I Senesi, toscanacci giocherelloni, nei secoli passati correvan di continuo.
Certamente organizzavano una grande corsa di cavalli alla metà di agosto, in onore dell’Assunta; ma mica si fermavano lì! Organizzavano un palio anche il 20 marzo, per commemorare la morte del beato Ambrogio Sanseoni, e poi ne organizzavano un altro esattamente due mesi più avanti, per festeggiare san Bernardino. Ma i cavalli correvano in una miriade di altre occasioni: ad esempio, si temeva un palio anche il 26 novembre, in onore di san Pietro alessandrino. Un grande palio aveva luogo anche il 22 luglio, a omaggiare santa Maria Maddalena: una novità introdotta da Pandolfo Petrucci, che proprio in quella data aveva preso il potere a Siena. Caduto Pandolfo Petrucci, il palio della Maddalena fu spostato al 25 luglio e dedicato a san Giacomo: ché i politici odiati possono anche esser scalzati, ma al palio mica si rinuncia!
E fin qui, mi sono limitata a elencare le corse di cavalli.
Se ci mettessimo a parlare di tutte le corse che organizzavano le varie contrade ricorrendo a cavalcature di più umile estrazione, questo articolo si trasformerebbe in una lista gigantesca. Un esempio tra tutti: il palio di santa Caterina, organizzato dalla contrada dell’Oca ogni 7 maggio e corso a cavallo di bardotti (cioè, incroci tra asine e cavalli: animali più umili, più popolari, e certamente meno performanti rispetto ai destrieri di scuderia che corrono oggi a metà agosto).
In quelle che, più che un palio vero e proprio, erano grandi feste di rione, si correva a dorso d’asino, di mulo, di bufalo, e persino a piedi (nel senso che si tenevano anche delle gare podistiche). Ogni giorno era buono per festeggiare, e la lunga estate senese era un susseguirsi allegro e ininterrotto di corse, feste di piazza, corride, rappresentazioni teatrali e grandi tavolate che permettevano agli abitanti delle varie contrade di stare in compagnia, punzecchiarsi un po’, litigare se necessario per poi rimettersi a scherzare. Non a caso, questo articolo ha un retroscena culinario: per omaggiare l’antica tradizione delle grandi tavolate in occasione delle feste di contrada, Mani di Pasta Frolla vi propone oggi la ricetta dei pici senesi in sugo di briciole, un piatto popolare che veniva mangiato in allegria, mille e mille volte, in quella lunga estate senese, ogni volta che si trattava di dover festeggiare la vittoria a un palio.
Parlo di “palio”, ma dovrei fare una precisazione: quelle che ho descritto fino a questo momento erano corse che avevano ben poco a che vedere col “palio di Siena” come lo conosciamo oggi. Erano corse alla lunga, che attraversavano le strade cittadine seguendo un percorso in linea retta, che spesso si concludeva di fronte alla chiesa dedicata al santo in onore di cui era bandito il palio. Si trattava di una pratica oggettivamente scomoda (che, di fatto, determinava la chiusura di vie intere, paralizzando per quel giorno la vita di contrada), oltre che potenzialmente pericolosa (ogni tanto, ci scappava l’incidente o la tragedia). Nel 1861, poco dopo l’unificazione nazionale, il governo appena insediatosi colse l’occasione per abolire una volta per tutte quella ridda di corse alla lunga (fra l’altro, veramente tanto numerose!) proponendo ai Senesi di concentrare tutte le energie nel rendere grande, e famoso in tutta Italia, il Palio dell’Assunta. Così come infatti accadde.
Ma insomma: il Palio dell’Assunta, come nasce? E soprattutto, che aveva di diverso rispetto a tutti gli altri?
Innanzi tutto, nasce a seguito di un miracolo, consumatosi verso la metà del Cinquecento (forse il 2 luglio 1552, a detta di alcuni) tra le strade del rione Provenzano, un quartiere malfamato all’interno della contrada della Giraffa.
Proprio lì aveva sede un bordello, nel quale un soldato spagnolo di stanza a Siena aveva appena sfogato i suoi più bassi istinti (o così, almeno, racconta la leggenda). Uscito dal lupanare, l’uomo si trovò faccia a faccia con una statua della Vergine Maria che qualcuno aveva collocato in strada, forse come semplice atto di devozione o forse come intenzionale gesto di protesta verso le turpi attività che si consumavano oltre le porte del bordello.
Non essendo dell’umore giusto per sentire su di sé lo sguardo della Vergine, il soldato pensò bene di sfoderare il suo archibugio e sparare addosso alla Madonna. Ma le Madonne della Controriforma (l’abbiamo già detto in questo articolo) sembravano non essere particolarmente inclini a quella cosa del “porgi l’altra guancia”: il proiettile rimbalzò miracolosamente sul busto della Vergine finendo col ritornare al mittente. Il soldato sacrilego aveva subito la sua giusta punizione, morendo all’istante con un colpo dritto al cuore; quanto alla miracolosa immagine della Madonna, essa divenne immediatamente oggetto di forte devozione.
