Rabano Mauro ci perse dieci anni di vita, quando le sue preghiere furono interrotte sul far della notte dalle urla belluine di un gruppo di villici che s’erano radunati non lontano e che adesso gridavano come se non ci fosse un domani.
Per prima cosa, l’abate di Fulda si domandò se fosse successa una tragedia. Ma no, le campane non stavano suonando l’allarme; apparentemente, non c’era alcuna disgrazia all’orizzonte.
In seconda battuta, il santo si domandò se quella “vociferazione di popolo così spaventosa che la sua irreligione sembrava dover penetrare in chiesa” non segnalasse appunto un tentativo di espugnare il monastero. Che ne so: una rivolta di contadini, con bande di villici determinate a saccheggiare tutto.
Ma, no: apparentemente, neanche quello era il caso.
Quando l’abate s’affacciò timoroso alla finestra per cercare di capire cosa stesse accadendo dabbasso, non vide altro all’infuori di un gruppo di paesani che brandivano spade verso il cielo, sventolavano torce accese manco fossero ventagli e lanciavano frecce mirando a non si sa bene cosa (le nuvole? Uccelli invisibili?). In mezzo a ‘sti pazzi, c’era chi suonava corni da guerra, chi incitava alla battaglia quella specie di armata raccogliticcia e chi urlava a pieni polmoni uno slogan da stadio. Vinceluna! Vinceluna!, gridavano i popolani.
Luna?
Perplesso, Rabano Mauro lanciò uno sguardo verso il cielo, nel quale la luna quella notte era appena appena visibile, nascosta da una eclisse che la stava oscurando in gran parte.
Caso vuole che l’abate di Fulda fosse uno che se ne intendeva di astronomia (cosa del resto non poi così inconsueta per i religiosi di età carolingia). Di lì a qualche tempo, avrebbe anche composto un trattato De computo dedicato al calcolo della data della Pasqua in base all’avvicendarsi in cielo dei cicli lunari. Sicché (se non altro per curiosità professionale) lo affascinò non poco, quella massa di isterici che levavano al cielo grida sconnesse ululando “luna” nel bel mezzo di un’eclisse.
Vestitosi in quattro e quattr’otto, Rabano scese le scale del monastero e s’incamminò nello spiazzo dove quei contadini s’erano dati appuntamento. “Quando chiesi loro cosa sperassero di ottenere quella chiassata”, scrive l’abate carolingio non senza una punta di divertimento: “essi mi risposero che le loro grida dovevano venire in soccorso della luna, ai loro occhi palesemente sofferente a causa dell’eclisse, e che questa brava gente si sforzava di aiutare”.
Le frecce scagliate verso il cielo? Evidentemente, speravano di colpire l’eclisse stessa.
Le grida di battaglia e l’urlo Vinceluna? Evidentemente, avevano lo scopo di sostenere la luna nella sua dura lotta contro l’eclisse che la stava divorando.
“Udito ciò”, scrive Rabano Mauro, “mi misi a ridere e mi stupii di come, nella loro semplicità, quei poveri cristiani credessero di poter andare in aiuto a Dio. Come se l’Onnipotente, malato e debole, fosse incapace di difendere l’astro da lui creato, senza poter contare sull’aiuto delle nostre urla”.
Rabano Mauro era evidentemente un monaco di larghe vedute, con uno spiccato interesse antropologico verso gli usi e i costumi del popolino. Molto meno benevoli nei confronti di queste superstizioni erano stati altri suoi colleghi, che non vedevano affatto di buon occhio le chiassate notturne durante i periodi di eclisse.
