No, Torino non è una città magica. Davvero.

Lo ammetto: è stato con un misto di stupore e di entusiasmo che sabato mattina, scorrendo le pagine di cronaca locale de La Stampa, mi sono imbattuta in articolo a firma di Andrea Parodi che titolava eloquentemente Magica (per finta). Con sottotitolo esplicativo La rivelazione del Fai: i triangoli, il portone del Diavolo e il mito della fontana Angelica sono invenzioni.

Il riferimento, naturalmente, è alla fama esoterica (se non proprio satanista) di cui ormai s’ammanta Torino, “la città magica per eccellenza” a detta di molti. Ma è proprio così? Dal punto di vista storico, c’è qualcosa di vero in questa nomea?

La risposta secca è un colossale “no”: spiace smontare un mito che affascina molta gente (come s’è visto dalle reazioni scomposte che l’articolo de La Stampa ha suscitato qua e là) e che, fra l’altro, permette di sbarcare il lunario a numerosi operatori culturali di Torino… ma non per questo è ragionevole permettere alle fake news di girare indisturbate. Fra l’altro, è da parecchio tempo che numerosi divulgatori di ottimo livello stanno cercando di mettere i puntini sulle I: con buona pace del FAI, a smentire la bufala di Torino-città-magica erano già stati (fra gli altri) Frank Albano, curatore dello splendido Piemonte Magico e Insolito, e i validissimi ricercatori del CICAP Piemonte – per limitarmi a citare i contenuti di cui è possibile fruire su Internet.

Ma, naturalmente, molti altri autori hanno dato voce alle stesse idee su carta stampata. Per sintetizzare lo stato dell’arte, penso che mi rifarò alle parole di Laura Fezia, storica torinese che, fra l’altro, è anche attiva nel mondo della spiritualità acquariana, dunque a maggior ragione conosce la questione dall’interno. In uno dei suoi libri dedicati ai misteri di Torino, con toni giustamente esasperati l’autrice parla di una fake news «avviluppata ad arte da nebbie intriganti che elevano all’ennesima potenza la curiosità, spesso un po’ morbosa, del pubblico. I testi divulgativi che parlano di tale aspetto, che ha finito per diventare una specie di marchio di fabbrica tanto da venire citato persino in alcune guide turistiche, si limitano a riportare l’informazione e a elencare gli elementi che farebbero del capoluogo sabaudo il principale centro europeo (ma qualcuno si allarga e dice addirittura: mondiale) dell’occultismo. Le fonti, invece, restano misteriose: si tratta (o si tratterebbe) di opere esoteriche di altissimo livello, di antichissimi grimoires, di segnali copiosamente presenti nel tessuto urbano che sarebbero sotto gli occhi di tutti, ma impossibili da decifrare per i profani».

Sfortunatamente per i divulgatori di ‘sta boiat questa teoria, io non mi definirei esattamente una profana. Per chi dovesse arrivare su questa pagina tramite Google: mi occupo professionalmente di Storia della Magia (argomento che, fra l’altro, ho studiato presso università britanniche, i cui docenti sono cascati dalle nuvole quando ho condiviso con loro questa storiella, tanto famosa in Italia quanto sconosciuta all’estero e comunque concettualmente illogica agli occhi di chi conosce davvero la materia). ‘nsomma, non è che mi metto a scrivere sulla questione perché non sapevo cosa fare stamattina e mi son detta “massì dai, inventiamoci qualcosa di non verificabile”. E credo che, per affrontare questo tema, bisognerà innanzi tutto chiarire che

No, Torino non sorge sul 45° parallelo

Che c’entra?, mi chiederanno i miei confusi lettori.
Eh, c’entra. Secondo la vulgata, dietro alla natura magica di Torino ci sarebbe una questione meramente geografica: la città, infatti, si troverebbe esattamente a cavallo del 45° parallelo, in perfetta equidistanza tra il Polo Nord e l’Equatore, lungo una linea ideale nella quale convergono specialissime forze telluriche che caricano la zona di particolari energie occulte.

La storiella, come vedremo, è stata inventata a tavolino nella seconda metà del secolo scorso: non di meno, questa spiegazione sulla particolare energeticità del luogo potrebbe anche essere molto interessante (collocandosi idealmente nel filone della magia naturale e non-addressativa tanto cara ai maghi del primo Rinascimento), se non fosse troppo ingenua per poter funzionare bene.
Per esempio, non si capisce perché queste energie occulte dovrebbero convergere proprio sul 45° parallelo nord (in quello a sud, cosa succede?) e proprio alla longitudine in cui si trova Torino (in giro per il mondo, ne esisterà pure qualcun altro, di insediamento urbano posto su quella stessa linea. O no?).

Perdipiù questa teoria ha una piccola falla, sinteticamente riassumibile in: non è affatto vero che Torino sorge sul 45° parallelo. I miei concittadini ne sono talmente convinti che tendono a prendermi per pazza quando m’azzardo a dire il contrario, ma, regà, guardate una mappa: il 45° parallelo attraversa le città di Orbassano, Chieri e Moncalieri, ma non tocca il comune di Torino. Ci passa sotto.

In compenso, costeggia il parco della palazzina di caccia di Stupinigi, una delle dimore più amate dai membri di Casa Savoia; e trovo francamente esilarante che nessuno dei sostenitori della fake news sulla Torino magica abbia deciso di sfruttare questa coincidenza per dare maggior credibilità alla sua tesi. Se fossi al posto loro, io la sfrutterei eccome, e anzi collocherei nei sotterranei di Stupinigi una delle grotte alchemiche di cui la città è costellata.
E, per la cronaca,

No, a Torino non esistono grotte alchemiche

Che roba è ‘na grotta alchemica?
Al di fuori dell’Italia, non lo sa nessuno (e infatti, i miei professori m’hanno giustamente presa per cretina quando gliele ho citate); in compenso, a Torino tutti sanno che le grotte alchemiche sarebbero delle enormi stanze sotterranee, poste in punti particolarmente carichi di questa città energetica, là dove siffatte straordinarie proprietà si addensano in maniera tutta particolare. Gli iniziati che riuscissero a farsi rivelare dai loro maestri la collocazione di queste preziose grotte avrebbero modo di scoprire che, in quei luoghi pervasi di energia, la mente espande i suoi orizzonti raggiungendo gradi di acume che non potrebbero essere ottenuti in alcun altro luogo del pianeta.

