Ci fu una lunga pausa di silenzio collettivo, durante la quale i monaci si scambiarono una serie di occhiate confuse. Il sole era tramontato, ed era giunto il momento della giornata in cui i religiosi spezzavano il silenzio e, dopo l’accusa dei loro peccati, si concedevano qualche chiacchierata in compagnia. Quella sera, a prendere la parola era stato un giovane scriba che aveva annunciato entusiasticamente di aver appena composto un meraviglioso racconto sulla decollazione di san Giovanni Battista: un racconto che, lui ne era certo, avrebbe fatto parlare di sé attraverso i secoli, dando grande prestigio all’intera abbazia.
E qui torniamo appunto alla lunga pausa di silenzio collettivo in cui l’abbazia era sprofondata dopo aver ascoltato una sintesi di cotanto progetto letterario. Qualche monaco si agitò sul suo scranno, a disagio. Qualcun altro finse un colpetto di tosse per nascondere un attacco di risate. Alla fine fu l’abate a prendere la parola, e lo fece con molta cautela: “scusa, fratello. Non credo di aver afferrato con totale precisione l’idea che sta alla base del tuo racconto. Mi stai dicendo che hai intenzione di scrivere una novella in cui… il Battista viene ucciso da un druido irlandese?”.
“Sì!”, rispose il suo interlocutore, entusiasticamente, mentre un sorriso a trentadue denti s’allargava a illuminargli il suo viso di ragazzino.
L’abate sbatté le palpebre più volte in rapida successione, alla disperata ricerca di qualcosa di intelligente da dire. Sciaguratamente non lo trovò, e dovette limitarsi a un olimpico: “perdona. Ma perché questa scelta narrativa?”.
Il giovane scrivano gli restituì uno sguardo perplesso. “Beh, i druidi sono cattivi, no?”.
L’abate scelse di misurare le sue parole con molta attenzione, un po’ come si fa quando si parla a un idiota: “credo, figliuolo, che la radice della nostra perplessità risieda nel fatto che i druidi irlandesi, tipicamente, se ne stanno in Irlanda, mentre tu mi insegni che Giovanni il Battista fu ucciso in Terra Santa. E quindi comprendi che l’ingente distanza geografica è tale da rendere, a nostro giudizio, non troppo verosimile una storia in cui…”.
“Ah, ma io ho già pensato a tutto!”.
“Ah sì?” fece l’abate, rianimandosi. Forse quel giovanotto strano non era completamente idiota, dopo tutto.
“Sì!”, rispose lo scriba, orgogliosamente. E poi illustrò il suo espediente narrativo: “il druido non è un druido a caso. È Mug Ruith!”.
Seguì qualche altro istante di silenzio, durante il quale il monachello guardò entusiasticamente i suoi confratelli mentre lasciava sedimentare in loro l’informazione. Sciaguratamente, i sedimenti presero corpo in una lunga sequela di colpetti di tosse imbarazzati e un paio di udibili ‘groan’ sullo sfondo. Alla fine, toccò di nuovo all’abate prendere la parola, grossomodo con l’espressione di un Cristo alla colonna. “Perdonami, figliuolo. Stiamo parlando di Mug Ruith il druido cieco del Lebor Gabála Érenn, il libro leggendario che parla di fate, divinità precristiane e altra mitologia varia e assortita?”. E il ragazzino annuì entusiasticamente spiegando che, sì, certo, intendeva proprio lui, era una figata di personaggio quel druido cieco, lui e i suoi fratelli impazzivano di gioia, da bambini, quando la mamma raccontava le sue storie! E comunque non sarebbe affatto stato un problema collocare Mug Ruith in Terra Santa, perché lui si spostava in fretta: viaggiava su una fighissima una ruota a remi volante, che era stata costruita per lui da Simon Mago.
“Eh?!”, fece l’abate in tono fin troppo acuto.
“Simon Mago. Quello degli Atti degli Apostoli che ha litigato con san Pietro. Era un…”.