Sì, perché… curiosamente, stiamo parlando di una pratica diffusa a macchia d’olio, evidentemente espressione di una ritualità diffusa le cui radici affondavano nella notte dei tempi. Già nel IV secolo, san Massimo di Torino aveva condannato un fenomeno in tutto e per tutto analogo a quello vissuto dall’abate di Fulda in età carolingia. Predicando dal pulpito della chiesa torinese, il vescovo esterrefatto aveva commentato: “verso sera, si sono avute grida di popolo di una tal concitazione da far giungere fino al cielo il rumore della loro empietà. E quando domandai ai miei collaboratori che senso avesse tutto quel rumore, mi dissero che le vostre grida servivano a prestar soccorso alla luna in travaglio, che speravate di far uscire dall’eclisse attraverso le vostre urla”. Il predicozzo proseguiva non senza un certo sdegno: “resto sorpreso dalla vostra leggerezza. Voi, cristiani devoti, pensate di poter prestare aiuto a Dio? Gridavate perché il cosmo non andasse in rovina a causa del vostro silenzio?”. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere, commentava sgomento il sacerdote: come si può professar cristiano un individuo che si abbandona a superstizioni così palesemente contrarie al catechismo, che contraddicono tutto ciò che è stato insegnato ai neofiti riguardo l’onnipotenza di Dio? “Il vostro mutamento era ancor più grave di quello della luna”, notava il vescovo senza mezzi termini: “se lei pativa la perdita della luce, voi pativate la perdita della salvezza!”. E tale e tanto era lo shock del santo torinese, che egli sentì il bisogno di tornare sullo stesso tema anche a qualche tempo di distanza: “Fratelli, continuiamo a contraddire, come fatto giorni fa, quanti ritengono che la luna possa esser rimossa dal cielo per gli incantesimi dei maghi. Abbiamo esortato ed esortiamo costoro perché, lasciato da parte l’errore pagano, tornino prontamente alla sapienza”.
Quella che san Rabano Mauro aveva rapidamente derubricato a superstizione innocua, niente affatto innocua doveva parere agli occhi di san Massimo… che, del resto era un vescovo del tardoantico, non un abate carolingio: per un uomo dei suoi tempi, era ragionevole mostrare un sospetto particolare verso tutto ciò che aveva l’aria di poter essere una incrostazione di paganesimo rimasta attaccata a popolazioni convertitesi di recente.
Non sorprendentemente, attorno al 550, anche san Cesario d’Arles deplorava le persone che “immaginano di poter sconfiggere l’eclisse grazie al suono della tromba o mediante il ridicolo tintinnio di campanelli che fanno sbatacchiare con violenza”. Circa centocinquant’anni più tardi, sant’Eligio di Noyon mostrava la stessa irritazione nel ribadire che “quando la luna si oscura, nessuno dovrebbe azzardarsi a levare al cielo grida senza senso, anche perché essa si oscura unicamente in momenti ben precisi, e ciò accade per la ferma volontà di Dio”.
Ma, evidentemente, nessuno di questi sermoni riusciva a far breccia nella popolazione: le chiassate notturne andarono avanti indisturbate per secoli. In occasione di una eclisse solare che aveva creato scalpore nel 990, il vescovo Tietmaro di Merseburgo aveva profuso tutto il suo impegno nel ripetere in lungo in largo che “i cristiani non devono prestare alcuna attenzione alla diceria per cui per cui questi fenomeni prendono forma a causa degli incanti di donne maledette. E neppure è vero che la luna viene divorata da un mostro. Né tantomeno è vero che esistono azioni terrene capaci di porre fine all’eclisse”. Ma niente da fare: la chiassata di ordinanza c’era stata in ogni caso.
***
E qui, qualcuno potrebbe commentare: “eh ma povera gente. In fin dei conti, erano solo spaventati: non capivano cosa stesse accadendo e cercavano in qualche modo di ristabilire il normale ordine delle cose”.
Il che, naturalmente, è una osservazione molto vera, che sarebbe però il caso di accompagnare da una glossa a margine. Vale a dire: contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, all’epoca le eclissi non erano un fenomeno totalmente imprevisto e di natura assolutamente incomprensibile.