Peccato che questa cosa non sia vera, non sia storicamente documentata, non sia citata in alcun testo di magia (considerato autorevole dai cultori della materia) e anzi sia concettualmente estranea a ciò che predica realmente il pensiero magico (che anzi conosce altri modi per ottenere i medesimi risultati: nel mio libro parlavo per esempio dell’Ars Notoria, per chi fosse interessato).

Verrebbe da chiedersi dove siano queste grotte alchemiche, e la risposta ovvia è che nessuno, a parte gli adepti, ne conosce la reale collocazione. Ma siccome questi adepti devono essere quel tipo di persona che, dopo un buon bicchiere di vino, spiffera al barista anche i più arcani segreti esoterici, esiste il comune consenso che buona parte di queste grotte si trovino nei pressi delle residenze di Casa Savoia (la più celebre sarebbe posta al di sotto della fontana con tritoni che ha sede nei giardini di Palazzo Reale, casomai qualcuno volesse provare a buttarcisi dentro). Altre si troverebbero nei sotterranei di alcune chiese (e taluni aggiungono anche che, in una di queste, sarebbe custodito il Sacro Graal. Mi pare giusto, che ce lo teniamo fuori?). Per la cronaca,

No, le porte degli Inferi non si trovano in piazza Statuto. E manco il 45° parallelo, casomai ci fosse ancora qualche dubbio

Se qualcuno di voi avesse l’intenzione di dare una sbirciata all’Inferno per vedere se è davvero brutto come dicono, potrebbe agevolmente togliersi la curiosità calandosi in un’altra delle famose grotte alchemiche torinesi: per esattezza, quella che è collocata in piazza Statuto, al di sotto del monumento che commemora la realizzazione del traforo ferroviario del Frejus. Costruito a partire da grossi massi provenienti dallo scavo, il monumento è sormontato da un genio alato che porta in fronte una stella a cinque punte: nelle intenzioni di chi disegnò la statua a fine ‘800, una allegoria positivista della Ragione che trionfa sulla forza bruta della natura. Ma, naturalmente, i Torinesi DOC non hanno dubbi sul reale significato della statua: un monumento massonico-satanista eretto per onorare Lucifero (altro che genio alato!).

Ma, ai fini della nostra storia, sarà molto più interessante soffermarsi su un altro monumento presente nella piazza: un misterioso obelisco sormontato da un astrolabio che se ne sta, un po’ dimesso, in un’aiuola vicino alla grande statua. Molti Torinesi (e non senza qualche ragione, in questo caso) ritengono che la scultura sia stata eretta nel punto esatto in cui il 45° parallelo attraversa la città (naturalmente, caricando la piazza di particolari energie magiche e bla bla bla). In realtà, le cose sono un po’ diverse: l’obelisco commemora il lavoro di Giovan Battista Beccaria, astronomo e frate scolopio al tempo stesso, che nel 1759 fu incaricato da Carlo Emanuele III di effettuare misurazioni volte a calcolare la circonferenza dell’equatore terrestre e l’effettiva forma del pianeta (schiacciato ai Poli, oppure no?).

Come si faceva di prassi in quell’epoca, l’astronomo effettuò le sue misurazioni geodetiche insistendo su un piccolo arco di meridiano nel quale fosse agevole calcolare la distanza tra tot. punti senza che vi si frapponessero troppi ostacoli intermedi. Beccaria iniziò le sue misurazioni sfruttando la lunghezza dell’attuale corso Francia, una lunghissima arteria stradale che si estende (e già allora si estendeva) per oltre 11 chilometri, partendo giustappunto da piazza Statuto e terminando nella vicina città di Rivoli. In omaggio alla sua impresa, nel 1808, le municipalità di Torino e di Rivoli fecero costruire due obelischi sormontati da un astrolabio nei due punti in cui Beccaria iniziò e concluse le sue misurazioni (o meglio, la loro prima fase: poi proseguì i suoi calcoli spingendosi un po’ più in là, ma nessuno pensò di dedicargli altri monumenti).

Complice la radicata convinzione che il 45° parallelo attraversi il centro di Torino, molti dei suoi abitanti si sono comprensibilmente fatti l’idea che questo misterioso obelisco sormontato da un astrolabio indichi il punto esatto in cui la linea interseca la città. Donde, naturalmente, la convinzione che una grotta alchemica particolarmente potente debba avere sede nel sottosuolo di quella piazza, capace addirittura di condurre gli ardimentosi adepti nelle viscere della terra e nell’Oltretomba!

Beh: a onor del vero, nel sottosuolo di piazza Statuto, si cela sul serio la porta che permette l’accesso agli inferi, se con questo termine vogliamo etimologicamente indicare tutto ciò che sta al di sotto del manto stradale. Prosaicamente: c’è un tombino che permette l’accesso al sistema fognario torinese, che proprio all’altezza di piazza Statuto ha uno dei suoi principali svincoli. È da lì che si calano gli operai, quando si rende necessario qualche lavoro di manutenzione.

