Ragazzi: non so voi, ma io sono giunta a una conclusione. La gente non si lava.
Io non so che cosa induca un individuo adulto, presumibilmente residente in un appartamento dotato di acqua corrente e vasca da bagno, a salire sulla metro tutto lercio e sudaticcio fin dalle prime ore del mattino, circondato da una graveolenta aura di fetore.
Purtuttavia, signori, questo accade: per ragioni a me ignote, nell’Italia del 2016, la gente non si lava. Non so cosa sproni questi individui a tale scelta; non so quale demone interiore alberghi nel loro cuore suggerendo che è una buona idea fare a meno di bagnoschiuma e deodorante. Purtuttavia, così è.
Nell’impossibilità di spiegarmi tale stupefacente comportamento, mi consolo indagando le cause remote che spingevano i nostri antenati a non lavarsi.
Avete presente, no?, tutte le dicerie (alcune veritiere, altre un po’ gonfiante) sull’assenza di bagni nel passato.
È verissimo: mediamente, nel passato, ci si lavava molto meno. E ci si lavava molto meno, non solo perché non ci fossero le vasche da bagno e l’acqua corrente. Ci si lavava molto meno perché la prospettiva di fare il bagno era culturalmente percepita come un qualcosa di altamente indesiderabile. Ogni tanto qualcuno ci mette in mezzo anche la Chiesa: i nostri trisavoli non facevano il bagno – si legge qua e là – perché la proverbiale sessuofobia imponeva ai fedeli di evitare le vasche da bagno, notorie occasioni prossime di peccato.
Beh, beh.
C’è un fondo di verità in tutte queste dicerie, ma c’è anche qualcosa da precisare meglio. Cerchiamo di scendere un po’ più nei dettagli.
***
Che nel Medio Evo non ci si lavasse affatto, è cosa che non corrisponde al vero.
Erano spariti gli impianti termali così cari alla cultura romana: questo sì. Intendiamoci: neppure nell’Antica Roma era abitudine comune lavarsi ogni giorno e con regolarità. Purtuttavia, è vero che le terme, nell’Antica Roma, erano diffusissime, aperte pressoché a chiunque, e “culturalmente” accettate senza battere ciglio. Magari, il popolino ci andava assai di rado; tuttavia, nessun romano sano di mente si sarebbe mai sognato di dire che andare alle terme era, in sé e per sé, qualcosa di disdicevole, da evitarsi.
E in effetti questo atteggiamento si conserva anche nei secoli successivi!
Cambiano le modalità con cui si ha accesso all’acqua calda… ma non è che l’abitudine di farsi un bagno di tanto in tanto scompaia improvvisamente col crollo dell’Impero Romano. In questo articolo, Mercuriade de Il Palazzo di Sichelgaita ci offre un lungo ed interessante excursus su quelle che erano le “eredi morali” degli stabilimenti termali romani: le stufe medievali.
Dicasi “stufa” una grossa sala dotata di grosse tinozze (o piccole piscinette) che, all’occorrenza, potevano essere riempite d’acqua calda, spesso profumata con essenze vegetali e petali di rosa. I nobili (e, in generale, chiunque potesse permettersi questo lusso) amavano immergersi in queste vasche e galleggiare quietamente nell’acqua calda, talvolta circondati da parenti e amici.
Né più né meno come accadeva in età romana, il bagno caldo diventava spesso l’occasione per vivere momenti conviviali con alleati, vassalli, servitori, ospiti in visita; e così, ad esempio, non ci deve stupire sapere che Carlo Magno “aveva l’abitudine di invitare al bagno non solo i suoi figli ma anche nobili e amici, e, di tanto in tanto, persino sottoposti e guardie”.

I Crociati di ritorno dalla Terra Santa tornarono in patria magnificando i grandiosi hammam che avevano visto in Oriente. Questa esperienza fu lo sprone per creare anche in Europa qualcosa di simile, ovverosia stabilimenti in cui fosse possibile a chiunque (e non solo ai ricconi) avere accesso a salutare un bagno caldo. Nascevano così le stufe propriamente dette, ovverosia grossi stabilimenti in cui, previa il pagamento di una tariffa piuttosto accessibile, chiunque poteva avere accesso a un momento di… tiepido relax.
