiato e spumeggiante, e non c’era nemmeno un cane che osasse avventurarsi per le vie ripide del borgo sotto quel diluvio torrenziale.
La vedetta, che stava per uscire da casa sua per prendere servizio sul campanile, lanciò un’occhiata oltre la porta, fu colpito in testa da un chicco di grandine grosso come un pugno e decise prudentemente di fare dietrofront, partendo dall’assunto che, quand’anche ci fossero state navi nemiche all’orizzonte, nessun pirata sano di mente avrebbe decido si avvicinarsi a riva in mezzo a un diluvio di quel genere.
Disgraziatamente, il capitano della nave pirata che se ne stava ormeggiata all’orizzonte ebbe esattamente la stessa identica pensata.
Rifletté sul fatto che, se c’era un modo per cogliere di sorpresa la cittadina, era proprio quello di attaccarla in piena notte, nel bel mezzo di una tempesta. Certo, occorre essere lupi di mare di un certo calibro per riuscire a governare la nave mentre le si abbatte addosso il diluvio universale, ma il capitano pirata non era uomo da lasciarsi intimidire per così poco, e tutto sommato i chicchi di grandine non fanno poi così paura a chi è già stato costretto a fare lo slalom sotto una granguola di palle di cannone. Sicché, il capitano diede ordine ai suoi uomini di virare verso la costa e cominciò a farsi strada in quel tratto di mare cupo, puntando verso la cittadina che era sprofondata nel sonno ormai da ore.
E poi, le campane cominciarono a suonare.
Cominciarono a suonare convulsamente, a tutto spiano, con quei rintocchi frenetici che gli uomini di una volta erano ancora perfettamente in grado di leggere e capire: cominciarono a suonare gridando “pericolo” a tutto il borgo, dando l’allarme tutt’intorno.
Gli uomini balzarono giù dal letto e imbracciarono le armi. Le donne si misero in salvo, correndo sotto la pioggia coi bambini nella parte più alta del paesello. I lumi cominciarono ad accendersi di casa in casa e di via in via; e quando il pirata fu raggiunto dal suono delle campane e vide le case di Tellaro improvvisamente illuminarsi a giorno… allora, prese a pugni il timone, frustrato, imprecando al cielo; e diede ordine ai suoi uomini di riportare la nave in acque alte. L’effetto sorpresa su cui contava, ormai era svanito: meglio battere in ritirata, almeno per quella notte.
Gli uomini di Tellaro urlarono di gioia, quando videro la nave virare e riprendere il largo.
Qualcuno si inginocchiò a pregare, qualcuno corse subito sulle alture per riabbracciare la sua sposa; qualcuno si avvicinò alla vedetta, che vagava per la piazza con un colorito terreo, e gli diede una pacca sulla spalla. “Grazie, amico. Ci hai salvati tutti”.
La vedetta deglutì. “Ehm… a dire il vero…”.
E fu proprio quello il momento in cui qualcuno lanciò un’occhiata al campanile in cui le campane continuavano a suonare, col ritmo allegro della festa, e aggrottò le sopracciglia senza capire. “Aspetta, amico. Ma se tu sei qui… chi hai mandato sul campanile?”.
Ci fu un attimo di sconcerto. I Tellaresi si guardarono attoniti, sotto la pioggia torrenziale: qualcuno pensò di essere di fronte a un sortilegio; la maggior parte gridò al miracolo del cielo; una minoranza pensò che qualche coraggioso eroe locale avesse forzato la serratura pur di riuscire a dare l’allarme, in barba a quello scansafatiche del campanaro che avrebbe facilmente rischiato di mandare a morte l’intera popolazione.
Poco ma sicuro, tutti concordarono nel dire che occorreva dare una risposta a questo interrogativo. E così, in processione, gli abitanti scesero lungo i carrugi fino ad arrivare alla chiesetta di san Giorgio, dove un misterioso campanaro continuava a far cantare il suo sollievo,
E… oh! Quale visione li attendeva!!
Sugli scogli, se ne stava un gigantesco polpo, abbarbicato alle lunghe funi delle campane che il vento, in quella notte di tempesta, aveva fatto cadere fuori il campanile e gettato fin sulla costa rocciosa. E aggrappandosi alle funi della torre campanaria, il polpo continuava imperterrito a far suonare le campane: come a voler avvisare lui, in prima persona, quella popolazione amica.

Tutta leggenda?
Beh… come sempre in queste storie, c’è un fondo di verità.
Raccontano le cronache che, nel secolo XVIII, Tellaro fu presa di mira dal pirata Galla D’Avenzano, giunto da Biserta con sei galee per saccheggiare il borgo. In quell’occasione, Tellaro fu salvata non da un polpo campanro (grazie tante), bensì da un clamoroso colpo di fortuna. La vedetta, un tale Marco Arzellino, era effettivamente di guardia sul campanile; però crollava dal sonno. Essendo particolarmente stanco dopo una giornata di lavoro, l’uomo aveva pensato di legare la sua gamba alla corda di una campana: la gamba sarebbe rimasta sollevata per aria, stretta da una fune – una posizione certamente poco adatta a conciliare il sonno.
Ma la fatica di una giornata passata a faticare negli oliveti, poté più della scomodità. Il nostro Marco, ancorché legato come un salame, alla fin fine cedette alle lusinghe di Morfeo: e, a quanto si narra, fu solo un movimento involontario, compiuto dalla vedetta addormentata mentre si rigirava nel sonno, a provocare inaspettatamente il primo rintocco della campana, che naturalmente risvegliò il dormiente.
Il seguito è piuttosto prevedibile: Marco vide all’orizzonte le galee che si avvicinavano, cominciò a suonare le campane, a tutto spiano, per dar l’allarme… e tutto il resto, è Storia.
Che talvolta, com’è giusto e bello, si mescola lieve alla leggenda popolare.
Immagine di copertina: Church of Tellaro Sunrise (Thomas Paal, Flickr)
vogliadichiacchiere
Ah! Tellaro . . . spero tu ci sia stata, è un posto che io trovo bellissssssimo . . . ci ho lasciato un pezzo di cuore! 🙂
Anzi, tanto mi piace che anch’io ne ho parlato, anni fa! :-*)
http://hovogliadichiacchiere.wordpress.com/2007/11/05/scappo-di-casa/
Vorrei vincere al totocalcio (o una di quelle cose che vanno di moda adesso) per avere il tempo e i soldi per viaggiare . . . 🙂
"Mi piace""Mi piace"