Il corpo delle donne (martiri)

Sotto le persecuzioni dell’Imperatore Valeriano morirono diversi martiri fra cui, ad esempio, San Cipriano di Cartagine, San Lorenzo (quello della graticola), Papa Sisto II, e molti altri.
Come accennavo in precedenza, questa però è stata una persecuzione “maschilista”, nel senso che ha ucciso solo individui maschi, consacrati, membri del clero. Laici, donne e bambini, in questo frangente, son stati lasciati in pace. Non ci risultano notizie di Sante martiri martirizzate sotto Valeriano.
Il che, fra l’altro, è una gran bella cosa, se ci pensate, perché… ahò: apriamo una parentesi. Ma erano persone con delle serie patologie mentali, ‘sti persecutori di cristiane femmine, se diamo retta alle agiografie dell’epoca!

No, sul serio.
Questo mio blog parla di Santi, indi apriamo una parentesi sul modo in cui le vergini martiri venivano fatte passare al Creatore.
Ma non era mica ‘na cosa normale, eh.

Che i persecutori cristiani avessero mostrato un certo estro creativo nel maciullare le loro vittime ambosessi, okay, è cosa nota (abbiamo martiri fritti vivi, arrostiti sulla graticola, fatti a tocchetti, e così via dicendo)… ma nei confronti delle sante martiri c’abbiamo un accanimento perverso che è davvero qualcosa di patologico.
Vogliamo fare qualche esempio?

Santa ApolloniaSanta Blandina di Lione, martirizzata nel 117. Non si accontentano di mandarla in un’arena a farsi incornare da un toro, ma le ordinano prima di denudarsi e di coprirsi solo con una rete da pesca che dà quell’affascinate effetto vedo-non-vedo che adesso va tanto di moda nei sexy shop.
Vabbeh.

Santa Giulia di Corsica, uccisa in odium fidei. I persecutori le strappano il seno con due tenaglie, buttano a terra le mammelle (e laddove i seni, cadendo, toccano la terra rocciosa e arida, lì comincia a zampillare una sorgente d’acqua).
Vabbeh.

Sante Ruffina e Seconda. Martirizzate (si dice) sotto Gallieno (che in realtà non ha mai fatto persecuzioni), vengono condannate a morte (e okay), denudate (e okay), sbattute in una cella buia e senza sfiati d’aria (e okay), in cui vengono sommerse di letame e sterco, a mo’ di tortura.
Questa comincia a sembrarmi una perversione un po’ inquietante.

Santa Apollonia, morta ad Alessandria durante un pogrom anticristiano. ‘sti pazzi esaltati prendono da parte la vecchietta (in barba all’iconografia, Sant’Apollonia era una anziana vedova), e la riempiono di bastonate in faccia fino a farle cadere tutti quanti i denti.
Ellamiseria.

Sant’Agata, martirizzata sotto Decio. Ecco un’altra vittima della fissazione maschile per le mammelle: le strappano il seno con le tenaglie, a mo’ di svago, e poi la uccidono più comodamente.
Ma siamo di fronte a un branco di maniaci sessuali?

Santa Lucia, fatta ammazzare sotto Diocleziano. La mia omonima, stranamente, dev’esser capitata sotto le mani di carcerieri un po’ meno instabili, nel senso che le fonti antiche ce la danno per martirizzata attraverso un colpo di pugnale. Ma se fermiamo la gente per strada e le chiediamo a bruciapelo “com’è stata martirizzata, Santa Lucia?”, il 99% delle persone risponderà “eh, le hanno cavato gli occhi”.
Per una spiegazione di questo buffo slittamento oftalmologico, leggete qui; ad ogni modo, mi pare molto comprensibile questa devozione popolare che s’è inventata un truculento martirio ad hoc anche per la Santa siracusana, calcolando che le sue “colleghe” vergini martiri hanno avuto tutte quante vicende molto più… movimentate.

E, a questo punto, mi ripeto la domanda.
Ellamiseria, e che è? Eran tutti dei sadici repressi, ‘sti persecutori anticristiani?
C’avevan tutti quanti dei traumi irrisolti, per divertirsi a staccar pezzi di corpo alle sante vergini che manco Jack lo Squartatore?

Beh.
Una spiegazione (probabilmente) c’è, e si articola su due fronti: uno è quello della Storia vera, e uno è quello dei “ricami” che, nel corso dei secoli, gli agiografi possono aver fatto alla Storia vera.
Partiamo dal secondo, così mi spiego meglio.