Ecco, appunto: chiunque.
Il problema è proprio questo: chiunque poteva avere accesso alle stufe, e immergersi completamente nudo in grossi vasconi progettati per accogliere decine di persone, maschi e femmine contemporaneamente.
Non è che le stufe fossero dei bordelli, eh!
Noi inorridiremmo all’idea di un padre di famiglia che in pausa pranzo va a farsi un bagno in una piscina pubblica circondato da donne completamente nude. Ma nel Medio Evo, la sensibilità era differente, e il senso del pudore era molto diverso da quello che abbiamo noi moderni. (Del resto, come fa notare Mercuriade nel suo articolo, san Francesco ebbe la bella pensata di denudarsi di fronte al suo vescovo, e, tutto sommato, non fu linciato dalla folla; oggigiorno, quelle che si denudano di fronte ai vescovi sono le Femen, e non è che siano molto ben viste culturalmente…).

Quindi: nel pieno Medio Evo, la gente aveva l’abitudine (o quantomeno la possibilità) di godersi un bel bagno caldo nelle cosiddette “stufe”. E non è che la Chiesa avesse niente in contrario!
Sì, c’era gente nuda immersa nella stessa vasca… ma in fin dei conti anche oggi, in spiaggia, c’è gente “in biancheria intima” immersa nella stessa acqua: non è che la Chiesa (o la morale comune) ci vedesse niente di male.
Certo: poteva capitare che, in alcune stufe, la situazione degenerasse. A dirla tutta, capitava con una certa frequenza che, in certe stufe “malfamate”, poste magari in quartieri periferici, il proprietario dello stabilimento offrisse di routine ai suoi clienti alcuni servizi extra, generalmente affidati a piacenti signorine ignude che si mettevano a disposizione di chi le desiderava.
Era una degenerazione abbastanza comune, ma appunto una degenerazione. Bastava evitare con cura certi ambienti, e niente avrebbe impedito di godersi un bel bagno in maniera del tutto rispettabile.

A far cadere in disgrazia l’abitudine dei bagni comuni, in effetti, non fu Santa Madre Chiesa, come spesso si legge in giro.
Fu la Scienza Medica.
Verso la metà del Trecento, durante la grande epidemia di peste passata alla Storia come “Morte Nera”, i medici cominciarono a suggerire che forse forse vista la situazione, era meglio evitare di andarsi a immergere in catini d’acqua dove, prima di te, era entrato chissà chi altri. L’epidemia si concluse, ma nei decenni successivi ne arrivano altre, a ondate; con la scoperta dell’America, si aggiunse la piaga della sifilide (che a noi, adesso, può anche far ridere, come cosa… ma la sifilide è una malattia spaventosa, se non viene curata in tempo).
Insomma: la situazione sanitaria era quella che era; e, negli ultimi secoli del Medio Evo, la popolazione cominciò a introiettare il concetto: fare il bagno è pericoloso.
Rincarò la dose la scienza medica: a contatto con l’acqua – spiegavano i medici – i pori si dilatano per effetto del vapore. Il che, in effetti, è vero. Quello che non è affatto vero è lo step successivo: nel momento in cui i pori sono dilatati – pensavano i medici medievali – il corpo è più esposto alla penetrazione di agenti patogeni; ergo, ci si ammala più facilmente; ergo, fare il bagno è pericoloso.

Tra la fine del Medio Evo e l’inizio dell’Età Moderna, scomparve la consuetudine di rilassarsi nelle stufe, ma scomparve anche l’abitudine di bagnarsi in generale.
Immergersi nell’acqua di mare o di fiume (prima, pratica piuttosto diffusa) cominciò a sembrare un’imprudenza bella e buona. Prendersi la briga di togliersi i vestiti, infilarsi in una tinozza e farsi versare addosso acqua più o meno calda cominciò ad apparire una inutile tortura, oltretutto dannosa per il corpo: il bagno, ormai, era visto come una pratica pericolosa da svolgersi solo sotto stretto controllo medico, per curare determinate patologie.
