Qualche tempo fa, parlavo al mio fidanzato dell’ultima, strabiliante trovata dei chastity speaker americani: l’orsacchiotto di peluche da portarsi a letto, nell’attesa di potersi finalmente portare a letto il coniuge.
Il mio fidanzato (evidentemente, niente affatto turbato all’idea che io possa ritenere un orso di peluche un valido sostituto alla sua persona) sottolineava piuttosto un aspetto non da poco: “ok, questa è l’ennesima iniziativa di cui parli, che palesemente è destinata alle ragazze. Ma di iniziative analoghe pensate appositamente per i maschi, ce ne sono?”.
…bella domanda.
La mia percezione, evidentemente, è falsata dal fatto che sono una donna, e quindi conosco in special maniera le iniziative proposte a un pubblico femminile. Però, in effetti, non mi risulta che, oggigiorno, ci sia grande abbondanza di iniziative pro-castità per soli uomini.
Che però sarebbero decisamente opportune – anche perché, su questa tematica, è ovvio che i due sessi abbiano sensibilità realmente molto diverse!
Se voi conoscete iniziative di questo tipo, “per soli uomini”, fatemelo sapere ché son curiosa. Nel frattempo, io vi racconto qualcosa circa l’unico programma di questo genere di cui io abbia mai letto: dobbiamo tornare indietro fino al 1883, e fare conoscenza con una bizzarra femminista dell’Inghilterra vittoriana.
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Presente, l’Inghilterra vittoriana? Quella dove la gente era così sessuofoba che si traumatizzava a vedere le gambe del tavolo e bla bla bla?
Beh: che molti individui dell’età vittoriana avessero qualche lieve problema nel rapportarsi con la sessualità, è cosa acclarata. Per contro, però, c’era anche un sacco di gente che questi problemi non se li poneva affatto.
…e, così facendo, creava problemi agli altri: nell’Inghilterra vittoriana, il racket della prostituzione (molto spesso, minorile) aveva assunto dimensioni realmente molto inquietanti. E, ovviamente, lasciava dietro di sé una scia interminabile di tragedie – fra cui, la diffusione delle malattie veneree. Ché a noi, adesso, la cosa può anche far ridere; ma, nell’800, certe malattie potevano anche far morire.
Per avere un’idea precisa della gravità della situazione, pensate che, nel 1864, un rapporto degli ufficiali medici del regno di Sua Maestà segnalava con orrore come il 30% dei soldati britannici fosse affetto da gonorrea e/o sifilide.
Punto primo: il 30% è una percentuale altissima, si stava rasentando l’epidemia.
Punto secondo: a livello d’immagine, a ‘sto punto ci si giocava il buon nome dell’esercito.
Punto terzo: al di là di tutto, una situazione simile era preoccupante per davvero. Anche perché questi galantuomini frequentatori di bordelli, dopo aver contratto la malattia, la trasmettevano a tutte le donne con cui andavano (che, presumibilmente, non eran poche), e oltretutto, poi tornavano a casa, e contagiavano pure la loro sposa.
E continuo a ricordarvi che di sifilide si muore, in assenza di un’adeguata terapia…
Di fronte a questo dato, oggettivamente molto inquietante, il governo britannico reagisce all’impazzata emanando una serie di norme volte a contrastare la prostituzione. La Chiesa anglicana si aggrega all’iniziativa, e si pone a capo di una serie di lodevoli programmi assistenziali che mirano a togliere le donne dalla strada e a dare loro una seconda chance.
Sforzi condivisibili, ci mancherebbe; ma, in mezzo a tutta questa frenesia anti-prostituzione, comincia a farsi sentire la voce di una bizzarra lady dell’aristocrazia inglese. Stiamo parlando della signorina Jane Ellice Hopkins, bizzarro personaggio che potrei descrivere così: anglicana fervente; darwiniana convinta; zitella incallita; femminista infuocata.
