In un’epoca in cui la Quaresima era presa molto più sul serio (e l’anno liturgico, in generale, ritmava la vita dei fedeli molto più di quanto non faccia adesso), la Domenica Laetare era un momento importante per la cristianità. Nella scelta delle letture, nel colore dei paramenti liturgici, nell’accompagnamento dei canti sacri, tutto era orchestrato per trasmettere al popolo un senso di gioia per la Pasqua ormai vicina. “ In questo giorno la Chiesa sospende le tristezze della Quaresima; i canti della Messa non parlano che di gioia e di consolazione”, sintetizza efficacemente Prosper Guéranger, abate benedettino, in un (bel) commento (che peraltro consiglio a tutti gli appassionati di liturgica).
Insomma, era una domenica importante, la cui dimensione gioiosa era sottolineata fin dall’Introito della Messa (memorizzate questa informazione, ci torna buona per dopo), che nello specifico recitava (in Latino):
Gioite con Gerusalemme, voi che l’amate: esultate per lei. Voi che avete partecipato al suo lutto, ora vivrete con lei tutta la sua felicità. Anche voi sarete saziati con le consolazioni che vi darà: come neonati allattati dalla madre succhierete con gioia il suo seno generoso.
Fin qui ci siamo?
Benissimo.
Adesso accantoniamo le questioni liturgiche e parliamo di tutt’altra cosa, cioè delle non facili condizioni di vita dei domestici inglesi che prestavano servizio nelle dimore signorili. A titolo esemplificativo citeremo la servitù di Downton Abbey

cioè lavoratori, magari anche molto giovani per i nostri canoni, che prestavano servizio come [valletti / maggiordomi / sguatteri / così via dicendo] nelle grandi tenute dell’aristocrazia inglese, vivendo all’interno della tenuta stessa per essere reperibili 24h/24 (e perché, di base, erano quelle le condizioni contrattuali dell’epoca).
Ovvio è che a ‘sti poveri cristiani bisognava concedere, di tanto in tanto, una giornata libera. Se non per ragioni di salute del lavoratore, per questioni estremamente pratiche: un domestico che vive all’interno dell’edificio in cui presta servizio ha davvero poco tempo da trascorrere con la famiglia, soprattutto se la famiglia non abita dietro l’angolo ma a qualche ora di calesse.
Vita grama, sotto questo punto di vista, per i domestici di una volta: le “feste in famiglia” potevi anche scordartele. Il Natale, la Pasqua e le grandi feste comandate erano, ovviamente, i momenti di maggior lavoro, per chi prestava servizio come cuoco, sguattero di cucina, cameriere personale, etc.
Epperò, ripeto: a ‘sti poveri cristiani bisognava concedere, di tanto in tanto, una giornata libera da trascorrere in famiglia. E in Inghilterra, lentamente, si era imposta questa consuetudine: uno dei giorni in cui i domestici avevano diritto a una giornata di riposo era, per convenzione, la Domenica Laetare.
Tant’è.
Non ho idea di come sia nata l’usanza, ma fatto sta che è nata e si è imposta: era consuetudine universalmente accettata che i domestici approfittassero della quarta domenica di Quaresima per tornare a casa e visitare le loro famiglie. E in famiglia era ovviamente festa grande, in un clima di rilassatezza che peraltro ben si sposava con le concessioni di quella specifica domenica di Quaresima (festeggiata dalla Chiesa Anglicana con la stessa pompa magna con cui la festeggiavano i cattolici).
***
Orbene: i domestici dell’epoca avevano probabilmente altro a cui pensare; ma chi fra di loro aveva l’abitudine di leggere il giornale avrebbe probabilmente potuto notare, nel maggio 1913, alcuni trafiletti dedicati ad un’iniziativa che stava prendendo piede negli Stati Uniti. Grazie all’indefesso lavoro di una certa Anne Marie Jarvis, che si era auto-investita di questa “missione” alla morte di sua madre, si stava diffondendo negli USA la consuetudine di festeggiare le mamme in una giornata specificamente dedicata loro.
Come dicevo, non so se i domestici di Dowton Abbey abbiano fatto caso agli articoli che parlavano di questa iniziativa. Certamente, la notizia, letta casualmente su un giornale, colpì l’attenzione della signorina Constance Adelaide Smith, figlia di un sacerdote anglicano e cresciuta in una famiglia dalla religiosità fervente (dei quattro fratelli che aveva la ragazza, tutti seguirono le orme del padre).

