Ci ho messo sei anni per convincerla.
Ci ho messo sei, infiniti, lunghissimi, sfiancanti anni, a convincere il fantasma di mia nonna morta a globalizzarsi un tantinello, e portarmi un regalino in una dannata notte all’anno.
E se ve lo steste domandando… no, non sono pazza.
***
C’è qualcuno che mi legge dal Sud Italia?
No, perché, in quel caso, potreste forse confermare: in molte zone del Sud, è tradizione che i nonni morti portino sempre un piccolo regalo ai loro nipotini, nella notte fra il 1° e il 2 novembre.
E va bene che s’è sempre detto che al Sud si sente più forte il senso della famiglia; va bene che s’è sempre detto che qui al Nord siam freddi e senza cuore…
…però, cavoli, mi sembra una colossale ingiustizia: com’è che i bambini del Sud ricevono sistematicamente doni e regali dai nonni morti, e io niente?
Non vale.
Da quando la mia nonna Rita ha cominciato ad abitare i verdi pascoli del cielo, ogni anno che il Signore ha mandato in terra ho manifestato a mia mamma la mia pia speranza di vedermi recapitare un piccolo regalino da parte di mia nonna.
‘na robetta, eh.
Un pacchetto di caramelle.
Un rotolo di carta igienica.
Qualunque cosa.
Sono contrarissima all’usanza di mescolare tradizioni che non hanno niente a che vedere fra di loro, e so benissimo che non c’è ragione per cui il folklore di una zona debba essere distorto e mescolato a quello di altre aree… ma sono anche infantile e ostinata, quando lo voglio.
E in questo caso, lo volevo: pensavo ai bimbi siciliani che vengon riempiti di doni dai nonni morti, e pensavo a quella zotica di mia nonna che mangia castagne a sbafo senza manco dir “grazie”. Ma insomma!
Dopo sei anni di lamentele mia nonna morta deve aver capitolato, e quest’anno mi ha portato in dono un pacchettino di Tic-Tac.
***
Questa lunga premessa serviva a introdurre l’argomento di oggi – e cioè, che ci sono nonni morti ancor più generosi dei miei cari estinti.
Dopo tutte le volte che ne ho parlato, non dovrebbe stupirvi l’antica usanza di lasciare la tavola imbandita nella notte fra il 1° e il 2 novembre. La tradizione vuole che, in quella notte, i parenti che se ne sono andati tornino sulla terra per visitare i loro cari, e per passeggiare di nuovo nelle loro vecchie case. Un po’ in tutte le regioni d’Italia, era tradizione preparare per i propri morti una pietanza specifica da lasciare sulla tavola (vino e castagne qui in Piemonte, il pan de lemosina in Lombardia, la papparella ‘re muort a Napoli… e così via dicendo). I defunti del Meridione ricambiavano la cortesia con un regalo per i bimbi; i defunti del Nord, essendo pitocchi, mangiavano a sbafo e tanti saluti.
…ma vi parlo di questa tradizione nel “Calendario dell’Avvento” perché, anticamente, poteva capitare che i morti scegliessero talvolta un’altra data, per tornare sulla terra a visitare i loro cari.
Alcuni spiriti lo facevano nel giorno dei defunti.
E altri spiriti lo facevano… nella notte di Natale.
***
Giusto per citare i casi più famosi, vi dirò che quest’usanza viene testimoniata nel V secolo da Sant’Agostino; nel IX, da Rabano Mauro; nel X, da Ottone di Cluny, e nel 1310 dal Consiglio di Treviri.
La credenza era anche comprensibile, se ci pensiamo: in quel tempo, in molte zone d’Europa, il Natale coincideva con la fine dell’anno vecchio e l’inizio dell’anno nuovo (…un po’ come la notte di Ognissanti, in altre zone d’Europa e in altre epoche). In quel momento di passaggio, in quella notte che non è più ma non è ancora, era anche ragionevole pensare che le anime dei defunti potessero tornare sulla terra, e fare ciò che era loro precluso durante il resto dell’anno.
Era anche molto ragionevole che la Chiesa cercasse di riportare l’attenzione dei fedeli sul concetto “oggi è il Natale di Cristo”, più che “stanotte torna fra i vivi il bisnonno Amilcare”. E quindi, pian piano, l’antica tradizione dei morti che tornano sulla terra viene cristianizzata e resa più consona al Natale, fino a sparire del tutto.
Il ceppo di legno che si faceva bruciare nel camino affinché i morti potessero scaldarcisi, diventa improvvisamente la fiamma calda che si lascia accesa perché Maria possa asciugarci le fasce di Gesù Bambino.