Soffermiamoci per ora sul concetto di “femminista infuocata”, e forse capiremo meglio le critiche che la Hopkins muoveva a queste politiche anti-prostituzione.
Politiche lodevolissime ma insufficienti, sostieneva la signorina – nel senso che tu puoi contrastare la prostituzione finché vuoi, ma non riuscirai mai a sconfiggerla del tutto.
L’unico modo per annientarla, è usare un un approccio del tutto opposto. Tipo: il modo migliore per combattere la prostituzione sarebbe convincere gli uomini a non andare a prostitute.
(Sconvolgente, vero?).
Le iniziative volte a promuovere la purezza sessuale fra le donne serviranno a ben poco – dice la Hopkins – finché non ne verranno organizzate di analoghe… rivolte però a un pubblico maschile.
E badate: la lady non si riferiva solamente alle politiche anti-prostituzione. Parlando in senso generale, lei riteneva inutile insistere tanto sul concetto di “purezza” e “buoncostume”, se questa insistenza riguarda solamente chi indossa la gonnella.
Finché ci saranno uomini disposti a pagare per il sesso, le prostitute, ovviamente, continueranno ad esercitare, indipendentemente da tutti i sermoni sulla purezza che possono aver ascoltato da ragazzine. Ma il problema è generalizzato: anche le servette continueranno a concedersi ai padroni finché i padroni le ricatteranno, “o questo, o il licenziamento”. Anche le ragazze da marito continueranno a piegarsi alle richieste del loro amato, se il giovanotto continuerà a insistere e a far pressioni.
E il dramma – osserva la Hopkins – è che i maschi sono liberi di spassarsela come meglio credono, senza dover sopportare alcun tipo di conseguenza. Alle loro spalle, si lasciano uno sfacelo: gravidanze indesiderate; ragazze da marito ormai “compromesse”; donne che perdono il lavoro, e, assieme a quello, anche la rispettabilità.
“Ciò che bramo”, scrive la lady inglese, “è instillare negli uomini una forte e appassionata coscienza di quanto sia miserabile degradare in questo modo le donne, infliggendo loro una maledizione che i maschi non condividono minimamente”.
Unica soluzione possibile a questo dramma? Predicare la purezza sessuale anche e soprattutto ai maschi: perché, senza il loro coinvolgimento, tutto il resto inevitabilmente cade.
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“Eh, ma i maschi son pieni di testosterone”, dirà qualcuno: “non è mica facile parlare a loro di purezza sessuale. Cominciamo invece a educare le donne, che son più inclini…”.
“Ma col cavolo”, risponde la Hopkins, che adesso devo qualificare con un altro degli aggettivi che avevo usato in apertura: darwiniana convinta. “Col cavolo”, insiste la Hopkins, di fronte a quelli per cui ‘eh, ma i maschi…’. “Col cavolo”, ribatte: “state forse affermando un’inferiorità biologica dell’uomo rispetto alla donna, nel definire l’uomo come una specie di bruto incapace di controllarsi?”.
Una convinzione simile – sostiene lei – va contro le più banali leggi di natura: non s’è mai visto un animale maschio mostrare cattiveria immotivata nei confronti delle femmine della sua specie. Semmai, i maschi del branco tendono a proteggere le femmine e i cuccioli.
Nemmeno un orango abuserebbe di un cucciolo di scimmia giusto per togliersi lo sfizio, sapendo che così facendo costringerà la scimmietta a una vita di stenti. O peggio ancora: sapendo che, tornando alla tana dopo questa violenza, l’orango stesso esporrà al pericolo di morte la femmina con cui s’accompagna, e tutta la sua cucciolata.
Manco un orango.
Ma soprattutto: se a qualcuno fosse sfuggito questo piccolo dettaglio – insiste la Hopkins – l’essere umano non è un orango.