Solo le mani continuarono ad essere lavate con acqua corrente (…possibilmente miscelata con aceto o olii essenziali, per renderla un po’ meno mortifera); per tutto il resto del corpo, si preferiva una igiene quotidiana fatta di “lavaggi a secco”: frizionamento del corpo con ciprie profumate, panni appena appena inumiditi di profumo, spugnette utilizzate per assorbire il sudore…
Insomma, poteva capitare che la gente si incipriasse ogni giorno il sedere (aehm) ma andasse avanti anni interi senza farsi un bagno. L’unica cosa positiva di questa situazione (…se proprio vogliamo trovare qualcosa di positivo in questo schifo…) è che, in un contesto in cui la gente va avanti per anni e anni senza mai mettere piede in una vasca da bagno, diventa quantomeno prassi comune quella di cambiarsi frequentemente la biancheria. (Eh beh).
Per chi aveva la possibilità di avere un cambio di biancheria (il che non era scontato), comincia a farsi strada l’abitudine di curare la propria igiene con frequenti cambi d’abito. Del resto, la biancheria assorbe il sudore: se io mi tolgo la biancheria, la mando a lavare, mi friziono il corpo con una spugnetta e poi mi infilo una canottiera nuova, sono a posto, no? Sono lindo e profumato, no?
(No?)
Appaiono in questo contesto bizzarre pratiche penitenziali “a scopo fioretto” che consistono nel… non cambiarsi le mutande per tot. mesi (aehm), e appare in questo contesto anche la moda, arrivata fin quasi ai nostri giorni, di avere biancheria intima solo e rigorosamente bianca.
In una situazione in cui tanto più sei pulito quanto più è pulita la tua biancheria, diventa imperativo – soprattutto per i ricchi – dimostrare che il loro intimo è candido, immacolato, lavato di recente e indossato da pochissimo. Ergo: la biancheria dev’essere candida – e se, ovviamente, nessuno ti solleverà la gonna per vedere se hai le mutande gialline, la moda rinascimentale ti permette di ostentare il candore della tua lingerie facendola spuntare ad arte attraverso il corsetto allacciato “largo”, o attraverso strategici tagli sulle maniche dei vestiti.

Bisognerà aspettare fino alla fine del Settecento, prima che, tra le élite illuministe, si imponga la moda di tornare a fare il bagno. Che comunque non è il bagno come lo intendiamo oggi: si tratta di veloci immersioni in acqua fredda, effettuate con lo scopo primario di tonificare l’organismo (più ancora che pulire il corpo).
Certo: dai bagni gelati degli Illuministi ai bagni “normali” dei nostri bisnonni, il passo è relativamente breve. Eppure, non è che la ricezione della pratica sia stata così indolore: nel gustosissimo saggio Vita di casa, Raffaella Sarti fa notare come, all’inizio dell’800, solo un terzo dei palazzi nobiliari di nuova costruzione fosse dotato di un locale atto ad ospitare la vasca da bagno (e sottolineo il concetto “palazzi di nuova costruzione”: non si trattava di adattare locali già esistenti e non predisposti all’uso).
C’era ancora molto scetticismo circa la bontà di farsi bagni frequenti, e in effetti posso capirlo: a tutti i pregiudizi che si erano sedimentati nel corso dei secoli si aggiungevano anche oggettive scomodità di natura pratica. Un conto è aprire la manopola ed essere sommersi da un getto ininterrotto di acqua calda; un conto è farsi scaldare sul fuoco tinozze d’acqua, aspettare che l’acqua raggiunga la giusta temperatura nella vasca, far tutto in fretta prima che l’acqua si raffreddi troppo…
Persino per i ricchi che avevano servitù a loro disposizione (e quindi, non dovevano far altro che immergersi nella vasca al momento buono), l’idea di fare il bagno poteva essere tutto fuorché rilassante.