E già questo dettaglio dovrebbe costituire un forte indizio circa il fatto che c’è una mente (e una mente anche molto divertita) dietro a questa strampalata storia di grotte sotterranee, linee energetiche e paralleli. Perché, in effetti,

Il mito della Torino magica è stato inventato a tavolino dall’ex-professore di Mike Bongiorno

Esteta gaudente, dandy dannunziano, cultore di filosofia e di tutto ciò che odorava di magia e di ermetismo, Gianluigi Marianini era uomo di estrema cultura, con un discreto numero di lauree assortite. Per qualche tempo, aveva prestato servizio presso il liceo dei padri rosminiani al quale era iscritto Mike Bongiorno: nel 1956, ormai entrato nel mondo dell’entertainment, fu proprio il conduttore televisivo a rimettersi in contatto col suo ex-insegnante, alla ricerca di un individuo sufficientemente colto da poter avere buone chance nello show Lascia o raddoppia?… e, soprattutto, sufficientemente strambo da poter conquistare le simpatie del pubblico.

Sicuramente, Marianini rispondeva ai requisiti: vinse la finale del gioco a premi, conquistò gli Italiani col suo charme e con la sua ironia sorniona e, da quel momento in poi, fu ospite ricorrente di molte trasmissioni di Mike Bongiorno (e non solo. Una ditta di dentifrici lo volle come suo testimonial: un dettaglio che forse ci permette di capire il grado di popolarità raggiunto in quegli anni dal personaggio, un vero e proprio VIP del mondo dello spettacolo).

C’era però un problema. Come spiega bene La Stampa del 25 marzo, dopo il boom di popolarità dato dalla sua partecipazione a Lascia o raddoppia? «Marianini aveva bisogno di tenere alta l’attenzione su di sé», «bisognava cominciare a creare qualche cosa di artificioso perché i giornali continuassero a parlare della sua eccentricità». E «nel mondo del macabro e dell’occulto Marianini ci sguazza[va] come un pesce»: dipingendo attorno a sé un’aura da mezzo stregone, annunciò di voler divulgare al mondo i segreti della sua città natale, inventando di sana pianta «i triangoli neri e bianchi di Torino, la guglia Beccaria in piazza Statuto, il mito portone del diavolo» e mille altri dettagli minori con cui non vi annoio ma che saranno ben noti a chi conosce il mito di Torino città magica: «una narrazione che prosegue sostanzialmente per due decenni e viene ripetuta continuamente nella cerchia degli amanti dell’occulto».

No, Torino non è una città più satanica di altre

Come sintetizza Laura Fezia, «ci sono voci che, con il passare del tempo, vengono promosse al rango di informazioni e diventano vangelo, tanto da essere riportate ovunque come ufficiali: se poi è la TV a diffonderle, non c’è più scampo. Non ci si preoccupa da dove o da chi siano partite, meno ancora qualcuno si prende la briga di verificarle, e, spesso, neppure di ragionarci sopra un paio di minuti. Così, quando Gianluigi Marianini, in alcune interviste rilasciate tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, si inventò la storiella che a Torino c’erano circa quarantamila satanisti, nessuno fece due rapidi calcoli e pensò che ciò avrebbe significato un adepto ogni cinque torinesi».

Fiutato lo scoop, i quotidiani locali cominciarono a dare grande eco alla notizia, alimentando un’ansia crescente nella popolazione. Non aiutò un granché il fatto che, proprio in quel periodo, il cardinal Ballestrero avesse nominato sei nuovi esorcisti, in servizio presso la curia di Torino: all’atto pratico, una consuetudine normalissima per ogni diocesi, e tanto più opportuna per quella torinese che al momento ne era priva dopo che l’ultimo di quei sacerdoti era andato in pensione (donde, la necessità della nomina massiva). Ma, naturalmente, questo dettaglio non fece che aumentare il panico globale nella popolazione: nacque così un mito duro a morire, e cioè quello di Torino come città che pullula di satanisti.

Semplicemente: non è vero, non risulta (e se fosse vero ci risulterebbe, perché quarantamila satanisti non si nascondono nell’ombra senza lasciar tracce): chi fosse interessato ad approfondire il tema potrebbe trovare interessante la lettura dell’articolo che il CESNUR ha dedicato a Le Chiese di Satana a Torino. No, non ci sono quarantamila satanisti in città: sarebbe già una stima generosa dire che forse ce n’è un centinaio.

No, a Torino non esiste alcun Papa Nero

Il soprannome di “papa nero” (e cioè, naturalmente, sommo sacerdote di ‘sta massa di quarantamila cattivoni) fu coniato da Gianluigi Marianini per designare Lorenzo Alessandri, un amico di vecchia data.
Andandosene a zonzo per la città con un’aria di artista dannato e maledetto, Alessandri viveva di pittura, dipingendo quadri surrealisti, quasi tutti dedicati al mondo dell’occulto. Possedeva una ragguardevole collezione di oggetti d’antiquariato variamente legati alla pratica della magia cerimoniale, alcuni dei quali (a suo dire) gli erano stati regalati da un singolare personaggio che si faceva chiamare Papè Satan e che viveva come clochard nelle strade di Torino centro. Alessandri, a quanto pare, aveva incontrato Papè Satan (della cui reale esistenza non siamo neppure certi) verso la fine degli anni ’50: il vecchio gli si era presentato come l’ultimo esponente della chiesa satanista torinese (un’organizzazione che era quindi in via d’estinzione, almeno in questa versione dei fatti). Disperando ormai di poter trovare nuovi discepoli, aveva deciso di consegnare i suoi cimeli a quel giovanotto di acuto intelletto, ritenendo che lì sarebbero stati in buone mani.

Se questo facesse di Alessandri l’ultimo erede di Papè Satan, la cosa è ampiamente opinabile. Marianini lo lasciò intendere, parlando del suo amico come di un sommo sacerdote a capo di quarantamila maghi satanisti, in una colossale organizzazione occulta di cui egli stesso era gran cerimoniere e che teneva i suoi incontri un palazzo di Crocetta, il quartiere della Torino che conta. Naturalmente, la stampa ci ricamò sopra; e, almeno in un primo momento, Alessandri lasciò fare, visto che quell’aura sulfurea aveva l’effetto di aumentare significativamente il volume delle vendite dei suoi quadri.