È ovvio che il bovaro di campagna non aveva cognizione delle complesse leggi fisiche che determinavano l’avvento di una eclisse. E tuttavia, ogni monastero che si rispettasse custodiva un qualche tomo sui movimenti della luna (se non altro perché, da essi, si determinava la data della Pasqua. I chierici medievali avevano con l’astronomia una dimestichezza ben maggiore di quella che hanno oggi i loro eredi).
Non solo: gli eruditi erano perfettamente in grado di comprendere la natura di un’eclisse. Le Etymologiae di Isidoro di Siviglia, per fare il nome di una delle opere più lette e diffusa di tutto il Medioevo, fornivano addirittura una serie di calcoli per poterle prevedere con buona approssimazione.
E che non tutto il popolo sprofondasse nel panico di fronte a una eclisse lo dimostrano alcuni fatterelli narrati qua e là nelle cronache medievali: ad esempio, nel corso della prima crociata, una vistosa eclisse di luna stupì l’esercito cristiano che marciava verso Gerusalemme. Chi, tra i soldati, ignorava la natura del fenomeno fu inizialmente preso da paura; ma gli eruditi non ebbero problemi a tranquillizzarli in poco tempo. Grazie alle parole di chi era in grado di spiegare il fenomeno in termini razionali, l’esercito si calmò senza fatica: anzi, interpretò quello straordinario muoversi degli astri come un segno della benevolenza con cui Dio guardava alla marcia delle sue truppe.
Insomma: non è che non ci fosse modo di far ragionare le masse. E nemmeno si può dire che le eclissi di luna fossero un fenomeno misterioso che pioveva sugli attoniti fedeli tra capo e collo. Qualsiasi individuo dall’erudizione medio-alta (ivi compresi un mucchio di sacerdoti, come abbiamo visto) era perfettamente in grado di preannunciarne l’arrivo e di spiegarne in termini razionali la natura innocua e transitoria. Vista l’antipatia che il clero mostrava di provare nei confronti delle chiassate superstiziose, vien da pensare che rassicurazioni in tal senso venissero fornite anche dal pulpito. Minimo minimo, sappiamo che ciò è accaduto in tutti i casi che abbiamo citato sopra; e saran mica stati gli unici.
Eppure: niente da fare. Una fetta di popolazione rispondeva molto bene alle rassicurazioni degli eruditi (che infatti riuscirono a tranquillizzare in poco tempo l’esercito crociato. Che di certo non era composto unicamente da intellettuali di larghe vedute!). Ma, al tempo stesso, un’altra fetta di popolazione restava attaccata alle sue chiassate notturne a difesa della luna e continuava a portarle avanti con ostinazione nonostante le condanne durissime del clero, mostrandosi totalmente impermeabile a ogni tentativo di divulgazione scientifica, per così dire, portato avanti dalla Chiesa e dagli intellettuali.
Curioso, no?
Il fenomeno ha ispirato alcune riflessioni interessanti al professor James L. Kugel, che andrebbe identificato attraverso due qualifiche: docente di Storia delle Religioni all’Università di Harvard, nonché paziente al quale è stata diagnosticata una gravissima forma di cancro. Ebbene: di fronte a quella diagnosi spaventosa, Kugel si stupì di scoprirsi preda di pensieri che non aveva mai avuto fino a quel momento e che lo portarono a ribaltare completamente la sua visione del mondo e il suo modo di intendere le cose. La fragilità psicologica provata in quel frangente gli ispirò la stesura di una bella riflessione on the Foundations of Religious Belief che Kugel titolò eloquentemente In the Valley of the Shadow.
Fra i tanti temi trattati, si accenna anche alle chiassate notturne contro le eclissi, a proposito delle quali Kugel fa notare:
Le persone continuarono a gridare alla luna durante le eclissi anche quando le cause fisiche di questo fenomeno erano già state ampiamente spiegate (e da parecchio tempo). Azioni di questo tipo – così come la persistenza della credenza in segni e prodigi in altri campi dello scibile umano – indica che non era l’informazione scientifica a determinare in modo cruciale la differenza tra un mondo pieno di miracoli e misteri e un universo che funzionava come un meccanismo ad orologeria.