“Sì lo so chi è Simon Mago grazie” disse l’abate tutto d’un fiato. “Mi chiedevo da quale punto esattamente del Nuovo Testamento avessi tratto questa peculiare informazione sulla ruota a remi volante che egli avrebbe costruito per Mug Ruith”. Dalle retrovie, una voce mormorò “ma poi, che cavolo è una ruota a remi volante?”.
Il ragazzino si strinse nelle spalle. “Ah, boh. Me lo diceva sempre la mamma”.
E lì l’abate si morse le labbra, lottando contro la tentazione di far notare ad alta voce che la mamma del giovanotto era una contadinotta mezzo scema e mezzo alcolizzata, i cui figli erano stati accettati in monastero per pura carità cristiana. Invece, optò per un pacatissimo “capisco” e poi aggiunse: “beh, dicevi che hai con te la bozza di questa storia? Leggicela, suvvia, così magari vediamo se c’è qualche punto in cui possiamo aiutarti…”.
E, con l’entusiasmo di un bambino, il monachello iniziò a leggere il frutto della sua fatica letteraria.
C’era una volta, nel regno di Erode, un giudice giusto di nome Filippo: prendeva sempre le migliori decisioni, placava le controversie proponendo soluzioni giuste a chi si trovava in lite e difendeva con coraggio i diritti che i cittadini potevano vantare di fronte alla legge. Era un uomo buono, dalla solida fortuna; viveva ad Ardagras, era questo il nome della sua città.
Un paio di monaci si scambiarono un’occhiata perplessa, ma nessuno fiatò.
Ma un giorno la malattia scese su Filippo, e dopo poco tempo lui morì.
In vita, Filippo aveva avuto una moglie bellissima e di rara grazia, che poche eguali aveva nel mondo per eloquenza, piacevolezza e abilità artistiche. Erode ne era completamente infatuato, e persino quando il marito di lei era ancora vivo aveva pensato più volte di prendersela con la forza, astenendosi però da questo proposito a motivo della posizione sociale del buon Filippo.
Ebbene: quando il re di Ascolon (Filippo, figlio di Antipa, e dunque fratello di Erode) sentì che Erodiade (la moglie di Filippo) era rimasta senza un marito, corse di gran carriera a casa della vedova e la prese per sé. E così, Erodiade visse con lui per molto tempo, alla maniera di una sposa.
Silenziosi sguardi d’attesa dalla platea.
Il cuore di Erode era straziato da enorme gelosia e da insopportabile ferocia, al pensiero che suo fratello gli avesse portato via la donna che più amava al mondo. L’amava talmente tanto che il sentimento non diminuì neppure di fronte all’evidenza per cui Erodiade sembrava piuttosto lieta di andare a letto con suo fratello.
A quel punto, l’abate si sentì in dovere di schiarirsi la gola. “Figliuolo, ma perché il tuo pensiero deve indulgere in dettagli che non agevolano per niente il tuo cammino di castità?”.
Il ragazzino gli lanciò un’occhiata perplessa. “Ma scherzi, padre? Il sesso vende! Vende un sacco, è la regola base dell’editoria”. L’abate avrebbe anche voluto replicare, ma il ragazzotto non gliene diede il tempo:
A quel punto il re radunò una moltitudine di cavalieri e visitò il regno di Ascolon, come se stesse preparando un torneo. Suo fratello uscì per accoglierlo, lo baciò, gli diede il benvenuto, gli assegnò un’ala del palazzo arredata con grande cura e gli servì una meravigliosa abbondanza di cibo e bevande. Ma quando ebbe finito di mangiare, Erode balzò in piedi con ferocia e si addentrò nell’ala del palazzo in si trovavano Erodiade e Filippo, portando con sé molti uomini armati. Lui, invece, non portava armi, ma aveva con sé solamente un bastone. Quando entrò nelle stanze di Filippo, lo vide seduto su un meraviglioso trono fatto d’oro; il fratello ci sedeva sopra, ed Erodiade era al suo fianco. Di fronte a quell’ostentazione di potere, Erode fu preso da una rabbia ancor più grande, e allora sollevò una mano, e con un colpo di bastone buttò giù la corona dalla testa di Filippo. Poi si interpose tra lui ed Erodiade e la baciò con passione. Diede ordine alla servitù di preparare per lui il letto di suo fratello, e quando questo fu pronto vi giacque con Erodiade e la amò per tutta la notte: lì, nel letto di suo fratello.