Una devozione che la Vergine accettò di buon grado, facendo fioccare un’infinità di grazie su tutti i Senesi che la pregavano con devozione. Entro l’anno 1604, era stato edificato un intero santuario in suo onore (la chiesa della Madonna di Provenzano, per l’appunto); ed entro l’anno 1605, i Senesi avevano deciso di dedicare proprio alla Madonna di Provenzano il tradizionale palio che correvano a mezz’agosto. E anzi, avevano anche accarezzato l’idea di onorare la Vergine con qualcosa di un po’ diverso dal solito.
L’idea nacque tra i decani della contrada della Balia (quella che tradizionalmente si faceva carico dell’organizzazione del palio di Ferragosto): perché non cambiare il tragitto della corsa e organizzare un palio alla tonda, facendo correre i cavalli in un circuito ad anello all’interno della principale piazza cittadina?
Sarebbe stato più sicuro, certamente, riducendo al minimo il rischio di travolgere passanti imprudenti. E indubbiamente sarebbe anche stato più pratico, concentrando tutta la folla (e tutto il disagio) in un singolo punto della città. Ma, soprattutto, sarebbe stato più godibile (o così almeno fecero notare i decani della Balia), permettendo a tutti gli spettatori di seguire nella completezza l’intera durata della corsa, dall’inizio alla fine. Fino a quel momento, il tifo di contrada si riduceva necessariamente a qualcosa di simile a quello che fanno gli appassionati di ciclismo quando s’affacciano sulla via nella quale transita il giro d’Italia: bello, sì, ma vuoi mettere l’emozione di poter seguire la gara passo passo, di vedere la rimonta, di esultare in tempo reale alla vittoria?
In realtà, nel 1605 non se ne fece niente. Per un motivo o per l’altro, la proposta non trovò immediata attuazione e l’idea restò ad aleggiare nell’aria nel 1633, quando la città di Siena ricominciò entusiasticamente a organizzare il palio dell’Assunta dopo due anni in cui le condizioni sanitarie avevano impedito di godere della festa. La peste manzoniana del 1630 non s’era limitata a fare danni nella zona di Milano: al contrario, s’era spinta a Sud fino a lambire le città di Firenze, Pistoia e Lucca. Per i Senesi, sarebbe stato folle organizzare una festa di piazza che faceva affluire in città molta gente dal contado e che, soprattutto, richiedeva la presenza di fantini professionisti che potevano anche arrivare anche da più lontano.
Ma dopo un paio di estati di stop forzato, la pestilenza era ormai un ricordo lontano (uno slogan che, nel 1633, era persino vero: beati loro). Impazienti di tornare alle loro amatissime corse di cavalli, di cui avevano tanto sentito la mancanza, i Senesi decisero di farlo col botto organizzando un palio… come mai lo s’era visto prima. Ovverosia, decisero di rispolverare quella vecchia idea del 1605; e il 15 agosto 1633, la Tartuca ebbe l’onore di vincere il primo Palio di Siena nel senso moderno del termine.
In realtà, il palio alla tonda del 1633 fu un qualcosa di volutamente eccezionale, organizzato per un palio d’eccezione (stiamo pur sempre parlando del primo grande evento cittadino dopo anni di stop per emergenza sanitaria!). Dovette passare qualche anno ancora prima che i Senesi decidessero di correre stabilmente alla tonda il grande palio in onore dell’Assunta (correva l’anno 1656); e altri anni ancora dovettero passare prima che si consolidasse il tradizionale calendario che conosciamo ancor oggi: un primo palio il 2 luglio, antica festa della Visitazione di Maria, esplicitamente dedicato alla Madonna di Provenzano; un secondo palio il giorno dopo Ferragosto, a festeggiare all’Assunzione della Vergine.
Ma l’embrione del “moderno” palio comincia lentamente a svilupparsi a partire da quel lontano 1633: era nato (o meglio, stava nascendo) il Palio di Siena così come lo conosciamo oggi.
Per approfondire: Duccio Balestracci, Il Palio Di Siena, editori Laterza, 2019
Immagine di copertina: Lupa – Siena – Palio di Provenzano – Luglio 2011 – 4a prova di Janus Kinase su Flickr
aure1970
Grazie! Molto interessante! Soprattutto la Madonna antiproiettile.
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Lucia Graziano
A dar retta alle cronache dell’epoca, se sparavi addosso a una Madonna nel ‘500 era più facile che il proiettile ti rimbalzasse addosso che il contrario 😂
Grazie a te! 🙂
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carls
Povero soldato, dritto all’inferno, non c’era ancora tutto l’attuale buonismo nell’aria
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Lucia Graziano
E ci sono storie, sulla stessa linea, anche peggiori, con soldati blasfemi che soffrono orribilmente (ad esempio, mangiati vivi dai calabroni per citare un caso che mi viene in mente così su due piedi) prima di morire. Decisamente, i santi della Controriforma non erano gente da far arrabbiare 😉
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