Ci volevano ancora le condutture d’acqua corrente e uno scaldabagno in ogni casa, prima rendere il bagno quella pratica gradevole e quotidiana che è (…o dovrebbe essere…) per noi cittadini del nuovo millennio.

marinz
tutta colpa della “Morte nera”… ma poi l’avevi trovato il pupazzetto rappresentate il microbo della peste? 🙂
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Lucia
Ti ricordi ancora!!
No, dal vivo no, non l’ho mai trovata. Siccome mi scoccia fare compere su Internet, principalmente perché non ho nessuno che possa ritirarmi il pacco (a meno di non chiedere favori in giro, ma non mi va di farlo spesso), cerco di ridurre gli acquisti online al minimo indispensabile. Diciamo che il peluche a forma di Yersinia Pestis non rientra nel mio concetto di “indispensabile” 😉
Però la mia grandissima rivincita è stato, ai tempi dell’università, riuscire a inserire un piano di studi un esame monografico INTERAMENTE dedicato alle epidemie medievali (peste e sifilide). Con tesina finale (a scelta dello studente) sul culto dei santi da invocarsi contro la peste e contro la sifilide.
L’esame più bello della mia vita 😀 😀 😀
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marinz
Me lo ricordo perchè è stato uno dei primi tuoi post che ho letto… forse eravamo ancora su splinder, anzi ne sono quasi sicuro… e da lì ho iniziato a seguirti “assiduamente” :o)
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ago86
Intendi questo peluche?
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Lucia
Proprio lui! 😀
E’ una ditta inglese che produce i peluche a forma di microbi/batteri/etc di varie malattie, tra cui le grandi epidemie del passato. Essendo io una appassionata, tra le altre cose, di Storia della Medicina… 😉
E’ da anni che rincorro idealmente il peluche della Peste Nera, e, da un po’ di tempo, anche quello del colera: una “passione” che non ho mai espresso qui sul blog, ma anche al colera sono molto, molto affezionata… 😉
(Alla faccia! Belle passioni, ho! :-P)
http://www.giantmicrobes.com/it/products/colera.html
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ago86
Mi viene da segnalare questo post per dei raffronti: http://www.medievalists.net/2013/04/13/did-people-in-the-middle-ages-take-baths/
Però confesso che, data la lunghezza, non ho avuto modo di leggerlo tutto.
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Lucia
Grazie! Per adesso neanche io ho avuto il tempo di leggerlo tutto, ma una cosa è certa: mette in bibliografia alcuni saggi interessantissimi che sembrano davvero una enciclopedia sul tema!
(Un tema, peraltro, anche molto curioso, voi non trovate? Cioè: un librone di 200 pagine tutto dedicato alla Storia del bagno e del lavarsi… beh… o è una barba mortale, o è interessantissimo!)
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ba
per scrivere questo post (…) mi son dovuta prendere una mezza giornata libera dal lavoro. Argh forse era su richiesta? nel caso, che strana richiesta…
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Lucia
LOL!
No, non era su richiesta 😀 😀 😀 In realtà mi sono presa qualche ora libera per scrivere “questo” post, ma avrebbe potuto essere un qualsiasi post in generale. Mi spiaceva tantissimo abbandonare il mio blog solo a sè stesso, con post che vengono scritti una volta ogni morte di papa, e quindi avevo proprio voglia di ritagliarmi il tempo per scrivere un post, a caso, basta che sia…
Qualche giorno fa, un viaggio particolarmente intenso in metropolitana mi ha ispirato, specificatamente, questo 😉
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Mercuriade
Grazie sia per l’ottimo contributo sia per aver citato il mio articoletto!! Purtroppo, molti luoghi comuni sono duri a morire…
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Lucia
A me verrebbe quasi da dire “per fortuna!”, invece… nel senso che io mi diverto così tanto a sbugiardarli… 😉
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Laura
Sempre meravigliosa! 🙂
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mariluf
Molto bello, come sempre! Grazie!