“Sì, abbiamo capito il concetto, grazie”, mormorò il maestro dei novizi nascondendosi il viso tra le mani. Il giovane scriba non fece altro che compiacersene.
Dopo quella notte, Erodiade disse a Filippo che lei non avrebbe abitato oltre con lui. Rifiutato dalla sua donna, malmenato da suo fratello, Filippo se ne andò via in lacrime e si recò nella casa di Giovanni, un uomo nobile e generoso, spiegandogli con dolore che suo fratello l’aveva oltraggiato. Lo fece perché il legame tra i tre era molto stretto, giacché Filippo, Giovanni ed Erode erano cugini.
Si levò tra i monaci un vocio esterrefatto. Il giovane scrivano ebbe la prontezza di spiegare:
Cassandra, figlia di Gomer, era la madre di Erode e Filippo. Elisabetta, un’altra figlia di Gomer, era la madre del Battista.
Il mormorio non sembrava aver intenzione di interrompersi; è anche vero che, arrivati a quel punto, nessuno (manco l’abate) ebbe il coraggio di intervenire. E fu così che il racconto proseguì, senza scossoni:
Quando Giovanni il Battista, figlio di Elisabetta e Zaccaria, sentì tutte queste cose, provò grande dispiacere nel venire a sapere che Erode aveva preso con sé una concubina. Pregò Erode di ripudiare la donna e glielo ripeté più volte: entrò nella sua reggia, e con durezza gli ordinò di smettere di dormire con Erodiade. E al figlio della sorella di sua madre rispose re Erode: “se la donna volesse tornare a dormire con Filippo, non sarei io a separarli”, ma Erodiade rispose che non avrebbe trascorso nemmeno un’altra ora con Filippo, neanche se l’alternativa fosse stata quella di rimaner sola fino alla fine dei tempi. A quel punto, Erodiade intessé su se stessa un incantesimo d’amore, attraverso il quale compì un male doloroso scatenando in Erode una passione senza freni.
No, quello era troppo. “Ma cosa c’entra adesso l’incantesimo d’amore? Salta fuori che Erodiade è una maga?”, domandò l’abate, genuinamente confuso.
“Beh, sì”, rispose il ragazzino, con ovvietà. “Mi sembrava che fosse il modo più plausibile per giustificare la sua amicizia col potente druido cieco”.
“Ah, certo. Stupido io a non averci pensato”; e dopo aver esalato quelle parole, l’abate si chiuse in un silenzio rassegnato.
Erodiade domandò a Erode, in una richiesta follemente ingiusta, di avere la testa di Giovanni su un piatto l’argento, perché aveva cercato di separarli. Ed Erode rispose che non avrebbe mai fatto nulla di simile: neppure per tutto l’oro del mondo avrebbe tinto di rosso il purissimo capo di Giovanni. Ma poi cedette, piangendo lacrime di sangue, e ordinò che Giovanni fosse messo in prigione. Una grossa somma di denaro fu data a Mug Ruith perché portasse a termine la decapitazione di Giovanni; la scelta di dare denaro a Mug Ruith fu fatta da Erodiade e dalle sue figlie. E così, lo splendido Mug Ruith venne presso la corte di Erode per uccidere Giovanni, nonostante il disonore di quel gesto: lo uccise in prigione, e pose la sua testa sul piatto d’argento. Ed è a motivo di questo gesto che Iddio è adirato con gli Irlandesi e su di loro infligge il freddo, la fame e la malattia più che su qualsiasi altra popolazione. Questi patimenti si protrarranno fino al momento in cui la nobile gente d’Irlanda sarà ridotta a un terzo di ciò che è ora. E di quel terzo che sopravviverà (oh Gesù, figlio di Maria!) dice la profezia che saranno colpiti tutti dalla peste nera.