Al contrario, mi pare che la grande differenza [tra queste due visioni del mondo] dipenda da una questione di orientamento mentale. [Perché l’uomo cominciasse a concepire l’universo come un meccanismo indagabile da mente razionale], fu necessario un completo cambiamento di pensiero che ebbe luogo attraverso un lungo periodo di tempo, e comunque in modo molto discontinuo.
Nell’Inghilterra del diciassettesimo secolo, Shakespeare avrebbe fatto osservare a uno dei suoi personaggi, e non senza una punta di rammarico: “Si dice che il tempo dei miracoli è passato, e ci sono presso di noi gli intellettuali che ci rendono quotidiane e familiari le cose che un tempo erano soprannaturali e inesplicabili. Perciò guardiamo le cose spaventose come se fossero delle sciocchezze e ci trinceriamo dietro una scienza apparente, mentre dovremmo invece sottometterci a un ignoto timore” (Tutto è bene quel che finisce bene, 2.3)
Ma la verità è che – ci fa notare Kugel – “anche molto tempo dopo l’epoca di Shakespeare le persone continuarono a sottomettere se stesse a un ignoto timore”. Verrebbe da dire che alcune ci si sottomettono tutt’ora, se è vero che ancor oggi esistono individui che prestano fede alle superstizioni più disparate. E non parliamo poi dell’insieme di confortanti menzogne rassicuranti cui ha dato la stura la recente pandemia, colpendo anche i più insospettabili.
Contrariamente a qualsiasi affermazione possa fare la scienza su basi razionali, “la credenza popolare nei presagi e nei segni occulti ha mostrato, da sempre, di essere una delle più sorprendentemente persistenti”. E chissà: io sospetto che lo sarà per sempre, nonostante tutti gli sforzi profusi in senso contrario.
Ago86
Non è però necessario passare da una visione dell’universo fondata sul “timore superstizioso” ad un’altra che lo vede come il “meccanismo di un orologio”. Sulla prima non c’è bisogno di dilungarsi, ma la seconda non è meno nociva in quanto fa sparire ogni natura (compresa quella umana) che non sia quella degli “ingranaggi fondamentali”, considerando ogni altro livello di realtà null’altro che una combinazione di qualche componente più basilare, senza una consistenza propria (una natura propria). A livello teoretico nella prima visione si perde la possibilità di intervenire sulla realtà perché ciò implicherebbe agire su forze superiori e alquanto capricciose; ma nella seconda si può manipolare ad libitum qualunque realtà senza tener conto che si sta nuocendo a qualcosa – compresa l’umanità.
Entrambe le visioni hanno in comune l’idea che la realtà non è come la percepiamo: nella prima si vedono volontà e forze oscure dietro gli eventi, nella seconda si considera “ingenuo” (quando non illusorio) ogni ragionamento che non tenga conto dei componenti e delle leggi fondamentali a cui si riduce tutto. Non è un caso che alcuni scienziati arrivino a dire “la materia non esiste, ciò che percepiamo è illusorio” e al contempo danno una interpretazione della realtà basata su delle dottrine orientali.
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blogdibarbara
Mi trovavo in Somalia nell’autunno del 1986, quando ci fu una spettacolare eclissi totale di luna. E l’intera città si riversò per le strade con coperchi da sbattere tra loro e ogni altro oggetto atto a provocare più rumore possibile, allo scopo di spaventare il mostro che si stava mangiando la luna. E se qualche europeo o americano si azzardava a chiedere, timidamente, come potessero immaginare che potesse funzionare, rispondevano fieramente: “Ha sempre funzionato!” Infatti ha funzionato anche quella volta, e dopo un paio d’ore il mostro ha cominciato a mollare la presa (sui tempi vado a occhio, non credo di avere controllato l’orologio, ma so per certo che di tempo ne è passato parecchio, perché quando è cominciata eravamo per strada e poi siamo arrivati in città e poi abbiamo fatto altre cose e poi un somalo erudito ha detto con sufficienza: “Bah, sarà la solita eclisse” ma dopo un bel po’ di tempo, con voce decisamente nervosa ha commentato a bassa voce: “Però sarebbe ora che tornasse…”).