Ma, col passar degli anni, crebbe in lui e si rese sempre più evidente un marcato fastidio nei confronti di questa nomea: più volte l’artista volle precisare di non essere affiliato ad alcuna organizzazione occulta, né tantomeno di esserne il capo, e di non avere alcun interesse per la magia al di fuori di quello puramente intellettuale. In vecchiaia, arrivò addirittura a denunciare per diffamazione alcuni giornalisti RAI che, in un servizio su di lui, l’avevano dipinto a tinte particolarmente fosche; nella vita privata, Alessandri era noto per una forte devozione ai santi cattolici cui affiancò, negli ultimi anni, una crescente fascinazione per il mondo del buddhismo. 

Il mito della Torino magica? A renderlo davvero popolare, fu Vittorio Messori (giuro, non sto scherzando)

Per chi non sapesse di chi stiamo parlando, Vittorio Messori è uno dei principali autori cattolici italiani e vanta il privilegio più unico che raro d’aver firmato con Ratzinger un saggio a quattro mani e con Wojtyla un libro-intervista. Non esattamente il primo che passa, per capirci.

Ebbene: ad ammettere la sua colpa (per cui non si sente affatto colpa) fu il diretto interessato, nel 2004, tra le pagine del libro Il mistero di Torino. Con apprezzabile nonchalance, il giornalista scrive che «mi è venuto da ridere quando sono stati pubblicati gli atti di un convegno sul diavolo organizzato a Torino (naturalmente) nel 1988, a livello scientifico, da un paio di facoltà universitarie. Ho riso, dicevo, perché un serissimo ricercatore ha condotto un’inchiesta per risalire all’origine di certe affermazioni sulla ‘città diabolica’. Quel volenteroso studioso si diceva perplesso perché, risalendo la filiera dei ‘si dice’, questa lo portava più volte a Stampa Sera dei primi anni Settanta. Ma sì, ero io che mi divertivo – non da solo, ma in combutta con qualche collega e qualche conoscitore o adepto del giro – a lanciare presunte notizie o a sparare cifre che nessuno era in grado né di smentire né di confermare: come la faccenda dei 40.000 satanisti presenti in città, numero da allora acriticamente ripetuto».

Naturalmente, non fu Messori a inventare la fake news. Si limitò ad amplificare l’eco di quelle storielle strampalate che, in quegli stessi anni, venivano create da Marianini e Alessandri (e poi rielaborate in chiave positiva da Giuditta Dembech, autrice di due popolari saggi dedicati a Torino come centro propulsore della magia buona, in eterna lotta con il male, pubblicati sul finire degli anni Settanta da una piccola casa editrice dedicata al mondo dell’occulto).

Ma, naturalmente: un conto è leggere queste storielle su libretti pubblicati da editori di nicchia, e un conto è leggere la notizia sulle colonne di uno dei principali quotidiani italiani. Per lasciare nuovamente la parola a Messori, «non c’è nulla di più permeabile e di più facilmente manipolabile del media system in tempi come questi, che pur si credono critici, smaliziati, ‘adulti’. Così, tenevo in serbo per il lunedì mattina le cose più ghiotte, basate su voci o ipotesi o tesi spesso strampalate, avanzate da qualche personaggio o macchietta del variopinto demi-monde del ‘terziario dell’occulto’ subalpino». In tal modo, «i corrispondenti dell’Ansa e delle altre agenzie a Torino riprendevano puntualmente il mio articolo, costruito apposta per avvincere il lettore, anche quello smaliziato, visto che tutto sembrava credibile e non si tralasciavano riferimenti precisi, spesso eruditi». Il brillante risultato era che «il martedì mattina, la ‘notizia’ compariva su molti giornali nazionali. Il mercoledì era il turno della stampa internazionale: i corrispondenti esteri e le agenzie straniere a Roma rilanciavano nel mondo quanto pubblicato dai quotidiani italiani. Di solito, il venerdì o il sabato venivano a trovarmi gli inviati speciali di gazzette e televisioni svedesi o californiane, spagnole o bavaresi, per sapere di più su questi intriganti ‘misteri’ torinesi. Quelli che, come ha scoperto quel ricercatore universitario, sono poi entrati nella pletorica letteratura del genere».

In realtà, mi risulta che all’estero la fama di Torino come città magica non sia poi così radicata, ma è pur vero che il giornalista parla di notizie che avevano avuto un boom di popolarità, forse effimero, parecchie decine d’anni fa. In ogni caso, se qualcuno se lo stesse domandando, Messori scrive «non me ne pento: io mi divertivo, il giornale era contento». Per come la vede lui, «non diffondevo notizie false, ma riportavo voci e congetture (il condizionale era il mio modo verbale preferito, le virgolette si sprecavano, i punti interrogativi grandinavano) che venivano incontro al bisogno così umano di stupirsi, di sognare, di fantasticare. Un antidoto all’ossessivo, luttuoso notiziario politico in quei tempi di terrorismo e allo sconforto della cronaca nera, visto che erano anche gli anni dei sequestri di persona».
Se lo dice lui.
Io invece dirò che, nelle pagine immediatamente successive, Messori si dichiara in ogni caso «convinto che attorno a questa città si distenda davvero qualcosa di enigmatico», elencando un bizzarro catalogo di circostanze in cui, a suo giudizio, tale mistero si sarebbe reso evidente. Insomma, le bufale su Torino città magica sono delle frottole, ma secondo lui ci potrebbe essere qualcosa di vero in questa storia.