Se l’uomo si è evoluto dalle scimmie diventando un essere superiore, non si capisce perché debba regredire a certi degradanti livelli di animalità non appena gli capita l’occasione di slacciarsi la patta dei pantaloni. È assurdo, insiste la lady: da un essere umano di sesso maschile ci aspettiamo il pieno controllo di tutti i suoi istinti più animaleschi (aggressività, possessività, e così via dicendo…), ma non del suo impulso sessuale.
E qui la Hopkins lancia il suo carico da novanta: peraltro, anche le femmine sarebbero dotate di impulso sessuale. Quindi, è veramente ridicolo scandalizzarsi quando una ragazza si allontana dall’ideale di ‘casa e chiesa’, e poi sghignazzare ammiccanti quando un ragazzo racconta le sue prodezze amorose. O ammettiamo con chiarezza che stiamo usando due pesi e due misure, o stiamo dicendo che pretendiamo dai maschi un minore autocontrollo, perché riteniamo per davvero che i maschi siano meno capaci di controllarsi.
Il che vorrebbe dire che i maschi sono più animaleschi e brutali del gentil sesso – qualcuno potrebbe addirittura pensare che i maschi siano rimasti fermi a un gradino inferiore della scala evolutiva.
E i gentiluomini dell’Inghilterra vittoriana non vorranno mica darci modo di credere a siffatta assurdità, nevvero…?
Secondo la Hopkins (che secondo me aveva strane idee in fatto di biologia, ma era un genio della retorica):
seguendo il loro istinto naturale, gli uomini mostrerebbero lo stesso pudore, la stessa sensibilità e lo stesso dominio di sé che mostrano le donne, se le loro migliori inclinazioni non fossero spazzate via dai diktat della società moderna e dalle basse aspettative che l’opinione pubblica sembra nutrire verso di loro.
Insomma: non è affatto vero che l’uomo fa più fatica a trattenersi rispetto a quanta ne facciano le donne, dice la Hopkins. Se solo volessero, anche gli uomini ce la farebbero, con la stessa identica fatica con cui ce la fanno anche le donne.
Il punto è che le donne sono culturalmente più inclini al pudore, perché si tratta di un valore che è sempre stato insegnato loro. Le donne sanno che la purezza è importante, perché la cosa è stata ripetuta loro millemila milioni di volte, e quindi le ragazze si comportano di conseguenza.
Ma un insegnamento analogo, ahimé, non è mai stato impartito ai maschi (con la stessa incisivtà). Anzi: i ragazzi hanno imparato fin da piccoli a sghignazzare per quella palpatina alla servetta, per quello sguardo nella scollatura, per quell’avventura di una notte che la moglie non ha mai scoperto…
Ma allora è questione di educazione ricevuta, non di impossibilità biologica a controllare i propri istinti (dice la Hopkins).
Ma allora sono le istituzioni (la Chiesa, la famiglia, la società…) che dovrebbero fare di più per responsabilizzare i maschi in tal senso, fin dalla più tenera infanzia.
Nasce così, nel 1883, la Società della Purezza.
Cos’era?
Parlando in termini altolocati, questa Società si definiva “l’organo ufficiale della Chiesa d’Inghilterra per promuovere la purezza tra i maschi, e prevenire la degradazione di donne e bambini”.
Parlando in termini molto terra a terra, il tutto si presentava come una specie di club maschile, sull’impronta di quelli che all’epoca accoglievano i ragazzotti altolocati. Insomma, un posto in cui i giovanotti potessero riunirsi per divertirsi, coltivare nuove amicizie, scherzare goliardicamente…
…e, in questo caso, aiutarsi l’un l’altro nel perseguire ideali di rettitudine e purezza.
Insomma: un posto dove fare le amicizie giuste, e grazie al quale (aiutarsi a) diventare adulti in maniera seria e responsabile. L’astinenza sessuale prima del matrimonio e la fedeltà coniugale dopo le nozze diventavano così un obiettivo coune da porsi, una battaglia da condividere, un ideale in cui credere e per cui combattere senza vergogna… e non una fissazione degli stupidotti che non sanno come godersi la vita.