Seguì un silenzio gravido di attesa, ma non successe niente. Alla fine, l’abate si costrinse a parlare di nuovo: “e…?”.
Il giovane scriba gli lanciò un’occhiata perplessa. “E cosa?”.
“No, dico. Ci hai lasciati qui appesi con due terzi della popolazione irlandese sterminata da freddo, fame e malattia e coi pochi superstiti che si son presi la peste. Poi cosa succede?”.
“Ah, no, non succede niente. Il racconto finisce così”.
E fu a quel punto che la quasi totalità dei monaci fu colpita da un attacco collettivo di tossetta, curiosamente molto simile all’udito al rumore di tante risate soffocate. L’abate compensava l’ilarità generale parlando con la voce di uno che invece avrebbe molta voglia di piangere: “figliolo, tu hai la consapevolezza che anche noi siamo Irlandesi, sì? Non mi sembra esattamente il racconto più adatto a infondere nei cuori della brava gente pensieri di speranza…”.
Il monachello si strinse nelle spalle, mormorando che, boh, a lui era sembrata una conclusione carina. E l’abate, con l’arrendevolezza di chi si rende conto di star combattendo una battaglia persa, stese un braccio verso di lui per fargli un rassegnato pat-pat sulla spalla: “posso suggerirti, magari, di rifletterci ancora un po’ prima di scrivere questo racconto in bella copia? Perché è senza dubbio molto innovativo, ma ci sono un paio di punti di trama su cui magari potremmo…”.
“Oh, ma io l’ho già copiato oggi!”, lo informò il giovane, con un sorriso radioso. “È già nel nostro codice miniato in biblioteca”.
E allora l’abate strinse le labbra e chiuse gli occhi, innalzando al Cielo una preghiera silenziosa affinché quel codice andasse perduto e non avesse mai a succedere che, a distanza di secoli, qualche storico lo prendesse in mano, leggesse quella boiata, e decidesse di farsi beffa di una comunità monastica in cui (Iddio lo sapeva bene!) c’era anche gente sana di mente, oltre a un agiografo che evidentemente si drogava.
Ma i disegni del Signore sono imperscrutabili, e purtroppo Dio non volle esaudire quella preghiera.
***
E, naturalmente, la storica del futuro non s’è inventata niente! Il suo unico intervento è stato quello di fare un collage (abbastanza letterale) di due versioni diverse della stessa storia, che presentano la stessa trama ma con particolari leggermente diversi. Nel farlo, ha anche omesso qualche passaggio ridondante tipo la danza delle due figlie di Erodiade. La prima parte del collage (fino al momento in cui Erode va a letto con la donna di suo fratello nel letto di suo fratello) è tratta dal Leabhar Buidhe Leacáin, un manoscritto composto tra il 1391 e il 1401 e attualmente conservato dal Trinity College di Dublino: la seconda parte proviene dal Leabhar Uí Mhaine, un testo coevo (1392-94) conservato presso la Royal Irish Academy.
Molto più numerose sono le fonti che parlano di Mug Ruith, un mitologico druido cieco che viveva nella contea di Kerry e che è protagonista di un buon numero di leggende. Effettivamente, molte di queste lo dipingono davvero come un allievo di Simon Mago, forse perché all’epoca sembrava molto cool poter vantare d’aver avuto tra i connazionali un druido che s’era formato alla scuola di un maestro così potente da aver dato filo da torcere addirittura a san Pietro. Curioso dover specificare che, nonostante le sue discutibili frequentazioni, Mug Ruith non era di per sé un personaggio cattivo, nelle leggende irlandesi che lo riguardavano: anzi, veniva dipinto come un mago che non bisognava far arrabbiare, ma che non disdegnava di aiutare la brava gente quando era dell’umore giusto. È strano a dir poco che i due testi succitati scelgano proprio questo personaggio, tutto sommato positivo, per appioppargli il ruolo sgradevolissimo di aguzzino di Giovan Battista: chissà cosa era preso, al buon vecchio Mug Ruith, per abbassarsi a un gesto così abbietto.