E, sì: mi assicurano che questa è una storia vera

Direi che (almeno per il momento) il post si conclude qui (ma se avete curiosità, ditemi pure!).
Ma, no, non posso concluderlo davvero senza dare conto della chiacchierata che, ieri pomeriggio, ho avuto con mia mamma, accennandole all’articolo su cui stavo lavorando e ai nomi che stavo citando. A un certo punto, lei ha esclamato: “ehi! Ma lo sai che tu ci hai parlato, da piccola, con quello pseudo-mago lì? Marianini?”.
scusa? Ma quando?”.
“Poco prima del tuo sesto compleanno, nel foyer del teatro Carignano, tra il primo e il secondo atto de La leggenda di san Gregorio di Paolo Poli”.
“Eh?”.
“Ti ricordi de La leggenda di san Gregorio, no? Di per sé, non era uno spettacolo per bambini, ma io l’avevo visto e l’avevo ritenuto adatto, ed ero convinta ti sarebbe piaciuto, quindi ti avevo portata allo spettacolo pomeridiano. Ecco: tu avevi effettivamente apprezzato, ma davi nell’occhio: eri l’unica bambina in mezzo a una platea di adulti. Embeh: nell’intervallo, si è avvicinato Marianini per scambiare due parole con te e complimentarsi. Io l’ho riconosciuto subito, perché era uno famoso che andava sempre in televisione. Ha scambiato due convenevoli e poi se n’è andato”.
“…no, scusa, fammi capire. Quando avevo sei anni, il sedicente gran cerimoniere di tutta la Torino magica mi aveva avvicinata nel foyer del Carignano, nel mezzo di uno spettacolo teatrale ispirato a una agiografia edipica medievale, per portarmi i suoi omaggi?”.
“Sì, tecnicamente”.
“…vabbeh, tu però capisci che adesso questa storia surreale devo assolutamente scriverla nel blog”.

Alla fine, è proprio a causa di aneddoti come questo che il mito della Torino magica piace così tanto ai Torinesi (e, temo, avrà lunga vita nonostante tutti gli sforzi di noi divulgatori). Chi non ama cullarsi nell’illusione di vivere nella città più magica di tutte e di essere un piccolo tassello di un gigantesco urban fantasy nel quale le forze del bene lottano contro le forze del male? E magari proprio nello scantinato del palazzo vicino a casa tua: tu non lo sai, ma forse un giorno, nella vita…

C’è poco da fare: questa storia è troppo affascinante perché i Torinesi possano disamorarsene.


Per approfondire, lasciate perdere tutte le fonti che traggono guadagno dal dire il contrario (anche perché il mito di Torino magica ha generato un notevole giro di soldi) e sfogliate per esempio Forse non tutti sanno che a Torino… (Newton Compton, 2015), un bel libretto a firma di Laura Fezia dedicato non solo al mito della città magica ma, più in generale, alle Curiosità, storie inedite, misteri, aneddoti storici e luoghi sconosciuti della prima capitale d’Italia. Dichiaratamente divulgativo, e comunque scritto da una autrice con dichiarati interessi nell’ambito dell’esoterismo, ma a mio giudizio assai grazioso.

A distanza di anni dalla prima lettura, sono tornata a sfogliare Il mistero di Torino cercando le citazioni che mi servivano per questo pezzo e vieppiù mi sono resa conto del fatto che, sul tema, la mia sensibilità non potrebbe essere più distante da quella del buon Messori. Quindi non credo di poter dire che vi consiglio il libro, però in effetti ve lo consiglio perché permette di capire le ragioni per cui questo mito esercita una forte fascinazione anche in gruppi di persone che non hanno il minimo interesse per l’occultismo (anzi). I riferimenti sono: Vittorio Messori e Aldo Cazzullo, Il mistero di Torino. Due ipotesi su una capitale incompresa (Mondadori, 2005).

Invece consiglio moltissimo il saggio che, con la sua consueta cura e preparazione accademica, Massimo Introvigne ha dedicato a I satanisti. Storia, riti e miti del satanismo (Sugarco, 2010). Al capoluogo piemontese è dedicata una intera sezione, eloquentemente titolata Satana goliardo: Torino «città di Satana».

33 risposte a "No, Torino non è una città magica. Davvero."

  1. zimisce

    Grazie, ci vuole qualcuno che ogni tanto riporti coi piedi per terra su queste “tourist trap intellettuali”. Te la sentiresti di farlo anche per altre città? Ad esempio, fuori dall’Italia la fama di città magica per Torino sarà inesistente, ma è ben radicata per Praga. In questo caso come nasce?

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    1. Lucia Graziano

      Beh, Praga effettivamente è stata per davvero una città piena di maghi nei decenni a cavallo tra Cinque- e Seicento, quando ci viveva Rodolfo II, imperatore del Sacro Romano Impero. L’uomo aveva un notevole interesse per la magia e l’alchimia (probabilmente, più la seconda che la prima) e aveva radunato presso la sua corte alcuni dei più grandi intellettuali dell’epoca. Qualcosa di simile accadeva anche presso la corte di Elisabetta d’Inghilterra (e infatti, alcuni di questi “maghi di corte” facevano avanti e indietro tra le due capitali).

      Nel corso dei secoli, alcuni autori hanno sfruttato le atmosfere della Praga cinquecentesca per fare da sfondo ai loro romanzi, e questo ha contribuito col passar del tempo a cementare l’idea di Praga come città magica. Che è effettivamente anche “vera”, in certa misura e dal punto di vista storico.

      Fra parentesi, se i sostenitori del mito di Torino-città-magica avessero voluto seguire la stessa strada, puntando sulla Storia invece di incancrenirsi su improbabili linee energetiche che scorrono nel sottosuolo, avrebbero potuto trovare a loro volta qualche elemento interessante. Nell’800, per esempio, c’era effettivamente una massiccia presenza di spiritisti in città (che secondo me potrebbe rendere Torino la città “più infestata” di Italia, più che la città “più magica” tout court, ma insomma non diamo nuove idee ai buontemponi di passaggio 😂

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  2. chiamatelaneuro

    Questo articolo è praticamente un giallo, ma in cui ci si spancia anche dalle risate. Pensavo di aver visto tutto arrivando a Mike Bongiorno, ma quando ho letto di Vittorio Messori ho perso definitivamente fiducia nell’umanità. Ciononostante mi fido di te, Lucia, visto che possiamo dire che la tua strada era tracciata sin dall’infanzia…
    AHAHAHAHAHAHAH.