So di non turbavi, nel momento in cui vi dico che, in molti casi, le agiografie non descrivono la vita di un martire esattamente com’è andata sul serio. Mettendo da parte il caso di quei Santi che, forse, non sono mai nemmeno esistiti (e infatti, con la revisione del martirologio fatta nel 2001, il Vaticano ha giustamente deciso di espungere tutti quei Santi la cui storicità non era accertata)… mettendo da parte quelli, dicevo: è abbastanza ovvio che le agiografie più antiche non vanno lette come un articolo di giornale dei nostri tempi.
Che San Giorgio non abbia ammazzato un drago, è una cosa abbastanza palese; che San Cristoforo abbia servito la Morte per lunghi anni, come nei romanzi di Terry Pratchett, è chiaramente una metafora, e non un’informazione da prender per buona così alla lettera. Che un Santo tipo Aureliano continui a parlare ai suoi persecutori anche dopo che gli han mozzato la lingua, ha chiaramente una valenza simbolica di cui parlerò in un altro post… e, ad ogni modo, è ovvio che le agiografie più antiche andavano avanti a suon di topos, con simboli e metafore che vanno letti come tali. All’epoca, un’operazione di questo genere non era percepita come “falsificare la cronaca dei fatti”; semmai, la si riteneva un modo per arricchirla. Prendere la cronaca nuda e cruda, e impreziosirla dandole una morale (in più, o più evidente)
Tutto ciò per dire: potrebbe essere un topos letterario anche quest’insistenza per le torture “sessuali” rivolte alle Sante vergini?

Santa LuciaBeh… forse che sì, forse che no.
E, per cominciare, analizziamo il “forse che no”.

Innanzi tutto, proviamo a farci questa domanda: per che cosa sono diventate Sante, queste Sante vergini dei primi secoli?
Sì, okay, sono diventate Sante per la loro fede e perché sono state martirizzate, ma qual era il loro carisma, diremmo oggi in termini moderni?
Santa Gianna Beretta Molla ha vissuto santamente, ma ha avuto una vita molto diversa da quella di Madre Teresa (che ha avuto una vita molto diversa da quella di una suora di clausura). E quindi: precisamente, cos’è che accomunava queste Sante vergini dei primi secoli?
Nella maggior parte dei casi, queste giovani martiri condividevano una vocazione alla verginità. Erano “suore”, potremmo dire: salvo alcuni casi (isolati) di madri di famiglia, ci troviamo davanti a ragazzine o giovani spose che si erano consacrate a Dio, facendo voto di verginità. E già questo, in parte, potrebbe giustificare, sul piano storico, un accanimento particolare da parte dei persecutori: quando santa Lucia viene portata al cospetto del console romano, lui le dice “assì, tu volevi rimanere vergine per Dio per guadagnare la vita eterna? E guarda un po’ che dispetto ti faccio: prima d’ammazzarti ti faccio stuprare dai miei soldati, così non sei più vergine e il tuo Dio non ti vuole più”.
Da questo punto di vista, si può spiegare un certo accanimento che i persecutori romani devono effettivamente aver avuto contro le donne cristiane consacrate a Dio: lo stupro, il denudamento e altre pratiche di questo genere dovevano aver lo scopo di essere un’ultima umiliazione estrema. Forse, ancora più grave, proprio perché fatta su una donna che aveva sempre voluto conservarsi pura.

E questa è la verità storica; detto ciò, passiamo all’agiografia.
È possibile che l’agiografia ci abbia un po’ “ricamato sopra”? Cioè, che abbia un po’ calcato la mano su questi martirii truculenti, allo scopo di meglio evidenziare il carisma di queste Sante?
Beh, probabilmente sì; in certi casi, probabilmente sì. Santa Lucia è un caso emblematico: le fonti più antiche ci assicurano che fu uccisa con una pugnalata; le fonti agiografiche tardo-medievali cominciano a mettere in giro la voce di Santa Lucia a cui han cavato gli occhi (e di nuovo vi rimando qui per spiegazioni più dettagliate). Sotto un certo punto di vista, aveva un senso: se a tutte le altre Sante martiri han cavato qualcosa (denti, capelli, seni, chi più ne ha più ne metta) Santa Lucia sembrava l’eccezione, la stranezza. E quindi, la devozione popolare comincia a mettere in giro la voce che anche a Santa Lucia abbian cavato qualche parte anatomica. Nel suo caso gli occhi, toh.