Ma sono ragionevolmente certa del fatto che l’agiografo dalla spiccata fantasia sarebbe senz’altro stato in grado di produrre svariati spin-off per spiegare il “non detto” dietro a questa storia. Secondo me, l’abate lo ha messo a spalar letame prima che potesse andare avanti a scrivere, e non mi distanzierò da questa spiegazione.
Whitewolf
Certo che queste leggende sono meglio delle fan fiction! Onestamente, potrei suggerire che magari hanno scelto un druido archetipo per far decapitare Giovanni Battista perché magari ha pensato che se diceva che il carnefice era (chessó) Samuel ben-Iosafat, il fedele irlandese aveva molte domande. Ma non mi torna comunque: i druidi erano stati già diffamati nell’agiografia medioevale? O comunque i monaci avevano cercato di mettere in pessima luce i druidi? Confesso che questo è un punto che mi è oscuro
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Lucia Graziano
Beh, sì. Già nelle agiografie di san Patrizio del VII secolo i druidi non facevano una bella figura, ricalcando il prototipo del sacerdote del faraone che sfida Mosè e finisce malissimo. Non erano dipinti come dei tipi particolarmente sanguinari, la contrapposizione era più che altro di (inevitabile) natura professionale per così dire, però di sicuro non ci facevano una bella figura.
E nelle Didschencas del XII secolo cominciano ad assumere sfumature sempre più cupe (accennavo qualcosa in questo vecchio post a tema Halloween). Era una idea di druido molto diversa rispetto a quella che abbiamo oggi e che è figlia del Romanticismo, ma comunque già lì non ci facevano una gran figura 😅
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ilnoire
Questo perché venivano visti come concorrenti 😀
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Lucia Graziano
Eh, per forza. Concorrenti oltretutto ormai sconfitti, nell’epoca in cui cominciavano a essere composte le varie agiografie. Non avevano la minima chance di fare una bella figura, ahimè 😛
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ilnoire
Dannata scrittura creativa!
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Francesca
No, vabbè, stavolta son morta più volte dalle risate (e poi risuscitata per continuare a leggere).
Ti invio i miei sentiti ringraziamenti,
concludendo con una riflessione sui tempi attuali: alla fine, oggi, con la complicità della “grande rete” e della sua facilità di utilizzo… se guardiamo alle storpiature del Nuovo Testamento provenienti da ogni dove e a tutto quello che ci costruiscono sopra… Si direbbe che il giovane monaco ha fatto “degni” proseliti “attraverso i secoli”, …proprio come si augurava all’inizio del racconto 😂
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Lucia Graziano
Ma infatti il giovane monaco era chiaramente un genio della letteratura agiografica: col cavolo che stavamo a commentare il suo lavoro nel terzo millennio a mezzo Internet, se quello ci scriveva un raccontino bellino bellino perfettamente in linea col Vangelo e dunque uguale a mille altri 😂😂😂
(Grazie!)
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Francesca
LOL.
Se poi, hai visto mai, nel tuo lavoro t’imbattessi in una qualche raffigurazione della ruota a remi volante… Aggiornaci!
(O se qualcuno che conosci o che ci legge e che lavora con l’AI nel settore della grafica o robe simili… Sarebbe divertente vedere il risultato… Con adeguati input… Chissà 🤔😂 )
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Lucia Graziano
LOL! Vedo che su ArtStation una artista l’ha immaginata così:
Nella mia testa, io invece me la la immaginavo completamente diversa: una specie di velocipede su cui ti siedi a cavalcioni, che però non ha rotelle ma funziona a remi. In effetti la versione di cui sopra mi sembra più sofisticata, forse più adatta a un mago del calibro di Simon Mago (visto che è lui che l’ha brevettata) 😂
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Francesca
Ecco! 🤣
Io invece la vedevo come un mega zatterone, messo proprio in orizzontale… Sul quale ci si siede sopra (comodamente!) e poi si usano i remi in qualche modo per navigare nel cielo… Mentre per il druido la mia visione è molto scontata: lo vedevo più naïf, tipo gnomo natalizio dei nostri tempi (vestito di verde e col cappuccio)…
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Lucia Graziano
A questo punto temo sia diventato imperativo dedicare prima o poi un qualche approfondimento proprio alla figura di Mug Ruith. Ha l’aria d’essere un tipo capace di darci molte soddisfazioni 😂
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Francesca
Yes, please! 😀
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Lucia Graziano
Aggiornamento: non è ChatGPT l’unica intelligenza artificiale con cui mi diverto a giocare, e dunque posso esaudire la tua richiesta dicendoti che Bing Image Creator, invece, se la immagina così, la ruota a remi volante 😂
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Francesca
😳😂
(Un po’ ci speravo che avessi tu stessa medesima un programmino per le immagini)
Eh, ma ci mancano i remi! Saranno mica i due bastoni / raggi che fuoriescono?!?