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    1. Lucia Graziano

      VERO? Modestamente, ero una predestinata 😎😎😎😂

      Quanto a Messori: e lui ancora se ne vanta, eh! O quantomeno se ne vantava nel 2004, scrivendo “Forse, merito anche un poco di gratitudine della città, per avere contribuito a far conoscere il suo nome nel mondo. E piuttosto largamente, direi: quante tv vennero in città apposta per girare, complice lo scriba sottoscritto, servizi e documentari con ottime audience! Quanti illustratissimi servizi di settimanali! Ci fu un momento in cui qualche agenzia turistica internazionale arrivò a proporre dei pacchetti alla scoperta della «Torino magica», ovviamente con sopralluoghi in posti la cui fama sulfurea si doveva a qualche mio collega o a me. Anche il «diabolico» rientra nel business turistico, per questa società che (per citare il solito Chesterton) crede di non credere a niente mentre, al contrario, il suo guaio è che crede a tutto”.

      Credo che in effetti lui la viva come una prova della creduloneria di una società che rifiuta di credere a Dio ma poi presta fede nelle prime boiate che legge sulla stampa. All’epoca Messori era freschissimo di conversione, chissà se e in che misura il dettaglio ha veramente pesato sulla sua scelta di darsi a questo di divertissement.

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  3. Whitewolf

    Sono d’accordo su tutto ma consiglierei comunque il libro di Giuditta Dambech, anche solo come lettura di intrattenimento, ha un bello stile (e la prima parte, della carta astrale di Torino, l’ho trovata interessantissima).
    In fondo, quello che ha detto il Messori è vero: a tutti piace vedere il meraviglioso nella realtà, e Torino suscita volentieri queste voci. D’altro canto, da curioso della magia, ho trovato molte di queste leggende eccessivamente contorte (ma fino a prova contraria sono molto scettico pure circa l’alchimia…) e in generali visibilmente partorite da chi sapeva relativamente poco della magia.

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    1. Lucia Graziano

      Uh, ma assolutamente: al di là di ogni considerazione sulla loro validità “effettiva” i libri della Dembech sono una lettura imprescindibile per chiunque voglia approfondire il tema. Io ho trovato molto interessanti anche i libri del “primo” Renzo Rossotti (quello, diciamo, degli anni ’90). Non so se sia ancora facilmente reperibile, ma è di assoluto interesse il suo Il sentiero di Merlino, in cui si tracciano collegamenti tra Torino e la Gran Bretagna (dai tempi di Merlino, giù giù fino ad Aleister Crowley) in nome del famoso triangolo magico-energetico che legherebbe tra di loro Torino, Londra e San Francisco (e di cui a Londra nessuno ha mai sentito parlare 😂). A loro modo, sono letture assolutamente interessanti, sì.

      Ed è verissimo che molte di queste leggende sono *chiaramente* state messe assieme da gente che aveva una conoscenza davvero molto approssimativa della magia (e soprattutto della magia pre-ottocentesca, diciamo così). ‘ste grotte alchemiche pseudo-magnetiche in salsa New Age avrebbero fatto inorridire qualsiasi mago, alchimista e filoso ermetico rinascimentale (eppure la vulgata ne collocherebbe l’edificazione proprio in quel periodo storico. Per dire).

      La storia non tiene proprio perché è fatta da gente che ne sapeva poco, o che comunque non s’è curata di dare troppa credibilità alla cosa. (Secondo me, francamente, ne sapeva poco punto e basta). Se dovessi mettermi io a tavolino a inventare una leggenda su Torino città magica, lo farei molto meglio e con miglior grado di accuratezza storica, ecco 😅

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      1. Whitewolf

        Sarei deliziato di leggerla!
        Intanto mi hai (posso darti del tu?) dato pure una buona idea per uno dei prossimi articoli…se vuoi ti ci taggo quando l’ho scritto, magari lo trovi interessante 🙂

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        1. Lucia Graziano

          Ma certo che sì! Sia per l’una che per l’altra domanda! Non ho ancora avuto il tempo di andare a spulciarmi per bene il tuo blog, ma devo assolutamente recuperare gli arretrati 😉

          Su Torino città magica per davvero (dal punto di vista storico ovviamente)… eeeh, chissà che tra un po’ non scriva per davvero qualcosa di serio e di coeso, su questo tema 😉

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    1. Lucia Graziano

      Eh! 😉

      Anche se qui una buona parte della fascinazione deriva proprio dal fatto che la situazione è esattamente opposta, almeno per i Torinesi: l’esoterico è proprio dietro l’angolo, teoricamente alla portata di tutti, permea il posto stesso in cui vivi. E chi lo sa, magari anche il tuo collega o il tuo vicino di casa sono segretamente membri di questo gruppo di illuminati… 😛

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  4. Spirali di Sirena

    Io avrei potuto avere un bellissimo ricordo di Torino se non fosse successo anni fa che mentre stavamo ai Murazzi siamo stati quasi aggrediti da un gruppo di arabi o turchi o chissà chi erano. Volevano i cellulari, le nostre borse, erano in tanti e non so davvero come mai poi uno ha detto, ok, lasciamoli stare. Forse mi ha sentito gridare in siciliano? Mah, pessima avventura. Ma io amavo Torino, mi piaceva tantissimo come città, volevo trasferirmi, visto che avevo anche parecchi amici là. Ma quell’evento mi ha fatta spaventare troppo.