La tavola imbandita che veniva preparata per i nonni morti, adesso viene messa a disposizione di Maria e Giuseppe: che devono mangiare in fretta, strada facendo, durante il viaggio per Betlemme.
Oggigiorno, sulla scia delle tradizioni americane, l’abitudine di lasciare i biscottini sulla tavola nella notte di Natale ha subito un’ulteriore evoluzione: non sono più i morti a beneficiarne; non li mangiano più Maria e Giuseppe; ma finiscono direttamente nel pancione rosso di Babbo Natale.
Però… davvero.
In origine, circa un millennio fa, poteva capitare di frequente che, nella notte di Natale, i bambini ricevessero un regalo… non da Gesù Bambino, non da San Nicola, non da Santa Lucia… ma dai loro nonni morti.
Che in quella notte di Natale che rappresentava anche la fine dell’anno, ottenevano il permesso di tornare sulla Terra per visitare i cari.
E in effetti, senza nulla togliere a Babbo Natale e a tutti i suoi colleghi che portano doni ai bimbi buoni, ci può essere forse un donatore più gradito del nonnino che hai tanto amato, e che da qualche anno non è più con te?
È un peccato che i fantasmi dei nonni morti, al giorno d’oggi, siano completamente assenti da tutte quelle tradizioni che siamo abituati ad associare alla festa.
Sarebbe tanto bello, in fin dei conti, festeggiare il Natale assieme a loro…
vogliadichiacchiere
Passano e lasciano i regali la notte dei “morti” anche in alcuni paesini di una valle minore in provincia di Bergamo! 🙂
Sono contenta che, almeno quest’anno, ti abbia lasciato qualcosa la tua nonna! 🙂
Ciao, Fior
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Lucyette
>.>
Ma guarda te che zotica, ‘sta nonna mia… fino a stasera cercavo di consolarmi dicendo “evvabbeh, è una tradizione del Sud, qui al Nord non s’è mai sentito, povera nonnina, non lo sapeva di dover fare ‘sta cosa”… adesso pure a Bergamo?!
Non ha più scuse 😀
😛 😛
Beh, in effetti se ci pensi è molto ragionevole. Ma scusa: i morti tornano nelle case dei vivi, mangiano a sbafo il cibo preparato apposta per loro, e manco si prendono il disturbo di scriverti “grazie” su un biglietto? 😀
Son più ragionevoli quelle tradizioni in cui i morti mangiano e lasciano un qualche segno del passaggio!
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vogliadichiacchiere
Da sempre . . . ricordo che me lo raccontarono da ragazzina e calcola che potrei avere l’età di tuo padre! 😀
Ciao, Fior
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AlphaT
Ma se uno i nonni ce li aveva vivi?
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Lucyette
Magari venivano i bisnonni o i prozii, nell’attesa di veder trapassare i parenti più stretti… 😛
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Mousegraph
A Messina c’è una generica “festa dei morti” e ai bimbi si portano “gli ossi dei morti”, dolci di zucchero durissimi che se hai ancora i denti da latte li perdi 😦
Nel senso che a batterli col martello fatichi a romperli, davvero… e hanno la forma di ossa di morti, mi ricordo che dovevo succhiarlli…
Avevano una forma strana, una pasta sotto e lo zucchero duro sopra… ma erano buoni 🙂
http://www.ricettesiciliane.com/dolci-siciliani/ossa-di-morto/
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rosenuovomondo
oh caspita… no qui nel profondo nord non mi pare esista questa usanza…
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Lucyette
Beh: qui in Piemonte c’è l’usanza di lasciare castagne per i morti a novembre, appunto (e ‘sti maledetti non si degnano nemmeno di ringraziare)… lì da voi, non si fa?
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ago86
Ciao Lucia, buon onomastico!
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Diego
Secondo me la tua strategia è cercare tutte le tradizioni che portano regali per fare man bassa di tutto quello che potrebbe venire 🙂
intanto oggi tocca a te ricevere anche gli auguri!
magari la tua Santa ti farà dono di qualche dolcetto, da noi solo un “buon onomastico”
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Lucyette
Mi hai proprio capita… ;-))
In compenso… no: devo dire che con me Santa Lucia è sempre stata molto generosa. Qui a Torino non c’è la tradizione di ricevere regali a Santa Lucia, ma i miei genitori dovevano aver fatto uno strappo alla regola in virtù del fatto che era il mio onomastico… e quindi, a Santa Lucia, ho sempre ricevuto un “anticipo” dei regali di Natale. Dai nonni, niente, ma Santa Lucia è sempre stata molto generosa 😛
Poi quest’anno mi ha anche fatto arrivare un calendario bellissimissimo e tanti santini… ;-)))
Grazie!!
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