Era il 25 aprile di un anno indefinito del VII secolo, e a Roma era festa grande.
Non certo per la festa della Liberazione, ché di nazifascisti non se n’erano ancora visti da quelle parti; però era festa grande in ogni caso, perché la Chiesa Cattolica ricordava in quel giorno uno dei santi più amati di sempre: san Marco evangelista.
E così, a Roma, in quel 25 aprile imprecisato, papa Gregorio Magno si sfilò finalmente le scarpe dai piedi accaldati e gonfi, dopo una giornata sfiancante passata in giro per Roma a presiedere a celebrazioni varie.
Dire che era stanco era usare un eufemismo.
Tutto bello, eh, ma papa Gregorio aveva già una certa età e questi tour de force iniziavano a stancarlo. Era tornato nei suoi alloggi così stanco, così accaldato e così provato da avere addirittura un vago senso di nausea, come capita talvolta quando sei convalescente da un brutto raffreddore e ti si chiude lo stomaco al solo pensiero di mangiare cibi pesanti. In compenso, quella sera, il papa aveva certo languorino, quasi un bisogno fisico di mangiare proprio un cibo in particolare che il suo corpo sembrava richiedergli a gran voce.
“Non è che per caso ci sono delle ciliegie in cucina?”, chiese il papa al suo servitore, in tono incertamente speranzoso.
Ciliegie? Il 25 aprile? A Roma? Ma certo che no: era troppo presto, sarebbe stato più facile cucinare al papa un arrosto d’elefante.
Ciò nonostante (e se non altro per non doversi assumere in prima persona la responsabilità di un “no”), il servitore mormorò che si sarebbe informato. E andò a domandare allo scalco, che allarmato andò a domandare al cuoco, che angosciato chiamò a raccolta i giardinieri. E i giardinieri perlustrarono ogni singolo ciliegio del giardino vaticano, ma ovviamente non riuscirono a trovare nulla.
“Non importa, non importa, fa niente”, mormorò papa Gregorio con ragionevolezza, quando fu informato della disfatta. E mettendosi stancamente in piedi per avviarsi a tavola, piegò le labbra in un sorriso incerto: “grazie comunque a tutti. Ci avevo provato. Tentar non nuoce”.
Nella speranza di poter dare sollievo allo stomaco in trambusto del papa, il cuoco di palazzo fece servire a tavola frutta fresca di ogni tipo, macedonia zuccherina, pere finissimamente affettate accompagnate a formaggio che ancora sapeva di latte. Ma il papa cincischiava col cucchiaino nelle coppette, senza riuscire a mandare giù più di un boccone: era chiaro a tutti che il suo non era un improbabile capriccio, era proprio una questione di salute; quello stomaco chiuso non sembrava in grado di digerire niente.
***
Lassù nell’alto dei cieli, posando la sua tazza di caffè sul tavolino di nuvolette bianche, san Marco lanciò un’occhiata perplessa verso il basso. “Oh, ma quello sta male per davvero”, mormorò lanciando un’occhiata agli altri santi che erano con lui per la sua festa di compleanno complemorte complenascita al Cielo. “Capace che tra un po’ vomiti. Regà, secondo voi che faccio?”.
Corse un mormorio incerto tra la Comunione dei Santi; san Marco rincarò: “cioè, è oggettivamente poco nel mio stile fare miracoli per una ciotoletta di ciliegie, ma ‘sto poveretto… alla fine si è ridotto così perché stava lavorando per me ed è morto di caldo nel mentre…”.
“Beh, se ritieni di farlo, nessuno avrà niente da ridire”, mormorò qualcuno dei presenti. “Alla fine, sono quei miracolini carini che restano nell’immaginario popolare e mostrano il nostro affetto per gli uomini”.
“Sì, eh?”, mormorò san Marco lanciando un’altra occhiata verso il basso a papa Gregorio, che aveva proprio una brutta cera. E poi si avviò verso il buffet fatto di nuvole pe andare a prendere una ciotoletta di ciliegie dolcissime e succose.
***
Vi fu come un lampo e fragore di tuono, e poi una nuvola di fuoco si materializzò dal nulla a dieci centimetri dal pontefice. E poi, prima ancora che il poveretto potesse allarmarsi per l’incipiente incendio, una mano sbucò dalla nuvola di fuoco e gli ficcò sotto il naso una ciotoletta di ciliegie.
Gregorio Magno si produsse in uno strillo gutturale, sbiancando, e san Marco sperimentò qualche istante di pura angoscia temendo seriamente di aver appena procurato un infarto al papa. Ma, no: a quanto pare, la Divina Provvidenza aveva deciso di conservare Gregorio Magno ancora un po’ più a lungo. Più che infartuato, il pontefice sembrava solo alla prese con un forte shock.
San Marco valutò che forse non era il caso di calcare troppo sugli effetti scenografici e rimpicciolì la nuvoletta di fuoco. Restò solo la manina con la ciotoletta di ciliegie. “Tranquillo, sono san Marco. E’ la frutta che volevi. Buon appetito”.
Il povero Gregorio aprì la bocca per parlare ma la richiuse senza aver detto niente, limitandosi a fissare la manina con un certo tic all’occhio destro.
“…la poso sul tavolo, d’accordo?”, fece san Marco. E delicatamente posò la ciotoletta sul piatto del papa. “Buon appetito e buona festa. E grazie”. E poi sparì così com’era venuto (anzi, un po’ meno clamorosamente).
E poiché erano molti i servitori pontifici presenti attorno al papa in quel momento, tale incredibile miracolo avvenne alla presenza di innumerevoli testimoni, che s’affrettarono a diffondere in ogni dove la notizia di quel mirabolante dono del cielo.
E la notizia fece presa sull’immaginario collettivo, proprio come in Cielo qualcuno aveva pronosticato; e nacque così in Roma la tradizione popolare che considera le ciliegie il “portafortuna” dei papi, simbolo e segno della speciale benevolenza che Iddio riserva al vicario di Cristo in terra. Da quel giorno e per sempre, fu tradizionalmente considerato di buon auspicio il fatto che il papa ricevesse in dono, ogni anno, un cesto contenente le primissime ciliegie raccolte nei territori pontifici. E se poi, per qualche strano scherzo meteorologico, queste primizie di stagione fossero riuscite ad arrivare a Roma proprio nel giorno del 25 aprile… in quel caso, sarebbe stata festa grande.
Io non ci avevo mai fatto caso, ma pare che la tradizione, in un certo senso, prosegua ancora fino ai giorni nostri. Evidentemente, le ciliegie non provengono più dalle tenute pontificie, ed evidentemente non hanno più un valore benaugurale… però, arrivano in Vaticano in ogni caso. Ecco una foto di papa Benedetto che, l’anno scorso, riceve il suo omaggio per mano dei rappresentanti della Confragricoltura di Bari.
Qualche volenteroso contadino disposto a regalare un po’ delle sue ciliegie a papa Francesco, così gli facciamo cominciare in gloria il suo pontificato?
poveromabello
Volentieri! Le mie piante sono appena fiorite però, ci vorrà ancora un mese abbondante prima di cogliere delle ciliegie! 🙂
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Nicoletta De Matthaeis
Molto brava, complimenti!
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