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    1. Lucia Graziano

      Eh cavolo, ci credo, mi spiace, un bello shock 😦

      A parziale difesa di Torino, posso dire che a me non sono mai capitati episodi simili (per fortuna!), e in compenso tendono a sentirmi molto più indifesa quando mi capita di passeggiare in paesini piccoli di periferia, in zone in cui magari non ci sono negozi, e cioè dove farei fatica a trovare soccorso se un malintenzionato mi si avvicinasse in zone isolate. A Torino centro, bene o male, penso che se chiedessi aiuto avrei quantomeno buone chance di farmi sentire.

      Ma ovviamente son tutte considerazioni che lasciano il tempo che trovano, ahimè. Mi spiace che la cosa ti abbia lasciata (ovviamente) con un brutto ricordo :-\

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      1. Spirali di Sirena

        Io vivo in un paese veneto e prima si stava benissimo. Adesso la sera non si può stare neanche più in centro perchè ci son le bande con i machete che fanno casino. Non si possono portare più i bambini e nipotini al parco perchè spacciano e si fanno e lasciano mucchi di siringhe a terra. Quindi tu sei stata fortunata. Io avevo anche buttato la monetina nel pozzo del borgo medievale ma si vede che non era proprio destino 😆

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        1. Lucia Graziano

          Ellamiseria 😐

          E’ pur vero che io, salvo casi eccezionali (in cui comunque non sono mai da sola), di sera non esco a prescindere – non paura della delinquenza ma proprio per questione di abitudine e stile di vita. Quindi effettivamente non sono la persona più adatta per valutare. Però sì, incrociando le dita per adesso non ho avuto sfortune particolari 😅

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    1. Lucia Graziano

      …onestamente, credo che, almeno all’inizio, sia stato il mito della Torino magica a rendere famoso Gustavo Rol. Nel senso: Rol era in attività già dal primo dopoguerra, e qualche articolo gli era anche stato dedicato qua e là in pubblicazioni a tiratura nazionale, ma senza che questo fosse riuscito a farlo diventare realmente famoso. Il boom di popolarità è esploso alla metà degli anni ’70, proprio nello stesso periodo in cui esplodeva il mito di Torino magica (o meglio: prima il mito di Torino ha iniziato a imporsi, poi i giornali sono andati a cercare e intervistare alcuni esponenti di questa sedicente capitale della magia).

      Da quel momento in poi, sicuramente Gustavo Rol ha dato il suo forte contributo a cementare l’idea, ma a me più che altro vien da chiedermi: Gustavo Rol sarebbe riuscito a diventare così famoso, se non fosse stato per il mito di Torino città magica? Meh.

      (E tu pensa che io me lo ricordo benissimo, quel pomeriggio a teatro a vedere Paolo Poli! Non mi ricordo del mio incontro col “mago” 😅 ma dello spettacolo sì, effettivamente mi era piaciuto moltissimo ed era anche uno spettacolo per gli occhi, con le scenografie di Luzzati – colorate e bambinesche il giusto. Ricordo che avevamo anche comprato la videocassetta con la registrazione dello spettacolo e che l’avevo guardata tantissimo nel corso degli anni. Mi piaceva davvero!)

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  5. Francesca

    Da parte mia non mi sono mai interessata di Torino sotto questo aspetto, però devo dire che – derivata proprio da non so dove! – avevo in testa l’idea preconcetta di una città con una concentrazione particolare (cioè molto alta) di sètte. Quello sì, e appunto: non so perché! …Forse è stata quella fake dei “40.000” che io non avevo mai sentito ma che ha girato talmente tanto da creare mille&mille conseguenze nell’immaginario collettivo?

    E poi, … Anch’io, prima di leggere il commentatore qua sopra, mi stavo chiedendo se il famoso Rol fosse di Torino… Non ricordavo bene. Ma di quel personaggio si è parlato tanto in tivù per tanti anni… Credo fino agli anni Ottanta e Novanta, in tanti “salotti” televisivi, con personaggi allora famosi che testimoniavano i suoi “poteri”. E ho come l’idea che – a quei tempi – un personaggio del genere era in grado di dare una nomea a tutta una città. Se poi, all’intorno, c’erano anche tutte le leggende che hai raccontato… Figuriamoci!

    Comunque grazie per l’articolo che ho letto con molto interesse. Per la cronaca: pure a me son cascate le braccia quando sono arrivata a Messori. Non che fossi chissà quale fan del Messori, però insomma ‘ste robe sono un pochetto “perplessanti” (non trovo altri termini adeguati) 🧐

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    1. Lucia Graziano

      Sì, sicuramente la tua idea di Torino come di una città piena di sette deriva sempre dalla “leggenda nera” dei 40.000 satanisti, che ormai è talmente radicata da aver influenzato l’immaginario collettivo anche se magari sono molto pochi quelli che la conoscono nella versione originale. E, fra l’altro, posso aggiungere che una certa fascia della popolazione cattolica di Torino prova un certo godimento interiore a coltivare questa idea e a darle ulteriore diffusione, perché sai: ultimamente piace molto il pensiero di essere un po’ gli ultimi cristiani superstiti che a breve saranno costretti a nascondersi nelle catacombe perché il perfido imperatore li perseguita. Personalmente, la storia di Torino come città piena di satanisti e di massoni io l’ho sentita ripetere soprattutto da cattolici praticanti con quella visione del mondo.