Perché è abbastanza facile perdere di vista le ragioni per cui ti viene chiesto di fare (o non fare) X, se si tratta di un argomento su cui non ti soffermi mai perché “non sono discorsi da uomini”.
E invece, la sfida della Hopkins è proprio quella di proporre agli uomini i più alti ideali di purezza sessuale, partendo dall’assunto che… altroché se son discorsi da uomini!
Anzi: son discorsi da uomini onesti, da gentleman, da galantuomini responsabili e con la testa a posto.
Perché un vero uomo non va a prostitute, non abusa della sua sposa, non insidia ragazze da marito con il rischio di comprometterle.Perché un vero uomo è capace di fare quello che è giusto, di fermarsi prima di andare troppo oltre; è capace persino di accantonare certe sue voglie, se capisce che si tratta di desideri disonesti.
C’è anche una forte componente di cavalleria, nell’impostazione che la Hopkins aveva dato alla sua Società della Purezza. L’uomo deve essere puro perché è così che si comporta un uomo virtuoso e saggio, e anche perché è suo dovere “di cavaliere” tutelare in ogni modo il sesso debole.
Date un’occhiata alle cinque promesse che tutti i giovani dovevano impegnarsi a rispettare, prima di entrare a far parte della Società della Purezza:
1. Rispettare tutte le donne, e impegnarsi a proteggerle dal male;
2. Respingere il linguaggio osceno e le barzellette sporche;
3. Impegnarsi a far sì che i principi della purezza sessuale siano considerati ugualmente importanti sia per gli uomini che per le donne;
4. Diffondere questi principi fra amici e colleghi, e impegnarsi ad aiutare i propri fratelli più giovani;
5. Utilizzare ogni mezzo possibile per soddisfare il comandamento: “mantieni puro TE STESSO”.
C’è anche una forte componente di cavalleria, come dicevo.
Messa così, sembra la dichiarazione d’intenti di un cavaliere senza macchia e paura – uno di quelli che tutte noi vorremmo avere al nostro fianco. O no?
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Non è tutto oro quello che luccica, per carità: la Hopkins (oltre a non conoscere esistenza e effetti del testosterone…) aveva anche idee molto bizzarre su determinati aspetti della morale sessuale. Era leggermente ossessionata dall’incesto, sostenendo che tutti i fratellini che dormono assieme finiranno prima o poi col fare sesso (???), e quindi col battere le strade (???). Si era fatta portavoce di campagne assai poco condivisibili volte a strappare i figlioletti alle madri prostitute, perché i bambini sarebbero cresciuti molto meglio in un orfanotrofio. Anche all’interno della Società della Purezza, calcava molto la mano sul senso di colpa, istituendo addirittura dei comitati di sorveglianza incaricati di spiare (!) i vari membri del gruppo, e punire quelli sorpresi ad avere comportamenti non appropriati.
Insomma: andiamoci molto cauti prima di esaltare la signorina, perché di cose parecchio equivoche ne ha fatte molte pure lei.
Come si suol dire, nessuno è perfetto. Ma resta il fatto che, leggendo alcuni stralci dei suoi scritti, io ho trovato anche delle frasi e delle argomentazioni che sarebbero da incorniciare e da custodire come cosa cara.
E poi… c’è niente da dire: a me, l’idea che sta dietro alla Società della Purezza piace tantissimo, altroché.
Anzi: non so cosa ne pensiate voi, ma io trovo che, nel suo genere, sia piuttosto geniale.
lopsicotaccuino
A parte l’ultima parte che mi sembra un *tantinello* esagerata (per usare un eufemismo…) beh, sono cose che ho sempre pensato. Io, ovviamente, terrei ben conto il ruolo di ormoni e testosterone (e ci mancherebbe!) ma tante volte mi sembra che sia la “scusante” per non provarci nemmeno.
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