(…e io che vedevo il druido in assetto “sportivo” impegnato a remare 😁 )
GRAZIE !
P.s. comunque nel frattempo ho guardato la pagina wiki e ho capito che non si tratta di simil-gnomo natalizio 😆
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Lucia Graziano
Sì, secondo me a questo punto sono quei due mini-remi che spuntano da sotto. Son pur sempre mini-remi magici oh, evidentemente secondo la AI bastano e avanzano. E come contraddirla, in effetti? 😂
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Francesca
Forse… Offrendole per merenda la foto di uno che rema in canoa?
No, eh? 🤔🥴😁
Grazie per la tua generosa (e paziente) opera di divulgazione 👍👍 che FUNZIONA sul serio!
Non serve che te lo confermi anch’io, credo… Ma quando mi capita di diffondere qualche tuo articolo su Whatsapp accade che io riceva riscontri e ringraziamenti anche da persone che “non ti aspetti” (vuoi perché di solito leggono solo cose brevissime, vuoi perché di solito “il medioevo” non è di loro interesse neanche di striscio). Eppure… 🙂
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Lucia Graziano
Secondo tentativo:
A questo punto direi che è chiaro che secondo la AI i remi della ruota sono quei due cosini che spuntano di lato. E come darle torto, voglio dire, mi sembra avere le idee molto chiare in merito alla questione “ruota a remi volante”, è chiaramente una che ne sa 😂 Però qui mi ha aggiunto un remo aggiuntivo da mettere in mano al druido.
E grazie a mille a te per il riscontro e le belle parole (e la ricondivisione su Whastapp)! Le persone “che non ti aspetti” sono i miei lettori preferiti in assoluto 😎❤️
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Francesca
Pure i miei 😊 con la “sola” soddisfazione di aver schiacciato “invio” e poche paroline di incoraggiamento 😁 anche se i tuoi titoli di solito sono più che sufficienti ad incoraggiare 🤣 .
Remi. Sì, a ‘sto punto ho capito che il mio immaginario si muoveva banalmente tra sport a corpo libero TROPPO moderni e zattere basiche TROPPO primitive… E perciò il remo per me era “a mano”.
In effetti però nelle imbarcazioni antiche i remi erano “incorporati” alla struttura (scema io!) … fungendo anche da timoni ed “equilibratori” in qualche modo… E allora rivaluto anche la prima artista che hai mostrato perché in effetti (con quel remo-timone in mano al druido pilota) ha cercato di coniugare il concetto antico con mentalità più moderne.
*GRAZIE* 🙂
P.s. …sul fatto della cecità… Dopo la ridarola… Ho poi pensato che il monaco agiografo abbia utilizzato il fatto (del mito già esistente) _anche_ forse per suggerire svariati (e numerosi) significati pedagogici, teologici, ecc . Al di là della voluta denigrazione di un personaggio pagano pre-cristiano, all’epoca già “perdente” , come hai fatto notare.
Ancora *GRAZIE* .
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ilnoire
Com’è che hai tolto proprio la scena del ballo delle due figlie?
E poi… chissà che copertina avrebbe avuto: già mi immagino un druido a torso nudo e tatuatissimo, con grossi bicipiti che trattiene a stento l’ardore per una bionda bellezza in lingerie… Secondo me venderebbe un sacco. Se poi lo piantano in qualche serie televisiva, è pure chiaro che sia andata così, che la gente ci crederà e lo prenderà per buono!