      Naturalmente, è vero che la Torino di metà ‘800 fu una città fortemente anticlericale, perché era il periodo della grande frattura tra Stato e Chiesa, ed è anche vero che in quel periodo ci fu in città una presenza importante di spiritisti e di circoli massonici. Però ‘nsomma: no, oggigiorno non risulta che sia una città particolarmente ricca di sette, e soprattutto di sette sataniste 😅

      In compenso, è vero che, negli anni ’70, Torino era una città piena di gente strana e interessante: oltre al già citato Rol, io nominerei anche i fratelli Judica-Cordiglia (quelli che dicevano di aver intercettato i messaggi con le richieste di aiuto degli astronauti russi abbandonati nello spazio): di per sé ovviamente non c’entra niente con la magia (però c’entra con le esplorazioni spaziali e con gli avvistamenti alieni su Torino, altro grande pezzo forte della vulgata su Torino energetica di quegli anni)… insomma: tassello per tassello, davvero c’erano tutti gli ingredienti per fare di Torino una città interessante agli occhi del grande pubblico 😉

      Quanto a Messori: eh 😐 Più che altro, a me lascia davvero stupita la serenità con cui parlava di questa sua operazione nel 2004, cioè quando era già arrivato al culmine della sua fama ma di sicuro non era ancora così anziano da poter tirare i remi in barca e vivere da pensionato gli ultimi anni della sua vita, ‘nsomma. Sereno lui, sereni tutti eh 😅

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  6. busfahrer

    Dicono che sono una specie di alieno, ma sono stato a Torino una volta sola e non mi ha entusiasmato, di quello che volevo vedere ho trovato aperti solo il tram di Superga e la Mole: museo dell’auto, museo dell’artiglieria e museo ferroviario chiusi. Avevo trovato aperto il museo Pietro Micca (con la spiegazione che il personaggio non fu il kamikaze che spiattellano nei libri di storia…), basta. Magia niente, nemmeno ci pensavo.

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    1. Lucia Graziano

      Leggo solo adesso. Uh, mi spiace per la brutta esperienza! Strano che il museo dell’auto fosse chiuso, ma in effetti ricordo che qualche anno fa era proprio stato chiuso per diverso tempo mentre lo trasferivano da una sede all’altra, magari sei capitato in quel periodo (invece adesso è sempre aperto e, devo dire, anche ben fatto. Io ci sono andata una volta, e per riuscire a piacere a me, che non ho il minimo interesse per le automobili…).
      Invece il museo dell’artiglieria e il museo ferroviario sono già più difficili da visitare in effetti, aprono solo in certi giorni, bisogna organizzarsi bene. Sono piccolini del resto, non hanno personale fisso.

      Certo che se l’esperienza è stata quella, ci credo che Torino non ti ha fatto impazzire 😛

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  7. Celia

    Io non sarei così perplessa all’idea che vicende simili, seppure così oscure, potessero distrarre la gente dal peso della vita politica e sociale ed alleggerirla almeno un po’.
    Il prinxipio è lo stesso della mania per gli UFO degli anni ’70 romanzata dai Wu Ming.
    Sogno, evasione, mal che vada attribuzione del caos quotidiano a lotte fra poteri più grandi di noi, che in un certo senso ci destabilizzano.

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    1. Lucia Graziano

      No no, per carità, per distrarre distraevano di sicuro, non metto in dubbio. E sicuramente facevano presa sulla popolazione proprio in senso generale, visto il successo che hanno riscosso.
      La mia perplessità è più a monte, diciamo: cioè, pure io lavoro nella comunicazione in un periodo storico psicologicamente pesante, ma non mi passerebbe neanche nell’anticamera del cervello l’idea di andare alleggerire il clima a suon di fake news inventate a tavolino e spacciate per vedere dalle colonne del secondo quotidiano nazionale, mettiamola così😅

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  8. Francesca

    C’entra e non c’entra con l’argomento specifico “in corso”. Però c’entra (mi pare tanto) con tutto il tuo lavoro e col tuo approccio alla Storia della Chiesa.
    Segnalo articolo di Avvenire che parla di autori da te probabilmente stra-conosciuti… E che sembrano essere gli iniziatori del filone che anche tu segui.
    Prima domanda: sono proprio loro gli iniziatori (italiani)? Li “riconosci” come tali? O si può dire altro anche di altri?
    Seconda domanda: comunque sia… Hai mai scritto un articolo divulgativo che spiega la faccenda? Hai tempo e voglia di scriverne uno… di largo respiro che permetta anche a noi profani di avvicinarci un po’ “all’accademia?”

    Credo che, al di là di tutto, quello che si dice nell’articolo sia universalmente riconosciuto da chiunque, dal buonsenso, dal senso comune… magari anche solo ad un livello intuitivo. Quello che manca, a noi popolani, è un po’ di consapevolezza messa giù “nero su bianco”.
    Il tema è interessante… Sia sotto il profilo religioso che da quello spirituale
    https://www.avvenire.it/agora/pagine/quella-via-italiana-alla-storia-religiosa

    Se un giorno ti va… Regalaci uno scritto 😇 . Grazie!

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  11. Anonimo

    Carissima Lucia Graziano premetto che non credo ne a maghi ne a streghe ma da Torinese sono sempre rimasto affascinato dal mistero che avvolge questa stupenda città..
    Per cui sono un po’ rammaricato dal tuo bollare come fake news (io preferisco dirlo in italiano) “bufale” solo perché certi intellettuali decidino che solo la vostra è la pura verità tutto il resto per voi è spazzatura… Per cui senza entrare strettamente nell’argomento specifico vorrei consigliarti di immergerti un pochino di più nella città di Torino sporcandoti un po’.. magari con una macchina fotografica e iniziare a fotografare tutto quello che potrebbe essere definito essoterico per capire che Torino non è una città come tutte le altre ma è molto particolare e conoscere le persone che sono nate e vissute in certi punti della città per capire che a volte le leggende metropolitane non sono sempre tutte storie inventate.. Oppure certi personaggi che sono passati da Torino soprattutto artisti o scrittori, hanno avuto un cambiamento nella loro vita artistica ne ho conosciuti parecchi anche molto famosi… Per cui non credo che ti basti una laurea in magia per poter stringere il cerchio chiudendo tutto in bufale ecc.. e per quanto riguarda Gustavo Roll dovresti documentarti meglio perché esisteva già prima la sua fama internazionale molto tempo prima di lascia e raddoppia ecc.. Per cui Torino è considerata città essoterica da sempre già in epoche antiche forse addirittura dalla sua nascita stessa come del resto tutta la sua provincia in modo particolare la val di Susa.. Ecc..

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