Santa Apollonia 2È lecito pensare che un atteggiamento del genere si sia avuto anche nel caso di qualche altra Santa vergine? Ovverosia: che qualche dettaglio “truculento” circa un martirio particolarmente turpe sia stato aggiunto nel corso dei secoli, ingigantendo almeno in parte ciò che è successo storicamente?
Probabilmente sì, è plausibile, (e questo comunque non intacca il fatto che queste vergini siano esistite veramente, è chiaro); è ipotizzabile soprattutto se calcoliamo una costante che sembra accompagnare tutti i martirii di queste poveracce. A dar retta alle agiografie, sembra che a ‘ste poverelle abbiano sempre cavato parti anatomiche… che avevano a che fare con la bellezza.
Capelli, seni, occhi, denti (cioè sorriso): sembra che i persecutori siano andate a colpire le Sante vergini proprio su quelle caratteristiche che le rendevano “femminili”, “donne”. Non gli tagliavano un piede o un dito indice, a ‘ste poverette: le privavano di quelli che sono comunemente considerati attributi di femminilità: capelli, sorriso, sguardo luminoso…
Sembra quasi che questi persecutori abbiano voluto colpire queste donne proprio nella loro femminilità, proprio in quel loro corpo di donna che simboleggiava e incarnava la loro scelta religiosa. (Perché… sì, dai: in buona sostanza, il carisma di una giovane vergine dei primi secoli era composto da questi due elementi – fede & preghiera, e la volontà di donare il proprio corpo a null’altri che a Dio, scelta davvero sconvolgente e rara, per quell’epoca).
E insomma: sembrava quasi che questi persecutori volessero provocatoriamente mettere le mani su quei corpi santi e incorrotti, che simboleggiavano fisicamente la scelta religiosa di queste vergini. E sembra quasi che questi persecutori volessero abusarne – non solo con stupri (che tendenzialmente non andavano manco a buon fine), ma anche proprio con violenze e mutilazioni, volte a rendere un po’ meno donna, un po’ meno bella, un po’ meno pura, un po’ meno santa, quella vergine che stavano uccidendo.
Almeno: queste erano le loro intenzioni; che ci siano effettivamente riusciti, è poi un’altra storia. E infatti doveva esserci, nei fedeli, quasi un senso di ripicca e di vittoria, nell’accendere un cero alla statua di quella Santa che anche nella sua iconografia portava su di sé i segni umilianti di quelle violenze. Violenze che però non erano riuscita a piegarla, né ad umiliarla, né men che meno erano riuscite a farle perdere l’ammirazione e l’amore incondizionato dei suoi fedeli.

Sant'AgataIn questo senso, forse, si può parlare anche di un topos letterario che accompagna le agiografie di molte Sante vergini. Come a dire: di violenze “mirate” ce ne sono sicuramente state, come gesto di spregio nei confronti di queste vittime; poi, in alcuni casi, l’agiografia potrebbe aver calcato un po’ la mano, proprio meglio sottolineare il messaggio.
Io dono il mio corpo a Dio, Gli giuro di essere di nessun altri tranne che Sua; e a quel punto a nulla possono valere gli oltraggi e le offese dei miei nemici. Abbrutita, umiliata, trascinata in un postribolo, privata di tutto quello che mi rendeva “donna” e mi rendeva “bella”: nonostante tutto, nonostante tutte queste mostruose offese, la mia bellezza continua a rifulgere. Perché è una bellezza molto più profonda, che ha ben poco a che vedere con la mera bellezza fisica: questa può essere deturpata ed annullata; la bellezza che deriva dall’essere di Dio è qualcosa di molto più profondo, che nessuno potrà mai toglierci. Sembra proprio che sia questo il messaggio che vogliono trasmetterci le agiografie di queste giovani Sante vergini. A scorrerne un certo numero tutte in sequenza, sembra proprio che sia esattamente questo, il messaggio che vogliono trasmetterci.

A volerli leggere sotto quest’ottica (e, probabilmente, è l’ottica migliore da cui leggerli), gli atti dei martiri hanno tutta una serie di sottotesti e di simbolismi, che a prima vista potrebbero sfuggire. Ad esempio, si notano anche molte “costanti” molto “simboliche” nel modo in cui venivano martirizzati i sacerdoti e i predicatori in genere… ma ci torniamo un’altra volta.

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