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Lucia
Ma tu pensa!
E’ davvero interessantissima questa chicca, perché se mi dici che le stesse identiche usanze popolar vengono portate avanti anche in Somalia (!) mi vien difficile pensare a una tradizione unica sorta nel punto X e che poi si è diffusa in maniera capillare un po’ dappertutto. Ok diffusione a macchia d’olio, ma qui sembra una macchia davvero bella grossa 😅
Chissà qual è l’origine. Sembrerebbe una specie di “archetipo” (tra mille virgolette, ma per capirci) ma certo che è ben curiosa la dinamica. Combattere una eclisse facendo baccano, come può venirti in mente? (O meglio: come può venire in mente a culture così diverse l’una dall’altra, più che altro 👀)
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blogdibarbara
Probabilmente questa versione è quella originaria: di fenomeni naturali non sai assolutamente niente, ad un certo momento vedi la luna che comincia a venire sbocconcellata da un lato, qual è il pensiero più ovvio? C’è un mostro che la sta mangiando, e quindi provi a spaventarlo. Poi, una volta cominciato a studiare i fenomeni naturali e a capire come funziona la faccenda, con l’aggiunta dell’avvento del cristianesimo, rimane la tradizione modificandone le finalità.
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Lucia
No, certo: che il pensiero corra subito a un mostro che sta mangiando la luna, mi sembra comprensibile. Mi stupisce che sia così tanto trasversale l’idea di spaventarlo facendo rumore, a me ad esempio non sarebbe mai venuto in mente di spaventarlo attraverso il chiasso. Io probabilmente avrei sparato in cielo frecce arroventate o qualcosa del genere, toh 😆
Beh che il chiasso è il rimedio a costo zero a cui puoi ricorrere in qualsiasi momento e luogo senza preavviso…
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blogdibarbara
Ovviamente si reagisce in base alla propria esperienza, ed è un dato di fatto che il rumore (per la precisione quelrumore: tu non l’hai sentito, io sì!) è una cosa che oggettivamente spaventa, soprattutto se non si sa da dove provenga e che cosa sia. Durante la guerra del ’48 Israele (600.000 abitanti, in buona parte sopravvissuti all’olocausto, non tutti completamente ripresi) con pochissime armi a disposizione, ha inventato il Davidka, un mortaio artigianale che come mortaio era un’autentica schiappa, ma in compenso faceva un rumore talmente infernale che è riuscito ad avere un pesante impatto sui nervi dei nemici. Quanto alle frecce, arroventate o no, sono arrivate in uno stadio già notevolmente avanzato dell’umanità, ai primordi della quale di armi ce n’erano ben poche, e quindi usavano l’unica che è sempre disponibile, anche quando si dispone unicamente del proprio corpo. E visto che funzionava sempre, perché cambiare?
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Umberta Mesina
Ohmmamma, questa non l’avrei mai immaginata. Nei romanzi, gli avventurieri riescono sempre a infinocchiare qualche popolo primitivo facendo credere alla gente di avere potere sulla Luna, ma nessuno ha mai raccontato che il popolino si mettesse a darle man forte… 😀
A me fa quasi tenerezza, che queste persone vogliano dare una mano all’Onnipotente; ma mi par di capire che manchi loro giustappunto l’idea che l’Onnipotente è onnipotente.
Ho proprio sbagliato mestiere, comunque.
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nihilalieno
Questa credenza che il rumore fa fuggire le forze oscure, ha qualche connessione con il fracasso che accoglie gli insegnanti nella secondaria di I grado?
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Lucia
LOL!
E’ senz’altro una possibile spiegazione 😂😂😂
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