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Lucia Graziano
Sì, in effetti uno spin-off in stile Harmony sul potente druido cieco allievo di Simon Mago e l’avvenente maga Erodiade esperta in sortilegi erotici, ambientato sullo sfondo della Giudea degli Atti degli Apostoli, avrebbe un potenziale trash talmente alto da renderlo un tema che varrebbe la pena di esplorare 😂😂😂
Sulla scena del ballo: niente di che, l’ho tolta perché mi sembrava noiosamente normale, il nostro amico doveva averla scritta in un momento di sobrietà 😂 mi sembrava che alla fine non aggiungesse nulla alla scena che stavo componendo. Sarebbe questa (nella versione riportata dal Leabhar Buidhe Leacáin):
Herodias, Herod’s woman, had two daughters. Sailusa and Neptis were their names. One of the girls was a singer, a flute-player, and a performer of various kinds of music. The other, more over, was adept at acrobatics, leaping, and gymnastics. Herod brought them into the house to urge them to perform their arts, and to delight the spirits of the nobles and great lords of the world who were gathered within. The girls said that they would not perform unless they received whatever they desired. The king promised this to them, and they bound him to his word in the presence of all the assembled nobles that he would fulfil whatever demands they made on him. Then,after that, they displayed their wonderful talents with skill and energy, and the dignitaries present praised their art highly. When they had finished their performance they came to their mother, Herod’s concubine, to consult her regarding the demand which they would make on the king. “Ask for the head of John the Baptist, and do not accept any other offer but that, and have the head brought to you on a platter”, said the queen. The girls came to Herod and asked him for John’s head. Herod was displeased at his, and said that he would sooner give them the greater part of his kingdom and territory than to give them the head which they were seeking. But they persisted
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ilnoire
Mmmm sì la scena andrebbe rimaneggiata per rimanere al pari del resto della narrazione.
Caspita, se sapessi scrivere e tenere alto il ritmo almeno un po’, la versione trash romanzo rosa-religioso-storico lo farei io!
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Lucia Graziano
Non tentarmi: sarebbe talmente trash che quasi quasi, un raccontino ironico, prima o poi… 😂😂😂
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ilnoire
bah… sì andrebbe fatto in effetti sì… verrebbe considerato blasfemo, al pari di Brian di Nazareth, e potresti vantartene con gli amici 😉
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Anonimo
Ma se il druido era cieco, come faceva a governare la ruota a remi?
Annalisa Neviani.
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Lucia Graziano
Ma era una ruota a remi volante MAGICA! Dev’essere come la Tesla a guida autonoma, ma in versione deluxe! 😂
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Lucia Graziano
…e diciamo pure che su una ruota a remi volante, secondo me, una volta che hai impostato il navigatore e sei salito in quota, secondo me puoi viaggiare sciallo. Non penso si corra il rischio di fare incidenti, voglio dire. Non credo ci sia molto traffico… 😂
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Francesca
[San Giovanni Battista prega per noi affinché possiamo essere eternamente grate per la Grazia di una Fede sulla quale scherziamo&ridiamo conservando la consapevolezza della sua serietà – con il dovuto discernimento tra una cosa e l’altra] .
Scusate, ma… Semmai la cecità del druido sarebbe un problema grosso in ALTRO momento della storia… Ehm 🤔
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Lucia Graziano
😂😂😂😂
Io non ce la posso fare. Questa assurda storia medievale è chiaramente una perla, ma non pensavo che ci avrebbe portati a TUTTO QUESTO 😂
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Elena
Beh si potrebbe cadere per una folata di vento o per colpa di uno stormo…non è una bella cosa
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Elena
No per me la ruota a remi è una ruota da carro messa in orizzontale con il druido seduto sopra che rema tipo in canoa.
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Francesca
🤔uhm… sto facendo proseliti… 😂
(riguardo la ruota a remi)
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Austin Dove
what the flippity pluppity fluff 😂😂😂
che poi con decollare avevo pensato salire in cielo non de-collare LOL
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