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Mercuriade
A proposito di igiene, soprattutto pubblica, è appena uscito questo libro in Inglese dall’aspetto molto interessante che, a quanto ho letto, dimostrerebbe che l’attenzione all’igiene pubblica nelle città (almeno in Inghilterra) fosse più alta di quanto si creda da parte delle autorità… Me lo devo procurare assolutamente!!!
http://boydellandbrewer.com/urban-bodies-communal-health-in-late-medieval-english-towns-and-cities-hb.html
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alemarcotti
Anche nel 2017😂
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Elisabetta
Ah vedo che nella sezione dei commenti già tre anni fa si parlava di peste e peluche microbici….
Un tempo avevo un libro sull’argomento il titolo era Civiltà in bagno mi pare.
Avendo lavorato con minori ho sviluppato un notevole olfatto e anche qualche teoria sull’argomento. So inoltre distringuere fra sudore recente e stratificato, vale a dire puzza su puzza. Tipo libro di Suskind per intenderci.
Allora la gente non si lava :
1 secondo il principio “tanto dopo due ore torno a puzzare che molti applicano anche alle pulizie di casa”
2 non sentono la propria puzza
3 si lavano ma rimettono vestiti puzzolenti
4 non hanno mai superato la fase adolescenziale .
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Elisabetta
Aggiungo solo che la mia esclation di commenti parte dal senso della vita alla puzza stasera, e il merito è del blog se non ki sono angosciata del tutto.
Nb. Dopo aver postato il commneto sopra mi son chiesta se per caso non mi dovessi fare una doccia
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alemarcotti
😅😅😅😅🤣🤣🤣🤣🤣
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Lucia
🤣🤣🤣
Ce l’ho anch’io il libro Civiltà in bagno! Stavo proprio pensando di rispolverarlo in questi giorni per vedere se c’è qualcosa sulla storia del lavarsi le mani 😆
Questa cosa del “tanto dopo due ore torno a puzzare” è una cosa che proprio non capisco. Cioè, usa un deodorante, io non torno a puzzare dopo due ore, voglio dire O.o
L’opzione 2, “non sentono la propria puzza”, mi sembra in effetti plausibile, non ci avevo mai pensato. Ma, alla lunga, se sei assuefatto… 🤔
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scudieroJons
A proposito dell’opzione 2, fa testo l’incipit del romanzo Zazie nel metro, di Raymond Queneau:
Macchiffastapuzza, si chiese Gabriel, arcistufo. Impossibile, mai che si puliscano. Sul giornale c’è scritto che a Parigi non c’è nemmeno l’undici per cento di appartamenti col bagno, non c’è da meravigliarsi, ma ci si può lavare anche senza. Tutti questi che mi stan d’attorno, però, devo dire che mica fanno di gran sforzi. D’altra parte, perché dovrebb’essere una selezione fra i più lerci di Parigi? Non c’è motivo. E’ il caso. È assurdo supporre che la gente che sta aspettando alla Gare d’Austerlitz puzzi più di quella che aspetta alla Gare de Lyon. No, via, non ci sarebbe proprio motivo. Però, dico: ma che odore.
Gabriel cavò dalla manica un fazzolettino di seta color malva e ci si tappò le froge.
– Ma che è questo puzzo? – disse una tizia, a voce alta.
Non pensava a se stessa, così dicendo. Non era egoista, voleva parlare del profumo emanato da quel signore.
– Questo qui, bambolina, – rispose Gabriel, che aveva la battuta facile, – è “Barbouze”, un profumo di Fior.
– Dovrebb’esser proibito appestare il prossimo a codesta maniera, – continuò la tardona, tutta sicura delle sue ragioni.
– Mi sembra di capire, bambolina, che secondo te il tuo profumo naturale batte quello delle rose. Ma guarda che ti sbagli, bambolina mia, ti sbagli.
– Hai sentito? – disse la tizia a un tipetto che le stava accanto, probabilmente quello che aveva il diritto di coprirla legalmente. – Hai sentito come mi manca di rispetto, quel maiale?-
Il tipetto esaminò l’impalcatura di Gabriel, e si disse: è un forzuto ma i forzuti son sempre buoni, non se n’approfittano, sarebbe da vigliacchi. Tutto vispo e arzillo gridò.
– Puzzi, eh, gorilla? –
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