L’iniziativa che stava prendendo piede in America colpì Constance nel bene e nel male. Sotto un certo punto di vista, l’idea era chiaramente deliziosa; per contro, la donna trovava un po’ insulso festeggiare le mamme in un giorno scelto a casaccio, così, come per un’imposizione piovuta dall’alto.
No, Constance aveva un’idea migliore: secondo lei, la collocazione perfetta per la festa della mamma sarebbe stata la Domenica Laetare, che del resto in Inghilterra era già una giornata fortemente connotata in chiave materna!
C’era l’abitudine di tornare a casa e visitare le proprie famiglie; c’era l’abitudine di viaggiare verso il proprio paese natio e prendere Messa nella propria “chiesa madre” (cioè, nel linguaggio dell’epoca, la parrocchia in cui eri stato battezzato). Addirittura la liturgia di quel giorno faceva riferimento a una madre metaforica:
Gioite con Gerusalemme, voi che l’amate. […] Sarete saziati con le consolazioni che vi darà; come neonati allattati dalla madre succhierete con gioia il suo seno generoso
Ma vi dirò di più: nell’Inglese dell’epoca, la Domenica Laetare era popolarmente chiamata “mid-lenting” (il corrispettivo della nostra “domenica di mezza Quaresima”) oppure… “mothering Sunday”: una definizione che non ha corrispettivi in Italiano, ma che sottolineava proprio la radicata tradizione di trascorrere la giornata nel proprio paese natio e nella propria chiesa battesimale.
Beh: per farla breve, Constance Adelaide si rimboccò le maniche e diede il via a una vera e propria campagna per trasformare la Mothering Sunday in una festa della mamma su scala nazionale… che però – a differenza del Mother’s Day americano – unisse un significato spirituale più profondo al “banale” festeggiamento laico.
E infatti, se guardiamo alle linee-guida della festa della mamma così come la voleva Constance Adelaide, cogliamo una dimensione spirituale ben marcata: nel giorno del Mothering Sunday, i fedeli sono invitati a pregare per tutte le famiglie, rendendo grazie a Dio per questa santa istituzione. Solo in second’ordine sono invitati a ringraziare personalmente anche i propri genitori; e se questi fossero già morti, il modo migliore per festeggiarli sarebbe pregare le loro anime, possibilmente visitando le loro tombe al cimitero.

Chissà cosa direbbe Constance Adelaide, nel vedere come si è evoluta in Inghilterra la festa della mamma. Il Mother’s Day cade ancor oggi nella Domenica Laetare, è vero, ma ha ben pochi legami con la bella commemorazione di matrice cristiana che la donna aveva lanciato cent’anni fa. È una festa commerciale come tante, ormai – e qualcosa mi dice che la sua fondatrice sarebbe decisamente delusa dagli esiti.
Nulla ci vieta però di essere noi a far rivivere ai nostri tempi la bella festa della Mothering Sunday!
Avete ancora ampio tempo a disposizione per stupire la vostra mamma con una telefonata di auguri – con morale – a sorpresa!
agapetós
Dunque il calendario liturgico anglicano coincide con quello romano?
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Lucia
Ovviamente mi sono posta la stessa domanda, ho cercato di trovare una risposta univoca, e non ci ho capito un cavolo di niente 😛
Onestamente non ho proprio capito niente, mi sembra di intuire che anche gli anglicani abbiano avuto col tempo una riforma liturgica e che a seconda del tipo di chiesa in cui si è (High Church, etc) si possano avere in uso libri diversi (alcuni dei quali, più cattolicheggianti di altri).
Boh?
Non ci ho capito un granché 😐
Di sicuro hanno, o avevano, evidentemente in comune il calendario liturgico, con la quaresima come la nostra e con la Domenica Laetare come la nostra. La cosa che incuriosisce è che apparentemente avevano in comune anche l’introito della Messa e – a quanto leggo in giro – il brano evangelico (gli Inglesi hanno un dolce tipico per la festa della mamma, che fa riferimento all’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci, che era la lettura di quella domenica di Quaresima anche per i cattolici, prima della riforma conciliare).
Il calendario liturgico in comune non mi stupisce, ma la comunanza di introito e di Vangelo sì, e neanche poco… 😮
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marinz
In ambrosiano non abbiamo questo “tipo” di domenica quaresimale… e si prosegue normalmente… anche se sinceramente ho visto delle casule rosa nell’armadio e non sapevo che si potessero usare, almeno in romano, nella quarta domenica di quaresima… cercherò di capirlo quando si possa usare in ambrosiano quel colore liturgico
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Lucia
In rito romano, si possono/dovrebbero usare nella quarta domenica di Quaresima e nella terza domenica di Avvento, la Domenica Gaudete.
Curioso che tu abbia visto dei paramenti rosacei a Milano, perché, da quel (pochissimo) che ne so, in rito ambrosiano questo colore liturgico non esiste proprio (…e che io sappia non è mai esistito, nemmeno prima del concilio, tipo).
Boh?
Peraltro, già che ci siamo, curiosità: ma il viola quaresimale “romano” quanto è effettivamente diffuso in terra ambrosiana? O per meglio dire: quanto è effettivamente ancora diffuso il viola quaresimale “ambrosiano”, che, da quanto ho studiato, è più scuro e tende al nero?
Curiosissima di vedere se queste tradizioni liturgiche sopravvivono ancora o stanno pian piano soccombendo alle offerte casula 3×2 delle fabbriche low cost… 😉
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marinz
Allora non so perchè era nell’armadio della sacrestia… siccome la mia parrocchia è stata affidata prima a calabrini (Don Calabria di Verona) e poi passata ai piamartini (Padre Giovanni Piamarta di Brescia) potrebbe essere un’eredità di qualche parroco passato da noi…
In quaresima e in avvento si usa il morello (che è simile al viola) mentre nelle ferie quaresimali si usa il nero… ora non ti so dire se viene rispettato perchè nella mia parrocchia, cosa che mi fa un po’ arrabbiare, si segue una “liturgia” che ogni tanto tende al romano, in Duomo, sono quasi sicuro, che usano paramenti neri, che cmq abbiamo in armadio e che trovo davvero belli.
Poi abbiamo i vari piviali tra cui quello nero che però non usiamo mai :oP
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Lucia
Beh ma io non me ne intendo tanto di rito ambrosiano, eh!
Che io sappia il rosa non si è mai usato a Milano, ma magari invece sì… 🙂
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